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07 novembre, 2014

Orchestraverdi 14-15 – Concerto n° 8

 

Zhang Xian ci propone una gita in Spagna, servendoci nel concerto di questa settimana un menu spagnolo (o para-). Sappiamo che parecchia musica spagnola (o spagnoleggiante) fu composta da non-spagnoli (francesi e russi in testa) e così in questo concerto abbiamo due autori locali (peraltro… svezzati a Parigi) e due alieni (russo e francese, guarda caso) simmetricamente disposti attorno ad un perno… italo-turco!

Manuel deFalla apre il programma con la seconda Suite dal balletto El sombrero de tres picos, per la descrizione del cui contenuto letterario rimando a questo mio post di un paio d’anni fa, in occasione di un concerto che aveva tre brani in comune con quello attuale e che Bignamini era stato chiamato a dirigere proprio in sostituzione della Xian, allora divenuta prematuramente mamma per la seconda volta. Dal balletto (con intervento di una voce di mezzosoprano, che possiamo vedere qui in una versione di Antonio Márquez) deFalla estrasse due suites, la seconda delle quali ascoltiamo in questo concerto, chiusa dalla trascinante Jota.

Un brano proprio adatto a rompere il ghiaccio e scaldare l’atmosfera, accolto da scroscianti applausi.
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Ecco poi il secondo spagnolo-doc, Joaquín Rodrigo, con il suo celeberrimo Concerto de Aranjuez che viene interpretato da Miloš Karadaglić. Oddio, forse celeberrimo è un’esagerazione, e comunque riguarda, caso mai, solo il centrale tempo in Adagio, che effettivamente ha fatto il giro del mondo:


Lo si può apprezzare qui eseguito proprio dall’interprete di oggi. Il Concerto, dedicato al chitarrista Regino Sáinz de la Maza y Ruiz, fu composto a Parigi nei primi mesi del 1939 ed eseguito per la prima volta a Barcellona, solista il dedicatario, sabato 9 novembre 1940, in pieno regime franchista. Rodrigo ne formulò una specie di programma, secondo il quale il primo movimento (Allegro con spirito, in RE maggiore) si ispirerebbe all’idilliaca natura dei giardini del palazzo reale di Aranjuez, che lui aveva visitato con la moglie; il secondo (il famoso Adagio, in SI minore) sarebbe un autentico lamento per il figlioletto nato morto e il terzo (Allegro gentile, RE maggiore) rappresenterebbe la sua serena accettazione del destino. Mah… secondo me è meglio ascoltare questa musica per quello che è, non per quello che dovrebbe evocare.

Al grande successo di pubblico il bel Miloš risponde con un celebre bis, sempre in terreno ispanico, ma facendosi stavolta accompagnare dall’orchestra.
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La zeppa italiana del concerto è una suite per chitarra denominata Koyunbaba, di Carlo Domeniconi, ancora interpretata dal bravissimo Miloš, che introduce la sua performance parlandoci di sé e di come ha incontrato e amato questo pezzo. Il cui titolo ai milanesi può suonare fra lo scurrile e l’offensivo, ma in realtà è anche… peggio, avendo fama di menagramo. In ogni caso ha a che fare con la Turchia, dove l’Autore ha soggiornato a lungo occupandosi di musica del folklore locale: Koyunbaba è il nome di un paesino sul mar Egeo, vicino a Budrun, ma anche quello di antiche famiglie turche di pastori e possidenti, legate a vicissitudini poco rassicuranti… L’inserimento di questo brano in un concerto tutto spagnolo in realtà non è per nulla fuori luogo, non solo per lo strumento, un classico della musica iberica, ma anche per le inflessioni della melodia. Del resto Spagna e Turchia risentirono, nei secoli, dell’influsso della grande cultura araba, musica compresa.

Il brano è in quattro parti, più una coda che richiama l’inizio; lo possiamo ascoltare qui dallo stesso Karadaglić. È aperto in tempo Moderato, seguito (3’20”) da un Mosso, poi (4’31”) da un Cantabile e dal conclusivo Presto (7’48”) cui segue la coda (Moderato, 10’00”). In realtà la partitura, derivata in origine (1985) da un’improvvisazione, è stata rivista diverse volte nel corso degli anni e presenta (in particolare nel Presto, ma non solo) diversi da-capo che l’interprete può decidere se rispettare o meno, a seconda della sua sensibilità, il che può determinare tempi di esecuzione più o meno lunghi, rispetto agli 11’ del filmato.

Grandissimo successo per il 30enne montenegrino, protagonista di questa straordinaria esibizione di tecnica e insieme di sensibilità interpretativa.
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La parte finale del concerto ci propone i due autori non-spagnoli di musica spagnola divenuta celebre. Dapprima il Capriccio spagnolo di Rimski, che la Xian ha già eseguito qui almeno un paio di volte, e che dà modo all’orchestra di esprimere tutta la sua potenza di fuoco, ma anche alcune individualità di spicco. Prestazione trascinante, accolta da ovazioni.
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Infine ecco il bolerodiravel, un modo di dire più che un titolo (smile!) È sempre il percussionista-capo de laVERDI, Ivan Fossati, a porsi al centro dell’attenzione e dell’orchestra con il suo tamburino che deve sostenere – a mo’ di pedale - l’intera esecuzione, per un buon quarto d’ora! Però questa volta Xian ha evidentemente deciso di essere ultra-fedele alla partitura, che prevede l’impiego di un secondo tamburino per l’ultima apparizione del tema del bolero e da lì fino alla fine; e così a fianco di Ivan Fossati si è esibito anche Luca Bleu, per raddoppiare il fracasso della chiusa! 

Immancabile successo, così Xian ci fa riascoltare proprio la sezione finale del Bolero e ci manda a casa col morale alle stelle.

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