ricongiungimenti

Maurizio & Claudio

30 dicembre, 2020

Capodanno con laVerdi e...altrove

Giovedi 31 dicembre l’Auditorium di Largo Mahler ospiterà, senza pubblico ma con platea e galleria occupata dai musicisti, il tradizionale Concerto di Capodanno.

Originariamente era in programma, come da 20 anni a questa parte, la Nona beethoveniana ma... il Covid ci ha messo lo zampino mettendo fuori causa alcuni membri del coro, e così si è dovuto ripiegare - sempre con Beethoven - con un programma alternativo. Che sarà visibile in streaming sui canali social della Fondazione.

Venerdi 1 gennaio, sempre a porte chiuse ma registrato su RAI2 (13:30) ecco il Neujahrskonzert viennese, diretto per la sesta volta dal nostro Maeschtre.

RAI1, come da qualche anno, irradierà in diretta il Concerto della Fenice (12:20). 

23 dicembre, 2020

Natale con laVerdi in streaming

In sostituzione del Concerto di Natale originariamente previsto dalla programmazione autunnale de laVerdi, poi finita come ahinoi sappiamo causa recrudescenza del virus, ieri sera è stato trasmesso in streaming un emozionante concerto di carole natalizie, di origine albionica (qui non c’è brexit che tenga...)

𝙒𝙞𝙡𝙡𝙘𝙤𝙘𝙠𝙨, 𝘏𝘢𝘳𝘬! 𝘛𝘩𝘦 𝘏𝘦𝘳𝘢𝘭𝘥 𝘈𝘯𝘨𝘦𝘭𝘴 𝘚𝘪𝘯𝘨

𝙒𝙞𝙡𝙡𝙞𝙖𝙢𝙨, 𝘔𝘦𝘳𝘳𝘺 𝘊𝘩𝘳𝘪𝘴𝘵𝘮𝘢𝘴, 𝘔𝘦𝘳𝘳𝘺 𝘊𝘩𝘳𝘪𝘴𝘵𝘮𝘢𝘴

𝙒𝙞𝙡𝙡𝙘𝙤𝙘𝙠𝙨, 𝘖𝘯𝘤𝘦 𝘪𝘯 𝘙𝘰𝘺𝘢𝘭 𝘋𝘢𝘷𝘪𝘥'𝘴 𝘊𝘪𝘵𝘺

𝙇𝙚𝙤𝙣𝙩𝙤𝙫𝙞𝙘𝙝 (𝘼𝙧𝙧. 𝙒𝙞𝙡𝙝𝙤𝙪𝙨𝙠𝙮), 𝘊𝘢𝘳𝘰𝘭 𝘰𝘧 𝘵𝘩𝘦 𝘉𝘦𝘭𝘭𝘴

𝙒𝙞𝙡𝙡𝙘𝙤𝙘𝙠𝙨, 𝘜𝘯𝘵𝘰 𝘜𝘴 𝘐𝘴 𝘉𝘰𝘳𝘯 𝘢 𝘚𝘰𝘯

𝙍𝙪𝙩𝙩𝙚𝙧, 𝘚𝘵𝘢𝘳 𝘊𝘢𝘳𝘰𝘭

𝘾𝙖𝙢𝙥𝙗𝙚𝙡𝙡 - 𝙂𝙧𝙪𝙗𝙚𝙧, 𝘏𝘰𝘭𝘺 𝘕𝘪𝘨𝘩𝘵 (𝘚𝘵𝘪𝘭𝘭𝘦 𝘕𝘢𝘤𝘩𝘵)

𝙒𝙞𝙡𝙡𝙘𝙤𝙘𝙠𝙨, 𝘛𝘩𝘦 𝘍𝘪𝘳𝘴𝘵 𝘕𝘰𝘸𝘦𝘭𝘭

𝙋𝙚𝙖𝙧𝙨𝙖𝙡𝙡, 𝘐𝘯 𝘥𝘶𝘭𝘤𝘪 𝘫𝘶𝘣𝘪𝘭𝘰

𝙒𝙞𝙡𝙡𝙘𝙤𝙘𝙠𝙨, 𝘎𝘰𝘥 𝘙𝘦𝘴𝘵 𝘠𝘰𝘶 𝘔𝘦𝘳𝘳𝘺, 𝘎𝘦𝘯𝘵𝘭𝘦𝘮𝘦𝘯

𝙍𝙪𝙩𝙩𝙚𝙧, 𝘈𝘯𝘨𝘦𝘭𝘴' 𝘊𝘢𝘳𝘰𝘭

𝙒𝙞𝙡𝙡𝙘𝙤𝙘𝙠𝙨, 𝘖 𝘊𝘰𝘮𝘦, 𝘈𝘭𝘭 𝘠𝘦 𝘍𝘢𝘪𝘵𝘩𝘧𝘶𝘭 (𝘈𝘥𝘦𝘴𝘵𝘦 𝘍𝘪𝘥𝘦𝘭𝘦𝘴)

Impressionante il colpo d’occhio dell’Auditorium, trasformato in enorme palcoscenico dove hanno trovato posto - in platea -  l’Orchestra e - in galleria - i Cori (grandi e piccoli) della Fondazione.

L’abbigliamento della bravissima Viviana ha dato un appropriato tocco di ecumenismo alla circostanza:

Alla fine auto-applausi dei protagonisti e passerella per i tre direttori: Tramontin, Jais e Grandini:


07 dicembre, 2020

La nuova ‘mission’ della Scala

Con la splendida (non sto scherzando) kermesse di questo Santambrogio 2020 il teatro più prestigioso del mondo ha finalmente maturato i requisiti minimi per poter ospitare, fra un paio di mesi e con diffusione video planetaria, il prossimo Festival di Sanremo: a porte rigorosamente chiuse, ma con tanto di drammaturgia di Davide Livermore. E il Direttore Musicale Riccardo Chailly potrà così coronare il suo sogno di essere il successore del venerabile Maestro Cinico Angelini!

Ah, dimenticavo: Wagner non è degno (o non si degna?) di venire a Sanremo.

05 dicembre, 2020

Vaccino streaming-tv

Ieri (disponibile fino al 7 dicembre, al prezzo di un caffè) una splendida Cavalleria concertante dal SanCarlo: Kaufmann-Garanča-Agresta-Sgura-Zilio, un quintetto davvero eccellente, Orchestra e Coro in gran forma, magistralmente condotti da Valčuha. Emozioni e occhi umidi.

Oggi da Roma (RAI3 e replica a Capodanno su RAI5) un Barbiere in forma scenica eterodossa, con platea e palchi diventati, nelle mani di Martone, appendici del palcoscenico (qualcosa di simile a quanto visto di recente da Bergamo) e con riprese registrate in esterno: Gatti centauro scorrazzante per Roma con Figaro sul sellino posteriore, squarci di prime del passato con Anna Magnani, Gina Lollobrigida e Maria Callas...

Gatti convince anche su un terreno a lui forse poco congeniale, guidando orchestra, coro e cast con apprezzabile leggerezza. Cast (russo-polacco nel terzetto dei protagonisti) di tutto rispetto, completato dai nostri valenti bassi Esposito e Corbelli.  

Ecco un modo efficace, edificante e pure istruttivo per combattere il virus, invece di assecondarlo con assalti a negozi, cenoni oceanici e adunate negazioniste. 

01 dicembre, 2020

Il Moro di Firenze

Ieri sera RAI5 ha diffuso in streaming un apprezzabilissimo Otello dall’Opera di Firenze.  

Mehta e la sua Orchestra sempre più in forma, cast senza stelle ma... planetario!

E sabato prossimo Roma apre (RAI3 alle 16) con il Barbiere della coppia Gatti-Martone.

Nonostante tutto, ci sono Teatri (Firenze e Roma sono solo gli ultimi esempi di una lunga serie) che continuano a fare... teatro d’opera!

La Scala invece... teatro di varietà?

29 novembre, 2020

Gala Donizetti e... confronti

L’abbonamento alla DonizettiWebTV per il Festival 2020 (le tre opere in cartellone irradiate in streaming e una serie di contenuti collaterali registrati) comprende anche la visione del Gala GaetAmo Bergamo, per festeggiare il compleanno n° 223 del compositore, e contemporaneamente ripresentare al pubblico del web i protagonisti del Festival appena felicemente conclusosi.

Una simpatica ed intelligente iniziativa che - al di là dei semplici contenuti musicali - testimonia della vitalià del Teatro che ha mostrato di saper restare vivo e vegeto anche al cospetto di questa tuttora perdurante seconda ondata del Covid.

Insomma, quella che ci viene offerta è una gustosa ciliegina sulla già gustosissima torta del Festival.

Confronti? Beh, la corazzata della Scala a Santambrogio ci propinerà una gran ciliegiona, ma senza la torta donizettiana sotto...

27 novembre, 2020

Strauss vs Donizetti: plagio o caso?

Sere fa la DonizettiWebTV ha irradiato la registrazione de L’ange de Nisida, che lo scorso anno era stato messo in scena nel Teatro bergamasco ancora sotto i ferri dei ristrutturatori. L’opera, ricostruita solo pochi anni fa, era già stata data in forma di concerto a Londra, e oggi quella registrazione è disponibile in rete.

Ascoltando e guardando la bellissima proposta del Donizetti (firmata nell’allestimento dal Direttore artistico Francesco Micheli) mi è caduto l’orecchio sul coro del second’atto Le ciel a béni l’étrangère. Quelle note mi suonavano familiari e ho cercato di capirne la ragione.

La prima idea è stata di pensare a La favorite, che ha inglobato parte delle musiche dell’Ange, ai tempi defunta prima ancora di nascere causa bancarotta dell’impresario: ma un rapido controllo ha dato esito negativo.

Poi, ecco accendersi la classica lampadina: Strauss, Le bourgeois gentilhomme, Entrata e Danza dei sarti! (da 10’05” nel video di Sawallisch).

Domanda: Strauss per caso aveva avuto accesso al materiale dell’Ange, da cui scopiazzare l’attacco (appena-appena variato, portato da 4/4 in 3/4 e trasposto da FA a RE nell’esposizione, ma poi riportato al FA originario) della sua allegra polacca?

O si trattò di un fenomeno medianico?

25 novembre, 2020

Il Santambrogio scaligero 2020

É da poco terminata la conferenza (in streaming) di presentazione del prossimo 7 dicembre scaligero.

Se un elefante non può portare grandi carichi, causa restrizioni virali, allora lo facciamo almeno ballare su due zampe...

La topica è stato un terrificante lapsus di Livermore: ascoltatelo qui, a 30’45” del video tuttora disponibile sul sito del Teatro:

...oggi, nella giornata mondiale contro la violenza delle donne...

22 novembre, 2020

Un’opera di Donizetti mai sentita prima

Il terzo titolo del Festival Donizetti 2020 era l’opera buffa Le nozze in villa, praticamente una novità assoluta. È un Gaetano 22enne quello che si cimenta (quasi) per la prima volta in teatro, a Mantova, nel 1819, con quest’opera composta in fretta e furia, su libretto di quel Bartolomeo Merelli che diventerà famoso qualche anno dopo per aver catapultato tale Giuseppe Verdi verso la gloria. (Come si vede, fra Donizetti e Verdi ci sono anche legami sotterranei...)

Opera accolta con freddezza al suo apparire e che ebbe poche repliche in quegli anni: qui il libretto stampato per una rappresentazione del 1822 a Genova (i testi di alcune arie divergono da quelli cantati a Bergamo) col titolo I Provinciali, titolo col quale il testo era apparso in traduzione italiana della commedia brillante Die deutschen Kleinstädter di August Friedrich Ferdinand von Kotzebue (lo stesso che scrisse Re Stefano e Le rovine di Atene, di beethoveniana memoria).

Poi... l’oblio completo fino alla riesumazione odierna, che ha comportato anche il rifacimento di sana pianta (Elio&Rocco Tanica, con Enrico  Melozzi) del quintetto dell’Atto II, Scena VII (Aura gentil, protagonisti Sabina, Anastasia, Claudio, Petronio, Trifoglio) andato perduto.

Lavoro che inevitabilmente si rifà a Rossini, e non solo nei crescendo dei concertati, ma anche - un esempio per tutti - in quel mirabile Oppressa/o e stupida/o che precede la stretta del finale primo, degno davvero del Fredda/o ed immobile del Barbiere! E comunque si cominciano ad intravedere i segnali di ciò che arriverà nei 20 anni successivi!

Stefano Montanari - che ha accompagnato al fortepiano i recitativi - ha diretto da par suo  Gli Originali, dotati di strumenti d’epoca accordati sul diapason a 430 (quello tanto caro a... Verdi!) e il Coro Donizetti Opera di Fabio Tartari.

Cast piacevolmente all’altezza: Fabio Capitanucci e Gaia Petrone su tutti, ma bene anche Omar Montanari e Giorgio Misseri. Sempre più giovane l’inossidabile Manuela Custer e bravi Claudia Urru e Daniele Lettieri nelle rispettive particine.
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Simpatico oltre che istruttivo il siparietto prima dell’inizio, dove una partitella di calcetto in platea è stata interrotta dal Direttore che si è fatto consegnare il pallone per poi perforarlo ripetutamente: un chiaro riferimento - credo - ai troppi trattamenti di favore riservati al calcio e negati alla cultura!

Vengo ora alla messinscena intelligente e piacevole di Davide Marranchelli, coadiuvato da Anna Bonomello per le scene (giustamente minimaliste ma azzeccatissime) da Linda Riccardi per i moderni e simpatici costumi e da Alessandro Carletti per le luci. Un’ideazione davvero adatta alle circostanze, che anzi dalle limitazioni imposte dalle regole-Covid ha addirittura tratto vantaggio!

Insomma: una conclusione in bellezza di questo Festival 2020 stream-diffuso che ha permesso al Teatro e ai suoi nativi di continuare ad esistere, e a noi che ne siamo occasionali abitanti di non rimanere... al freddo e al buio, ecco. E di ciò dobbiamo essere grati a tutti coloro che hanno resa possibile questa impresa.

Il lungo silenzio della sala e il successivo auto-applauso di tutti i protagonisti a me (ma son certo di non essere il solo) hanno davvero messo i brividi e fatto salire in gola il proverbiale magone.

Sono immagini che resteranno nei nostri ricordi di un periodo disgraziato, ma alla fine superato, anche grazie a serate come questa.

21 novembre, 2020

Belisario da Bergamo

La seconda giornata del trittico donizettiano di questo Festival 2020 ci ha proposto in streaming (non diretta... ma fa poca differenza) Belisario, opera immeritatamente dimenticata da più di un secolo e ancor oggi proposta col contagocce.

La presenza dei cori, già corposa nel Faliero, qui nel Belisario è addirittura esorbitante. E se già per il Doge veneziano l’impossibilità di portare il Coro in scena aveva negativamente condizionato la rappresentazione, per il condottiero di Costantinopoli l’avrebbe del tutto compromessa. Obbligata quindi è stata la scelta di proporla in forma di concerto.

Placido Domingo era stato originariamente scritturato per la parte del titolo, un suo ennesimo sconfinamento in territorio baritonale. Beh, lasciatemi dire che qui il Covid ci ha aiutato (!) Roberto Frontali non sarà un superman ma, vivaddio, è un baritono, e si sente!

Bravissima, ma secondo me troppo bambina (solo nella voce, ma qui conta assai) è la Carmela Remigio, un’Antonina che meriterebbe voce da soprano lirico, non dico drammatico.

Perfetta invece per la parte di Irene la voce di Annalisa Stroppa, che metterei in testa alla mia personale classifica.

Celso Albelo più che dignitoso come Alamiro(/Alessi) e un filino sotto l’imperatore Simon Lim.  

Come ieri, ottimi Orchestra, Coro e il Kapellmeister Frizza.

Il doge autocomplottista ha aperto il Festival Donizetti

E così ieri sera questo Festival davvero particolare ha preso il via, nel teatro Donizetti ormai quasi rimesso a nuovo, purtroppo a porte chiuse, ma aperto al pubblico televisivo e webbico.

Fosse questa anche l’unica ragione (ma non è l’unica) dell’impresa... già il tenere-acceso-il-motore di un teatro è cosa di cui andar fieri (per chi lo ha realizzato) e, per chi ne ha potuto godere, motivo di consolazione, di speranza e di ringraziamento.

Insomma: nonostante tutto, abbiamo avuto la prova dell’esistenza in vita - e pure della buona salute! - di qualcosa che davamo purtroppo per morto, sia pur provvisoriamente.

Ieri sera il Marino Faliero ha potuto entrare nelle case di tutti grazie a RAI5 e Radio3, e altre due opere (Belisario e Le nozze in villa) potranno entrare - oggi e domani - nelle case dei molti (pare siano già migliaia) che hanno sottoscritto o sottoscriveranno l’abbonamento alla Donizetti-webTV.

E al proposito merita apprezzamento tutto il contorno di iniziative e di contenuti che la WebTV del Teatro ha messo in campo per rendere ancor più accattivante la fruizione degli spettacoli del Festival: dall’apertura del foyer (alle 19:30, mezz’ora prima dello spettacolo) dove il fac-totum Francesco Micheli e Alberto Mattioli introducono gli ospiti della serata (ieri è toccato al vulcanico Diego Passoni di Radio Deejay, all’attrice Cristina Bugatty e alla stylist Viviana Volpicella; questa sera ci sarà il Sindaco Giorgio Gori ad introdurre il contenuto politico del Belisario)... ai commenti e ai pareri sullo spettacolo, che gli ospiti si scambiano nell’intervallo... per finire con gli innumerevoli contenuti registrati e disponibili sul sito.

Non è certo questo il momento di fare gli schizzinosi, citando i tanti difetti e i tanti contro che l’allestimento in era-virus e la fruizione degli spettacoli via etere o www comporta: i pro sono tali da giustificarli ampiamente. Di ieri sono comunque da citare le eccellenti prove del venerabile Michele Pertusi e della bravissima Francesca Dotto, ma tutti gli altri interpreti sono da elogiare. Menzione speciale poi per il Coro e per l’Orchestra (spezzata in due tronconi - fiati-archi - contrapposti e separati dal plexiglas) e per il mio concittadino Riccardo Frizza, ormai entrato nel novero dei Direttori di spicco nel panorama lirico.   

A proposito di Coro, la sua reclusione (Covid-dipendente) nel buio del fondo-scena ha ovviamente privato lo spettacolo della presenza e dei movimenti di questo autentico quanto speciale personaggio. Così il regista Stefano Ricci ha dovuto ripiegare sulla presenza in scena (coreografata da Marta Bevilacqua) di danzatori-figuranti che hanno animato in qualche modo quell’inestricabile ginepraio - inventato da Marco Rossi - di impalcature metalliche, scale e praticabili sui quali si muovevano, a debita distanza, i protagonisti, tutti sfoggianti bellissimi costumi disegnati da Gianluca Sbicca. Efficaci a supportare l’atmosfera cupa del dramma le luci di Alessandro Carletti.  

E allora: W Donizetti, W Bèrghem, W l’opera e... morte al virus!

18 novembre, 2020

Streaming vs Covid a Bergamo

A Bergamo di Covid hanno un’esperienza forte e purtroppo triste. Come nella mia Brescia, del resto. Ma le due città non si danno per vinte. Dopo il Werther trasmesso dal Teatro Grande il 6 novembre, è ora la volta del Festival Donizetti di diffondere via internet (la prima anche in TV) le tre opere del cartellone di questo autunno 2020, che verranno rappresentate a porte chiuse.

La WebTV del Donizetti arricchirà di contenuti le tre serate, con sessioni introduttive alle opere (alle 19:30, mezz’ora prima dell’inizio) coordinate dal Direttore artistico Francesco Micheli e da Alberto Mattioli, per l’occasione arruolato dal Festival nel ruolo di Dramaturg.

Marin Faliero (venerdi 20) sarà anche irradiata in chiaro su RAI5 e Radio3, mentre - con una modica cifra - è possibile seguire le tre opere (Faliero e Nozze saranno in forma scenica, Belisario in forma di concerto) in diretta streaming, oltre ad esplorare (già da subito) le tre presentazioni curate da Alberto Mattioli durante le prove e alcuni simpatici incontri degli interpreti con... l’Autore.   

Giovedi 19 alle ore 17 Francesco Micheli e il Direttore Musicale Riccardo Frizza (con ospiti fra i quali il Sindaco Giorgio Gori) ci illustreranno questa significativa quanto sfidante esperienza.

17 novembre, 2020

La musica fa bene alla salute

L’impiego della musica a scopi terapeutici non è una novità, ma fanno sempre notizia vicende come questa recente di Ancona.

In questo caso di interessante c’è il particolare relativo alla frequenza del diapason del pianoforte: 432 Hz, che è la frequenza di risonanza di buona parte degli organi del corpo umano, che quindi in presenza di suoni con quella frequenza si predisporrebbe positivamente ad affrontare prove difficili come una delicata operazione chirurgica.

Tutta la materia relativa alla frequenza del diapason è da sempre oggetto di controversie e anche di leggende metropolitane. Ad esempio c’è chi sostiene che l’attuale standard internazionale (440 Hz, spesso ulteriormente aumentato a 442) sia stato propugnato a suo tempo dal nazismo perchè ecciterebbe il cervello umano, spingendolo verso atteggiamenti aggressivi. Per ragioni simili le bande militari avrebbero già da tempo impiegato queste frequenze.

Giuseppe Verdi fu ai suoi tempi un deciso propugnatore dell’assunzione a standard del diapason a 435 (da lui definito normale) già impiegato in Francia, reputandolo il più adatto ad offrire il suono più nobile, pieno e maestoso, a differenza degli strilli ottenuti da un diapason più acuto.

Nel secondo movimento della sua Quarta Sinfonia, Gustav Mahler prescrive per il violino principale un’accordatura di un tono intero sopra a quella degli altri strumenti (più o meno 485 Hz rispetto allo standard attuale); poi, per non farlo stonare rispetto all’orchestra (che suona in DO minore, tre bemolli in chiave) gli abbassa la tonalità del brano a SIb minore (5 bemolli in chiave). Quindi l’altezza del SIb del violino è la stessa del DO dell’orchestra... ma il suo suono è più stridulo (a proposito degli strilli di Verdi!) ed è precisamente l’effetto (da violino di strada) che Mahler desiderava ottenere con questo accorgimento.   

Ma oltre al diapason, gli effetti della musica sulla psiche umana (e degli animali, in generale) possono anche dipendere dalle scale modali impiegate: ad esempio è noto come nell’antichità il modo frigio fosse considerato un eccitante della psiche e quindi impiegato nelle musiche che accompagnavano i militari in battaglia, per massimizzarne le prestazioni.

In attesa dei vaccini miracolosi, perchè qualcuno non si cimenta in ricerche sugli effetti della musica nella lotta al coronavirus?


11 novembre, 2020

Grazie Firenze, grazie Mehta

La figuraccia (dei tecnici) di ieri sera è stata fortunatamente riparata, con la diffusione in differita della Creazione, che ci ha permesso di godere di un’esecuzione che definirei di eccellente livello.

Mehta stupisce ogni giorno di più per la concentrazione e il piglio con cui guida le masse strumentali e corali; e i solisti (Volle su tutti) si sono egregiamente distinti, facendoci passare due ore indimenticabili (e facendoci dimenticare i guai che ci affliggono di questi tempi).

Quindi: grazie di cuore a tutti e... non mollate!


10 novembre, 2020

Contagiata anche la Creazione di Haydn-Mehta in streaming

Si moltiplicano le iniziative delle istituzioni musicali che propongono produzioni a-porte-chiuse irradiate in streaming sulla rete.

Questa sera è stata la volta del Maggio fiorentino, che ci voleva offrire una delle opere corali più grandiose dell’intera produzione degli ultimi secoli, Die Schöpfung di Joseph Haydn, diretta dal venerabile Zubin Mehta, che in questi tempi di coronavirus sembra aver moltiplicato le forze e le presenze sul podio...

Peccato che il virus abbia contagiato anche la tecnologia, che ha diffuso immagini passabili e suoni precisamente da polmonite interstiziale!

(Dico, se il contagio adesso si diffonde anche tramite web... ah padron, siam tutti morti!)


07 novembre, 2020

Scala: fra un mese SantAmbrogio

Paradossi del business: il Teatro non ha mai ufficialmente annunciato il titolo di apertura della stagione 20-21 (ormai andata a meretrici?) ma tutti sanno che si trattava della Lucia, della quale già si conoscevano interpreti e allestitori, e che già prendeva forma all’Ansaldo, sotto gli occhi di tutti.

Poi la recrudescenza, specialmente proprio lombarda e scaligera dei contagi (coristi e orchestrali in quarantena) ha imposto il meritato schiaffo contiano ai baüscia Fontana&Gallera/Sala, comicamente difesi da uno (tale Salvini) che ignorava l’esistenza dei teatri e della cultura in genere, ma che li ha improvvisamente scoperti quando potevano servire alla sua propaganda elettorale, mascherina di Trump compresa.

Lo sfigato Dominique Meyer (ma i tempi del suo insediamento potrebbero far pensare che il Covid ce l’abbia portato proprio lui!) sta cercando di arrabattarsi alla bellemeglio, e si legge dei suoi titanici sforzi per mostrare in mondovisione il Piermarini addobbato a festa, pur orfano del tradizionale interprete principale: il sobrio e riservato pubblico di SantAmbrogio!

Così pare che potremo assistere - da casa - ad una specie di gala a porte chiuse, spettacolo unico e non replicato, simile ad un Milan-Juve in una SanSiro deserta, dove invece della partita vanno in scena mirabili palleggi di CR7 e Ibra!

28 ottobre, 2020

Fare come il ROF

Per chi ha chiuso i teatri l’ultimo DPCM?

Il ROF risponde categoricamente: per il pubblico in sala, NON per chi lo spettacolo lo produce.

Non so se Franceschini il 14 novembre (10 giorni prima della scadenza del decreto) manderà i carabinieri a Pesaro, sta di fatto che l’ipotesi di continuare a produrre cultura, sia pure a porte chiuse (cosa che nessuno si sogna di impedire al calcio, vero Spadafora?) diventa realtà. E addirittura (per il pubblico) a gratis!

Quindi: teatri, auditorium e cinema, seguite l’esempio del ROF... e magari facendo anche pagare un obolo agli spettatori, che credo sarebbero ben felici di farlo!


26 ottobre, 2020

La cartina di tornasole

Le due facce del Governo: Spadafora e Franceschini.

Il primo fa - col sorriso sulle labbra - il mea-culpa. Poi nemmeno lo sfiora l’idea di chiudere gli stadi, non solo a chi sta in tribuna, ma anche a chi sta sul terreno di gioco e in panchina. Tanto le TV trasmettono in diretta partite giocate in vitro e le società salvano almeno una parte degli incassi.   

Il secondo ricorda a noi disattenti che il contagio sta galoppando. Così chiude i teatri, ma non solo al pubblico, anche a chi sta sul palcoscenico e in buca. Poi, per non penalizzare troppo questi ultimi, invoca l’acquisto di spettacoli e programmi di cultura (evidentemente registrati in passato) da parte delle televisioni. Non la trasmissione in diretta degli spettacoli dal vivo, pur a porte chiuse.

É come se Spadafora blindasse gli stadi e chiedesse alle TV di trasmettere - pagando salati diritti d’autore per sostenere le società calcistiche - celebri partite del passato.

Morale: ci sono sempre figli e figliastri (eh sì, caro Franceschini) ed è triste constatare che lo Stato premia i primi e vessa i secondi.


25 ottobre, 2020

Ore legali

Questo 25 ottobre non sarà certo ricordato per il ritorno dell’ora solare, ma per l’ennesimo DPCM anti-virus.

Entrano quindi in vigore, al posto di quella astronomica, altre ore legali legate alla lotta contro i mulini a vento la pandemia.

Per quanto mi riguarda, che i bar e i ristoranti chiudano alle 18 è perfettamente irrilevante (non ci metto piede da lustri...) mentre che luoghi pubblici che sono fra i più sicuri - rispetto alle possibilità di contagio - come teatri e cinema vengano lock-cati è palese dimostrazione di stupidità (Franceschini compreso, visto che comprende dolorosamente, bontà sua...)

Fossi un responsabile di teatro (o anche di cinema) sfiderei il DPCM confermando lo spettacolo (a porte chiuse, come si continua a fare per l’intoccabile calcio) e offrendo, a chi ha già acquistato o acquista un biglietto, la fruizione dello spettacolo in streaming (previa registrazione, per chi già non l’avesse, sul sito del teatro). Così si salverebbe almeno in parte l’incasso, si accontenterebbe in qualche modo il pubblico e si combatterebbe il virus, alla faccia dei dolori di Conte-Franceschini&C. 

   

23 ottobre, 2020

laVerdi 20-21. Concerto n°5

Allora, proprio ieri sera è scattato il coprifuoco - dalle 23 alle 5, tipiche ore di punta di movida, partite di calcetto clandestine, sessioni intensive di palestra e assalti a treni e autobus - con l’emissione da parte di Fontana dell’ordinanza, in contrasto con gli... ordini del suo capitano (il quale a sua volta ha l’unico obiettivo di scaricare la patata bollente nell’altro campo, dove stanno i sindaci PD delle principali città lombarde, per poi impallinare loro).

Ora, chi come il sottoscritto abita a mezz’ora (in moto) o a 50 minuti (mediamente, con i mezzi pubblici) dall’Auditorium la cosa può anche interessare poco: il concerto (al giovedi) finisce prima delle 22 (le altre tre repliche sono ancora più anticipate) e quindi si ha il giusto tempo per rientrare all’ovile; ma chi deve venire dall’hinterland o - peggio - da fuori provincia, come fa? Il biglietto di ingresso può servire come salvacondotto, da allegare all'autocertificazione? Ah, saperlo... Forse - come argutamente si scrive sul FattoQuotidiano - bisognerebbe imporre un coprifuoco dalle 5 alle 23 per Gallera&C!
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Bene, dato a Cesare Fontana ciò che... non si merita, vengo al sodo: riecco sul podio il Direttore musicale Flor per il quinto appuntamento del primo trimestre di questa stagione covid-dipendente.

Appuntamento che vede il ritorno del tuttora sottovalutato Leoš Janáček, già protagonista del concerto inaugurale alla Scala con uno dei suoi ultimi lavori (Taras Bulba) e del quale adesso si esegue invece un brano giovanile (composto a 23 anni) che impegna i soli archi dell’Orchestra: la Suite del 1877. (Brano da non confondere con la meno eseguita Suite per Orchestra - fiati 2-2-3-2/3-2 inclusi, più timpani, triangolo e arpa - del 1891, che è una specie di centone ricavato da musiche per il teatro.)

La Suite si presenta in 6 movimenti, originariamente pensati proprio sul modello barocco, ma poi realizzati in modo del tutto (o quasi) divergente da esso, tanto che l’Autore la fece pubblicare solo quasi mezzo secolo dopo averla composta, e senza alcun sottotitolo. Abbastanza innovativa (per qualcuno magari anche cervellotica...) la progressione tonale, che parte dal SOL minore per chiudere in SI maggiore! Insomma, un bell’esercizio di un tipo promettente, che poi - non per sua colpa - non ha mai veramente sfondato.  
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Ecco qualche sommaria indicazione per seguirne lo sviluppo, ascoltandola da Manfred Honeck alla Philharmonie con gli archi di Pittsburgh.

Si parte (1’43”) con un Moderato in SOL minore (4/4 alla breve, una novantina di battute) aperto da pesanti accordi con acciaccatura. La prima sezione, caratterizzata da un tema energico, sfocia, dopo rapide modulazioni a SIb maggiore e LA maggiore, verso una pausa di riflessione (note pizzicate degli archi bassi) che prepara la seconda sezione. Che inizia a 3’02” in DO maggiore, esponendo un tema più lirico e cantabile. A 3’35” si modula a MIb maggiore, poi ancora (4’07”) a SOL maggiore per chiudere con una cadenza morente.

Segue (5’29”) un Adagio in SOL maggiore (4/4, una trentina di battute) affidato ai soli archi alti, divisi in 4 parti (Violini I, 2 Violini II e Viola). La tonalità è continuamente increspata da inflessioni espressioniste (mahleriane, si direbbe) e la struttura è in tre sezioni. La prima viene ripetuta a 6’25”, la seconda (7’10”) presenta una fugace digressione a RE maggiore e viene a sua volta ripetuta a 7’54”. La terza (8’38”) ha la funzione di cadenza conclusiva.

Ecco ora (9’43”) un Andante con moto, ancora in SOL maggiore (4/4, meno di 30 battute). Si tratta di un breve e gaio brano di danza popolare. La prima sezione viene ripetuta a 9’55” e si chiude a 10’06”. La seconda sezione presenta pure una ripetizione (ma non con il da-capo) e porta, dopo due impertinenti quanto fugaci modulazioni a MIb maggiore, alla rapida conclusione.

Lo Scherzo (10’45”) è in RE minore e SOL (minore-maggiore) in 3/4 per circa 210 battute, e sa molto di... Beethoven (nona): l’incipit del Presto riprende pari-pari quello di un piccolo esercizio (Intrada, per 4 violini) del 1875, nella stessa tonalità. La prima sezione sfocia in SOL minore e viene ripetuta a 11’05”. A 11’22” ecco la seconda, che resta in SOL minore salvo una breve digressione alla relativa SIb maggiore, per concludersi a 11’53”. Qui il tempo si fa Andante (è in effetti il Trio dello Scherzo) e la tonalità è SOL maggiore: è una melodia soave e cullante, che si chiude a 12’57” con l’ultima riproposizione nei gradi più alti della tessitura strumentale. A 13’17” riprende il Presto che conclude il movimento abbastanza sorprendentemente (tramite il FA# dei Violini II) in RE maggiore.

Segue (14’12”) un secondo Adagio in RE e poi SIb maggiore (4/4, poco più di 40 battute). Si caratterizza - a differenza di quello del secondo movimento, riservato ai soli archi alti - per il ruolo preminente di quelli bassi, che nelle prime 8 battute introducono, riprendendo il RE maggiore dell’ultima semiminima dello Scherzo, il languido tema che (15’07”) viene esposto dai violini ancora in RE, per poi virare, attraverso il SI, al SIb maggiore (15’37”) dove viene ripreso dai violoncelli, quindi (16’15”) da violini, poi viole, ancora violini e celli. A 17’18” ecco la sezione conclusiva, affidata a celli e bassi, poi ancora ai violini, che ripropone il tema.

Chiude la Suite un nuovo Andante in SI minore (4/4, 80 battute). Anche questa è una parziale sorpresa, criticata da molti (incluso l’autorevole biografo-esegeta di Janáček, Jaroslav Vogel): sia per il tempo (si preferirebbe un Allegro) che per la tonalità (tutta la Suite tende a ruotare intorno al SOL, e il SI naturale gli è un filino distante - la relativa minore della dominante RE). Il movimento rispetta abbastanza da vicino i canoni della forma-sonata: si inizia (18’33”) con l’esposizione del primo tema, seguita da quella del secondo (19’00”) nella relativa RE maggiore. L’esposizione viene (19’24”) classicamente ripetuta, poi (20’12”) arriva lo sviluppo, che elabora principalmente il secondo tema. Infine ecco (21’05”) la ricapitolazione dei due temi nella stessa tonalità di SI minore, fino alla coda conclusiva (21’42”) che vira inaspettatamente (forse, stante i precedenti...) a SI maggiore.
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Devo dire che un (sia pur minuscolo) lato positivo il Covid ce lo ha portato: la possibilità (legata alla necessità) di ascoltare dal vivo opere, come questa, che sono di assai rara programmazione, soprattutto da parte delle maggiori compagini sinfoniche che - come laVerdi - fanno del grande repertorio classico il loro cavallo di battaglia. Così è accaduto anche per questa proposta invero interessante, che i ragazzi dell’Orchestra hanno mostrato di affrontare con lo stesso entusiasmo che mettono in Mahler, Strauss, Beethoven e Mozart.
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Che è l’autore del secondo ed ultimo brano in programma, interpretato da un giovane di belle speranze, il 25enne Aaron Pilsan, tornato qui dopo quasi due anni. Allora aveva affrontato un mostro sacro qual è il Quarto beethoveniano, sorprendendo tutti per la sua maturità nel padroneggiarlo. Adesso conferma la sua grande classe con il Concerto per pianoforte e orchestra K414 In LA maggiore, una delle prime composizioni del Mozart viennese (1782-3) destinata ad aprire la strada alla gloriosa serie di concerti che culminerà con il K595 del 1791.

L’Orchestra è di struttura cameristica: soli quattro fiati (coppie di oboi e corni) più il fagotto, ma solo ad-libitum in funzione di basso. Gli archi sono indicati a quattro, quindi i contrabbassi sono eventualmente impiegabili come rinforzo dell’accompagnamento: qui in Auditorium la configurazione è di 23 elementi (6-5-5-4-3).

Una curiosità - spesso citata nelle esegesi - riguarda il centrale Andante, che si apre con una esplicita citazione (tonalità compresa) del Bach londinese (Johann Christian) che era scomparso al tempo della composizione del Concerto e che Mozart aveva conosciuto nel suo viaggio a Londra: si tratta del tema - sottilmente variato nel ritmo - dell’Andante Grazioso dall’Ouverture per un’opera di Baldassare Galuppi, intitolata La calamita de’ cuori:

Qui Peraya ci propone la giustapposizione dei due brani: prima il passaggio di Bach, e poi (2’23”) l’intero movimento di Mozart.

Pilsan ci ha offerto questo piccolo gioiello con la giusta delicatezza (Mozart ne parlava come di musica che deve immediatamente piacere al pubblico, ma senza essere superficiale o cadere nel volgare) e l’Orchestra a ranghi ridotti ha presumibilmente riprodotto l’ambiente originale che caratterizzava queste esecuzioni. E in effetti il pubblico non ha lesinato convinti applausi a tutti, solista, direttore e strumentisti. Dopo un nuovo richiamo a mezzo applausi ritmati, per ringraziare Pilsan ha offerto - a noi sparuti rari-nantes - dapprima un funambolico Chopin (Etude op.10 n°8) e poi questa personalissima Elisa.

Fuori, una pioggerella pulviscolare ci riporta nella triste prospettiva del coprifuoco... Che - fate voi chi - ce la mandi buona.