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29 marzo, 2025

Orchestra Sinfonica di Milano - 24-25.22 – Tjeknavorian

Già poco dopo l’inizio della sua prima stagione come Direttore Musicale dell’Orchestra Sinfonica di Milano il rampante Tjek è diventato un idolo del pubblico e pure della critica, che gli ha assegnato di recente il prestigioso Premio Abbiati. Così ieri sera si è portato appresso anche la famigliola (a partire dal padre-d’arte Loris) in platea ad applaudirlo. [A proposito, chissà se è mai successo, o che effetto farebbe vedere padre e figlio in scena insieme, il primo sul podio e il secondo imbracciando il violino…]

Dopo lo Shostakovich patriottico, ecco ancora un programma tutto russo, con la coppia Borodin-Prokofiev, due personaggi curiosamente provenienti dalle periferie dell’impero zarista e poi sovietico: Georgia (il padre di Borodin) e Ukraina orientale (Prokofiev).

Di Aleksandr Borodin è in programma una selezione di brani da Il Principe Igor, precisamente:

1. Ouverture dell’opera,
2. Marcia dei guerrieri polovesiani (Preludio atto III),
3. Danza delle fanciulle polovesiane (secondo numero dell’Atto II),
4. Danze polovesiane (ultimo numero dell’Atto II).

Detto che la musica che si ascolta è un poco anche farina del sacco di Rimski e Glazunov, che si presero l’onere di completare una partitura lasciata dall’Autore come un colabrodo… c’è da dire che questo Borodin non a caso ricorda da vicino Musorgski, per la crudezza, quasi barbarie, dei temi di estrazione popolare che costellano la partitura. L’unica eccezione è quella rappresentata dalla sognante melodia delle fanciulle, poi ripresa dall’intero coro, che innerva la scena delle Danze polovesiane. [I diversamente giovani ricorderanno l’impiego di questo tema fatto nel musical Kismet, con il titolo di Stranger in Paradise, qui a 2’00”, che fece conoscere anche a parecchi musicomani l’esistenza di Borodin!]

Quasi sempre le esecuzioni in sala da concerto impiegano solo l’orchestra, ma questa signora Orchestra è anche affiancata da un gran Coro (diretto da Massimo Fiocchi Malaspina), il che ci ha consentito di ascoltare le Danze complete anche delle voci, così come previsto dall’Autore. Danze che hanno chiuso in gran spolvero un’esecuzione a dir poco entusiasmante.

Dobbiamo davvero ringraziare l’Orchestra, il Coro e i loro condottieri per questo autentico regalo – una cosa più unica che rara! - che ci hanno fatto. E il pubblico è letteralmente impazzito riservando a tutti un’accoglienza trionfale.

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Sergej Prokofiev, che già due settimane fa aveva monopolizzato il programma, torna con quella che personalmente considero una delle musiche più straordinarie prodotte nell’intero ‘900: il balletto Romeo & Giulietta, del quale abbiamo ascoltato un estratto dalle tre Suite, comprendente [numeri Suite da numeri Balletto]:

1. Danza del mattino [S3-2 da B-4]

2. La strada si risveglia [S1-2 da B-3]
3. Maschere [S1-5 da B-12]
4. Morte di Tibaldo [S1-7 da B-33-6-35-36]
5. Montecchi e Capuleti [S2-1 da B-7-13]
6. La giovane Giulietta [S2-2 da B-10]
7. Danza delle 5 coppie [S2-4 da B-24]
8. Romeo e Giulietta prima della separazione [S2-5 da B-38-39-43]
9. Romeo presso la tomba di Giulietta [S2-7 da B-51-52]

Impaginazione decisa dal Tjek in persona, pescando numeri dalle tre Suite proposte direttamente dall’Autore. Ma questa è musica talmente bella che qualsivoglia selezione e ordinamento dei brani garantisce infallibilmente il gradimento del pubblico.

Come è puntualmente accaduto anche ieri, dopo che l’ottavino ha guidato gli archi sul DO maggiore della conclusione spirituale, eterea, di Giulietta addormentata per l’eternità. Il Tjek ha imposto almeno 20 secondi di religioso silenzio; poi, l’entusiasmo incontenibile del pubblico ha letteralmente scosso l’Auditorium dalle fondamenta!

Fra Direttore e musicisti e fra entrambi e il pubblico si è instaurata un’atmosfera di totale comunione: un momento magico che speriamo duri il più a lungo possibile…


05 aprile, 2013

Orchestraverdi – concerto n.29


Jader Bignamini torna sul podio a guidare laVerdi in un nuovo appuntamento con la Russia (al di qua della cortina...) più qualcosa di italiano moderno.

Una nota di carattere logistico: quando un programma prevede due pezzi per pianoforte e due per sola orchestra, anche un fanciullo arriverebbe a capire che convenga accorpare i due brani col solista. Se invece, come puntualmente accade qui, si pongono i due brani col pianoforte in posizione 2 e 3 (prima e dopo l’intervallo) si ottiene il mirabile risultato di costringere il pubblico a due intervalli supplementari, da trascorrere obbligatoriamente ancorati alla propria poltrona, contemplando i (per carità, efficientissimi) addetti che spostano e poi riallontanano l’ingombrante strumento a tastiera. Si poteva almeno risparmiare il primo trambusto preparando il pianoforte già in posizione, coperchio chiuso, per il breve brano d’apertura.

Si apre quindi con Alexander Borodin e le tanto famose, quanto ignota è l’opera, danze dal Principe Igor. Che tutti però ricordiamo come Straniero fra gli angeli.

Il brano (che nell’opera chiude il secondo atto) consiste, dopo una brevissima introduzione, nel succedersi di quattro danze, seguito dalla ripresentazione della 1, poi della 4, poi della 2 e infine da una Coda:


Nell’opera agli strumenti si aggiunge anche il coro, con un grandissimo effetto (qui un Gergiev letteralmente forsennato!): peccato che laVerdi (che dispone di un coro con i fiocchi) non abbia pensato di impiegarlo, proponendoci invece la versione puramente strumentale del brano (orchestrata da Rimski). Un po’ un’occasione perduta, anche se l’esecuzione dell’orchestra è stata davvero trascinante.   
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Segue la primizia contemporanea: una specie di Concerto per piano e orchestra di Nicola Campogrande, la voce (maschile) più… sexy di Radio3-Suite. Musica a programma, precisamente il ritratto di una donna (R è l’iniziale del nome) commissionato dal compagno (di nome A). Insomma, una specie di Sinfonia domestica in casa d’altri (smile!)

Sono 5 movimenti, i tre dispari assai mossi (personalmente ci ho visto Respighi, Stravinski e Varèse) a incastonarne due più lenti e quasi delle cadenze del solo pianoforte. Musica gradevole che non si direbbe composta oggi, il che tutto sommato torna a suo merito!

La protagonista di questa primizia è Lilya Zilberstein, una russa trapiantata in Germania che ha frequentazioni assidue con il nostro Paese. A giudicare dai complimenti che le ha rivolto alla fine l’Autore, salito sul palco a prendersi i dovuti applausi, dobbiamo pensare che l’esecuzione sia stata precisamente come Campogrande (e  la famiglia committente…) se l’aspettava.  
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Dopo l’intervallo torna la bravissima Lilya per proporci le 24 variazioni (oh, pardon! la rapsodia) di Rachmaninov sull’ultimo capriccio di Paganini. Qui una sua esecuzione a Torino con la RAI, ma già circa 14 anni fa la russa aveva eseguito il pezzo con laVerdi!

 
Domanda: in un pezzo di Rachmaninov potrebbe mai mancare una qualche citazione del Dies Irae? Ma certo che no, e infatti basta pazientare poco (fino alla variazione VII) per trovare il chiodo fisso del russo:


E non sarà di certo questa l’unica apparizione del famoso tema medievale, che torna nella variazione X, poi, camuffato, nella XIV, poi ancora nella XXII e finalmente nella XXIV.

Alla variazione XVIII arriva anche la parte languida e zuccherosa (è pur sempre… Rachmaninov!) ottenuta con l’espediente di invertire il tema principale, trasportandolo poi in REb maggiore:

Si apre qui l’ultima parte della Rapsodia, che poi chiude con una specie di sberleffo, come di uno spiritello che sparisce nel nulla con un paf! Ecco: una croma di LA appena sussurrato dal pianoforte, dal pizzicato degli archi, da timpano e campanelli e da tuba, corni e fagotti. 

Trascinante l’esecuzione della Zilberstein, che ci mette tutta la dovuta diabolicità, ben sorretta da Bignamini, il che le merita un autentico trionfo, non ricambiato (ma bisogna pure capirla!) da un bis
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Chiude la serata Stravinski, con il suo… poker col morto (smile!) il compositore russo trapiantato in occidente era diventato un accanito giocatore di poker, e così gli venne in mente il soggetto per un balletto dove a danzare sono… le carte. Si tratta di tre mani sempre aperte dallo stesso motivo, che rappresenta l’atto della distribuzione delle carte:


Le note di regìa del balletto sono assai dettagliate, con i danzatori che rappresentano le carte di cui via via scoprono il contenuto, togliendosi maschere e mantelli e dando luogo quindi alle diverse fasi della partita, con vincitori e vinti.

C’è anche un risvolto quasi sociologico nella trama del balletto, laddove il Joker, che si comporta praticamente da tiranno e fa vincere alla sua squadra le prime due mani alla grande, viene alla fine smerluzzato dal… popolo delle carte normali (una sontuosa scala reale di cuori!) 

Certo, con l’esecuzione puramente strumentale si fatica a percepire il contenuto letterario del brano (come si fa, in musica, a rappresentare le picche e i quadri?) e non resta che gustarlo come musica pura, costellata da impertinenti citazioni di Rossini, Ciajkovski e Beethoven… 

Bignamini, che dirige tutto (Campogrande escluso…) a memoria, trascina i ragazzi in un’esecuzione spiritosa e vibrante, meritandosi grandi ovazioni da un pubblico abbastanza folto. 
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Prossimamente un Mahler classico, preceduto da Lutoslavski.