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27 novembre, 2014

Una Lady sovietica è attesa a Bologna (1)

 

Il Comunale di Bologna si appresta a proporre una delle opere più straordinarie del ‘900, la Lady Macbeth del distretto di Mzensk di Dimitri Shostakovich. È una produzione moscovita del 2000 (Teatro Helikon) già passata al Ravenna Festival del 2003 e in parecchi altri teatri di tutto il mondo.

Cominciamo ad avvicinarci a questo capolavoro (sì, qui il termine può essere impiegato a giusto titolo…) partendo da lontano, cioè dal racconto in prosa (uno schizzo, un abbozzo, lo qualificò l’Autore) che l’allora 34enne Nikolai Semyonovich Leskov aveva scritto nel 1865 per la pubblicazione sulla rivista Epocha dei fratelli Dostojevski. Il racconto divenne la fonte del libretto che Shostakovich scrisse insieme ad Alexander Preis; e farne la conoscenza ci aiuterà a meglio mettere a fuoco - per differenze - i tratti estetici ed anche filosofico-politici dell’opera. 

Si tratta di un racconto, o novella che lo si voglia chiamare, in 15 capitoli, strutturato come una raccolta di articoli di un servizio giornalistico a puntate (Leskov fu anche giornalista, appunto) su fatti di cronaca nera al centro dei quali era stata una giovane donna della provincia russa di Orël (precisamente del distretto di Mzensk, poco vicino al capoluogo, a circa 300 Km a sud-ovest di Mosca, sulla strada verso l’Ukraina). Leskov, figlio di un funzionario del tribunale di Orël, e lui stesso da giovanissimo impiegato lì per qualche tempo, aveva avuto modo di occuparsi di un fatto delittuoso, protagonista una ragazza - che aveva ammazzato il suocero versandogli cera bollente in un orecchio (!) per godersi l’eredità - e pare avesse addirittura assistito all’irrogazione di pene corporali alla giovane omicida. A partire da quell’episodio costruì – di sana pianta, ma con grande realismo ed efficacia – la sua storia.

Il titolo Lady Macbeth fa ovviamente pensare a vicende in qualche modo apparentabili a quelle della tragedia shakespeariana: guarda caso, una coppia che commette tre omicidi, di cui uno di un fanciullo (!) Certo, qui non siamo nelle alte sfere della corona di Scozia, ma nella arretrata provincia russa della prima metà del XIX secolo e in una società agricola rigidamente divisa in classi: commercianti, mugnai e piccoli possidenti (quelli che anni più tardi diventeranno kulaki) e servi della gleba (se non veri e propri schiavi). I due protagonisti della storia sono una ragazza e un giovane di umilissime origini, e quindi siamo di fronte ad una specie di Lady dei poareti! Ma anche questi sono pur sempre esseri umani, con le loro passioni, i loro miraggi, le loro ambizioni, invidie, amori, presunzioni e preconcetti, che Leskov ha saputo presentare con grande sapienza e con indubbia maestria.

In estrema sintesi la storia riguarda Katerina Lvovna, 23enne di umili condizioni - andata sposa a tale Zinovy Izmailov, ricco vedovo 50enne senza figli, figlio unico di un possidente, pure vedovo, l’80enne Boris - che si annoia della vita che fa (dopo 5 anni di matrimonio ancora non ha adempiuto al dovere per cui era stata sposata, mettere al mondo figli) e si concede a Sergei, giovane e povero-ma-bello lavorante presso l’azienda (mulino per produzione di farine e commercio delle stesse) del marito e del suocero. Dapprima avvelena il suocero, reo di averla colta in flagrante adulterio e di aver messo sotto chiave l’amante; poi, con l’amante, ammazza il marito e lo seppellisce sotto casa; infine, sempre con l’amante, ammazza anche Fyodor, un nipotino del marito che rischiava di toglierle buona parte della proprietà. Colti in flagrante in quest’ultimo omicidio, i due vengono condannati alla fustigazione in pubblico e ai lavori forzati in Siberia, ma durante il lungo viaggio Katerina (che prima di partire dà alla luce un figlio di Sergei, subito rispedito dai parenti del marito, di cui erediterà l’azienda) scopre che Sergei la tradisce con una prima (Fiona) e poi con una seconda donna (Sonetka). Esasperata dal comportamento spregevole e offensivo di Sergei (che arriva anche a frustarla nottetempo) e Sonetka, si vendica buttandosi nelle gelide acque del Volga, trascinando con sé l’ultima fiamma dell’amante.

La mappa che segue mostra sommariamente i luoghi del racconto di Leskov: a Mzensk, un piccolo centro vicino ad Orël, si svolgono i fatti di cronaca nera, compresa l’uccisione del piccolo Fyodor (nativo di Livny); Katerina (originaria di Tuskar, nella provincia di Kursk) e Sergei vengono deportati in Siberia e fanno quindi una lunga... camminata: a Nizny Novgorod il loro gruppo di forzati si unisce ad un altro arrivato da Mosca, comprendente le due ragazze che saranno oggetto delle attenzioni di Sergei; a Kazan c’è il traghettamento del Volga, nelle cui acque il dramma si consuma con l’annegamento di Katerina e Sonetka:

 
Cominciamo ad analizzare alcuni aspetti del racconto, a partire dalla descrizione che Leskov fa del mondo suo contemporaneo. È una fotografia fedele e piuttosto distaccata, che non nasconde le storture della società zarista, ma neanche ne fa bersaglio di espliciti o criptici messaggi rivoluzionari. (Leskov era quello che oggi potremmo definire un conservatore aperto e illuminato, quindi un moderato, né reazionario, né sovversivo.)

La figura di Katerina ci propone una donna forte, persino troppo sicura di sé, che agisce in base all’istinto e soprattutto (quando si tratterà di commettere ben tre omicidi) spinta dall’amore, un amore allo stesso tempo carnale e profondissimo, come solo una donna può provare. E così, quando quell’amore sarà irreparabilmente perduto, arriverà anche il quarto omicidio, accompagnato dal suicidio!

Sergei è un individuo insofferente della sua condizione di semi-schiavitù, che però vuol superare con mezzi individuali e proditori, come il conquistare le mogli di persone ricche e influenti: per poi scaricarle quando non servono più i suoi scopi (per lui l’amore è un puro sfogo animalesco, nulla più). Il suo atteggiamento verso Katerina è davvero vigliacco: prima la irretisce e la lusinga al punto da spingerla ad atti estremi, poi la scarica e la maledice per…  avergli dato retta! Però non è proprio una bestia fino in fondo, scopriremo in lui anche un (unico) momento di vera umanità.

I due Izmailov ci appaiono come normali espressioni di quel ceto medio-borghese che aveva saputo approfittare degli scarsi margini di libertà, concessi da qualche annacquata riforma zarista, per arricchirsi a dismisura, sfruttando - senza porsi problemi etici di sorta - manodopera ancora in stato di semi-schiavitù.

Riporto nel seguito un riassunto del racconto (che si può leggere, in inglese, a questo link) che servirà successivamente per evidenziare particolari che verranno più o meno pesantemente modificati da Shostakovich nel suo libretto.
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Capitolo 1.
Cominciamo a fare la conoscenza di Katerina: subito ci viene presentata come la protagonista di un terribile dramma, tanto da essere indicata dalla gente come Lady Macbeth di Mzensk. Poi ci viene descritto il suo aspetto fisico, di ragazza 23enne nativa di Tuskar, non bellissima ma di gradevole presenza. Quindi facciamo la conoscenza degli Izmailov, affluenti commercianti a Mzensk, proprietari di un mulino, di frutteti, terreni e di una grande casa: il padre Boris, 80enne vedovo e il 50enne figlio Zinovy, pure vedovo da 20 anni e senza figli, al quale la ragazza è andata sposa, per interesse (degli Izmailov, ad avere finalmente un erede) e non certo per amore. L’assenza di figli (dopo 5 anni di matrimonio) preoccupa gli Izmailov, che ne fanno quasi una colpa alla donna, ma crea anche problemi e struggimenti a Katerina, che per tutto il giorno, in assenza di marito e suocero impegnati nei loro commerci e senza un libro da leggere (lei che comunque non è una lettrice) non fa che vagabondare da una stanza all’altra di una casa grande ma protetta come una fortezza, sbadigliare e sonnecchiare. Roba da… impiccarsi! E nessuno che si preoccupi di questa sua condizione. 

Capitolo 2.
In primavera, nel sesto anno di matrimonio di Katerina, il mulino degli Izmailov soffrì un grave incidente, proprio in un periodo di grande attività produttiva: un cedimento della diga e l’allagamento dei locali delle macine. Zinovy rimase là ininterrottamente per giorni e giorni per sistemare i danni, e Katerina si sentì ancora più sola. Finchè un giorno, approfittando del clima mite, decise di uscire di casa, avventurandosi nell’aia dove lavoravano i contadini alle dipendenze del suocero. Qui li trovò nel bel mezzo di un allegro scherzetto perpetrato ai danni della cuoca, una donna piuttosto grassa, da poco mamma, che i contadini avevano posto in un barile per la farina e issato su una bilancia per pesarla. Un giovane contadino (Sergei…) la irride: ora, a digiuno, pesa 70 Kg, ma dopo mangiato non basteranno più i pesi! E ciò detto, la rovescia fuori dal barile. Katerina allora sale sul piatto della bilancia e chiede di essere pesata, cosa che Sergei fa, annunciandole il responso: 50 Kg! Poi prende confidenza e aggiunge che potrebbe portarla in braccio tutto il giorno senza affaticarsi. Katerina si sente punta sul vivo e sfida Sergei che le stringe la mano fino a farla dolorare, al che Katerina lo scaraventa via con uno spintone. Ora Sergei e Katerina improvvisano una sessione di lotta libera, dove l’uomo ha facilmente la meglio, e ne approfitta per stringere a sé la padrona, per poi issarla di peso sulla bilancia. Katerina se ne va senza una parola, ma la cuoca la avverte che Sergei è uno sciupafemmine, pare che abbia sedotto la moglie del suo ultimo padrone, che per questo l‘ha cacciato. 

Capitolo 3.
Mentre il marito è sempre al mulino e il suocero è fuori (ad una festa) Katerina cena presto e si mette a sgranocchiare semi di girasole alla finestra. Ora anche i lavoranti hanno cenato e se ne vanno verso le loro stanze. Sergei passa sotto la finestra di Katerina e le dà la buona notte. Poco dopo qualcuno bussa alla porta della camera: è Sergei che si fa ricevere da Katerina, con la scusa di chiederle un libro per combattere la noia e la tristezza per la sua condizione senza futuro. Parlano dei problemi del matrimonio e Sergei le fa notare che lei è come chiusa in gabbia. Katerina si lascia scappare che sì, anche lei si annoia, così Sergei arriva a prospettarle una vita migliore con qualcuno al suo fianco che le dia dei figli, e le offre il suo cuore! Katerina cerca di resistergli e di cacciarlo, ma lui la raggiunge, l’abbraccia e… il gioco è fatto! Dopo una buona mezz’ora Katerina invita Sergei ad andarsene prima che il suocero torni e chiuda a chiave la porta. Sergei ribatte che per lui c’è sempre una porta che conduce verso o da Katerina, indicando i pali di sostegno della balconata…         

Capitolo 4.
Zinovy restò fuori casa per un’altra settimana, e Katerina passò tutte le notti con Sergei, che all’alba se ne andava dal balcone. Ma un bel giorno il suocero lo vede scendere all'alba dalla camera nuziale e lo ferma prendendolo per le gambe. Sergei non oppone alcuna resistenza, anzi si offre per la meritata punizione: Boris gli fa un processo sommario, gli dà una manica di frustate e lo rinchiude in un magazzino, poi manda ad avvertire il figlio. Nel frattempo Katerina scopre dove si trova Sergei, gli parla e poi va dal suocero dichiarandosi innocente e chiedendogli sfrontatamente di liberare l’amante. Ne riceve ovviamente una risposta negativa ed una minaccia: appena il marito tornerà, lei verrà frustata a dovere e l’amante spedito in galera. 

Capitolo 5.
La sera stessa Boris Izmailov mangiò un piatto di kasha con funghi e subito fu preso da convulsioni e vomito: morì il mattino dopo, proprio come i topi che infestavano i suoi magazzini e che mangiavano le esche che Katerina riempiva di veleno. Il corpo fu seppellito senza che vi fossero inchieste giudiziarie: era quasi normale che una persona morisse avendo mangiato funghi velenosi… Nemmeno il figlio fu atteso per le esequie: era ancora in giro per affari e il clima era assai caldo! Katerina ospitò apertamente Sergei nella camera nuziale, per farlo guarire dalle ferite provocate dalle frustate del suocero, poi distribuì ai lavoranti regali sufficienti a chiuder loro la bocca riguardo al nuovo ménage – more-uxorio - che lei e l’amante inaugurarono dopo la sepoltura del vecchio. 

Capitolo 6.
Dopo pranzo Katerina è a letto con Sergei e sogna un gatto che le si avvicina e si struscia su di lei. La cuoca annuncia che il samovar si sta raffreddando sotto il melo in cortile. Katerina ancora sogna il gatto, cerca di afferrarlo,  ma trova solo… aria. Bacia Sergei, sempre appisolato, e scende in cortile per il the, sdraiandosi sotto il melo in fiore. Racconta alla cuoca il suo sogno, completato dalla vista della luna crescente: un figlio in arrivo! sentenzia la cuoca. È una meravigliosa sera d'estate e Katerina fa scendere Sergei che si sdraia ai suoi piedi. I due vivono una vera e propria love-scene, circondati dall’incanto della natura. Lui dice di aver sofferto per lei, prima di diventare suo amante; lei dapprima lo mette in dubbio, poi si commuove alle sue confessioni. Lo sente indifferente e cerca spiegazioni. Gli riferisce delle strane voci che circolano sul suo conto (di essere una persona falsa, un ingannatore) e allora Sergei le esprime il suo disagio per l'equivoca situazione in cui si trova, una felicità destinata a svanire al ritorno del marito di lei; la incalza con i suoi dubbi e i suoi desideri: ah, come sarebbe tutto diverso se loro fossero marito e moglie! Sergei ha colto nel segno: Katerina gli giura che non lo lascerà mai, e alla domanda di lui su come ciò potrà accadere lei gli assicura di avere in mente il modo per fare di lui un commerciante e di averlo sempre al suo fianco. È ormai disposta a tutto pur di avere sempre con sé il suo Sergei. Dopo un ultimo abbandono nell’idilliaco scenario naturale, i due tornano in camera per la notte.

Capitolo 7.
Appena addormentata, Katerina rivede accanto a sé il gatto. Ma questa volta lui parla: è il suocero Boris, venuto lì dal cimitero per verificare il suo adulterio! Ha anche la testa di Boris, con due cerchi che ruotano vorticosamente al posto degli occhi. Sergei si sveglia, tranquillizza Katerina, e torna a dormire. Lei, per sua fortuna, rimane sveglia, così avverte qualcuno scavalcare il cancello del cortile, i cani avvicinarsi, ma senza abbaiare… Poco dopo sente la serratura della porta di casa scattare: non può che essere il marito Zinovy! Katerina sveglia Sergei, mentre si odono passi furtivi di qualcuno che sta salendo le scale. Sergei esce dalla finestra e Katerina gli intima di rimanere lì, sulla balconata, in attesa di… ordini. Lei si mette a letto e avverte la presenza del marito, che sta ascoltando da dietro la porta. Non ha alcun timore, anzi dentro di sé sorride perfidamente. Ora il marito si decide e bussa, facendosi riconoscere. Katerina gli apre e lo accoglie con nonchalance, poi si offre di preparargli il samovar, esce per mezz’ora e nel frattempo va alla balconata da Sergei, dicendogli di star pronto ad intervenire. Sergei sente e vede tutto ciò che accade nella camera: Katerina che torna; il marito che le chiede dove sia stata per tutto quel tempo; lei che risponde di aver preparato il samovar; lui che si lava e si asciuga; poi comincia a far domande imbarazzanti e a manifestare sospetti sul comportamento della moglie. Lei con la scusa del samovar, esce di nuovo, va da Sergei e gli chiede di seguirlo. Poi rientra in camera, dove il marito torna a farle altre domande imbarazzanti, cui lei risponde sfrontatamente. Ora Zinovy trova una cintura maschile e ne chiede conto alla moglie, che mente dicendo di averla raccolta in cortile. Quindi continua a tempestarla di domande e di accuse, mostrando di conoscere tutto del suo tradimento. A questo punto Katerina va alla porta e fa entrare Sergei, chiedendo sfacciatamente al marito di interrogarli sulla loro tresca. Zinovy resta interdetto e Katerina rincara la dose: ho già pensato a cosa fare di te in una simile circostanza, e ora lo farò! gli dice con insolenza. Zinovy va su tutte le furie e cerca di allontanare Sergei, ma Katerina chiude la porta a chiave e poi arriva all’estrema sfrontatezza di baciare ardentemente l’amante! Zinovy le ammolla un gran ceffone, poi però si sente in trappola e cerca di fuggire dalla finestra.

Capitolo 8.
Katerina abbandonò Sergei e con un balzo afferrò il marito da dietro, piantandogli le sue unghie in gola, e lo trascinò a terra, facendogli battere pesantemente la nuca. Zinovy rimase stordito e incapace anche di gridare. Lei cominciò a soffocarlo, chiedendo a Sergei di aiutarla. Con un disperato sforzo, Zinovy afferrò l’amante della moglie per i capelli e gli affondò gli incisivi e i canini nel collo. Ma subito ricadde indietro con un lamento: Katerina lo aveva colpito alla tempia con la base di un pesante candelabro. Invano Zinovy invocò un sacerdote per confessarsi prima di morire: Sergei continuò a premere le sue mani, insieme a quelle di Katerina, sulla gola di lui e dopo qualche minuto il marito tradito era già cadavere. Sergei si incaricò di trasportarlo nella cantina sottostante il magazzino dove lui stesso era stato rinchiuso da Boris, seppellendolo - in una buca scavata con pala e piccone - in modo così perfetto che nessuno mai avrebbe potuto scovarne il cadavere per l’intera eternità. Katerina si occupò di lavare accuratamente ogni più piccola traccia di sangue dal pavimento e dalle scale. Adesso sei un mercante, disse Katerina ad un Sergei ancora scosso da tremiti febbrili: lei aveva semplicemente le labbra fredde…   

Capitolo 9.
Per qualche tempo Sergei girò con un fazzoletto al collo, denunciando un gonfiore alla gola. Intanto non si avevano più notizie di Zinovy e lo stesso Sergei continuava chiedersi, di fronte agli altri lavoranti, il perché di tale scomparsa. Furono fatte indagini al mulino e si scoprì che il marito di Katerina lo aveva lasciato già da qualche tempo, andandosene su un carretto noleggiato laggiù. Fu rintracciato e perfino arrestato il proprietario del carro, che testimoniò di aver accompagnato Zinovy fino a due miglia da casa, dove il possidente aveva chiesto di scendere, vicino al monastero, andandosene poi lungo il fiume. Ogni tanto si facevano congetture sulla sua presenza in uno o in un altro posto, ma di certo Zinovy non tornò più (e nessuno meglio di Katerina ne sapeva il perchè…) Dopo tre mesi Katerina scoprì di essere incinta, ne informò Sergei e poi andò dalle autorità locali per farsi assegnare la proprietà del suocero, con la motivazione di evitare una crisi all’azienda. Essendo lei l’unica erede degli Izmailov, come legittima moglie dello scomparso Zinovy, ciò le fu accordato. Così da quel giorno lei visse come una regina e Sergei al suo fianco, ormai di fatto asceso nella scala sociale, come un principe. Ma ecco arrivare la classica tegola: da Livny (un paese a sud-est di Mzensk) qualcuno scrive alle autorità locali facendo presente che il capitale investito nell’azienda degli Izmailov non era interamente del fondatore, Boris, ma in parte era di un suo giovanissimo nipote, Fyodor Zakharovich Lyamin. La cosa viene accertata e una cugina di Boris arriva a casa Izmailov con il ragazzino. Da questo momento Sergei comincia a torturare Katerina con dubbi e cattivi presagi: dovranno cedere parte dell’azienda, scendere di livello nella scala sociale. Mentre lei sembra ben disposta verso il ragazzo e pronta a cedere una parte della proprietà, lui si sente sminuito nelle sue prerogative, impossibilitato a renderla sempre più affluente e rispettata; insomma, vede nero sul loro futuro e sulla loro felicità. Certo… senza quell’ostacolo che si chiama Fyodor, sarebbe il figlio loro, che sta per nascere prima di nove mesi dalla scomparsa di Zinovy, a divenire l’erede unico della fortuna degli Izmailov! E la loro felicità non avrebbe più limiti!   

Capitolo 10.
Sergei smise improvvisamente di parlare di Fyodor e subito… la figura del bambino cominciò ad occupare sempre di più, fino ad invaderli totalmente, i pensieri di Katerina. Perché mai avrebbe dovuto cedere parte di ciò che aveva ottenuto a così caro prezzo? Fosse almeno un uomo (!?) ma Fyodor era solo un ragazzino… Il quale giocava allegramente in cortile, rompendo pozzanghere di ghiaccio (la stagione volgeva ormai all’inverno) e così si prese un bel raffreddore e dovette essere messo a letto e curato. La vecchia zia era sempre presso di lui, salvo quando andava alle funzioni religiose; Katerina le dava allora il cambio somministrando al piccolo le medicine prescritte dal medico. La sera della vigilia delle festa dell’Entrata di Maria nel Tempio (verso la fine di novembre) la vecchia zia si recò alla funzione, che si sarebbe protratta per buona parte della notte, e lasciò Katerina a vegliare il nipote, che stava peraltro migliorando, e a somministrargli le medicine. Nella mente di Katerina un pensiero balenò come un fulmine: si può morire a causa di una medicina sbagliata! E mentre Fyodor legge le storie dei Santi, Katerina fa chiudere tutte le imposte della casa; poi sale in camera dove viene raggiunta da Sergei; Fyodor è solo, dice lei; si guardano negli occhi, un lampo d’intesa. Katerina torna giù da Fyodor; tutte le imposte sono chiuse; il ragazzino chiede un altro libro; Katerina vorrebbe che lui si mettesse a dormire, ma Fyodor vuole aspettare la zia, che ha promesso di tornare dalla funzione portandogli del pane benedetto. Katerina trasalisce, persino il figlio che porta in grembo si agita; poi esce e torna su da Sergei; che si toglie gli stivali e la segue in silenzio, giù verso la camera di Fyodor.  

Capitolo 11.
Fyodor sembra accorgersi di qualcosa di strano e ha paura; Katerina cerca invano di convincerlo a mettersi a dormire. Poi esce e confabula con Sergei. Fyodor adesso è terrorizzato e si mette ad urlare, così Katerina gli tappa la bocca, chiama Sergei che immobilizza il bambino, mentre lei gli preme un cuscino sul volto, appoggiandovi tutto il suo peso. Quattro minuti, ed è tutto finito, un silenzio di tomba cade nella stanza. Ma ecco che, come fosse scoppiato un improvviso terremoto, la casa comincia a tremare, porte e finestre sono scosse da colpi fortissimi, le lampade ondeggiano sinistramente. Sergei scappa via e corre su in camera, urta una porta, prendendosi un colpo in testa. Viene raggiunto da Katerina, crede di vedere Zinovy che li insegue con una fune d’acciaio e di udire altri tuoni. Ma in realtà tutto quel fracasso è provocato da decine, centinaia di pugni e calci che si abbattono su porte e finestre: una moltitudine di persone è entrata in cortile scavalcando il muro di cinta ed ora cerca anche di entrare in casa. Katerina corre a sistemare sommariamente il corpo di Fyodor, simulandone il sonno, poi apre la porta. Viene letteralmente travolta da un fiume in piena di gente che si precipita in casa.

Capitolo 12.
Ecco come andarono le cose. Vicino alla casa degli Izmailov c’era la chiesa parrocchiale con una cappella dedicata all’Entrata di Maria nel Tempio. Così alla festa del 21 novembre una gran folla di persone veniva anche da paesi circonvicini per assistere alla funzione, impreziosita da canti di solisti e cori. Quella sera però alcuni di loro, invece di seguire la funzione, avevano cominciato a spettegolare sulla moglie del povero Izmailov che se la faceva con un servo e allora, vista della luce filtrare attraverso le imposte della casa, si erano avvicinati per spiarvi dentro. Fu così che avevano scoperto in flagrante l’omicidio del piccolo Fyodor, cominciando quindi a battere pugni e calci sulla porta e sulle finestre, fino a costringere Katerina ad aprire. Sergei fu portato in carcere, Katerina rimase agli arresti domiciliari. La casa degli Izmailov rimase aperta ed una folla di curiosi venne a visitare la bara del piccolo Fyodor. Ma accanto a quella ce n’era un’altra, più grande: conteneva i resti di Zinovy! Sergei, riportato sul luogo del delitto, di fronte alla vista del cadaverino di Fyodor e ai severi richiami al pentimento fatti dal sacerdote, era scoppiato in lacrime, confessando anche l’omicidio di Zinovy e guidando la polizia a dissotterrarne il cadavere. Accusò quindi l’amante di essere sua complice in entrambi gli omicidi. Katerina cercò invece di negare ogni responsabilità, fino a quando, dopo un drammatico confronto con Sergei, ammise la sua colpevolezza, spiegando di aver fatto tutto ciò per lui. A fine febbraio il processo si concluse con la condanna di entrambi: fustigazione pubblica e poi invio ai lavori forzati in Siberia. Ai primi di marzo la prima parte della sentenza fu eseguita sulla piazza del mercato: Sergei - sul volto il triplice marchio riservato ai criminali - scese dal patibolo sporco, sanguinante e barcollante, attirandosi quasi le simpatie della gente. Invece Katerina rimase fredda ed impassibile sotto le frustate. Pochi giorni dopo, nell’ospedale della prigione, darà alla luce un figlio, che non vorrà nemmeno vedere!

Capitolo 13.
Il gruppo dei forzati si mosse verso la Siberia all’inizio di primavera, con tempo bello ma ancora gelido. Il bambino di Katerina era stato affidato alla vecchia sorella di Boris: registrato come figlio legittimo di Zinovy, era l’erede unico dell’intera fortuna degli Izmailov! Ma a Katerina non importava più nulla di nulla di nulla, lei conservava un unico desiderio: poter vedere e stare ancora accanto al suo Sergei. E il destino così volle: entrambi si ritrovarono nello stesso gruppo: lei con pochissimi oggetti e ancor meno denaro, lui con l’indelebile marchio sul volto. Per Katerina persino il terribile cammino verso la Siberia - avendo Sergei vicino - divenne una passeggiata felice! Ben prima di arrivare a Nizny lei aveva già consumato il suo poco denaro, dandolo alle guardie in cambio della possibilità di camminare a fianco di Sergei, o di poter passare qualche momento stretta a lui nelle carceri in cui sostavano la notte. Ma chi diventava ogni giorno più riservato ed anche aggressivo era proprio l'amante: per lui era impossibile accettare quello stato di cose e arrivò persino a maledire tutta la sua vita… Il loro rapporto si stava deteriorando, quando arrivarono a Nizny, dove si unirono ad un altro gruppo di deportati, proveniente da Mosca. Nel gruppo femminile spiccavano due donne assai interessanti. La prima si chiamava Fiona, una splendida ragazzona moglie di un militare, alta, con una treccia nera e languidi occhioni scuri, che sembravano nascosti sotto fitte ciglia. L’altra, che chiamavano Sonetka, era invece una diciassettenne esile, biondina, con una bocca piccola e fossette sulle guance. Fiona era sempre (anche sessualmente) disponibile, non si negava a nessuno. Sonetka era del tutto diversa: dicevano di lei come di un’anguilla che sguscia via dalle mani senza mai fermarsi un attimo; era assai riservata ed esigente e pretendeva dai suoi selezionati amanti passione e… sofferenza. Non così Fiona, che era certa di una sola cosa: essere donna (sono le donne che piacciono a bande di ladri, carcerati e… alle comuni socialdemocratiche di Pietroburgo!) La presenza di queste due donne accanto a Sergei e Katerina avrà nefaste conseguenze per quest’ultima.

Capitolo 14.
Nel tragitto da Nizny a Kazan Sergei comincia a corteggiare Fiona e non gli manca certo il successo. Una sera Katerina gli dà un appuntamento notturno, dopo aver corrotto una guardia. Attende pazientemente il via-libera, che arriva dopo altri dati ad altre donne… percorre un lungo corridoio, passa davanti al dormitorio maschile da dove vengono sghignazzi, poi la guardia la spinge in un angolo, prima di allontanarsi. La sua mano avverte un pastrano e una barba; l’altra mano… il viso di una donna! Sergei chiede chi sia arrivato, Katerina gli chiede chi è che sta nelle sue braccia; strappa il velo alla donna, che fugge precipitosamente. Disgraziato! gli sibila, e se ne torna a letto, seguita da sghignazzate ancor più forti dal dormitorio maschile. Quella notte Katerina cercò di convincersi a non amare più Sergei, per scoprire di amarlo ancor di più! Mentre ricordava piangendo la scena nel corridoio, una mano la scosse: era Fiona, che chiedeva indietro il suo velo. Katerina glielo restituì senza problemi; poichè pensò che non aveva nulla da temere da un simile barile dipinto… Ma ora Sergei si faceva sempre più intrattabile: il giorno dopo le ricordò di non essere suo marito, quindi di non doverle nulla; e che lei, non essendo più una benestante, non poteva più dargli né pretendere alcunché. Katerina non gli rivolse la parola per giorni e Sergei, da parte sua, cominciò a concupire Sonetka, abbordandola con approcci ora galanti, ora carnali: sembrava ormai che l’anguilla si fosse ammansita assai! E la stessa Fiona mise in guardia Katerina da quella ragazza intraprendente. Passano dei giorni e mentre Katerina medita un gesto di riconciliazione con lui, è proprio Sergei che le dà un appuntamento per la sera. Lei non risponde, ma poi è vista allungare del denaro ad una guardia, al che Sergei fa un esplicito cenno a Sonetka, poi va ad abbracciare Katerina lodandola come la miglior donna del mondo. Katerina si sente in paradiso, ma la notte, quando incontra Sergei, dopo un fugace abbraccio, le cose cambiano: lui lamenta dolori alle caviglie, le fa credere che potrebbe rimanere in infermeria a Kazan, il che preoccupa sommamente Katerina, angosciata da un’eventuale separazione da lui. Ecco, un paio di calzettoni potrebbe alleviargli il dolore, dice Sergei, e Katerina esultante corre a prendere l’ultimo paio di calzettoni di lana che le sono rimasti, quelli blu con la baghetta. Glieli consegna, poi torna a letto e dorme felice. Non accorgendosi di Sonetka che lascia il dormitorio, per farvi ritorno solo al mattino. Erano a due giorni di marcia da Kazan. 

Capitolo 15.
Al mattino successivo il gruppo dei deportati lasciò il carcere in un giorno grigio, freddo, sotto pioggia mista a neve. Katerina tuttavia si avviò con gran lena quando, improvvisamente, divenne verde e tutto il suo corpo fu preso da convulsioni: davanti a lei stava Sonetka, indossando i suoi bei calzettoni blu con la baghetta! Poco dopo, Katerina si presentava davanti a Sergei, sputandogli in pieno viso e gridandogli: mascalzone! La notte successiva due uomini entrarono nella baracca delle donne. Sonetka indicò loro il giaciglio di Katerina, che si trovò immobilizzata, con una coperta sulla testa, e fu bersaglio di 50 frustate. Distinse chiaramente la voce di Sergei scandire il numero dei colpi. In un attimo, i due uomini scomparvero e a Katerina non restò se non il vasto petto di Fiona sul quale versare lacrime e meditare la vendetta. Il suo animo divenne di pietra, e andò a prepararsi per la partenza, verso il traghetto sul Volga. Durante la marcia Sergei si avvicina a Katerina e la schernisce, chiedendole se il suo onore è salvo, poi canta una canzonetta e quindi bacia spudoratamente Sonetka. I forzati si permettono di fare del sarcasmo su di lei, vanamente rimproverati da Fiona, ma è ancora Sergei il più vile, chiedendo a Katerina se vuole comprare i calzettoni di Sonetka. Katerina lo apostrofa nuovamente: mascalzone! All’imbarco sul traghetto Sergei raggiunge il colmo della perfidia: chiede a Katerina di pagargli della vodka, in nome dei meravigliosi momenti trascorsi a Mzensk, in una tiepida sera d’autunno! Katerina ha il corpo in subbuglio, ma ora guarda sempre più intensamente le onde del Volga. Sergei e Sonetka ancora la offendono a morte, mentre lei crede di vedere fra le onde la testa di Boris, poi quella di Zinovy che reca il piccolo Fyodor… Agita le braccia, poi si piega, afferra per le gambe Sonetka e la trascina nel Volga con lei! A nulla vale un appiglio lanciato in acqua: Sonetka appare fra le onde, ma Katerina piomba su di lei come un salmone si avventa su un piccolo rutilo; ed entrambe scompaiono per sempre.
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Ecco, come si può dedurre, il racconto di Leskov non ha alcun messaggio da comunicare, nessuna morale da tirare, essendo tutto incentrato sui rapporti personali ed in particolare sui sentimenti dei protagonisti, quindi di Katerina e Sergei. Semplicemente ci racconta, senza secondi fini, una storia di amore e di tradimento che matura fra due comuni mortali e che porta ad una catena di fatti di cronaca nera.

Uno degli aspetti peculiari della storia (che perciò diverge assai da Shakespeare) è che i tre omicidi di Katerina (ma in realtà anche il quarto) sono sì premeditati, ma determinati esclusivamente dal suo possessivo amore per Sergei, non certo da sete di potere o di ricchezza: prima avvelena il suocero dopo che questi ha riempito di frustate l’uomo di cui lei (trascurata dal marito) si è innamorata; poi architetta l’omicidio del marito ancora per amore, per dare a Sergei la possibilità di riscatto sociale dalla sua condizione di schiavo; poi ancora premedita l’uccisione del piccolo Fyodor (con cui era personalmente disposta a condividere la proprietà degli Izmailov) sempre per garantire all’amato Sergei la pienezza della sua nuova condizione sociale. Ogni azione della protagonista è ispirata dalla volontà – costi quel che costi - di perpetuare la propria felicità, assecondando tutti i desideri (anche e soprattutto materiali) dell’uomo che ha cambiato la sua vita, facendola prima sentire donna e poi rendendola madre. E la tragedia che si compie alla fine (con il quarto omicidio e il suicidio) non è nemmeno causata dal pubblico riconoscimento delle sue colpe e dai conseguenti rimorsi, ma dal tradimento di quell’uomo al quale lei aveva dato tutto, ma proprio tutto: se stessa (corpo e anima) per prima cosa, poi la promozione sociale e alla fine persino gli ultimi… calzettoni di lana!

Se ci pensiamo bene, anche la sua decisione di cedere il figlio neonato (alle cure di parenti ricchi, si badi bene, non certo ad un orfanatrofio…) è dettata dal desiderio di restare accanto a Sergei: tenendo con sé il piccolo, non c’è dubbio che il suo trasferimento in Siberia sarebbe stato rimandato di qualche settimana come minimo, se non di qualche mese, per darle modo di svezzare il bambino; ma così lei avrebbe perso i contatti con il suo amante, rischiando di non ritrovarlo mai più! Ugualmente: durante il viaggio verso la Siberia, sarà il timore di perdere Sergei che la spingerà a dar credito alle falsità dell’uomo riguardo lo stato delle sue caviglie e all’eventualità di un suo fermo in ospedale.

Ecco perché la lettura del racconto, se non induce in noi un’aperta simpatia o approvazione per i suoi comportamenti, quanto meno ci muove ad un certo rispetto per questa donna che ha sempre agito, anche quando lo ha fatto con efferatezza, per garantirsi un unico ma preziosissimo bene: l’amore! Certo: un amore viscerale, cieco, selvaggio, feroce, nevrotico, egoista, possessivo, totalizzante e pure… criminale! Vedremo come Shostakovich, pur senza stravolgere né tanto meno eliminare questo peculiare aspetto del dramma, cambierà parecchio le carte in tavola, al momento di stendere il libretto della sua opera.   

(1. continua

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