XIV

da prevosto a leone
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21 marzo, 2024

Guillaume Tell è approdato alla Scala - C.Muti in galera!

Scongiurato (per ora) lo sciopero delle maestranze del teatro, ecco approdato al Piermarini il Tell originale.

Rispetto all’edizione critica della Fondazione Rossini (Bartlet, 1992) Mariotti ha omesso le due più consistenti riaperture di tagli: il Pas de deux del primo atto e l’aria di Jemmy del terzo. Due brani che furono eseguiti nella prima al ROF del 1995, mentre nella ripresa pesarese del 2013 lo stesso Mariotti aveva omesso il primo ma eseguito il secondo. Altri piccoli tagli riguardano ad esempio i due interventi di Melcthal e quello di Tell nella Scena VI del primo atto, l’intervento di un cacciatore all’inizio del second’atto, il recitativo Arnold-Mathilde successivo al loro duetto (Atto II), una parte del Pas de Soldats (atto terzo) e l’invocazione degli austriaci a Tell, nella scena della tempesta (VII dell’atto finale, peraltro riportata sul libretto pubblicato come non tagliata…). 

Esecuzione musicale di livello assoluto. Grazie al Kapellmeister Mariotti, che il pubblico ha accolto come vero trionfatore della serata. Un vero peccato i tagli: valeva la pena iniziare alle 18:00 per ascoltare anche quest’altra musica sublime, così magistralmente interpretata. Al prossimo ROF il profeta-in-patria dirigerà Ermione, un appuntamento da mettere già in agenda…

Delle voci è da incorniciare quella di Dmitry Korchak: non solo, ma ovviamente anche per la scorpacciata di DO acuti (l’ultimo aux armes, scritto da Rossini un’ottava sotto, è proprio da Manrico!) che il tenore russo ci ha propinato con irrisoria facilità. Consensi unanimi e calorosi (vale sempre per lui il consiglio di non farsi distrarre dalle ambizioni da podio…)

Michele Pertusi cantò nel 1995 (quasi 30 anni fa!) questa edizione dell’opera al ROF: beh, l’età ha portato esperienza, imponenza e autorevolezza, che ampiamente compensano l’inevitabile logorio del mezzo vocale. Anche per lui un meritato trionfo.

Salomè Jicia ha una bella voce, che negli acuti spinti va al limite dell’urlo, ma in complesso è stata una Mathilde più che positiva, anche sul piano scenico.

Catherine Trottmann mi ha felicemente sorpreso: un vero peccato, a maggior ragione, averla (e averci) privata della bellissima (e lunga!) aria di Jemmy prima del tiro-alla-mela.

Tutti gli altri interpreti (alcuni sono navigati rossiniani) si sono bene (o benissimo) comportati, a partire da Dave Monaco (il pescatore che deve rompere il ghiaccio con qualche DO acuto non disprezzabile). E poi l’efficace Edwige di Géraldine Chauvet, il duro e sprezzante Gesler di Luca Tittoto, già veterano delle recite del 2013 al ROF e poi a Bologna. Evgeny Stavinsky ha dato voce ad un apprezzabile Melcthal, così come Nahuel Di Pierro è stato un più che discreto Walter. Dei restanti tre, Brayan Ávila Martinez (Rodolphe) mi è parso di voce poco penetrante, Paul Grant è stato un onesto Leuthold e l‘accademico Huanhong Li ha svolto diligentemente il suo compitino come Cacciatore.
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Che dire della regìa della figlia del Maeschtre? Peste-e-corna è ancora poco!

Intanto: butta nel cesso tutto il lancinante contrasto fra la vita di un popolo in pace con se stesso e in piena armonia con la natura, ignaro di essere schiavo di una potenza straniera… e la realtà dello stato di illibertà nel quale, appunto, non si accorge di vivere, a differenza dei pochi (Tell, Melcthal) che soffrono per tale stato di illibertà.

Invece la Muti, mandando in vacca tutta l’evocazione panica della Natura, cosa ci mostra (scene di Alessandro Camera, costumi di Ursula Patzak e luci di Vincent Longuemare)? Nibelheim (!!!)

Ispirandosi esplicitamente a Metropolis di Fritz Lang (1927) la Muti cucina un minestrone in cui il tema (unico e perfettamente delineato nel soggetto schilleriano tradotto in libretto da de Jouy e Bis) della lotta di liberazione nazionale contro l’occupante straniero (tema tipicamente romantico e pre-risorgimentale) viene indebitamente mescolato con quello (moderno e tuttora attuale) dello sfruttamento capitalistico di masse proletarie. Due temi che non possono stare insieme, come ci insegna la Storia, che ci dice che le lotte dell’800 di liberazione nazionale da gioghi stranieri (di cui la medievale vicenda del Tell è una remota ascendenza) non ebbero per protagonista le classi proletarie, ma la borghesia capitalistica alleata con sovrani costituzionali! (In Italia, il quartetto Vittorio Emanuele II, Camillo Cavour, Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi. Operai, proletari?)  

Nel 2013 a Pesaro Graham Vick aveva scelto di proporci il Tell proprio nello scenario della lotta di classe: un’idea che personalmente ho stigmatizzato, ma almeno aveva il pregio di essere presentata con grande coerenza e non faceva a pugni con la presenza immanente della Natura, tanto cara – per restare a questa produzione – al Concertatore, e che qui invece si perde irrimediabilmente.

Basterebbe tutto ciò a liquidare questa proposta come fallimentare. Ma poi ci sono, a dimostrazione della desolante mancanza di idee precise della regista, le mille stupide trovate, disseminate a piene mani lungo le 4 ore (nette) dello spettacolo: gli incappucciati del KKK, le tre spose felici quasi stuprate dai mariti nella prima notte di nozze e poi (passo a sei) bistrattate dagli occupanti; il povero Melcthal che nel second’atto viene ripresentato appeso ad una croce e attorniato dalle tre spose ormai usucapite dagli occupanti; un enorme scheletro d’albero (dal quale Gesler dovrebbe cogliere la mela!); le coreografie (Silvia Giordano) che avrebbero indotto gli amiconi del Jockey Club parigino a far dimettere il soprintendente dell’Académie Royale de Musique! Il tutto culminato nella scena finale con generale smutandamento delle masse proletarie!   

Insomma, raramente si è assistito ad una simile, schizofrenica dissociazione fra musica e immagini. Quindi, molto categoricamente: pollice verso!!!

16 marzo, 2024

Il Tell parigino approda finalmente alla Scala

Per la prima volta nella storia (!) la Scala ospiterà il rossiniano Guillaume Tell nella versione originale parigina, quella in lingua francese. A partire dal 20 marzo, visto che è rientrata la minaccia di sciopero delle maestranze, indetto proprio per la prima… minaccia che – ubi maior minor cessat - ora si è trasferita su La Rondine del 4 aprile!     

Quanto ai contenuti la Scala impiega la più recente edizione critica dell’opera, quella che M.Elizabeth C. Bartlet approntò nel 1992 per la Fondazione Rossini, mettendo ordine in quel mare-magnum di musica prodotta dal Gioachino per il Tell e nel ginepraio di informazioni relative al tormentatissimo iter della prima messinscena dell’opera in quel lunedi 3 agosto 1829. Fra i mille dettagli che magari interessano solo i musicologi, ci sono per lo meno due importanti aspetti che toccano contenuti riconoscibili anche al semplice melomane.

Si tratta di due importanti riaperture di tagli operati da Rossini già prima dell’esordio parigino (brani quindi esclusi dalle edizioni a stampa circolate da allora) giustificati principalmente dalla necessità di ridurre l’eccessiva durata dello spettacolo, che avrebbe impedito ai molti spettatori arrivati da fuori Parigi di prendere i treni che li riportavano alle loro case (?!) Così Rossini espunse il Pas de deux del primo atto (fra il Pas de six e il Pas d’archers) e l’aria di Jemmy del terz’atto (Ah que ton âme se rassure) subito prima della scena-madre del tiro-alla-mela.

Orbene, l’edizione critica della Bartlet fu impiegata per la prima volta al Rossini Opera Festival nel 1995, dove furono eseguiti sia il Pas de deux che l’aria di Jemmy; mentre nella successiva riproposta del 2013 il Pas de deux fu nuovamente ri-tagliato (!) Quindi vedremo cosa succederà qui.
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Lo spettacolo sarà allestito da Chiara Muti, che riceve così il testimone di un’ideale staffetta da papà Maeschtre, che diresse qui al Piermarini l’ultima apparizione del Tell (in versione italiana, peraltro) nell’ormai lontano SantAmbrogio del 1988, quando lei era ancora quindicenne.

Sul podio salirà Michele Mariotti, pesarese cresciuto (prima di inoltrarsi in… mare aperto) a pane-e-rossini, che diresse per la (sua) prima volta l’opera proprio nel 2013 al ROF (regìa, allora abbastanza contestata, del compianto Graham Vick). 

Oltre al Direttore, dei 12 interpreti ben 7 sono voci apparse negli anni al ROF, come qui sotto sintetizzato:

Michele Pertusi (Tell)

1992 Semiramide (Assur)
1993 Maometto II (Maometto)
1994 Semiramide (Assur)
1995 Guillaume Tell (Tell)
1997 Moïse et Pharaon (Mosè) - Petite Messe Solennelle
1999 Il viaggio a Reims (Lord Sidney) - Petite Messe Solennelle
2000 Le siège de Corinthe (Mahomet)
2006 Torvaldo e Dorliska (Duca d’Ordow)
2007 La gazza ladra (Gottardo) - Petite Messe Solennelle
2008 Maometto II (Maometto)
2018 Il barbiere di Siviglia (Basilio)

Dmitry Korchak (Arnold)
2006 Stabat Mater
2007 La gazza ladra (Giannetto)
2008 L’equivoco stravagante (Ermanno)
2011 Mosè in Egitto (Osiride)
2013 La donna del lago (Giacomo V)
2014 Armida (Gernando, Carlo) – Petite Messe Solennelle
2017 Torvaldo e Dorliska (Torvaldo) – Stabat Mater
2020 La cambiale di matrimonio (Direzione e concertazione)
2022 Otello (Rodrigo)
2023 Petite messe solennelle

Salome Jicia (Mathilde)

2015 Il viaggio a Reims – Accademia Rossiniana (Contessa di Folleville, Modestina)

2016 La donna del lago (Elena)

2017 Torvaldo e Dorliska (Dorliska) - Stabat Mater

2019 Semiramide (Semiramide)

2021 Elisabetta regina d’Inghilterra (Matilde)


Nahuel Di Pierro (Walther)

2013 Semiramide (Assur)

2022 Le Comte Ory (Le Gouverneur)


Luca Tittoto (Gesler)

2013 Guillaume Tell (Gesler)


Evgeny Stavinsky (Melchtal)

2022 Otello (Elmiro)

Dave Monaco (Ruodi)
2022 Il viaggio a Reims – Accademia Rossiniana (Conte di Libenskof, Zefirino/Gelsomino)
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Insomma, un Kapellmeister e un cast che con Rossini hanno una certa dimestichezza, il che fa ben sperare.