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19 maggio, 2023

laVerdi 22-23. 30

È Tito Ceccherini a fare ritorno sul podio dell’Auditorium per il terzultimo concerto della stagione principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano, co-prodotto con Milano Musica 2023.

E proprio in omaggio ai principi fondativi della rassegna creata in origine da Luciana Pestalozza (sorella di Claudio Abbado) il primo brano in programma è la prima esecuzione della nuova edizione critica di una partitura di Bruno Maderna: Ausstrahlung per voce femminile, flauto e oboe obbligati, grande orchestra e nastro magnetico, su testi sacri e poetici persiani e indiani. I protagonisti sono Monica Bacelli, in veste di recitante poliglotta, oltre che di cantante, e poi Luca Stocco agli oboi (anche musette, corno inglese e oboe d’amore) e Nicolò Manachino ai flauti (anche contralto e basso). Completa il cast l’addetto ai nastri magnetici e alla regìa del suono, Massimo Colombo.

Originariamente composto nel 1971 ed eseguito per la prima volta a Persepoli (per il 2500° anniversario della morte di Ciro il Grande) il lavoro (qui l’unica registrazione oggi disponibile in rete) rimase in uno stato di relativa incompiutezza, poiché la morte prematura impedì all’Autore di apportarvi le ultime finiture: da qui l’importanza della nuova edizione critica, curata per Casa Ricordi da due studiosi: Angela Ida De Benedictis (Responsabile scientifico della Fondazione Sacher, dove sono custoditi tutti i manoscritti di Maderna) e Marco Mazzolini (General Manager di Casa Ricordi) intervenuti prima del concerto di ieri – insieme al Direttore Ceccherini - per presentare questa loro edizione.

Al proposito, un interessante articolo della curatrice De Benedictis ci aiuta a comprendere le particolari caratteristiche di quest’opera, che rappresenta una vera e propria summa di tutti i procedimenti compositivi che erano maturati dagli anni di Darmstadt in poi: ci troviamo porzioni in notazione classica e determinata, altre lasciate all’aleatorietà, altre costituite da minuscoli frammenti che gli interpreti (Direttore e solisti) possono organizzare secondo la loro sensibilità… La presenza dei nastri magnetici (4 Tapes) preregistrati, depositati presso l’Editore che li rende disponibili per le esecuzioni, evidentemente condiziona un poco le esecuzioni medesime, quanto meno dal punto di vista dei tempi, dato che quando i nastri sono in azione (un totale di 14’23” esatti su circa 32’ totali di esecuzione) sono gli interpreti a dover sincronizzarsi con i nastri, essendo piuttosto difficile (salvo stop-start del regista del suono) che siano i nastri a seguire l’esecuzione dal vivo…

Il brano si articola in sette componenti, che incarnano altrettante irradiazioni (Ausstrahlungen) di suoni degli strumenti (solisti e orchestra); in soli due casi (2 e 5) è presente anche la voce solista. Non esiste peraltro una loro sequenza predeterminata, essi possono scomporsi, intersecarsi ed essere disposti secondo un libero approccio esecutivo. Lo stesso Autore ha proposto alcuni Piani esecutivi (che propongono la sequenza di interventi di orchestra, solisti, voce e nastro registrato) uno dei quali fu impiegato per la prima di Persepoli.

In Appendice ho posto una succinta guida all’ascolto dell’opera seguendo la citata registrazione (i testi sono riportati dal citato articolo della curatrice) che riprende nella sostanza la struttura della prima esecuzione di Persepoli diretta dall’Autore.

La proposta di Ceccherini non si discosta macroscopicamente dall’impostazione originaria (il piano esecutivo) di Maderna. Difficile dire invece, di primo acchito, quali e quante libertà, fra quelle comunque previste dall’Autore, Il Direttore e gli interpreti si siano prese. Personalmente ho notato un certo squilibrio nelle dinamiche fra i due solisti, l’orchestra e la voce della Bacelli, che arrivava benissimo nelle parti cantate (e ci mancherebbe) mentre in quelle declamate e soprattutto recitate era spesso travolta dai suoni, pur essendo dotata di amplificazione. Ma credo che la cosa sia perdonabile in una circostanza come questa.

In ogni caso il pubblico, diciamo… selezionato, ha tributato lunghi applausi a tutti.  
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Così come accaduto nello scorso concerto, anche in questo, dopo un'opera moderna, è Richard Strauss a chiudere con il Tondichtung più cerebrale (essendoci di mezzo un tale Nietzschedi tutta la sua produzione: Also sprach Zarathustra.

Sulle mille implicazioni filosofiche che si annidano nella partitura mi sono dilungato tempo addietro e quindi rimando i perditempo a questo scritto. Certo è che solo una conoscenza dettagliata dei temi musicali e delle loro intricatissime relazioni e ricorrenze può farci apprezzare fino in fondo quest’opera davvero geniale.

Viceversa, un ascolto puramente passivo rischia di farcela apparire come bizzarra, frammentaria, cacofonica, con alcuni passaggi entusiasmanti e altri persino noiosi… Ma diamo atto a Ceccherini (un approccio che definirei a tratti quasi espressionista) e ai ragazzi di aver dato il massimo, come il pubblico ha riconosciuto alla fine, con lunghi apprezzamenti per il Direttore e per tutte le prime parti e intere sezioni dell’orchestra.

Insomma, una serata da ricordare. E questa sera… il secondo sbarco dei Mille mahleriani alla Scala!
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Appendice. Ausstrahlung.

L’apertura è affidata al flauto che espone la sua melodia, finchè (21”) la voce solista declama un testo tradotto in inglese da Kavyadarsa del poeta indiano Dandin:

All these three worlds
would have been a dense darkness,
if the light,
called world,
had not shone
from the beginning of the world.

Cominciano ad udirsi sommesse voci in persiano, registrate su nastro (Tape-1). Poi l’orchestra e flauto e oboe musette in primo piano chiudono questa introduzione.

A 3’53” ecco un’esplosione dopo la quale è la voce solista che – intercalata e accompagnata dall’orchestra - recita un lungo testo (tradotto in francese) da Bhagavad Gita di Dandin, tutto imperniato sul tema della guerra e dell’immortalità dell’anima:

Sur le champ les hommes se sont assemblés,
brûlant de combattre.
Debout sur leur grand char de guerre,
attelé à des coursiers blancs,
les puissants archers sont des héros,
prêts à donner leur vie,
tous maîtres dans l’art du combat.
(orchestra)
Aussitôt résonnèrent les conques et les tambours,
les cors et les trompettes
et ce fut un tumulte immense,
qui retentit comme [le] rugissement du lion.
(orchestra)
Profondément ému par la pitié
et plein du douleur, Arjuna dit:
«En voyant dans les rangs mes parents
brûlant de combattre,
mes jambes fléchissent,
et ma bouche se dessèche;
je n’ai pas la force de me tenir debout,
et ma raison se trouble.
Je ne voudrais pas le tuer, même si cela
devait me rendre souverain des trois mondes.
(orchestra)
Les précepteurs, les pères, les fils
et les grand-pères, les oncles, les beaux-pères,
les gendres et tous les parents…..
Si, les armes à la main,
ils allaient me tuer dans la bataille,
moi, je ne veux pas résister».
Ayant ainsi parlé sur le champ de la bataille, Arjuna,
le coeur percé de douleur,
retomba sur le siège de son char
et jeta loin de soi l’arc et la flèche.
(orchestra)
Alors le Seigneur dit:
«D’ou te vient, Arjuna, en cette heure de danger
ce honteux découragement
indigne d’un Aryen?
Celui qui croit qu’il peut tuer et
celui qui croit qu’il peut être tué,
tout les deux sont ignorants.
Il ne peut ni tuer, ni être tué.
Il ne naît, ni ne meurt.
(orchestra)
Ayant été, il ne peut plus cesser d’être.
Non-né, permanent, éternel, ancien,
il n’est pas détruit
quand le corps est tué.
Les armes ne peuvent le percer,
ni le feu le brûler,
ni les eaux le mouiller,
ni le vent le sécher!
(orchestra)
Celui qui habite le corps
est toujours invulnérable.
Tu ne dois donc t’affliger pour aucune [des] créatures.
Tu ne dois pas trembler, Arjuna:
en vérité, pour un Aryen il n’y a rien
de plus désirable qu’un juste combat».

A 9’00” ecco un nuovo passaggio declamato e cantato in inglese, traduzione di due strofe dell’indiano Atharva Veda:

Power art thou, give me power!
Might art thou, give me might!
Strenght art thou, give me strenght!
Life art thou, give me life!
Eyes art thou, give me eyes!
Ears art thou, give me hearing!
Shield art thou, shield me well!
 
May I have voice in my mouth,
breath in my nostrils.
Sight in my eyes, Hearing in my ears,
hair always shining young
and much strength in my arms!

A 10’31” viene recitato un passaggio del persiano Umar Khayyām, tradotto in italiano:

O cuore, fingi d’avere tutte le cose del mondo,
fingi che tutto ti sia giardino delizioso di verde.
E tu, anima mia, su quell’erba verde
fingi d’esser rugiada gocciata là nella notte
e al sorgere dell’alba, svanita…

A 11’07” torna la lingua inglese, con la declamazione di un nuovo passaggio dell’Atharva Veda:

May I have power in my thighs,
swiftness in my legs,
may all my limbs be uninjured
and my soul unimpaired!

A 11’42” uno schianto orchestrale introduce una nuova, agitata strofa dal Rig Veda:

Let’s walk together, speak together;
may the purpose be common,
common the assembly, common the mind;
So be our thoughts united.
May our decision be unanimous.

A 12’11” è lo xilofono ad introdurre una sequenza di versi (tradotti in inglese e italiano e recitati, declamati, cantati) di KhayyāmMuslih Sa’di, dell’Atharva Veda e di Nezâmî Aruzî. Voci maschili e femminili arrivano dal nastro (Tape-2):

May we see a hundred years!

 
Sulla mia tomba ad ogni primavera
il vento del nord farà piovere fiori…
 
Son tutti verdi i rami!
 
May we know a hundred years!
 
I peri e gli albicocchi
avevan ricoperto la tomba di fiori…
 
May we assert our existence a hundred years!
 
È fiorito il giardino…
 
Yea, even more than a hundred years!

A 13’50” ancora un declamato (in inglese) da Kavyadarsa, con interventi di voci maschili (prima strofa) e femminili (seconda) registrate (Tape-2):

Glances to the side,
lovely by nature,
announce intense love,
when thrown by loving maidens,
as messengers to
attract lovers.

The mango-tree’s bud
fills my heart with strong
desire for my lover,
as does the cry of the cuckoos
drunken with love.

A 14’29” ancora versi del persiano Abd Rudaghi, cantati in italiano:

Il monte, un altro monte d’argento,
d’oro è il prato
l’acqua ora è lucente
e tenebrosa s’è fatta l’aria.
Tace la colomba,
vuoto è il verziere.
Muto è l’usignolo:
spoglio è il giardino.
Un vento freddo
come sospiro d’amanti all’alba.

A 18’50” si odono voci registrate (in persiano, Tape-3) e poi la voce solista declama (in inglese, da Kavyadarsa):

They say that the spring
must not cause the lovely
moment of your eyes
and the illusion that they
might be two bess…

A 19’29” si ode (sempre Tape-3) la voce registrata (è quella della moglie di Maderna, Cristina) recitare, da sinistra, due versi dall’Avesta:

Wie geschiet uns
so wunderbar

mentre da destra una voce di bambino (il figlio Andrea) risponde (19’52”):

…so wunderbar
…so wunderbar
(orchestra e voci registrate)
…so wunderbar

Mentre l’orchestra prosegue per quello che diverrà un lungo intermezzo, i richiami del bambino si perdono in lontananza, poi tornano in primo piano; lo stesso accade alle altre voci registrate.

L’intermezzo orchestrale si chiude a 26’54”, quando si torna ad udire la voce registrata di Cristina (Tape-4) che da destra recita – con interventi da sinistra di Andrea con il suo …so wunderbar - i seguenti versi dell’Avesta:

Ich frage Dich mein Gott
gib Du mir Antwort und Verstehen:
Wie kommt es, daß aller Wahrheit eigen
diese zeugende Kraft,
daß die Sonne dort steht
und die Sterne der Nacht,
entsprungenes Licht,
doch gehalten und wandelnd
in stiller Bahn?
Und der Mond in der Kammer
der Schlummernden  ruhe?
Eine Hand legt sich [um uns].
Nun weicht sie  zurück
und sein Licht quillt uns zu.
Wie geschieht uns so wunderbar.
Ich frage Dich mein Gott,
wie ruht uns die Erde
so staunend sicher?
Und darüber die Wolken
gehoben, gehalten,
unsichtbar getragen
und schwebend – worin?
Und es perlen und blinken die Wasser
und Blumen erblühen.
Die Rosse des Windes
durchbrausen die Bahn
und der Wagen der Wolken
rollt in den Lüften
und wir dürfen das sehen:
Unser Geist hat die Augen.
Wie geschiet uns
so wunderbar…

Da 30’41” la voce del mezzosoprano vocalizza all’unisono con oboe e flauto fino a perdersi.

20 marzo, 2015

Orchestraverdi 14-15 – Concerto n° 26


Si continua con la serie degli ultimi concerti mozartiani, e questa è la volta proprio dell’ultimo. Ma il programma di questa settimana prevede anche altro Mozart, poi uno Schubert e un Debussy… manipolati. Per dirigere il concerto (ma vedremo che ci mette lo zampino anche come compositore) torna sul podio de laVERDI una vecchia conoscenza degli anni di Chailly: Roberto Polastri.

La serata è aperta ancora nel segno di Mozart, con le Tre danze tedesche K605, quindi di poco posteriori al concerto pianistico che seguirà. Sono tre brevi brani (poco più di 2 minuti di media ciascuno) rispettivamente in RE, SOL e DO maggiore, tutti in tempo 3/4 senza indicazioni agogiche, ma ovviamente di piglio vivace. La terza presenta un trio sottotitolato gita in slitta, con due corni da postiglione e tre coppie di sonagli, dal sapore quindi prettamente natalizio.

Un buon antipasto per quel che deve seguire!
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Un giovane pianista delle Canarie, il 37enne Iván Martín Mateu, si siede alla tastiera per proporci il K595. Su questo ultimo concerto pianistico del Teofilo - e in particolare sulle auto-citazioni ivi contenute - avevo scritto qualche nota mesi fa, in occasione di un’esibizione di Barenboim alla Scala. Proviamo a seguirne lo sviluppo con l’aiuto di… Wilhelm Kempff.
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Come (quasi) sempre accadde nei concerti della maturità, è l’orchestra ad esporre i temi dell’iniziale Allegro (4/4) in forma-sonata. Temi che sono di problematica etichettatura, essendo assai più dei due canonici, per cui impiegherò alla bisogna qualche sigla più o meno appropriata e del tutto personale.


I violini espongono il primo tema (T1) che si innalza sulla triade di SIb maggiore per poi ricadere sulla tonica, apostrofato dai fiati (11”) con un inciso che viene dalla Haffner e prima ancora dal Ratto. Ancora i violini espongono un controsoggetto, sempre rimbeccati dai fiati; quindi ancora un altro motivo che ci riporta sulla tonica, dove i violini supportati dai fiati chiudono il gruppo tematico (28”) con un motivo (M1) che viene dal finale della Jupiter.
34” Ora si apre una transizione, caratterizzata da un delicato motivo (M2, in effetti quasi un nuovo tema) negli archi col dialogo dei fiati, che ci porta verso la presentazione (59”) del secondo tema (T2) sempre in SIb maggiore ma subito reiterato virando a minore. Veloci quartine di semicrome degli archi (1’20”) rimbeccati dai fiati (reminiscenza del finale della Sinfonia in SOL minore, e che apriranno poi la cadenza) conducono ad una nuova sezione transitoria. Qui (da 1’36” a 1’51”) udiamo sette battute che mancano nel manoscritto originale, ma che furono aggiunte nell’edizione critica essendo presenti nel prosieguo del movimento. A 2’08” ecco una nuova idea melodica (M3) di carattere dolcemente cadenzante che serve ad avviare la chiusura dell’esposizione orchestrale, sul SIb.
2’46” Entra qui il solista, che espone il primo tema (T1) nella tonalità di impianto, subito introducendovi abbellimenti e varianti, prima che (3’10”) i violini ripetano il motivo (M1) della Jupiter, che il solista (3’16”) riprende e sviluppa con virtuosismi di semicrome. Dopo un tutti orchestrale torna il solista (3’38”) esponendo un nuovo motivo (M4) sulla dominante, ma in minore (!)
4’06” Ancora due battute dell’orchestra e poi (4’10”) il solista attacca la transizione che lo porta (4’25”) ad esporre il motivo (M2) udito nei violini - nella transizione durante l’esposizione orchestrale - ma qui nella dominante FA maggiore. A 4’51” i violini ripropongono, in FA, il secondo tema (T2) di cui si fa carico (4’59”) il pianoforte, che lo sviluppa fino a 5’32”, dove i fiati ne interrompono temporaneamente la trama, che il solista riprende per sole 5 battute, prima del tutti orchestrale (5’54”) che apre la rincorsa verso il termine dell’esposizione.

6’27” Ecco qui iniziare lo sviluppo, con un vero e proprio colpo di scena: il primo tema (T1) è esposto dal solista in SI minore! E poco dopo (6’40”) rispondendo agli archi che erano minacciosamente saliti al DO, eccolo riproposto in DO maggiore! E quindi, con ulteriore balzo, in MIb maggiore dai fiati. Non è che l’inizio di un vero e proprio vagabondare attraverso continue modulazioni: il soggetto è principalmente il primo tema (T1) che viene alla fine riproposto dall’oboe (7’55”) in RE maggiore, poi minore, prima della modulazione che ci riporta a casa, sul SIb maggiore per la ricapitolazione

La quale ha inizio a 8’10” e ripercorre inizialmente l’esposizione, fino al motivo (M1) della Jupiter. Qui (8’39”) entra il pianoforte che ripropone la sua visione di quel motivo, sviluppandolo con volate di semicrome.
A 9’04” ecco ritornare il motivo M4 (quello in tonalità minore) ma stavolta in SIb (come dire: care regole, io mi faccio beffe di voi fingendo di applicarvi!) A 9’31” l’orchestra, subito seguita dal solista, ripropone una transizione che porta (9’50”) alla riproposizione sulla tastiera di una variante del motivo M2 (udito nell’esposizione).
A 10’15” ecco - in SIb (siamo ligi ai sacri canoni!) – il secondo tema (T2) riproposto dall’orchestra e subito ripreso dal solista. A 10’54” abbiamo la fermata dei fiati, cui segue la ripresa del solista che porta a 11’32” alla riproposizione del motivo M3. Da qui il passo è breve per giungere alla sospensione che prelude alla cadenza solistica (12’00”) lasciataci da Mozart (è un’eccezione alla regola). A 13’31” ecco la rapida conclusione del movimento.

Il centrale Larghetto (4/4 alla breve) è nella sottodominante MIb maggiore, suddiviso in tre sezioni (A-B-A).

Viene aperto (anche qui è una consuetudine) dal pianoforte solo che espone (14’02”) il tema principale (T1) mutuato dal finale della Sinfonia K425, detta di Linz (ma forse è una reminiscenza di Haydn). Tema di 4 battute ripetute, poi ripreso (14’27”) dai legni.
A 14’54” è ancora il pianoforte ad esporre un nuovo tema della sezione A (T2) in SIb maggiore, che è parente del tema principale; è subito seguito (15’18”) dal ritorno a MIb con una nuova esposizione di T1. Una lunga transizione orchestrale (15’45”) nella quale si distinguono diversi motivi (in particolare M1 e poi M2 che chiude la sezione).

A 16’39” si apre la sezione B del movimento, ancora in MIb, con il tema T3 che prefigura vagamente quello che caratterizzerà il movimento centrale del futuro Concerto per clarinetto, tema che chiude sulla dominante SIb e viene subito riproposto. A 17’13” ha inizio uno sviluppo del tema che porta a diverse modulazioni, da SIb maggiore a minore (M3) da qui alla relativa SOLb maggiore (M4). A 17’54” si torna alla relativa MIb minore e la sezione si conclude poi con una salita cromatica in tremolo del pianoforte, dal SIb fino a raggiungere la tonica MIb.

A 18’36” inizia la ripresa della sezione A, con il solista che espone di seguito il tema T1 e (19’02”) il T2. Dopo una brevissima transizione, a 19’46” il tema T1 viene riproposto dal pianoforte in unisono con il flauto e i violini, poi (20’11”) torna la transizione lunga già udita nella prima sezione A, seguita (20’52”) da una cadenza del solista, poi raggiunto da fiati e violini, per portare a compimento il Larghetto.

Il finale in SIb maggiore, Allegro in 6/8 è in forma di Rondo (ma con aspetti di forma-sonata) con una struttura piuttosto complessa, schematizzabile come A-B-A-C-A-(A’)-A-B-A-C-A.

Lo apre il solista a 21’33”, esponendo il tema T1, che Mozart impiegò in un Lied sulla primavera, composto quasi contemporaneamente al concerto. A 21’44” lo riprende l’intera orchestra. Il pianoforte (21’55”) espone un secondo soggetto (M1) e poi torna (22’14”) al tema T1. Un terzo soggetto della sezione A (M2) è invece esposto dall’orchestra a 22’25”. Da 22’38” abbiamo una robusta coda orchestrale che chiude la sezione A.

A 22’58” ecco la sezione B del Rondo che presenta un nuovo tema (T2, il cui incipit è stretto parente di quello del T1 del Larghetto) sempre in SIb ed ancora esposto dal pianoforte, subito supportato dagli archi. A 23’17” torna la sezione A in forma assai variata che vira alla dominante FA maggiore, culminante poi (23’42”) in un tutti orchestrale cui il solista risponde preparando la successiva sezione C, appunto nella dominante FA maggiore.

Sezione che inizia a 23’56” con l’esposizione del tema T3 da parte del solista, ripresa (24’06”) con l’aggregazione di oboi e fagotti, quindi del flauto. A 24’27” la sezione si arricchisce di una prima cadenza solistica, che sfuma nella ripresa in SIb (24’57”) della sezione A, sempre nel pianoforte, cui risponde (25’07”) l’intera orchestra.

A 25’19” ecco una sorpresa: il solista espone il secondo frammento del tema T1 in tonalità di SIb minore, sulla quale tonalità si libra in una serie di virtuosismi finchè a 25’40” è raggiunto dall’orchestra che espone in FA minore il tema T1, conducendo ad una enfatica fermata (26’03”) sul LAb, sottodominante del MIb (dominante del SIb di impianto) sul quale viene ripresa (26’10”) dal solista la sezione A, assai variata dopo l’esposizione del tema.    

A 26’40” riecco la sezione B del rondò con il tema T2, stavolta esposto sulla tonica SIb (canoni della forma-sonata). A 26’58” torna la sezione A variata. Ripresa dalla piena orchestra (27’23”) e poi dal solista che chiudono la sezione.

A 27’37” torna nel solista la sezione C del Rondo, qui in SIb maggiore (come da forma-sonata) ripresa dall’orchestra a 27’48” e poi conclusa con una nuova fermata (28’12”) che prelude all’arrivo dell’ultima cadenza solistica. Cadenza (28’14”) che in effetti è basata sul tema T1 e quindi è come se preludesse alla riproposizione della sezione A del Rondo, che in effetti il solista esegue a 29’40”, sul tema T1, subito seguito a 29’50” da M1 e ancora da T1 (30’09”) e poi (30’20”) da M2 in orchestra. A 30’34” riecco la transizione che porta adesso verso la chiusura. Un’ultima comparsa di T1 (31’08”) la prepara nel pianoforte, lasciando poi alla sola orchestra (31’18”) la finale cadenza.
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Martín mette in mostra grandi qualità: proprio perché (relativamente) facile, questo concerto si presta ad essere affrontato con… faciloneria. E invece il ragazzo spagnolo ce lo ha proposto con una grazia e una cura davvero sorprendenti, sfoggiando anche suoi personali abbellimenti e mini-cadenze davvero di alta sensibilità.

Insomma, una bellissima prestazione, accolta con entusiasmo e seguita da un’invenzione di Bach.
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La seconda parte della serata si apre con Schubert rielaborato da Bruno Maderna. È in pratica una suite in 5 movimenti, che comprendono Polka, Galopp, Marce e Walzer. Una cosa piacevole e gradevole, un po’ da Concerto di capodanno, ecco. 

Si chiude invece con qualcosa di assai impegnativo: una Suite dal Pelléas et Melisande di Debussy, a suo tempo predisposta da Erich Leinsdorf, ripresa da Claudio Abbado e finalmente rimessa a punto da Polastri. Pare che Debussy sia sempre stato contrario a ricavare dalla sua (unica) opera delle suite o dei bigini, e bisogna dire che forse non aveva tutti i torti poiché, estrapolati dal loro contesto originario, questi brani lasciano un po’ a desiderare, non avendo il respiro sinfonico di lavori come L’Après o La Mèr, tanto per dire. Quindi un successo di stima, come si suol dire, in un Auditorium anche ieri non propriamente sovraffollato.