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08 febbraio, 2025

Orchestra Sinfonica di Milano - 24-25.15 - Soddy

L’ultima composizione puramente strumentale per grande orchestra (64 archi, tanto per cominciare) di Richard Strauss (1915) è al centro del concerto di questa settimana. Sul podio dell’Auditorium fa il suo esordio quell’Alexander Soddy che dalla prossima settimana dirigerà alla Scala le ultime tre repliche della Valchiria.

Il titolo di Sinfonia (già da Strauss impiegato per la precedente Domestica) non deve trarre in inganno: siamo sempre al Tondichtung, il Poema Sinfonico che aveva caratterizzato la produzione straussiana fino alla fine ‘800 (da Don Juan ad Ein Heldenleben). Prima Strauss aveva anche composto Aus Italien, battezzata come Fantasia sinfonica, che di sinfonico ha solo la struttura in 4 parti, ma resta pur sempre musica descrittiva (o evocativa), in questo caso di paesaggi e musiche popolari italiane.

E una struttura in 4 parti (che accorpavano le 22 stazioni dell’escursione in montagna) aveva originariamente anche Eine Alpensinfonie, struttura poi giudiziosamente abbandonata. Per dare all’opera un’ammantatura filosofica Strauss stesso l’aveva intitolata Antichrist, titolo poi rimosso, forse per tema che la si prendesse (ma cambiando le didascalie) per… Zarathustra-2-la-vendetta?!?

Io ribadisco quanto già esposto tempo fa al proposito: mi accontento di gustare questa musica, che è bella-in-sé, al massimo apprezzando gli accattivanti accostamenti naturalistici proposti in partitura dall’Autore.  

La precedente esecuzione qui (maggio ’19) aveva visto Bignamini guidare – per far fronte alle straussiane esigenze di organico - l’insieme di due orchestre (l’altra era la Toscanini). Questa volta la Fondazione ha fatto tutto da sola, approfittando dell’occasione per lanciare una meritoria iniziativa: accogliere 13 strumentisti in uno stage di studio sul brano in programma, per poi aggiungersi all’Orchestra ed eseguirlo.  

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In un Auditorium discretamente affollato si è potuto apprezzare il giovane albionico Soddy per la sua direzione sobria ed elegante, capace di rendere tutte le mille e mille diverse sfumature di questa partitura-monstre. Qualche piccola menda esecutiva si può e si deve perdonare…

Così il pubblico non ha lesinato ovazioni e applausi a tutti i musicisti sul palco e pure a quelli (8 ottoni invece dei 16 prescritti dal megalomane Strauss) che han fatto sentire i loro richiami da alpestri cacciatori da dietro le quinte.

26 ottobre, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano - 24-25.4

Ancora un programma dall’impaginazione tradizionale per il settimanale appuntamento in Auditorium, dove ha esordito sul podio Pablo González, assai noto in Spagna (Madrid, Barcellona in particolare) ed esperto (come laVerdi del resto) del repertorio romantico.  

Ha aperto la serata l’Ouverture Coriolan di Beethoven. Che trasse l’ispirazione per questo brano dalla vicenda, narrata in un dramma di Heinrich Joseph von Collin, di questo guerriero romano ribellatosi alla Città eterna e passato a guidare l’armata dei nemici Volsci con l’intenzione di fare una… marcia su Roma. Dissuaso dalla patriottica madre, se la cavò togliendosi la vita (mah).

La breve composizione distilla tutto in due temi musicali, adatti ad essere messi sinfonicamente in contrasto: uno maschio e duro (DO minore), l’altro implorante (la relativa MIb maggiore), cioè figlio e madre.

I diversamente giovani ricorderanno forse l’incipit del brano, impiegato lustri orsono per pubblicizzare un prodotto dello… spirito!

González, ben coadiuvato dall’Orchestra, ne ha messo in risalto proprio le due opposte facce, eroica e romantica, aggressiva e contemplativa. E il pubblico (ieri abbastanza folto)  non ha lesinato applausi.

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Ecco poi arrivare il cornista Martin Owen (prima parte dell’Orchestra BBC) per interpretare il Secondo concerto per corno di Richard Strauss. Concerto composto a Vienna nel 1942, a distanza di ben 60 anni dal primo!

Strauss aveva chiuso da pochissimo la sua produzione di opere, con Capriccio (Monaco, 28/10/1942) ed ebbe a dire che quella era stata l’ultima sua composizione impegnata: di lì in avanti avrebbe scritto musica solo per suo proprio diletto, nulla di degno di essere ricordato.

Beh, di musica da ricordare (e addirittura passata alla storia!) ne scrisse ancora parecchia (tanto per citare: Metamorphosen, Concerto per oboe, Vier letzte Lieder…) ma la prima sua composizione dopo Capriccio fu proprio questo Concerto, che già pare smentire la minimizzante confessione dell’Autore, pur non potendo certo considerarsi una pietra miliare nella storia della musica.

Ma che sia Strauss lo si sente da lontano, come ci conferma la presenza di motivi, atmosfere e stilemi che vengono dagli ottocenteschi Tondichtungen o da quel sommo capolavoro che risponde al nome di Rosenkavalier… Rimando all’Appendice una breve sinossi del brano.


Insomma, non proprio una cosuccia da niente, che Martin Owen ha mostrato di padroneggiare alla grande. In questo video (da 11’14” a 15’12”) ci parla (e suona…) proprio dei due concerti (ma poi anche del micidiale attacco del Till) di Strauss.

Ieri sera gli perdoneremo un paio di… acciaccature di troppo, ma la sua prestazione è stata davvero encomiabile. E così non ci ha fatto mancare, come bis, questo strabiliante pezzo di bravura! Dove dal corno escono suoni davvero impensabili...

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È ancora Strauss a chiudere la serata con il Poema sinfonico Tod und Verklärung del 1889. Una sinossi del quale ho proposto tempo addietro.

L’Orchestra era (stando alle statistiche) al terzo incontro con questo brano (il precedente nel 2014) ed ha risposto alla grande alle sollecitazioni di González, che da parte sua deve conoscere questa partitura come le sue tasche, se la dirige senza la… carta sotto gli occhi.

Mirabile la resa della colossale Verklärung che chiude il poema, riprendendo e sublimando il tema dell’Ideale già comparso, ma sempre rimasto incompiuto, nella prima parte (quella della vita terrena): splendida allegoria delle straordinarie capacità della musica di – appunto – trasfigurarsi!

Insomma, una bella serata di musica, buona per contrastare l’uggia indotta dalla pioggerella autunnale che cade su Milano. 

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Appendice.  

Dietro l’apparente struttura classica (Allegro – Andante con moto – Rondo) il lavoro presenta interessanti caratteristiche di innovazione, in specie nel primo movimento, che ignora lo scolastico impiego della forma-sonata in favore di un approccio che richiama una fantasia, in realtà un perenne sviluppo di alcune cellule tematiche esposte dal corno solista nelle primissime battute del Concerto e successivamente condivise dall’orchestra in un serrato dialogo con il corno. E poi diverse divagazioni tonali, dove si passa dal MIb a REb, poi SOL e SIb prima del ritorno a casa.

Il piglio brillante, a tratti virtuosistico (e pure scanzonato) dell’Allegro si spegne lentamente e una dolce modulazione (Tranquillo) alla sottodominante LAb introduce il sognante cullarsi del movimento centrale (Andante con moto, 6/8) di semplice struttura A-B-A’, il cui incipit nell’oboe non può non ricordarci il… Cavaliere.

Nella prima sezione sembra proprio che Strauss si voglia crogiolare nelle sue più facili melodie che si muovono su percorsi ancorati alla triade della tonalità di impianto.

Bizzarra forse la concatenazione tonale delle tre sezioni, che percorre un tritono (LAb-RE-LAb). Nella seconda sezione Strauss intende creare un certo contrasto con la prima, come conferma anche l’agogica (Più mosso) che caratterizza questo breve (16 battute) intermezzo.

Ne sono protagonisti gli archi, che intonano una melodia in RE maggiore con maggior tasso di cromatismo rispetto alla precedente, sulla quale il corno interviene con due perentori richiami che offuscano l’atmosfera, che poi si rasserena con il ritorno al LAb maggiore.

La terza sezione riprende nel corno solista la tranquilla melodia iniziale, ma qui contrappuntata negli archi da quella della seconda sezione, opportunamente trasposta nella tonalità della prima.

Il conclusivo Rondo (Allegro molto, 6/8 in MIb maggiore) si articola in 7 sezioni, quindi con struttura A-B-A’-C-A’’-D(B’)-A’’’ più una Coda. Come si nota, il ritornello A viene riesposto sempre variato e con riferimenti anche a incisi del movimento iniziale. La tonalità, dal MIb di impianto (sezioni A e B) passa a Sib maggiore nella sezione C e a LAb maggiore nella sezione D.

La sezione A impegna subito il solista nella presentazione del tema del ritornello, assai brillante e spigliato, imitato poi dagli archi. Dal MIb la tonalità si muove ripetutamente: a SOL minore, SIb, MI, SOL, RE minore per poi ritornare a casa.

Nella sezione B, che permane in MIb, il corno espone un nobile motivo, più disteso ma sempre sostenuto da veloci terzine dei primi violini che tengono viva l’atmosfera.

Il ritornello A’ vede il tema (soprattutto l’incipit, la cui cellula viene continuamente riproposta e sviluppata) relegato principalmente in orchestra, salvo brevi interventi del corno all’inizio, ed è seguito dalla complessa sezione C, in Sib maggiore, poi virando a SI e RE maggiore, prima del ritorno al MIb.

Essa è aperta da un nuovo tema nel corno e poi costruita su un lungo, vero e proprio sviluppo sinfonico, protagonista l’orchestra, raggiunta verso la fine dal solista che prepara la nuova apparizione (A’’) del ritornello.

Si arriva alla sezione D(B’) caratterizzata da una melodia in LAb del corno che forma un lungo arco ascendente-discendente, un vago richiamo al tema della sezione B. È la sola orchestra a concluderlo, preparando l’ultima ricorrenza del ritornello (A’’’).  

La Coda si apre sulla riproposta del tema della sezione C, poi tutti i motivi vengono sapientemente ricapitolati fino all’esilarante conclusione.


13 ottobre, 2024

Il Rosenkavalier di Salzburg (2014) per la seconda volta alla Scala.

Ieri l’argenteo cavaliere straussiano, come originariamente prodotto a Salzburg nell’ormai lontano 2014, è tornato per la seconda volta a far visita al Piermarini, dopo la prima apparizione del 2016. Allora, teatro semideserto, ieri pieno come un uovo! Che sia perchè sul podio c’era il grande Kirill Petrenko?

Alla regìa, scomparso nel 2019 l’ideatore Harry Kupfer, Derek Gimpel. Superstiti delle recite del 2016 la Marescialla Krassimira Stoyanova e il buzzurro Ochs di Gunther Groissbock.

Non sto quindi a commentare la regìa, ennesima e discutibile ri-ambientazione del soggetto al tempo della composizione dell’opera o giù di lì, cosa che non condivido per varie ragioni, già in passato riassunte in queste mie considerazioni, ehm, filosofiche.

Il trionfatore della serata è stato (ma si poteva tranquillamente prevederlo) il Direttore russo, subissato da applausi e ovazioni ai due ritorni sul podio e al termine della recita

Ovviamente i suoi meriti sono squisitamente di natura musicale: non una battuta di Strauss è andata persa o manomessa, o deturpata: tutta l’opera è corsa via con quel carattere fluido che proprio l’Autore riconosceva essere nel DNA di questa musica. Nel saggio pubblicato sul programma di sala, Quirino Principe definisce il Rosenkavalier come opera dominata né da Apollo, né da Dioniso, ma da Hermes, il dio della musica. Ecco, mi verrebbe da dire che Petrenko abbia proprio interpretato così questo capolavoro.   

Di lui va celebrata la modestia e il riserbo: alle tre entrate sul podio ha dato solo un fugace saluto al pubblico; alla fine ha ringraziato ripetutamente l’orchestra, che ha sfoderato una prestazione davvero impeccabile, quasi senza neanche guardare la sala, che lo stava letteralmente sommergendo di ovazioni da stadio! E anche all’ultimissima uscita singola si è rivolto più alla buca che al pubblico.

Detto dell’onorevole prestazione del coro di Alberto Malazzi, rinforzato dai piccoli di Marco De Gaspari, resta da spendere poche parole sulle voci.

I due cugini più maturi non solo non hanno perso nulla rispetto alle loro prestazioni di 8 anni fa, ma mi sento di dire che abbiano acquistato (la Stoyanova in particolare) spessore sia vocalmente che scenicamente.

Kate Lindsey è stata un’ottima Octavian, e una superlativa Mariandel. Con qualche decibel in più di proiezione della voce le avrei assegnato la lode.

Johannes Martin Kränzle ha ben meritato come Faninal: anche per lui il Piermarini è forse troppo vasto!

Benissimo Sabine Devieilhe come Sophie, voce appropriata al personaggio, acuta (qui ha già fatto Zerbinetta!) ma rotonda, e soprattutto ben proiettata.  

Accomuno tutti gli altri (Gerhard Siegel, Valzacchi; Tanja Ariane Baumgartner, Annina; Caroline Wenborne, Jungfer Marianne Leitmetzerin; Bastian-Thomas Kohl, Notaio-Commissario e Jörg Schneider, Maggiordomo di Faninal – Oste) in un generale apprezzamento, ma con menzione per la Wenborne.

Per ultimo (italianità…) lascio Piero Pretti, interprete del Tenore, che deve cantare la famosa arietta di Molière (più… metà) nella sala dei ricevimenti del primo atto. Per dire che non se l’è cavata per niente male… salvo che anche lui, come il 90% dei tenori, non canta tutte le note di Strauss!

Si osservi il brano incriminato:

Il verso in un baleno viene cantato due volte, a breve distanza. La prima volta le parole in un ba… salgono dalla dominante LAb alla sesta SIb percorrendo croma, semiminima, semiminima, croma. Nella ripetizione quelle parole compiono lo stesso balzo in alto, ma con semiminima puntata più sei semicrome.

Della ventina almeno di esempi disponibili in rete, con i tenori più famosi di oggi e di ieri, io ho trovato ad eseguire precisamente il secondo passaggio solo Ben Heppner (59”), Fritz Wunderlich (1’53”) e Josef Traxel (1’25”). Gli altri al massimo, eseguono 4 o 5 delle sei semicrome.

Peccato, perché questa è una delle tante piccole ma preziose perle che Strauss ha disseminato nella sua straordinaria partitura, per evocare la consuetudine - tutta settecentesca - di lasciare all’interprete la libertà di variare le ripetizioni con propri abbellimenti.

Chiudo confermando comunque un voto di eccellenza a questa produzione, di cui il merito preponderante va al piccolo, grande… Cirillo!  

11 maggio, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano – Stagione 23-24.22

È il Direttore emerito Claus Pater Flor a rifarsi vivo con l’Orchestra Sinfonica di Milano per offrirci questo bel concerto che affianca il tardo Strauss al rampante Beethoven.

Una delle due prime parti di oboe dell’Orchestra, Luca Stocco, è il protagonista del primo brano in programma, il funambolico Concerto che l’81enne Richard Strauss compose nel 1945 come… ehm, piccolo risarcimento di guerra per John de Lancie, strumentista della Pittsburgh Symphony Orchestra (in seguito passato alla Philadelphia) nonchè caporale dell’armata USA che aveva preso il controllo della Baviera. Il ventenne militare era quasi divenuto amico del vecchio compositore, andandolo spesso a trovare nella sua villa di Garmisch, che un altro graduato aveva ossequiosamente evitato di sequestrare - per farne un... bivacco di manipoli - proprio per rispetto alla notorietà del proprietario.

Il Concerto ha la classica struttura in tre tempi, tonalità RE maggiore (1-3) e Sib maggiore, poi RE maggiore (2). Ascoltandolo non si può non andare con i ricordi ad atmosfere tipiche del classicismo viennese. E vi compare ripetutamente (in modo minore e maggiore) anche un motivo che rappresenta un sottile e sotterraneo legame con l’Eroica (a proposito del secondo brano in programma); motivo impiegato da Strauss anche nella contemporanea Metamorphosen:

Orchestra… magrolina (come prescritto) che il Direttore ha appropriatamente fatto suonare con delicatezza tutta settecentesca.

Quanto al solista all’oboe, l’aspetto più critico del brano riguarda però le apnee (!) cui si deve adeguatamente preparare… Strauss non era nuovo a richiedere prestazioni fuori ordinanza agli esecutori su strumenti a fiato, tanto che per la Alpensinfonie aveva consigliato addirittura l’impiego dell’aeroforo di Bernard Samuels per venire in soccorso ai poveri strumentisti!

Ma l’eroico Luca Stocco non ha avuto bisogno di alcun polmone d’acciaio, tanto da superare la prova quasi in… souplesse! E così si è meritato un gran trionfo di pubblico (anche ieri con folta rappresentanza di teen-agers) e l’applauso dei colleghi.
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Ha quindi chiuso in bellezza l’Eroica: poco da dire qui, se non che anche queste opere iper-inflazionate e millanta volte udite - dal vivo o attraverso le più esotiche diavolerie tecnologiche - se suonate come sa fare l’orchestra di casa, coinvolgono l’ascoltatore come al… primo amplesso, ecco!

Mi limiterò a citare per tutti il terzetto dei corni (Amatulli, Farrante Bannera, Buldrini) per l’impeccabile resa del Trio.  

Immancabili applausi ritmati hanno accolto questa ennesima dimostrazione di forza e compattezza del complesso guidato da Luca Santaniello.
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Lunedi 13, ore 11, in Auditorium (e in streaming sul canale youtube della Fondazione) appuntamento con il nuovo Direttore Musicale, Emmanuel Tjeknavorian, per la presentazione della stagione 24-25, che si preannuncia davvero… pirotecnica!

06 aprile, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano – Stagione 23-24.18

Il 36enne afro-americano Roderick Cox (nato in Georgia – terra di antica schiavitù - ma ora trasferitosi a Berlino) fa il suo esordio sul podio dell’Auditorium per dirigere un concertone di quelli davvero robusti: Beethoven e Strauss

Contrariamente all’ordine previsto in locandina, già si intuiva entrando in sala - dall’organico orchestrale schierato - che non sarebbe stato Beethoven ad aprire, ma Strauss… poi si è capita (almeno penso io) la ragione del cambio di sequenza: un grande bis che Tobia Scarpolini (violoncello solista insieme alla viola di Miho Yamagishi) ha organizzato - proprio come in occasione della precedente esecuzione di 8 anni fa - insieme a tutti i colleghi del pacchetto dei celli al termine del Don Quixote!

Ecco allora per prime le Variazioni fantastiche su un tema di carattere cavalleresco. Prolisso sottotitolo al 6° poema sinfonico di Richard Strauss. Qui una mia sommaria esegesi dell’opera, preparata proprio in occasione della citata esecuzione del 2016. Cui ha fatto seguito la celeberrima Settima del genio di Bonn.

Su Cox – un atletico marcantonio che potrebbe ben figurare indifferentemente in una squadra della NBA o in concorsi di Mister Universo (!) – sospendo per ora il giudizio: l’apparenza è positiva (come il suo curriculum, del resto) ma a volte può ingannare, purtroppo. Ha una gran varietà di gesti, da quelli minimalisti dove pare lasciar fare all’orchestra, a quelli più appariscenti ed enfatici, con ampie sbracciate e ondeggiamenti sul podio. Resta sempre, in tali circostanze, da capire se lui guidi l’esecuzione secondo un proprio personale approccio interpretativo, oppure – stante la consuetudine che l’Orchestra ha con ciò che si esegue – non sia lui a farsi semplicemente trascinare. Per dare un giudizio più circostanziato bisognerebbe vederlo all’opera durante le prove o chiedere cosa ne pensano i professori…

Tuttavia, come minimo, devo dire che il ragazzone non si è preso libertà fuori ordinanza, rispettando nella sostanza la lettera delle partiture. Ciò vale per Strauss e ancor più per Beethoven. Questo gli ha garantito un franco successo, sia pure non impreziosito da applausi ritmati che sono spesso di casa in Auditorium. Ovviamente resta da elogiare la compattezza dell’Orchestra, praticamente perfetta in tutte le sezioni. 

17 febbraio, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano – Stagione 23-24.12

Concerto tutto particolare, questo dodicesimo della stagione principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano: Emmanuel Tjeknavorian torna (dopo meno di 15 mesi dall’esordio) sul podio dell’Auditorium nella nuova e prestigiosa veste di Direttore Musicale (per ora designato, poi sarà nel pieno delle funzioni dal 1° luglio…) Auditorium pieno zeppo proprio per lui!

Per l’occasione (è appena trascorso SanValentino) il programma è dedicato (quasi) esclusivamente all’amore, declinato in musica da due coppie di sommi letterati/compositori germanici: Goethe/Wagner e Hofmannsthal/Strauss.

Apre il programma la giovanile Eine Faust Ouverture (1839) sulla quale Wagner ripiegò dopo averla originariamente immaginata come una Sinfonia (ci penserà il futuro genero Franz Liszt a compiere l’opera tre lustri più tardi…)

Questi i sei versi di Goethe posti programmaticamente da Wagner in calce alla partitura, che vide la luce poco prima dell’Holländer (di cui anticipa vagamente la struttura dell’Ouverture e le atmosfere cupe) e che fu poi rivista e pubblicata (1855) quando si affacciava da lontano un tale Tristan…  

Trattandosi di musica dichiaratamente a programma, dobbiamo Immaginare che Wagner vi abbia voluto evocare le tre figure-chiave del capolavoro di Goethe e le relative personalità: Faust, Gretchen e Mephistopheles. Incidentalmente, Liszt nella sua Sinfonia dedicherà proprio i tre movimenti alle corrispondenti figure.

Qui – in assenza di esplicite indicazioni da parte dell'Autore - sta a noi, se proprio lo vogliamo, individuare i motivi musicali che possono evocare struggimento spirituale e slanci eroici (Faust); purezza e nobiltà d’animo (Gretchen); e subdolo cameratismo (Mephistopheles). Motivi che si presentano e ripresentano nel corso dell’Ouverture, fino alla conclusione… tristaniana. Fra essi c’è anche una reminiscenza, negli archi in accompagnamento, del tema principale del beethoveniano Coriolanus… In alternativa, possiamo anche limitarci a godere di questo lavoro come musica pura, bella (o meno bella) in sé.  
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Ancora Wagner e, appunto, Tristan. La giustapposizione (proprio di mano dell’Autore) dell’alfa e dell’omega del dramma: il Preludio e la Liebestod. Nel Preludio il segreto per il Direttore è di non lasciarsi prendere dalla foga, evitando – visto che il tema riguarda anche la libido sessuale – una spiacevole… ejaculatio precox, ecco. Ma invece far di tutto per mantenere proprio la corda tesa al massimo, per portare quasi all’esasperazione (infine all’orgasmo) l’ascoltatore. 

Il postludio (la trance in cui cade Isolde) è francamente meno… memorabile, soprattutto perché l’assenza della voce ne tarpa irrimediabilmente le ali, almeno per una buona metà, prima del trasfigurato finale.         
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Ed ecco ora Richard Strauss e la Suite dal RosenkavalierQui si entra, senza tanto petting, in-medias-res, con la Marescialla e il suo Quinquin proprio all’apex dell’orgasmo e dei successivi languori! E poi è tutto un mirabile campionario (anzi, una vera… orgia!) di Walzer e di preziosa argenteria musicale, con caleidoscopici riflessi Swarovskiani.
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Bene, SanValentino è ormai passato (e anche SanRemo è addirittura quasi dimenticato…) ma a Milano incombe ancora il Carnevale, così la conclusione del concerto manda tutti quanti a quel paese in una nuvola di coriandoli, con l’archetipo dello sberleffo in musica: lo straussiano Till Eulenspiegels lustige Streiche!
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Ecco, descritto sommariamente il menu della serata, resta solo da dire come ce lo ha preparato e servito in tavola il giovin chèf Emmanuel.

Intanto, lui ha messo tutte le partiture su un leggìo virtuale, cioè la sua memoria… e già questo è un indizio non da poco. Certo, il fatto che uno mandi a memoria un testo non garantisce di per sé che poi lo sappia anche recitare al meglio, ma il ragazzo ha invece dimostrato di essere anche un raffinato interprete, assumendo approcci diversi rispetto ai diversi brani in programma: asciutto, essenziale e quasi freddo nel Wagner giovanile; perfetto per rigorosità dei tempi ed espressione nel Wagner maturo (una perla davvero il Preludio…); esuberante e proprio viennese doc (quale lui è anche nella vita) nel dar respiro alle ubriacanti note dello Strauss della Rosa; e infine raffinato miniaturista nei diversi quadri delle avventure del burlone medievale.

Insomma, un esordio come meglio non ci si poteva attendere. Orchestra in formissima (prime parti e sezioni tutte) che già sembra entusiasta della sua nuova guida, il che promette solo ottime cose per il futuro. Pubblico in visibilio per lui, con ovazioni e battimani ritmati.

E oggi per Emmanuel niente riposo, chè lo aspetta la Sinfonica Giovanile!

19 maggio, 2023

laVerdi 22-23. 30

È Tito Ceccherini a fare ritorno sul podio dell’Auditorium per il terzultimo concerto della stagione principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano, co-prodotto con Milano Musica 2023.

E proprio in omaggio ai principi fondativi della rassegna creata in origine da Luciana Pestalozza (sorella di Claudio Abbado) il primo brano in programma è la prima esecuzione della nuova edizione critica di una partitura di Bruno Maderna: Ausstrahlung per voce femminile, flauto e oboe obbligati, grande orchestra e nastro magnetico, su testi sacri e poetici persiani e indiani. I protagonisti sono Monica Bacelli, in veste di recitante poliglotta, oltre che di cantante, e poi Luca Stocco agli oboi (anche musette, corno inglese e oboe d’amore) e Nicolò Manachino ai flauti (anche contralto e basso). Completa il cast l’addetto ai nastri magnetici e alla regìa del suono, Massimo Colombo.

Originariamente composto nel 1971 ed eseguito per la prima volta a Persepoli (per il 2500° anniversario della morte di Ciro il Grande) il lavoro (qui l’unica registrazione oggi disponibile in rete) rimase in uno stato di relativa incompiutezza, poiché la morte prematura impedì all’Autore di apportarvi le ultime finiture: da qui l’importanza della nuova edizione critica, curata per Casa Ricordi da due studiosi: Angela Ida De Benedictis (Responsabile scientifico della Fondazione Sacher, dove sono custoditi tutti i manoscritti di Maderna) e Marco Mazzolini (General Manager di Casa Ricordi) intervenuti prima del concerto di ieri – insieme al Direttore Ceccherini - per presentare questa loro edizione.

Al proposito, un interessante articolo della curatrice De Benedictis ci aiuta a comprendere le particolari caratteristiche di quest’opera, che rappresenta una vera e propria summa di tutti i procedimenti compositivi che erano maturati dagli anni di Darmstadt in poi: ci troviamo porzioni in notazione classica e determinata, altre lasciate all’aleatorietà, altre costituite da minuscoli frammenti che gli interpreti (Direttore e solisti) possono organizzare secondo la loro sensibilità… La presenza dei nastri magnetici (4 Tapes) preregistrati, depositati presso l’Editore che li rende disponibili per le esecuzioni, evidentemente condiziona un poco le esecuzioni medesime, quanto meno dal punto di vista dei tempi, dato che quando i nastri sono in azione (un totale di 14’23” esatti su circa 32’ totali di esecuzione) sono gli interpreti a dover sincronizzarsi con i nastri, essendo piuttosto difficile (salvo stop-start del regista del suono) che siano i nastri a seguire l’esecuzione dal vivo…

Il brano si articola in sette componenti, che incarnano altrettante irradiazioni (Ausstrahlungen) di suoni degli strumenti (solisti e orchestra); in soli due casi (2 e 5) è presente anche la voce solista. Non esiste peraltro una loro sequenza predeterminata, essi possono scomporsi, intersecarsi ed essere disposti secondo un libero approccio esecutivo. Lo stesso Autore ha proposto alcuni Piani esecutivi (che propongono la sequenza di interventi di orchestra, solisti, voce e nastro registrato) uno dei quali fu impiegato per la prima di Persepoli.

In Appendice ho posto una succinta guida all’ascolto dell’opera seguendo la citata registrazione (i testi sono riportati dal citato articolo della curatrice) che riprende nella sostanza la struttura della prima esecuzione di Persepoli diretta dall’Autore.

La proposta di Ceccherini non si discosta macroscopicamente dall’impostazione originaria (il piano esecutivo) di Maderna. Difficile dire invece, di primo acchito, quali e quante libertà, fra quelle comunque previste dall’Autore, Il Direttore e gli interpreti si siano prese. Personalmente ho notato un certo squilibrio nelle dinamiche fra i due solisti, l’orchestra e la voce della Bacelli, che arrivava benissimo nelle parti cantate (e ci mancherebbe) mentre in quelle declamate e soprattutto recitate era spesso travolta dai suoni, pur essendo dotata di amplificazione. Ma credo che la cosa sia perdonabile in una circostanza come questa.

In ogni caso il pubblico, diciamo… selezionato, ha tributato lunghi applausi a tutti.  
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Così come accaduto nello scorso concerto, anche in questo, dopo un'opera moderna, è Richard Strauss a chiudere con il Tondichtung più cerebrale (essendoci di mezzo un tale Nietzschedi tutta la sua produzione: Also sprach Zarathustra.

Sulle mille implicazioni filosofiche che si annidano nella partitura mi sono dilungato tempo addietro e quindi rimando i perditempo a questo scritto. Certo è che solo una conoscenza dettagliata dei temi musicali e delle loro intricatissime relazioni e ricorrenze può farci apprezzare fino in fondo quest’opera davvero geniale.

Viceversa, un ascolto puramente passivo rischia di farcela apparire come bizzarra, frammentaria, cacofonica, con alcuni passaggi entusiasmanti e altri persino noiosi… Ma diamo atto a Ceccherini (un approccio che definirei a tratti quasi espressionista) e ai ragazzi di aver dato il massimo, come il pubblico ha riconosciuto alla fine, con lunghi apprezzamenti per il Direttore e per tutte le prime parti e intere sezioni dell’orchestra.

Insomma, una serata da ricordare. E questa sera… il secondo sbarco dei Mille mahleriani alla Scala!
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Appendice. Ausstrahlung.

L’apertura è affidata al flauto che espone la sua melodia, finchè (21”) la voce solista declama un testo tradotto in inglese da Kavyadarsa del poeta indiano Dandin:

All these three worlds
would have been a dense darkness,
if the light,
called world,
had not shone
from the beginning of the world.

Cominciano ad udirsi sommesse voci in persiano, registrate su nastro (Tape-1). Poi l’orchestra e flauto e oboe musette in primo piano chiudono questa introduzione.

A 3’53” ecco un’esplosione dopo la quale è la voce solista che – intercalata e accompagnata dall’orchestra - recita un lungo testo (tradotto in francese) da Bhagavad Gita di Dandin, tutto imperniato sul tema della guerra e dell’immortalità dell’anima:

Sur le champ les hommes se sont assemblés,
brûlant de combattre.
Debout sur leur grand char de guerre,
attelé à des coursiers blancs,
les puissants archers sont des héros,
prêts à donner leur vie,
tous maîtres dans l’art du combat.
(orchestra)
Aussitôt résonnèrent les conques et les tambours,
les cors et les trompettes
et ce fut un tumulte immense,
qui retentit comme [le] rugissement du lion.
(orchestra)
Profondément ému par la pitié
et plein du douleur, Arjuna dit:
«En voyant dans les rangs mes parents
brûlant de combattre,
mes jambes fléchissent,
et ma bouche se dessèche;
je n’ai pas la force de me tenir debout,
et ma raison se trouble.
Je ne voudrais pas le tuer, même si cela
devait me rendre souverain des trois mondes.
(orchestra)
Les précepteurs, les pères, les fils
et les grand-pères, les oncles, les beaux-pères,
les gendres et tous les parents…..
Si, les armes à la main,
ils allaient me tuer dans la bataille,
moi, je ne veux pas résister».
Ayant ainsi parlé sur le champ de la bataille, Arjuna,
le coeur percé de douleur,
retomba sur le siège de son char
et jeta loin de soi l’arc et la flèche.
(orchestra)
Alors le Seigneur dit:
«D’ou te vient, Arjuna, en cette heure de danger
ce honteux découragement
indigne d’un Aryen?
Celui qui croit qu’il peut tuer et
celui qui croit qu’il peut être tué,
tout les deux sont ignorants.
Il ne peut ni tuer, ni être tué.
Il ne naît, ni ne meurt.
(orchestra)
Ayant été, il ne peut plus cesser d’être.
Non-né, permanent, éternel, ancien,
il n’est pas détruit
quand le corps est tué.
Les armes ne peuvent le percer,
ni le feu le brûler,
ni les eaux le mouiller,
ni le vent le sécher!
(orchestra)
Celui qui habite le corps
est toujours invulnérable.
Tu ne dois donc t’affliger pour aucune [des] créatures.
Tu ne dois pas trembler, Arjuna:
en vérité, pour un Aryen il n’y a rien
de plus désirable qu’un juste combat».

A 9’00” ecco un nuovo passaggio declamato e cantato in inglese, traduzione di due strofe dell’indiano Atharva Veda:

Power art thou, give me power!
Might art thou, give me might!
Strenght art thou, give me strenght!
Life art thou, give me life!
Eyes art thou, give me eyes!
Ears art thou, give me hearing!
Shield art thou, shield me well!
 
May I have voice in my mouth,
breath in my nostrils.
Sight in my eyes, Hearing in my ears,
hair always shining young
and much strength in my arms!

A 10’31” viene recitato un passaggio del persiano Umar Khayyām, tradotto in italiano:

O cuore, fingi d’avere tutte le cose del mondo,
fingi che tutto ti sia giardino delizioso di verde.
E tu, anima mia, su quell’erba verde
fingi d’esser rugiada gocciata là nella notte
e al sorgere dell’alba, svanita…

A 11’07” torna la lingua inglese, con la declamazione di un nuovo passaggio dell’Atharva Veda:

May I have power in my thighs,
swiftness in my legs,
may all my limbs be uninjured
and my soul unimpaired!

A 11’42” uno schianto orchestrale introduce una nuova, agitata strofa dal Rig Veda:

Let’s walk together, speak together;
may the purpose be common,
common the assembly, common the mind;
So be our thoughts united.
May our decision be unanimous.

A 12’11” è lo xilofono ad introdurre una sequenza di versi (tradotti in inglese e italiano e recitati, declamati, cantati) di KhayyāmMuslih Sa’di, dell’Atharva Veda e di Nezâmî Aruzî. Voci maschili e femminili arrivano dal nastro (Tape-2):

May we see a hundred years!

 
Sulla mia tomba ad ogni primavera
il vento del nord farà piovere fiori…
 
Son tutti verdi i rami!
 
May we know a hundred years!
 
I peri e gli albicocchi
avevan ricoperto la tomba di fiori…
 
May we assert our existence a hundred years!
 
È fiorito il giardino…
 
Yea, even more than a hundred years!

A 13’50” ancora un declamato (in inglese) da Kavyadarsa, con interventi di voci maschili (prima strofa) e femminili (seconda) registrate (Tape-2):

Glances to the side,
lovely by nature,
announce intense love,
when thrown by loving maidens,
as messengers to
attract lovers.

The mango-tree’s bud
fills my heart with strong
desire for my lover,
as does the cry of the cuckoos
drunken with love.

A 14’29” ancora versi del persiano Abd Rudaghi, cantati in italiano:

Il monte, un altro monte d’argento,
d’oro è il prato
l’acqua ora è lucente
e tenebrosa s’è fatta l’aria.
Tace la colomba,
vuoto è il verziere.
Muto è l’usignolo:
spoglio è il giardino.
Un vento freddo
come sospiro d’amanti all’alba.

A 18’50” si odono voci registrate (in persiano, Tape-3) e poi la voce solista declama (in inglese, da Kavyadarsa):

They say that the spring
must not cause the lovely
moment of your eyes
and the illusion that they
might be two bess…

A 19’29” si ode (sempre Tape-3) la voce registrata (è quella della moglie di Maderna, Cristina) recitare, da sinistra, due versi dall’Avesta:

Wie geschiet uns
so wunderbar

mentre da destra una voce di bambino (il figlio Andrea) risponde (19’52”):

…so wunderbar
…so wunderbar
(orchestra e voci registrate)
…so wunderbar

Mentre l’orchestra prosegue per quello che diverrà un lungo intermezzo, i richiami del bambino si perdono in lontananza, poi tornano in primo piano; lo stesso accade alle altre voci registrate.

L’intermezzo orchestrale si chiude a 26’54”, quando si torna ad udire la voce registrata di Cristina (Tape-4) che da destra recita – con interventi da sinistra di Andrea con il suo …so wunderbar - i seguenti versi dell’Avesta:

Ich frage Dich mein Gott
gib Du mir Antwort und Verstehen:
Wie kommt es, daß aller Wahrheit eigen
diese zeugende Kraft,
daß die Sonne dort steht
und die Sterne der Nacht,
entsprungenes Licht,
doch gehalten und wandelnd
in stiller Bahn?
Und der Mond in der Kammer
der Schlummernden  ruhe?
Eine Hand legt sich [um uns].
Nun weicht sie  zurück
und sein Licht quillt uns zu.
Wie geschieht uns so wunderbar.
Ich frage Dich mein Gott,
wie ruht uns die Erde
so staunend sicher?
Und darüber die Wolken
gehoben, gehalten,
unsichtbar getragen
und schwebend – worin?
Und es perlen und blinken die Wasser
und Blumen erblühen.
Die Rosse des Windes
durchbrausen die Bahn
und der Wagen der Wolken
rollt in den Lüften
und wir dürfen das sehen:
Unser Geist hat die Augen.
Wie geschiet uns
so wunderbar…

Da 30’41” la voce del mezzosoprano vocalizza all’unisono con oboe e flauto fino a perdersi.