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06 gennaio, 2008

Il Ring: una “vision” pazza? (VI)

Concludiamo il sunto dell’analisi del Ring di Paul Brian Heise con le conclusive considerazioni, relative a Götterdämmerung.

Questo dramma finale racconta le tragiche conseguenze del tradimento di Siegfried. L’involontario tradimento del segreto dell’inconscia ispirazione artistica e del tesoro proibito di auto-conoscenza dell’Umanità, portato da Siegfried alla luce, alla conoscenza aperta. Siegfried, involontariamente, così predice il tradimento della sua musa Brünnhilde: in risposta alla dichiarazione della donna, che afferma il suo amore per lui essere unicamente motivabile dal fatto che lo ispira a intraprendere nuove avventure (eroci atti di manifestazione artistica) e gli ricorda di avergli donato ciò che gli dèi le avevano insegnato (un Tesoro di sacre rune) Siegfried afferma di aver ricevuto da lei di più di quanto egli sappia custodire.

In effetti Siegfried ci ha qui riassunto l’intera vicenda del Götterdämmerung: l’insegnamento di Brünnhilde lascia Siegfried ignorante poichè lei è la sua mente inconscia, da cui lui può trarre ispirazione, pur rimanendone inconsapevole; dicendo a Brünnhilde che lei gli ha dato più di quanto lui sappia custodire, Siegfried involontariamente anticipa che potrebbe rivelare quel segreto taciuto - che a lei era stato trasferito da Wotan e che lei gli aveva nascosto - pur rimanendone inconsapevole.

L’Anello racchiude tutte le virtù delle sue imprese, dice Siegfried, perchè il Tesoro di conoscenza di Alberich (la maledizione) e la futile aspirazione di Wotan di redimersi da esso, inconsciamente ispirano Siegfried a creare le sue imprese artistiche redentrici. È solo attraverso le virtù di Brünnhilde, dice Siegfried, che egli ancora intraprenderà nuove avventure: è lei che sceglie per lui le sue imprese, poichè l’autentica inconscia ispirazione dell’Artista è involontaria, non comporta una scelta consapevole, ma sgorga da una necessità naturale.

Adesso vediamo come Hagen, lo spirito scientifico e scettico del mondo moderno, forzi Siegfried a disfarsi della sua ispirazione artistica, dandola in pasto al suo uditorio, i Ghibicunghi. Le due pozioni di Hagen, prese insieme, rappresentano la meravigliosa summa del Ring! Che condensa l’eredità di tutta l’esperienza umana, il nostro tesoro di conoscenza (che Siegfried ha ereditato, uccidendo Fafner) in un’unica opera d’arte, e che ha sintetizzato questo patrimonio di significati - derivati da esperienze ampiamente diffuse in tempo e spazio - in motivi musicali, che contengono la potenza del tutto.

Loge rappresenta le nostre capacità artistiche di auto-inganno, e guarda caso i temi del Tarnhelm, della trasformazione di Loge e della pozione di Hagen sono strettamente apparentati. Siegfried in effetti è l’involontario esponente dell’artistico auto-inganno di Loge. Proprio come Loge potè redimere gli dèi dalla loro prima crisi, co-optando il potere dell’Anello e del Tarnhelm, per riscattare Freia, l’ideale degli dèi, dall’immanente reclamo dei Giganti... così Siegfried ha evitato la loro potenziale seconda crisi strappando Anello e Tarnhelm a Fafner, con ciò tenendo il potere dell’Anello lontano da Alberich. E ciò ha consentito a Siegfried di risvegliare Brünnhilde per ottenere dal lei ispirazione a produrre imprese artistiche che diano all’ideale lascito del Walhall una nuova, seppur breve, occasione di vita.

Non ci si deve perciò sorprendere che Alberich e Loge abbiano divinato che Loge tradirà gli dèi, e che Alberich e Wotan abbiano previsto che Alberich avrebbe aizzato gli eroi di Wotan contro di lui. Il destino di Siegfried materializza quelle profezie: egli è l’eroe su cui Hagen, rappresentante della cultura di Alberich, getta un maleficio per far sì che Siegfried tradisca la speranza di redenzione degli dèi attraverso l’amore, cioè la redenzione attraverso l’Arte.

Siegfried soddisfa l’involontario appetito di auto-inganno di Gunther e Gutrune, proprio come Loge aveva soddisfatto quello degli dèi. La sala dei Ghibicunghi è, in effetti, un secolare Walhall. Trasformandosi, grazie alla magìa del Tarnhelm, in Gunther, per tradire la sua musa Brünnhilde e metterla nelle mani di Gunther, e sposando la falsa-musa Gutrune (questo rappresenta il tradimento che Wagner perpetra nei confronti del segreto della sua musa, in vista dell’approvazione del suo pubblico) l’artista Siegfried rende l’uditorio dei Ghibicunghi indistinguibile da se stesso, rivelando a loro quei segreti che la sua mente inconscia aveva nascosto a lui stesso. Wagner infatti disse che lui, l’artista, attraverso i suoi motivi musicali rende l’uditorio consapevole del segreto del suo intento poetico. Così possiamo capire perchè Wagner afferma che, per l’autentico artista, la sua arte rimane un mistero.

Ponendo la sua mente inconscia (Brünnhilde - cioè i suoi motivi musicali, che hanno conservato il segreto del suo intento poetico) nelle mani del suo uditorio, e rivelando il tesoro proibito della pericolosa auto-conoscenza (rappresentata dall’Anello, il cui potere Brünnhilde aveva tenuto al sicuro) invece di dare al suo uditorio un’opera d’Arte redentrice, Siegfried ora rivela al pubblico ciò che il suo capolavoro avrebbe dovuto nascondere perfino a se stesso, l’inconscia fonte di ispirazione della sua Arte. Egli dà al suo uditorio il Not di Alberich, invece del Wahn di Wotan. Ciò spiega perchè Hagen grida che il pericolo (Not) si avvicina (e i suoi vassalli rispondono di conseguenza) e osserva che Siegfried ha protetto fino ad ora Gunther (il suo uditorio) da questo pericolo, quando annuncia l’arrivo di Gunther con Brünnhilde!

Brünnhilde collabora con Hagen per distruggere Siegfried perchè questi ha involontariamente tradito il segreto, precedentemente mantenuto dalla sua incosapevole mente, al mondo scientifico. Perciò l’ammonimento di Alberch a Wotan (che il suo tesoro sarebbe alla fine salito dalle oscure profondità alla luce del giorno, e che gli eroi di Wotan avrebbero servito Alberich) si avvera, dacchè Siegfried stesso ha innalzato il tesoro di Alberich alla luce del giorno. Brünnhilde lo conferma quando confessa ad Hagen e Gunther che lei diede tutte le rune (il tesoro di conoscenza che Wotan le aveva insegnato, dopo averlo a sua volta ricevuto da Erda) a Siegfried, solo per vedersi poi da lui consegnata a Gunther.

Quindi, Siegfried ha rivelato quella conoscenza proibita, che Wotan - confessandola a Brünnhilde, aveva presupposto dovesse rimanere per sempre taciuta - costringendo Brünnhilde a sposare Gunther (il suo pubblico) senza amore, e strappando a forza, dalle sue mani protettive, l’Anello. Con ciò Siegfried ha privato se stesso e il suo pubblico della redenzione di Brünnhilde dalla maledizione di Alberich, la maledizione della consapevolezza. Come Brünnhilde rivela ad Hagen, Siegfried è rimasto inconsapevole di essere protetto dalle di lei magiche rune nella parte anteriore del corpo; cioè, proteggendo Siegfried dalla preveggenza di Wotan della sua inevitabile e vergognosa fine, la magìa di Brünnhilde rese Siegfried senza paura. Tradendo ora Brünnhilde, Siegfried ha perso il dono della sua protezione (fatto cui alluderanno le Figlie del Reno più tardi) e ha quindi tradito il segreto della sua vulnerabilità ad Hagen, che lo potrà quindi colpire alle spalle, con il fatale ricordo della sua vera identità.

Wagner può aver derivato la nozione di Brünnhilde, che protegge Siegfried dalla conoscenza del futuro, dalla figura di Prometeo (che dice “grazie a me l’Umanità ha cessato di prevedere la sua morte”). In effetti questa storia assomiglia molto a quella di Brünnhilde, che - come la madre Erda - dà all’Uomo la preveggenza di ciò che egli teme (insegna a Siegfried la paura) e nello stesso tempo redime l’Uomo da quella conoscenza e dalla paura da essa ingenerata (così Siegfried può dimenticare la paura che lei stessa gli ha insegnato). In altre parole: l’Arte di Siegfried gli è inconsciamente ispirata da quella stessa conoscenza del significato della paura dell’Uomo, che essa cerca di nascondere.

Quando Siegfried, nel suo orgoglio, rifiuta di dare l’Anello alle Figlie del Reno, in modo che esse possano lavare via la maledizione di Alberich, in effetti egli rifiuta di cercare rifugio nella musica (il canto di Brünnhilde). Si rifiuta di consegnare la conoscenza all’oblìo della mente inconscia per redimersi dalla Verità e con ciò - come gli dicono le Figlie del Reno - involontariamente rinuncia al dono di Brünnhilde, la sua protezione. In effetti, Brünnhilde, l’inconscio di Siegfried, nelle cui mani protettrici lui aveva lasciato l’Anello, era per lui l’artificiale surrogato al seguire il consiglio di Loge (gettare l’Anello della consapevolezza nel Reno del pre-conscio). Rifiutando sprezzantemente l’offerta delle Figlie del Reno di por fine alla maledizione dell’Anello (poichè esse hanno fatto appello alla sua paura) per la prima volta Siegfried è divenuto concettualmente conscio dell’originale credenza di Wotan, facendo proprio il principio secondo cui la Vita non sarebbe degna di essere vissuta se egli dovesse riconoscere che la paura (Fafner) è una motivazione più forte dell’Amore.

Conseguentemente, quando Hagen ritrova Siegfried, annuncia ai Ghibicunghi di aver trovato dove Siegfried (cioè l’impulso religioso di Wotan) si è rifugiato: il Reno. Il desiderio di restituire l’Anello della consapevolezza al Reno della pre-consapevolezza è la metafora di Wagner di ciò che egli stesso descrisse come il futile tentativo dell’Umanità di ripristinare la perduta innocenza. Wagner capiva che questo era stato il motivo principale alla base della storia dell’Umanità, un desiderio soddisfacibile solo attraverso Religione ed Arte. E non a caso era stato proprio Loge, il dio dell’auto-inganno, a insistere perchè l’oro di Alberich fosse restituito alle Figlie del Reno.

Come riesce Hagen ad esporre Siegfried alla distruzione, visto che in Siegfried la fede religiosa è retrocessa dal pensiero al sentimento, dalla testa al cuore, dalla potenza all’amore? Hagen chiederà a Siegfried di rivelare come imparò a interpretare il linguaggio degli uccelli. Siegfried userà la musica - i temi musicali di Wagner - come chiave per aprire il suo inconscio (Brünnhilde) ed esporre così il suo tesoro proibito di conoscenza alla luce del giorno. Istigato da Hagen, Siegfried - e Wagner con lui! - userà la musica come pensiero. Così come il pensiero di Wotan era stato trasformato in sentimento da Brünnhilde, Siegfried, rivelando il significato del canto dell’Uccellino del bosco, ritrasformerà il sentimento nel pensiero (finora taciuto) che lo aveva originariamente ispirato. Molto a proposito quindi, alla domanda di Siegfried “Brünnhilde gli (a Gunther) provoca pena?”, Hagen risponde “Se egli potesse capirla come tu comprendi il canto degli uccelli!”

Quando Siegfried versa il vino - chiamato da Gunther il suo sangue - sul terreno, dicendo che rinfrescherà Madre Terra, egli involontariamente riconosce che soccomberà ad Hagen come sacrificio di espiazione a Erda, la madre-terra, per aver perpetuato il peccato religioso di Wotan di negazione del mondo, di pessimismo, attraverso l’Arte. Alberich aveva maledetto l’Anello proprio per punire questo peccato, il peccato di Wotan contro tutto ciò che fu, è e sarà (la saggezza di Erda) e Siegfried sarà per questo martirizzato.

L’incitamento di Hagen (il suo spirito scientifico) a Siegfried perchè egli interpreti concettualmente la musica dell’Uccellino per il suo pubblico (i Ghibicunghi) e il fatto che Siegfried narri l’eroica storia della sua vita col canto, raccontando la favola di come Wagner ereditò sia il tesoro dell’Umanità di amara conoscenza della Verità, sia il religioso imperativo di consegnarlo all’oblìo per sostituirlo con una consolante fantasia, è la descrizione che Wagner ci fa della sua presentazione del Ring a noi, il suo pubblico. Egli lo visse come un atto di musica reso visibile.

La fatale pozione che Siegfried potè rifiutare allorquando gli venne offerta dalla razionalità di Wotan (Mime) poichè era allora protetto dalla musica dell’Uccellino, e dalla sua mente inconscia (Brünnhilde), adesso Siegfried l’accetta da Hagen precisamente nel momento in cui narra dell’insuccesso di Mime nel cercare di fargliela bere. Non per nulla, il motivo della pozione di Hagen è imparentato con quelli del Tarnhelm (Mime) e della trasformazione di Loge.

Ora che Siegfried (Wagner!) ha tradito il suo inconscio alla consapevolezza, il suo raccontarci di come creò il Ring ha risvegliato la memoria della sua stessa identità. Wagner sembra qui dirci che se i motivi musicali del suo Ring, che contengono la chiave del profondo segreto della sua ispirazione, il taciuto segreto del suo (e di Wotan) intento poetico, sono correttamente interpretati, ciò porrà fine all’Arte di ispirazione inconscia, poichè Brünnhilde - inconscia mente e musa dell’Artista - si sveglierà per sempre. Gli occhi di Brünnhilde, come ci dicono le ultime parole di Siegfried “sono adesso aperti per sempre”. Wagner qui confessa di aver - inconsciamente e involontariamente - collaborato con il mondo moderno nel vanificare quella redenzione per ottenere la quale aveva immaginato la sua Arte rivoluzionaria.

Il Ring si chiude con l’estremo giudizio di Brünnhilde su di noi, la specie umana, per aver usato l’innocenza dell’eroe-artista come involontario servizio alla nostra paura ed ipocrisia, per sacrificarlo, in fin dei conti, alla scienza moderna, alla maledizione della consapevolezza. Il suo giudizio su Wotan (wagneriana metafora dell’Uomo storico) è che, nel coinvolgere l’eroe-artista nel suo crimine di auto-inganno, egli ha predestinato l’eroe a distruzione certa per mano della Verità, ciò che inevitabilmente noi finiamo per portare alla luce. Gunther e Gutrune, rappresentanti dell’Uomo moderno - il pubblico di Wagner - inorridiscono all’idea di aver permesso al pensiero scientifico e secolare (Hagen) di trascinarli, per sete di potere, a martirizzare quell’eroe, l’eroe-artista-saggio, che aveva dato un significato alla loro vita.

La tragedia, come dice Brünnhilde, è che Siegfried ha dovuto tradire l’Amore e la Musica affinchè la sua mente inconscia, una donna (lei) potesse divenire saggia perchè completamente conscia. Ora Brünnhilde conosce tutto in modo cosciente e la conoscenza di sua madre (Erda) non svanisce più dinanzi a lei.

Il colmo dell’ironia in questa tragedia è che, nel tentativo di garantire al mistero religioso un ulteriore spazio di vita in un mondo sempre più scientifico e de-mitologizzato, Wagner il Nibelungo ha involontariamente sollevato l’ultimo rifugio della Religione, il mistero dell’inconscia ispirazione artistica, dalle silenziose profondità della sua mente inconscia, alla luce del giorno. In tal modo esponendo alla consapevolezza e rivelando apertamente l’ultimo mistero dell’esistenza, fin lì tenuto segreto nel suo notturno seno.

(fine)

02 gennaio, 2008

Il Ring: una “vision” pazza? (V)

Continuando a seguire Paul Brian Heise nella sua feuerbachiana analisi del Ring, arriviamo al Siegfried.

Come abbiamo visto, nella Walküre Wotan ha preso la sua epocale decisione: ha rinunciato alla lotta della Religione (perdente senza scampo) contro la Scienza (Alberich, di cui Erda ha annunciato la vittoria), ha trasferito al suo subconscio (Brünnhilde) l’insopportabile fardello della Verità, e si è rifugiato nella consolante prospettiva artistica, incarnata da Siegfried.

Ora Wotan assiste, nei panni del Viandante (Wanderer) allo snodarsi delle vicende cosmiche: ad Alberich dice che non competerà più per l’Anello, poichè ha proclamato la liberazione dell’Arte dalla paura della Verità. Tuttavia Siegfried, ricordando la propria nascita, avvenuta attraverso la morte della madre, ammette involontariamente di essere erede del Wotan che ha peccato contro Madre Natura, rinunciando alla Realtà.

Mime rappresenta tutto ciò che Wotan aborrisce di se stesso. Dietro la volgare, egoistica intenzione di Mime di sfruttare a suo profitto l’opera di Siegfried si nasconde l’altrettanto egoistica, anche se apparentemente nobile, intenzione di Wotan di redimersi dalle sue colpe attraverso Siegfried. Wotan è spinto dalla paura, non dall’amore. Dato che Siegfried altro non è se non Wotan, ma privo dell’autocoscienza, il disprezzo che egli mostra verso Mime altro non è se non l’auto-disprezzo di Wotan medesimo, la speranza riposta nell’eroe che, sconfiggendo Wotan, ne realizzi in realtà il desiderio.

Mime incarna la concezione di Wagner secondo cui l’egoismo è alla base di tutte le manifestazioni umane: pensiero, sentimento e azione (colpe che Wagner inconsciamente attribuisce agli Ebrei).

Grazie al fatto che Wotan ha represso la sua paura e il suo auto-disprezzo in Brünnhilde (il suo inconscio), Siegfried può uccidere sia Fafner (la paura) che Mime (l’auto-disprezzo). E lo fa con Nothung, il cui tema non a caso richiama quello dell’alba del mondo. Siegfried ripristina artificialmente con Nothung (artificialmente ricostruita) l’ingenua originaria innocenza della Natura, facendo ciò che secondo Wagner è la vera missione dell’Arte. Mime non può riforgiare Nothung perchè troppo “saggio”, cioè troppo conscio.

Fafner è la wagneriana metafora della paura della Verità, il simbolo della fede religiosa che tiene in ostaggio la libertà di pensiero (Alberich). È il guardiano di Anello, Tarnhelm e Tesoro (la conoscenza) per impedire che Alberich se ne reimpossessi. L’artista-eroe Siegfried (erede di Wotan, cioè della Religione) deve uccidere Fafner (la paura della Verità) in modo da liberare l’essenza della Religione, l’Arte e l’Amore, dalle contraddizioni intellettuali della fede religiosa. In tal modo Siegfried può prendere possesso del tesoro di conoscenza del mondo tragico di Alberich, per trasformarlo attraverso l’immaginazione artistica in qualcosa di sublime, che funzioni da antidoto alla maledizione di Alberich. Così quel tesoro di conoscenza diventa il simbolo dell’amore che Siegfried e Brünnhilde condividono.

L’Uccellino della Foresta avverte Siegfried dell’uso che egli può fare di Anello e Tarnhelm, ma Siegfried, riemergendo dalla caverna di Fafner, già se lo è scordato: ciò sta a significare che Siegfried ha avuto dalla musica dell’Uccellino semplicemente l’intuizione artistica del Tesoro di Alberich. Lo ha avvertito, ma non lo ha pensato: lo conosce solo in modo subliminale, inconscio, musicale. Ma attraverso l’Uccellino chi parla sono in effetti la paura e il desiderio di Wotan, trasferiti e impartiti a Brünnhilde durante la sua confessione. Infatti Siegfried, quasi sotto dettatura, esegue tutto ciò che Wotan desiderava lui facesse:

(1) prende possesso di Anello e Tarnhelm, in modo che Alberich non possa riacquistarne il potere;
(2) uccidendo Mime, elimina tutto ciò che Wotan aborriva di se stesso, tanto da non poterne sopportare la coscienza; e
(3) lascia l’Anello nelle mani protettive di Brünnhilde, in modo da salvaguardarne il potere, rendendone innocua la maledizione e soddisfacendo la speranza di redenzione di Wotan, almeno temporaneamente.

Secondo Wagner, la Musica è l’estremo rifugio del morente credo religioso, del dio che si ritira nella profondità del cuore (il Reno) dell’artista individuale, di fronte alla mancanza d’amore e allo scetticismo scientifico del mondo moderno, dove la divinità non può trovare dimora. Non potendosi più sostenere come concetto, il divino si ritira nel sentimento. La Musica, il canto dell’Uccellino, rappresenta il filo che conduce Siegfried a ritrovare quel tesoro di paurosa conoscenza, che era la sua originale fonte di ispirazione, il suo programma segreto. Così il canto dell’Uccellino indirizza Siegfried verso il proprio inconscio, Brünnhilde, dove riposa la sua pericolosa auto-consapevolezza.

Nel suo incontro diretto con Erda, Wotan esprime le sue preoccupazioni in forma puramente retorica. Lui non può accettare la Verità, nè rassegnarsi al suo pauroso destino: ma ha appena finito di dire ad Alberich che ormai egli desidera solo osservare, non più agire. Quando chiede quale utilità possa avere per lui Brünnhilde, si risponde da solo, chiedendosi come possa il dio vincere le proprie preoccupazioni. Ma proprio durante la sua confessione alla figlia, Wotan, esprimendo il suo desiderio - l’inconscio intento poetico - per un eroe libero, aveva posto i semi per la nascita di Siegfried, il libero eroe senza paura.

Confidente che un Walhall di puro idealismo, purificato dal credo religioso, potrà rinascere nell’amore di Siegfried per Brünnhilde, portando la redenzione del sentimento religioso attraverso l’Arte, Wotan proclama ad Erda che la di lei conoscenza (l’ancestrale paura della Madre) svanisce di fronte alla sua volontà. Cioè, la conoscenza, depositata in Erda, svanisce di fronte alla mente inconscia di Wotan, Brünnhilde, in cui il dio ha trasferito la paurosa conoscenza che Erda gli aveva trasmesso.

È attraverso la magica protezione di Brünnhilde, inconscia mente di Siegfried e sua fonte di ispirazione, che Siegfried è liberato dalle conseguenze della maledizione della conoscenza di Alberich. Quando Wotan - sul motivo dell’Eredità del Mondo - dice a Erda che Brünnhilde, risvegliata da Siegfried, compirà il gesto di redenzione, non intende riferirsi alla restituzione dell’Anello al Reno (cui il dio comincerà a pensare solo dopo il fallimento di Siegfried) ma all’unione della musa Brünnhilde con Siegfried, la metafora wagneriana dell’inconscia ispirazione di imprese artistiche, che temporaneamente redimerà il Walhall (nella sua nuova incarnazione come Arte secolare) dalla distruzione.

La paura di Siegfried di fronte a Brünnhilde viene dal fatto che lei custodisce, per Siegfried, la paurosa conoscenza - che Wotan non potè sopportare - della sua vera identità e del suo destino. Di fronte alla prospettiva sessuale, Siegfried è timoroso poichè, dopo aver detto a Fafner “Io ancora non so chi sono”, si sente dire da Brünnhilde “Io sono te stesso, se solo tu mi amerai. Io conosco per te ciò che tu ignori”. Brünnhilde rivela a Siegfried di aver avvertito ciò che Wotan pensava, e Siegfried conferma di non saper cogliere ciò che lei canta, ma soltanto di provare passione per lei. Qui Wagner ci sta dicendo che i suoi motivi musicali, il canto di Brünnhilde, contengono la chiave di volta dello stesso Ring, il segreto non rivelato che spinse Wagner a crearlo.

Come Siegfried, anche Brünnhilde prova paura di fronte al sesso poichè, come sua mente inconscia e depositaria della paurosa conoscenza trasmessale da Wotan, lei ha la premonizione che Siegfried tradirà il segreto dell’inconscia ispirazione artistica, cioè tradirà il loro amore. E se Siegfried lo farà, sarà rivelando quell’insopportabile Verità (l’Anello e la sua maledizione) che la sua stessa ispirazione artistica dovrebbe nascondere, durante un’impresa artistica ispirata da Brünnhilde. Se i pensieri repressi di Wotan (dell’Umanità) venissero rivelati, allora Hagen potrebbe approfittarne per distruggere la speranza di Wotan di redenzione attraverso l’Arte.

Ma tuttavia Brünnhilde decide di ispirare, con il suo amore, l’Arte di Siegfried, poichè lui è “il Tesoro del Mondo”, il guardiano inconsapevole del tesoro di conoscenza del mondo di Erda, che Alberich afferma. In effetti, essendo egli, insieme a Brünnhilde, il mago artista che custodisce gli ultimi misteri religiosi, i segreti dell’inconscia ispirazione artistica, è anche la sola speranza che l’Umanità può conservare di redimersi dalla Verità. Egli può, attraverso la sua Arte, consegnare all’oblio la conoscenza (di Erda) di tutto ciò che fu, è e sarà. È attraverso tale ispirazione artistica che, secondo Wagner, la tragica Realtà del Mondo può essere trasformata esteticamente in un ornamento di delizia e amore.

Siegfried e Brünnhilde possono dimenticare, almeno temporaneamente, le loro paure, se Brünnhilde ispirerà a Siegfried tali redentrici opere dell’Arte. Ciò spiega l’apparente criptica frase di Siegfried a Brünnhilde “Per me devi essere ciò che, paurosa, fosti e sarai”; in altre parole, Siegfried chiede a Brünnhilde di operare quell’atto di redenzione cui alludeva Wotan dicendo ad Erda che la di lei conoscenza cedeva di fronte alla sua volontà. E infatti Siegfried, proprio mentre Brünnhilde gli si sta finalmente offrendo, esclama: “La paura che non ho mai imparato, e che tu mi hai scarsamente insegnato, adesso - sciocco quale sono - l’ho completamente dimenticata!”

(continua)

29 dicembre, 2007

Il Ring: una “vision” pazza? (IV)

Anche per Paul Brian Heise la seconda scena del secondo atto della Walküre rappresenta la chiave di volta dell’interpretazione (tutta feuerbachiana, nel suo caso) del Ring. Come ci arriva Wotan, a questo fondamentale appuntamento?

I fatti narrati nel Rheingold ci dicono che il dio ha preso conoscenza e coscienza - tramite Alberich e Erda - della sua inevitabile fine. Ha ormai chiaro che lui - la divinità creata dalla paura e dall’auto-inganno (il Wahn) dell’Uomo come rifugio dai mali terreni (il Not) - e lo stesso Uomo religioso, sono destinati a soccombere di fronte al potere della conoscenza e della scienza (il Tesoro di Alberich che, sequestrato con l’inganno, solo temporaneamente è stato messo in grado di non nuocere, sepolto nella grotta di Neidhöhle e ivi custodito da Fafner).

Siegmund può rappresentare la salvezza, in quanto - pur nel suo ardore rivoluzionario e nel suo nobile spirito di abnegazione - altro non è se non una manifestazione diretta dell’essenza del dio medesimo, incarnandone la più intima natura e soprattutto la sua ormai incurabile paura. E Fricka altro non rappresenta se non la coscienza religiosa - quindi dogmatica, incapace di qualunque autocritica - che reclama il rispetto delle leggi, senza rendersi conto che il tesoro di conoscenza che Wotan sta accumulando finirà per distruggere - con Siegmund - non solo il credo religioso, ma addirittura la moralità del sacrificio (rappresentato dall’amore di Siegmund per Sieglinde e dalla sua sua rinuncia al Walhall).

Il rischio è che la vittoria di Alberich - tutti dovranno rinunciare all’Amore per rincorrere unicamente l’Oro - porti ad un mondo dominato esclusivamente dall’egoismo.

Wotan ha compreso di non aver speranza di sopravvivenza, ma allo stesso tempo non può accettare il mondo scientifico e senza amore che Alberich si appresta ad imporre. Quindi desidera la fine, la distruzione del suo mondo, come sollievo ad un peso divenuto ormai insopportabile. Ma cerca ancora disperatamente almeno una consolazione nel puro, intimo sentimento: nell’Arte. Si prepara quindi a trasferire quell’arcana, primigenia ispirazione che diede origine al sentimento religioso al suo erede, l’eroe-artista Siegfried.

Ed eccoci quindi al punto centrale, come Wagner stesso lo definiva, del Ring, l’Atto II, Scena II: Wotan parla a Brünnhilde. È la figlia il prodotto della sua paura della Verità, e del suo desiderio di consegnare la Verità all’oblio, in modo da cessare di temerla. È lei che chiede al padre di rivelarle ciò che lo angustia. Prima di iniziare il suo lungo racconto, Wotan afferma di temere che la sua esternazione possa privarlo del sostegno della sua stessa volontà. E Brünnhilde gli testimonia che lei null’altro è se non la sua volontà. Al che Wotan afferma che, parlando a lei, lui in realtà parla a se stesso, e che ciò che rivelerà alla figlia rimarrà eternamente taciuto.

Schopenhauer descrisse la pazzia come ciò che accade ad un essere umano quando non sopporta di prender conoscenza di un qualche traumatico insulto alla propria immagine: la mente involontariamente reprime questa auto-coscienza e la sostituisce con una consolante fantasia. La pazzia di cui soffre Wotan è il Wahn, la follia collettiva del credo religioso che sostituisce un’illusione alla Verità e rimuove la consapevolezza della Verità fuori dalla vista e dalla mente.

Brünnhilde è l’inconscio di Wotan, nel quale egli - confessandosi a lei - reprime e trasferisce la conoscenza del suo essere, la sua propria identità, di cui non sopporta la consapevolezza. Cerca in ciò redenzione al suo sempre più insopportabile cruccio esistenziale. Brünnhilde diventa ora lo strumento di cui Wotan si può servire per creare l’eroe libero. Dato che Brünnhilde è la sua mente inconscia, il suo volere, nel quale lui ha trasferito l’orribile Verità riguardo la sua vera identità, adesso attraverso di lei Wotan può simbolicamente rinascere come Siegfried, il folle eroe in cui Wotan riacquista la sua innocenza, poichè Siegfried non conosce la sua propria identità. In Siegfried, attraverso Brünnhilde, potrà rinascere Wotan, ma privo della coscienza del suo essere (depositata in Brünnhilde). E Siegfried sarà perciò senza paura, poichè protetto dall’amore di Brünnhilde, che gli tiene lontana la vergognosa conoscenza della Verità.

In Siegfried, Wagner rappresenta se stesso, come l’eroe-artista, libero da credenze e dogmi religiosi. L’Arte, a differenza della Religione, non pretende di imporsi alla Realtà, essa ammette di essere una finzione, e nella sua più alta espressione - la musica - non prende posizione per Verità o Falsità: semplicemente gioca con il mondo.

Siegfried rappresenta quindi la secolarizzazione dell’Artista, che esprime un sentimento religioso laddove il pensiero religioso deve far posto a quello scientifico. Hagen rappresenta la moderna Scienza, che eredita un mondo senza dèi. Arte e scienza sono le eredità della fede religiosa.

Brünnhilde viene punita da Wotan per aver cercato di sfuggire (appoggiando Siegmund) la maledizione di Alberich rimanendo nel mondo reale, cosa che Wotan ha compreso essere impossibile. Ma Brünnhilde può forse redimere Wotan da quella maledizione in un modo meno vulnerabile alla minaccia di Alberich: proteggendo Siegfried dalla consapevolezza della realtà (insopportabile per Wotan) e ispirandogli imprese artistiche redentrici, che consegnino quella consapevolezza all’oblio, sostituendola con una consolante illusione, Brünnhilde può creare con Siegfried un Walhall di Arte, un nuovo rifugio dagli assalti di Alberich.

Per questo, quando Brünnhilde chiede a Wotan “Mi toglierai tutto ciò che mi hai dato?”, e lui risponde: “Chi ti farà sua te lo toglierà!”, egli allude al suo tesoro di conoscenza repressa, al contenuto della sua inconscia confessione, di cui il suo eroe Siegfried sarà erede. Tale conoscenza rimarrà dormiente (con Brünnhilde) per tutti, tranne che per l’autentico eroe-artista, che solo potrà trarvi ispirazione per creare quelle opere d’arte che redimano l’umano impulso religioso per la trascendenza dalla minaccia della scienza.

(continua)

27 dicembre, 2007

Il Ring: una “vision” pazza? (III)

Continuiamo a seguire Paul Brian Heise nella sua interpretazione feuerbachiana del Ring, iniziando da personaggi ed avvenimenti del Rheingold.

La rinuncia all’Amore di Alberich rappresenta la nascita della mente riflessiva dell’Uomo, che deve sollevarsi al di sopra degli istinti naturali (rappresentati dal desiderio frustrato per le tre Rheintöchter) per raggiungere la capacità di astrazione e di pensiero simbolico. In sostanza: nell’Uomo, e solo in esso, l’istinto, quando represso, si trasforma in pensiero.

La forgiatura dell’Anello da parte di Alberich rappresenta:
- l’essenza della consapevolezza umana,
- l’impulso a completare ciò che l’esperienza ci presenta come incompleto,
- l’impeto a far quadrare il cerchio, a perfezionare l’imperfetto.

L’Uomo, unico fra tutti gli animali, cerca la conoscenza del mondo reale ben al di là di ciò che gli è strettamente necessario per garantirsi la sopravvivenza. Questa capacità di astrazione produce la conoscenza e il pensiero scientifico, la capacità di cogliere aspetti della Natura (le sue leggi) che vanno al di là delle sue immediate manifestazioni sensibili. Ecco il vero strumento del potere terreno, la capacità di forzare e piegare Madre Natura per soddisfare gli umani bisogni. Lo scavare di Alberich, e dei suoi, nel sottosuolo e l’accumulo del suo Tesoro rappresentano metaforicamente l’incessante opera dell’Uomo per penetrare sempre più i segreti di Madre Natura, per poi impiegarli a proprio vantaggio.

Ma la conoscenza, oltre a fornire all’Uomo la consapevolezza del suo potere sulla Natura, si porta dietro anche la consapevolezza dei limiti, delle miserie e della caducità della natura umana, insomma tutto ciò che viene racchiuso nel termine germanico Not: stato di necessità, privazione, ansia, pericolo. Da qui la nascita, nell’Uomo, di quell’angoscia esistenziale che lo porta addirittura - e proprio impiegando le sue stesse capacità raziocinanti, l’Anello e il Tarnhelm - a disconoscere il mondo reale allorquando esso delude le sue aspettative, e quindi ad inventarsi un mondo immaginario, un illusorio rimpiazzo di Madre Natura, un regno dei cieli, un paradiso senza fine e senza dolore (le mele d’oro di Freia) che lo affranchi dalla dura realtà della vita (rappresentata allegoricamente da Erda).

E questo abbandonarsi all’illusione (il termine germanico Wahn) porta alla nascita del pensiero religioso ed artistico. E Wotan impersona appunto questo impulso, tipicamente soggettivo, perchè controllato da immaginazione e sentimento, e non da Ragione e Verità. Questo desiderio a sua volta si estrinseca nel continuo affannarsi del dio per sequestrare prima (tramite Loge) e mantenere nascosta e inaccessibile poi (tramite Fafner) la conoscenza scientifica (l’Anello e il Tesoro di Alberich!) in quanto essa rappresenta per il mondo degli dèi un nemico mortale. Ma a sua volta questo disconoscimento della verità comporta metaforicamente l’uccisione di Madre Natura!

In definitiva, il conflitto fra Wotan e Alberich impersona quello fra Wahn e Not. La differenza fra i due sta nel fatto che Alberich guarda in faccia la realtà (Not), la affronta a viso aperto, avendo spazzato via, con la maledizione dell’Amore, tutte le illusioni e le sovrastrutture che condizionano l’uomo; mentre Wotan, pur avendo piena consapevolezza del Not, che muove le sue stesse azioni (musicalmente Walhall=Anello!) vorrebbe perpetuare il Wahn, che è il prodotto del lato religioso-artistico della mente umana. In sostanza: Nibelheim altro non è se non l’amara e cruda verità che si nasconde dietro la brillante facciata del Walhall, del mondo di Wotan. E ancora tutto ciò spiega perchè Wotan ed Alberich siano entrambi degli elfi, chiari e scuri (licht-alben, schwarz-alben).

Ma l’inevitabile progresso conoscitivo e scientifico dell’Uomo porterà - prima o poi - alla sconfitta della Religione (e alla vittoria della Ragione, di Alberich): questa terribile constatazione e consapevolezza è alla base di tutte le azioni e comportamenti di Wotan; e spiega l’intima dissociazione della sua psiche.

Loge rappresenta la metafora dell’umana artistica capacità di auto-illusione. È lui che illude gli dèi di poter perpetuare la loro condizione (le Mele di Freia) mettendo a tacere la terribile verità (Freia reclamata come ricompensa dai Giganti) attraverso l’uso del Tesoro di Alberich! Da gran furbone qual’è, il filibustiere prende così due piccioni con una fava:

1. illude (musicalmente Loge=Tarnhelm!) gli dèi (e gli uomini) che davvero possono liberarsi dalle ferree leggi della Natura, impersonate dallo spaventevole ammonimento di Erda: tutto ciò che esiste, finisce, e
2. offre loro redenzione dal peccato insito nel loro egoistico impulso (il Walhall), che ha ingenerato le pretese dei Giganti su Freia.

Non è un caso che Loge nutra intimo disprezzo per gli dèi: lui conosce perfettamente la verità, sa benissimo che la sua Arte è tutta una finzione, che serve solo ad illudere quei miserabili. Per ora resta al loro servizio (alla fine del Rheingold si accoderà agli dèi che entrano in Walhall) ma non per molto... Intanto però il sequestro del Tesoro e dell’Anello priva - almeno momentaneamente - Alberich (la conoscenza) della possibilità di prevalere.

Di fondamentale importanza è lo scontro Wotan-Alberich - nella quarta scena - che porta alla maledizione dell’Anello. Alberich esclama, rivolto a Wotan: “...se io ho peccato, ho peccato solo contro me stesso; ma tu, immortale, se mi strappi l’Anello peccherai contro tutto ciò che fu, è e sarà”.

Alberich sta accusando Wotan del peccato di fede religiosa: il pessimismo e la rinuncia al mondo reale, che è soggetto a divenire e a mutare. Poco dopo sarà Erda a riecheggiare indirettamente quell’accusa, quando affermerà: “...io conosco tutto ciò che fu, è e sarà”. Prendendo in ostaggio l’Anello, Wotan peccherà (simbolicamente uccidendola) contro Madre Natura, nascondendone la Verità per perpetuare l’illusione che tiene in vita il suo mondo!

Qual’è il significato della maledizione di Alberich (“tutti coloro che possiederanno l’Anello, ne saranno distrutti”)? Tutti quei mortali che si sono auto-illusi con la Religione - inventandosi divinità, immortalità, paradiso, redenzione, libero arbitrio e amore superno, come antidoto alla fatale Verità - saranno inesorabilmente costretti ad accumulare tutto quel tesoro di conoscenza (l’oro) che alla fine distruggerà la loro stessa illusoria felicità.

Gli dèi - e gli uomini che credono in loro - aborriscono la Verità e si autoconvincono che le proprie false credenze siano la Verità. Ma questa situazione non può essere sostenuta a lungo: essi cominciano ad avvertire i dubbi e le paure che l’ammonimento di Erda induce. In effetti, Alberich ha maledetto quell’impulso religioso a fuggire la Realtà, che non può essere soddisfatto: per quanto tale impulso religioso dell’Uomo cerchi soddisfazione nella trascendenza, per sfuggire alla condizione di mortalità del mondo naturale, l’Uomo non può mai raggiungere la redenzione e continua a ritrovare se stesso anche nelle più remote regioni della sua immaginazione religiosa. Gli dèi e il Walhall restano inesorabilmente ancorati alla loro vera origine: l’Anello forgiato da Alberich; il quale Alberich invece non è colpito dalla maledizione, in quanto riconosce la propria condizione e prende atto della Realtà.

Ecco allora il dilaniante dilemma di Wotan: per impedire che il Tesoro di conoscenza venga usato da Alberich per destabilizzare il mondo degli dèi, egli deve metterlo sotto sequestro. Ma con la necessità di difendersi da esso, egli finisce per divenirne conscio a sua volta, e in ciò vede chiaramente la fine delle ragioni della sua propria esistenza, e la vittoria di Alberich!

Fafner impersona appunto la paura di Wotan dell’auto-conoscenza. Egli è il simbolo dei tabù religiosi che ostacolano il pensiero razionale, la paura della Verità che tiene in ostaggio la ragione (Alberich). L’uccisione di Fasolt - la dimostrazione pratica della potenza dell’Anello! - dà a Wotan la conferma delle ragioni della sua paura. Non potendo accettare, nè cambiare la tremenda e orribile Realtà, egli decide ora di cessare di esserne conscio; e cercherà di imparare da Erda (sia visitandola di persona, che percorrendone il dorso, come Wanderer in cerca di spiegazioni al suo stato di necessità) il modo per dimenticare la paura che lei gli ha instillato e per consegnare la conoscenza oggettiva all’oblìo.

Questo doppio, schizofrenico desiderio - conoscere le ragioni della sua paura e i mezzi con cui rimuoverla - si incarna in Brünnhilde. Lei insegnerà a Siegfried (l’erede di Wotan) sia la paura che il modo di dimenticarla. Ciò simboleggia quel dono di Natura che permette all’Uomo di neutralizzare il pensiero oggettivo, facendo prevalere il sentimento: sono i sogni della religione e dell’arte, resi possibili dall’impiego del pensiero e dell’immaginazione controllati dal sentimento. Ma questa redenzione dalla Verità non può che essere temporanea, poichè l’Uomo è destinato ad accrescere la conoscenza di sè e del mondo, finchè la scienza moderna (Hagen) arriverà ad estirpare definitivamente il nostro antico modo di pensare, e la nostra illusoria fede nel trascendente.

(continua)

20 dicembre, 2007

Il Ring: una “vision” pazza? (II)

Come già anticipato, Paul Brian Heise ha sviluppato una sua singolare interpretazione filosofica del Ring, che non solo guarda al di là della pura e semplice trama della Tetralogia (cosa assolutamente doverosa e normale, che solo i programmi di sala ancora mancano di fare) ma si spinge ad un livello di astrazione ancora superiore a quello psicologico-esistenziale, ormai largamente acquisito, per inoltrarsi su un terreno che i matematici definirebbero da derivata seconda.

Il nocciolo della teoria di Heise sta nel presupporre (e poi cercare di dimostrare) che il vero significato del Ring, oltre a non doversi individuare nella proposizione di un’improbabile mitologia nordica, nemmeno si deve ricercare nelle interpretazioni psico-sociologiche largamente diffuse. No, nel Ring Wagner ci descrive - secondo Heise - il mortale conflitto filosofico fra tre componenti della civiltà umana: la Religione, l’Arte e la Scienza.

Non solo, ma nel Ring Wagner ci rappresenterebbe anche la sua propria vicenda autobiografica, quella dell’Arte che raccoglie dalla Religione, sempre più soccombente alla Scienza, il testimone della lotta dell’Uomo per la sopravvivenza rispetto al freddo, piatto e disumano materialismo che la Scienza, per l’appunto, va prospettando all’Umanità. E per di più - amarus-in-fundo - Wagner ci dichiarerebbe - per bocca di Siegfried - il suo totale pessimismo sulle possibilità che l’Arte medesima sia in grado di prevalere!

Cosa rappresentano i personaggi del Ring, secondo Heise?

Alberich e Hagen: il Progresso Scientifico, che strappa i segreti alla Natura, scavandola incessantemente, e mette a nudo la fatuità dei concetti di Religione e Trascendenza, creati dall’Uomo solo per difendersi dalla Scienza, cioè dalla consapevolezza dei propri limiti e della propria inevitabile caducità.

L’Anello e il Tesoro: la Conoscenza, che il progresso scientifico accumula continuamente e che - prima o poi - finirà per spazzar via le illusorie mistificazioni della Religione e dei suoi simboli (gli Dèi).

Wotan: l’Umanità che ha costruito la Religione per rimuovere gli effetti devastanti che la Scienza (meglio la Conoscenza) ha sulla psiche umana; e insieme: il concetto stesso di Divinità, ideale quanto effimera costruzione umana, che serve a mascherare la terribile Verità che la Natura porta con sè.

Loge: il Consulente Psichiatrico degli dèi, che usa l’ispirazione artistica per protrarre l’illusione degli Dèi di essere immortali (e l’illusione degli Uomini - attraverso la Religione - di avere una vita perenne e paradisiaca).

Fafner: la Paura che Wotan ha della Conoscenza, e il desiderio del dio di nasconderla per impedire che Alberich se ne impossessi per distruggere la Religione e i suoi simboli, gli Dèi.

Erda: la Natura, che ha la conoscenza assoluta e totale, che avverte l’Uomo Religioso (Wotan) dell’inutilità dei suoi sforzi atti a nascondere la Verità.

(continua)

18 dicembre, 2007

Il Ring: una “vision” pazza? chissà...

Tale Paul Brian Heise sta dedicando la vita intera a mettere a fuoco una sua personalissima visione del Ring. Nel libro The Wound that will never heal (titolo scopertamente parsifaliano) propone una sua suggestiva ed accattivante tesi, basata sul postulato della totale adesione di Wagner alla filosofia di Ludwig Andreas Feuerbach. Secondo Heise il Ring altro non è se non...

...un’allegoria, il cui soggetto è il conflitto, che si manifesta in ciascuno di noi, fra il pensiero oggettivo, pratico e scientifico, il cui oggetto è il mondo reale in cui viviamo, e il pensiero religioso ed artistico, che nega il nostro mondo sensibile in favore di un mondo alternativo ed immaginario. La trama del Ring è la storia di come questo conflitto scuote il credo religioso dalle fondamenta, lasciandogli in eredità la moderna arte secolare, l’arte di Wagner. L’intero Ring dipinge non solo la storia di tale conflitto dalle origini dell’Uomo fino ai tempi di Wagner, ma si conclude con la descrizione che Wagner fa della sua stessa creazione del Ring, nelle parole e musica di Siegfried che narra la storia della sua vita (nel finale del Götterdämmerung, ndr.)

(continua)