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04 gennaio, 2009

Reliquie e prospettive

Succederà un po’ a tutti di inciampare - rovistando in qualche cassa in cantina, o riordinando scaffali di libri e dischi - in qualche reliquia dei tempi andati, di cui si era quasi persa la memoria.

In questi giorni mi è capitato fra le mani un ponderoso raccoglitore, ottimamente rilegato ed ancora in uno stato più che buono, contenente 12 long-playing - immagino che oggi darebbero un suono piuttosto frusciante - e un fascicolo di presentazione, titolato Festival di Musica Classico-Leggera, un’opera pubblicata da Selezione del Readers’s Digest in collaborazione, per i dischi, con RCA.

Non ho trovato nè sulla carta, nè sui vinili alcuna data, ma posso farlo risalire con apprezzabile certezza ai primi anni ’60, diciamo 1961-1962. Era stato forse per me il primo supporto e strumento di presa di confidenza con la musica seria, un regalo della mamma, persona assai colta, ma piuttosto digiuna di conoscenze in quel campo, che però immaginava che un figlio, per promuoversi nella buona società, dovesse colmare quella sua lacuna. E dato che abitavamo in provincia, anzi proprio in una valle del bresciano, quei primi dischi erano, insieme alla vecchia e gracchiante radio a valvole, e alla neo-arrivata TV, l’unico strumento atto alla bisogna.

Tornando alla raccolta, si tratta di una settantina di brani tipo Schiaccianoci, Preludi di Traviata, la Moldava, Walzer di Strauss, Rapsodie di Liszt, Intermezzi di Mascagni e cose simili, dirette da gente a me allora totalmente sconosciuta, tipo Alexander Gibson, sir Adrian Boult, Massimo Freccia, René Leibowitz...

Ma ciò che mi ha colpito, rileggendola oggi, è la prefazione al fascicolo di accompagnamento, firmata nientemeno - lo dico adesso - che da Arthur Fiedler. Che scriveva:

“...è musica leggera... e tuttavia è musica di pregio... quindi da prendere sul serio... brani che hanno superato il secolo, alcuni, come il florilegio di Mozart (Eine Kleine Nachtmusik, ndr) s‘avviano già verso il secondo centenario... tutte melodie che hanno resistito ai capricci delle mode, ai mutamenti sociali, al trasformarsi dei modi, al rinnovarsi dei costumi e delle abitudini; e oggi brillano ancora di luce serena come brillarono il giorno in cui furono udite per la prima volta”.

E concludeva:

“...questa musica appartiene a tutti, all’iniziato come a colui che non riesce a distinguere una fuga da un fandango. Non occorre nessuna competenza particolare, nessuna formula, nessun apriti-sesamo per apprezzarla. Basta un cuore sensibile“.

A distanza di quasi 50 anni le parole di Fiedler non hanno perso un grammo della loro appropriatezza, poichè quelle musiche non hanno perso un grammo del loro fascino.

La domanda è: fra 100-150-200 anni, che fine avranno fatto le musiche di oggi?

(qualunque riferimento a Giovanni Allevi & C è puramente deliberato)
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28 dicembre, 2008

Wagner 2.0


Gli ingredienti ci sono (quasi) tutti:

- smisurata immodestia
- pensiero filosofico auto-referenziale
- establishment da combattere

Mancano ancora:

- una cosa tipo Tristan-und-Isolde
- un teatro sulla collina verde di Ascoli
- un suocero abate

...ma diamo tempo al tempo!

27 dicembre, 2008

Artisti o ciarlatani?


In questi ultimi giorni un paio di avvenimenti hanno riproposto al mondo (quello piccolo, sempre più piccolo, e più piccolo ancora) dei cultori dell’arte (musicale) l’eterno dilemma: come giudicare un personaggio che si mette in mostra?

a. sarà un grande artista, come i sofisticati strumenti di marketing vorrebbero darci a bere, oppure...

b. sarà un ciarlatano di quelli che, senza avere doni naturali, men che meno ispirazione e soprattutto senza versare nemmeno una goccia di sudore, assurge nondimeno agli onori degli altari (auditorium e aule parlamentari) ???

Il primo fatto, passato quasi inosservato qui da noi, riguarda Gilbert Kaplan: per i più un ciarlatano, che ha un’unica qualità, consistente in una montagna di quattrini, con i quali si può permettere di comprare persino la New York Philharmonic, dopo essersi comprato già i Wiener Philharmoniker e la London Symphony! Per altri, fra cui un critico british, di quelli che vanno per la maggiore, è invece un sincero interprete (di un’unica composizione, peraltro) che merita lo stesso rispetto dovuto a Pappano o Thielemann (e poi: 200.000 copie di CD con le sue registrazioni non se l’è mica comprate lui). Ma, a chiarire la statura del critico, che assolve Kaplan dall’accusa di marketing-ismo, si scopre che è lo stesso che ha scritto di Karajan come di un fenomeno da baraccone (ahinoi, da che parte ci dobbiamo girare?)

Il secondo fatto ci è molto più vicino, e riguarda Giovanni Allevi, che il programmatore del concerto natalizio in Senato ha chiamato ad esibirsi di fronte ai nostri politici, neanche fosse la reincarnazione di Rossini (forse data la provenienza geografica). Apriti cielo! Il più imbufalito - in pubblico - è Uto Ughi, che evidentemente non ha digerito che a deliziare quell’aula sia stato chiamato - 10 anni fa - il suo collega-rivale Salvatore Accardo, mentre a lui non lo degnano di uno sguardo. E così ne dice di tutti i colori, anzi le suona di santa ragione, al povero Giovanni, colpevole di vendere dischi a bizzeffe e di fare audience, laddove a lui (Uto) rimane solo l’orticello (quello piccolo, sempre più piccolo, e più piccolo ancora) di cui sopra. Bisognerebbe allora chiedere al veneziano (oggi) più incazzato d’Italia, come mai, anni fa, l’Opera di Baltimora (americani beoti, per Ughi, immagino) abbia commissionato all’ignorante capelluto Allevi, invece che al divino Uto, di musicare nientemeno che i recitativi della Carmen.

Ma ancor più di Ughi, che un minimo minimo di successo e notorietà, in questo mondo di merda, li ha comunque avuti, ad essere fuori dalla grazia di dio sono tutti quei bravi ragazzi, che magari hanno studiato e sudato per anni al conservatorio, ma che adesso si ritrovano a fare il cococo programmatore basic in qualche centro servizi meccanografici, oppure la segretaria d’azienda, annegata in mezzo a protocolli, timbri e fatture: basta un giro nei blog, cercando “Allevi” per averne conferma. Furbo lui - questo pare ormai accertato - o incapaci di stare al mondo, quegli altri?

Nel merito ci sarebbe da discutere all’infinito. Certo, se si tirano in ballo Mozart e Strauss (Richard) o anche Chopin, sarà difficile che Allevi possa cavarsela al confronto. Ma se il riferimento fosse Strauss (Johann-il-walzeroso) o un qualunque Suppè, o Spohr, o anche Hummel o persino Rachmaninov, forse la partita si potrebbe riaprire, chissà...

Del resto, ciò che Ughi ha detto oggi di Allevi, lo aveva scritto Wagner, nel 1850, di Mendelssohn!
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21 dicembre, 2008

Giovanni Allevi: senatore a vita?

Via, non esageriamo. Nessun musicista ancora lo è stato: barbarie della politica, o marginalità della musica?

Certo, se oggi dovessimo fare un nome, pochi avrebbero dubbi su Claudio Abbado.

Il simpatico Allevi, intanto, ha messo un mattoncino, deliziando i nostri politici col concertino di Natale in Senato. Si potrà discutere all’infinito, ma nel panorama - davvero imbarbarito - della musica di oggi, c’è molto, ma molto, di peggio.