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14 dicembre, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano - 24-25.10

Un insolito accoppiamento caratterizza il decimo appuntamento della stagione principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano: ne sono protagonisti Händel e Mozart. Del quale ultimo ascoltiamo – siamo ormai sotto Natale! - la versione del Messiah in lingua tedesca, ottenuta per riorchestrazione (e modifiche varie) dell’oratorio originale in lingua inglese del primo.

Questa versione (di abbastanza rara proposta, forse perché trattasi di un… ibrido) intanto impiega - appunto - la lingua tedesca, facendo uso di testi della Bibbia di stampo luterano. Poi accoglie una delle diverse varianti che l’originale propone per alcune arie; muta talvolta l’assegnazione del pezzo solistico a voce diversa da quella impiegata dal compositore tedesco trapiantatosi in Albione.

Ma soprattutto arricchisce la compagine strumentale di suoni (soprattutto nella sezione dei fiati) ormai familiari e quasi irrinunciabili nella Vienna di fine ‘700, ma quasi assenti nell’originale di Händel. Il che peraltro – è Mozart, in fin dei conti! - non ne snatura affatto l’intima essenza. Però ieri (complice anche un’amplificazione - forse del continuo) la corposità del suono mi è parsa un tantino esagerata, ecco.

Christoph Koncz, cresciuto come violinista nei Wiener, ha guidato con autorevolezza la compagine de laVerdi e i quattro solisti SATB (Anna Prohaska, Chiara Tirotta, Ilker Arcayürek e Liviu Holender) tutti più o meno (più per la prima, meno per il terzo…) all’altezza del compito.

Al successo della serata, decretato a tutti da un pubblico calorosissimo, ha ovviamente dato un determinante contributo il Coro Sinfonico diretto da Massimo Fiocchi Malaspina. Si replica domenica 15, pomeriggio.


17 dicembre, 2023

Ruben Jais con laBarocca: Natale = Messiah

Il dimissionario Direttore Generale ed Artistico dell’Orchestra Sinfonica di Milano non ha voluto privare gli appassionati del suo tradizionale appuntamento natalizio con il monumentale Messiah di Händel. Sul palco, ai suoi comandi, l’ensemble strumentale e vocale (Jacopo Facchini, Maestro del Coro) de laBarocca, sua diretta creazione.

Negli anni Jais ha consolidato (apportandovi via via qualche variante) la sua personale struttura dell’oratorio da presentare al suo pubblico: eseguire l’integrale della prima parte così come pubblicata (da Friedrich Chrysander, inizio ‘900) seguito da un unico blocco della seconda e terza parte un pochino sfrondate, in modo da realizzare due sezioni più o meno equivalenti in termini di durata (60’ ciascuna). Ma ieri ha invece proposto l’intero corpus dell’opera (quasi 2h30’ di durata). Qui una mia succinta sinossi dell’opera.

I quattro solisti erano tutti maschietti (! e le quote rosa?!): il tenore Cyril Auvity e il baritono Renato Dolcini (già protagonisti di passate produzioni) cui si sono aggiunti i controtenori Mayaan Licht e Ray Chenez.

Auditorium letteralmente preso d’assalto, a dimostrazione che il barocco – se presentato come si deve – ha tuttora un seguito persino superiore al repertorio classico-romantico!

Successo strepitoso, premiato – come sempre – dalla riproposizione del trionfale Hallelujah!

12 novembre, 2021

laVerdi 21-22. Concerto 7

Il 7° concerto di questa prima parte della stagione 21-22 (la seconda - gennaio-maggio ’22 - verrà annunciata martedi 16/11) propone, con qualche settimana di anticipo, il... Natale!

Quest’anno non è l’Orchestra della Fondazione ad esibirsi, ma l’Ensemble laBarocca del Direttore Artistico nonchè General Manager de laVerdi, Ruben Jais, con Luca Scaccabarozzi a dirigere il Coro.

Il Messiah è ormai un titolo consueto in Auditorium, ed anche la particolare impaginazione prevista da Jais (due sezioni di 60’ ciascuna: parte 1 integrale e parti 2+3 modicamente tagliate, con un solo intervallo) è diventata uno standard de-factu. (Nell’ormai lontano 2010 avevo proposto un bigino dell’opera, consultabile qui, dove sono anche indicate le parti omesse da Jais - con piccole differenze rispetto a oggi - circa 25’ sui 150’ complessivi.)

A parte Jais, la continuità con recenti presentazioni dell’opera è garantita dalla presenza del tenore Cyril Auvity (fin dal 2010) e del baritono Renato Dolcini. Il soprano Amanda Forsythe e il contralto controtenore Alex Potter completano il quartetto (SATB) delle voci.

Voci tutte all’altezza: la Forsythe per il suo timbro penetrante, Potter e Auvity per la nobiltà espressiva e Dolcini per la voce calda e la precisione nei passaggi più virtuosistici, culminata nel trascinante The trumpet shall sound, accompagnata dall’obbligato della tromba barocca di Simone Amelli, portatosi appositamente al proscenio per la circostanza. Coro (anzi... cori, 8 femmine e 8 maschi, posti come sempre ai lati della scena) in gran spolvero.

Auditorium (precauzionalmente ancora non al massimo della capienza nominale) assai affollato e pubblico prodigo di applausi per tutti. Non è ovviamente mancato l’ormai tradizionale (in omaggio alla patria del tradizionalismo...) bis dell’Hallelujah!

21 dicembre, 2017

laBarocca è tornata con GesùBambino


In vista del Natale, è tornato dopo qualche tempo l’appuntamento con laBarocca di Ruben Jais per il colossale Messiah di Händel. Così come fatto in passato, il Direttore ha presentato in-toto la Prima Parte (che tratta propriamente della Natività) accorpando poi in una sola le successive due Parti (Resurrezione e Secondo Avvento). In complesso due blocchi di circa 60 minuti, abbastanza equilibrati anche rispetto alla... concentrazione richiesta allo spettatore.

Cast interessante, con il soprano Deborah York, che tornava qui dopo 5 anni (allora in Bach); il contralto (o controtenore che dir si voglia) Filippo Mineccia; il tenore Cyril Auvity e il baritono Renato Dolcini. Tutti assai ben preparati e convincenti, così come il collaudato Ensemble vocale di Gianluca Capuano.

Prima parte tenuta da Jais con approccio assai sostenuto, seconda più... vivace. Immancabile bis dell’Hallelujah con auguri natalizi, che il foltissimo pubblico ha accolto con grande entusiasmo.


24 dicembre, 2013

OrchestraVerdiBarocca – Hallelujah!

 

Come la Nona e il Requiem verdiano, anche il Messiah è ormai entrato stabilmente nella lista degli appuntamenti fissi di ogni stagione, in questo caso la stagione de laVerdi Barocca (che per l’occasione si presenta con il suo nuovo nick-name di laBarocca)  guidata dal suo padre fondatore Ruben Jais e affiancata dall’Ensemble vocale di Gianluca Capuano.

Ieri sera i solisti di canto erano il soprano Karina Gauvin, già apprezzata qui la scorsa primavera nel Gloria di Poulenc, il giovane tenore Anicio Zorzi Giustiniani e due vecchie conoscenze de laVerdi e de laBarocca, Sonia Prina (contralto) e Christian Senn (basso).

Jais ha seguito la sua ormai collaudata impaginazione dell’oratorio, consistente nel presentare al completo la prima parte (precisamente quella natalizia) e nell’accorpare dopo l’unico intervallo la seconda e la terza (pasquale ed oltre) con qualche taglio, per non… chiedere troppo allo spettatore. Nello specifico, dalla Parte II sono stati omessi:

- Coro: Lift up your heads, O ye gates
- Recitativo secco (tenore o soprano): Unto which of the Angels said he…?
- Coro: Let all the angels of God worship him
- Aria (basso o contralto o soprano): Thou art gone up on high
poi ancora:
- Aria (soprano o coro): Their sound is gone out into all lands
e successivamente, prima dell’Hallelujah:
- Recitativo secco (tenore): He that dwelleth in heaven
- Aria (tenore): Thou shalt break them with a rod of iron

Dalla Parte III:
- Recitativo secco (contralto): Then shall be brought to pass
- Duetto (contralto e tenore): O death, where is thy sting?
- Coro: But thanks be to God
- Aria (soprano): If God be for us

Per carità, sono tagli non scandalosi (saranno 20-25 minuti più o meno di musica su circa due ore e mezza) e meno corposi rispetto a quelli apportati in precedenti esecuzioni, anche se sono sempre… dolorosi. Una soluzione che a me pare equilibrata (nel senso che salva capra e cavoli: la completezza dell’opera e insieme il contenimento della durata complessiva) è quella adottata, ad esempio, a Cambridge per questa pregevole edizione completa, con il coro tutto maschile (grandi e piccini) del King’s College. L’unico intervallo è convenientemente posto dopo poco più della metà della Parte II (alla fine del coro Lift up your heads, O ye gates) ottenendo così una distribuzione di tempi abbastanza sopportabile: 90 + 55 minuti. Chissà se Jais ci farà sopra un pensierino per la prossima occasione!

In ogni caso ieri abbiamo ancora una volta apprezzato l’eccellente qualità degli ensemble (strumentali e vocali) de laBarocca, davvero efficacissimi nel ricreare l’atmosfera sonora tutta settecentesca di quest’opera. I solisti poi hanno contribuito da par loro al grande successo della serata, chiusa - anche questa è ormai diventata una consuetudine – dal bis dell’Hallelujah cantato anche dai solisti, aggregatisi alle rispettive sezioni del coro.    

Un Buon Natale coi fiocchi!
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Qui alcune mie personali note di presentazione dell’opera, scritte in occasione di una performance di qualche anno fa.

Segnalo a chi volesse osservare il Messiah attraverso le lenti del dottor Freud (come altro spiegare un Gesù che si suicida nella toilette di una camera d’albergo?) che può farsi aiutare da Claus Guth.

Allego infine una preziosa monografia su Händel, a firma di Gustavo Marchesi, apparsa nel numero di Giugno 1989 di Musica&Dossier.

17 novembre, 2012

Orchestraverdi – concerto n.10


Ruben Jais torna a guidare la sua Verdi Barocca con il monumentale Messiah. Questo è un appuntamento che sta ormai diventando una tradizione… britannica, dove (quasi) tutto si ripete ogni anno prima o sotto Natale: dalla disposizione del coro (ai lati della scena, a sinistra le voci acute, a destra le gravi); all'andirivieni dei solisti (che entrano per cantare le rispettive parti, ed escono alla fine dell'aria); al contenuto dell'opera (la prima parte completa e le altre due sforbiciate, in modo da creare due tempi di circa un'ora ciascuno); e per finire in gloria con il bis del celeberrimo Hallelujah!

Anche i solisti sono quasi tutti veterani di queste esibizioni oratoriali: Deborah York (già apprezzata poche settimane fa in Bach) e tre protagonisti di precedenti edizioni del Messiah, Sonia Prina, Cyril Auvity e Christian Senn.

Quest'anno il Coro è invece quello stabile della Fondazione, guidato da Erina Gambarini, che prende il posto di quello tradizionalmente legato all'orchestra barocca, l'Ensemble di Gianluca Capuano.

Esecuzione di ottimo livello e gran successo per tutti.

L'appuntamento stagionale n°11 (con anticipo del turno C per dar modo all'Orchestra di trasferirsi in Russia) avrà come clou uno Shostakovich… sovietico.

22 dicembre, 2011

Orchestraverdi – concerto n 13 .


Ancora laVerdi barocca a festeggiare Natale con il monumentale Messiah. Quest'anno il celebre oratorio è inserito nel programma della stagione concertistica maggiore, essendo l'orchestra principale ancora in trasferta nel Golfo. Ma già lo scorso anno (e l'anno prima ancora) lo avevamo potuto ascoltare nella stagione speciale della barocca.

Ruben Jais ci propone – come in precedenza – l'intera Prima Parte (la Natività) e, dopo l'intervallo, le altre due parti, cui apporta qualche sforbiciata. Nella Seconda Parte (che tratta della Passione, Morte, Resurrezione e Secondo Avvento) Jais omette tre numeri (che precedono il racconto del Messia rinnegato dai Giudei), quattro numeri fino all'Ascensione e l'aria del tenore prima del celeberrimo Hallelujah. Solo un paio di minuti per consentire al Konzertmeister Gianfranco Ricci di riaccordare gli archi e attacca la Terza Parte (Redenzione e Glorificazione) che Jais ha depurato delle arie di contralto, tenore e soprano che precedono il Finale. In termini di durata, questa esecuzione dell'oratorio si presenta con due tempi di circa un'ora, ed è accorciato di quasi mezz'ora rispetto all'originale.

Successo grandissimo, in un Auditorium affollato ed entusiasta, per i solisti (Theila Nini Goldstein, Sonia Prina, Carlo Vincenzo Allemano e Christian Senn), i sedici componenti del coro di Gianluca Capuano e i 22 strumentisti di Jais. Che, come consuetudine, ci regala un bis dell'Hallelujah, con i solisti andati a dar man forte al coro.

Adesso, per la fine dell'anno, ci aspetta l'immancabile nona.
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24 dicembre, 2010

Buon Natale da “laVerdi barocca” con un grande Messiah

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Per omaggiare il prossimo Natale non c'era nulla di meglio del concerto de laVerdi barocca, che mercoledì 22 ha presentato nientemeno che il Messiah di Georg Friedrich Händel (per i suoi padroni di casa albionici: George Frideric Handel). In un Auditorium che non ho mai visto così gremito neanche ai principali concerti della regular-season! In effetti si tratta di un'opera che suscitò un tale entusiasmo già alla prima rappresentazione - a Dublino, 13 aprile 1742 - che per far posto a quanta più gente possibile (più di 700 persone) dentro la Neal's Musick Hall in Fishamble Street (capienza nominale di 600 posti) si invitarono le ladies a presenziare (oh, my God!) senza crinoline e i gentlemen a lasciare a casa (dammit!) le spade.

Ruben Jais ci ha proposto per intero la Prima Parte (più direttamente afferente al Natale) e una corposa sintesi delle altre due. Martedi 21 i soci de laVerdi avevano potuto beneficiare di un'anteprima, nell'ambito della meritoria iniziativa dei Discovery Concerts, dove si assiste in pratica ad una sessione di prova dell'orchestra e del coro, introdotta da interessanti considerazioni del Direttore. Jais guida laVerdi barocca, un complesso cameristico di 15 archi, guidato da Gianfranco Ricci (già approdato di recente alla sedia di Konzertmeister dell'Orchestra principale) rinforzato da due oboi, un fagotto, due trombe, timpani e due tastiere. L'Ensemble vocale di Gianluca Capuano (che accompagna anche al cembalo) è abbastanza ridotto (sedici, pochi, ma buoni) proprio come doveva essere quello di cui disponeva Händel alla prima di Dublino. I quattro solisti – Sonya Yoncheva, Sonia Prina, Cyril Auvity e Christian Senn – hanno completato l'organico.

Il successo è stato grandissimo per tutti, e Jais ha regalato come bis (e auguri di Natale) l'Hallelujah (con i solisti mescolatisi al coro) e davvero sarebbe stato il caso che il pubblico lo ascoltasse alzandosi in piedi – secondo la tradizione albionica inaugurata da Re Giorgio II - in segno di reverenza e ammirazione per l'opera e per i suoi interpreti. Una serata davvero speciale (senza nulla togliere ai meriti del costoso concerto natalizio della Scala, smile!)

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L'Oratorio è diviso in tre Parti, sommariamente riconducibili a: Natività, Sacrificio e Redenzione. Copre quindi tutta la vicenda liturgica che va dall'Avvento all'Ascensione… e oltre. Composto in pochissimi giorni – dal 22 agosto al 14 settembre del 1741 - e in un periodo per lui di vacche magre, da un Händel caduto in disgrazia (artistica) insieme alla sua Opera Italiana, è poi diventato nei secoli il suo più grande capolavoro. Come spesso succedeva a quei tempi, ad ogni nuova esecuzione vi venivano apportate modifiche piccole o grandi (cambi di tonalità, o vere e proprie varianti di arie) per far fronte alle circostanze del momento, massimamente la disponibilità di solisti e strumentisti, e così del Messiah non esiste una versione authoritative, anche se quella di maggior riferimento resta sempre l'edizione critica prodotta a cavallo fra '800 e '900 da Friedrich Chrysander. La compagine orchestrale di base è formata dai soli archi, più il continuo (cembalo o pianoforte) ma spesso compaiono anche gli oboi, di cui Crysander semplicemente annota la presenza sul rigo del canto (o soprano) e poi – ma solo in momenti eccezionali - trombe e timpani. Le componenti di base dell'Oratorio sono i Recitativi (secchi o più frequentemente accompagnati) e le Arie, affidati ai solisti (normalmente i quattro classici S-A-T-B) e i Cori. Oltre ai due brani strumentali: la Sinfonia e la Pifa (una pastorale, a metà della Prima Parte).

A differenza di altri oratori (dello stesso Händel, ma anche di Bach o di Mendelssohn) questa è un'opera che parrebbe a prima vista nulla più che una collazione di citazioni dai Testamenti, messa insieme da tale Charles Jennens (un bizzarro possidente terriero, cristiano un po' anomalo e cultore di Shakespeare, che scrisse altri quattro oratori per il grande Georg) buona appunto per celebrare la Quaresima o, come è diventato ormai consuetudine, l'Avvento. L'assenza di personaggi identificati con nome (e cognome) sembrerebbe privarlo di quella caratterizzazione drammatica, tipica appunto di queste composizioni, che sono appunto dei drammi da rappresentarsi soltanto con l'ausilio del suono e senza quello delle scene.

Viceversa è sorprendente constatare come, a dispetto dell'anonimato dei personaggi (quattro - ma a volte fino a sette – solisti, più il coro) il lavoro abbia contenuti altamente drammatici (e qualcuno lo ha già impiegato per realizzare esecuzioni sceniche, magari discutibili…) Ciascun personaggio, cantando passi delle Scritture, in realtà esprime i sentimenti, le sensazioni, le gioie o i timori, lo stupore o l'incredulità, la speranza o la delusione dei diversi settori e componenti della popolazione di Palestina, di fronte allo svilupparsi della straordinaria vicenda del Messia.

La Prima Parte ci racconta della Natività. Teatralmente si potrebbe suddividere in tre scene o sezioni, o quadri: Le promesse del Vecchio Testamento, La Nascita e Le opere e i miracoli del Messia.

Si apre con la Sinfonia, di struttura bipartita: un iniziale Grave, in MI minore, con ritornello, seguito da un Allegro moderato, sempre in MI minore, con fugace comparsa di SOL maggiore, fino alla chiusa ritardando, che riporta al tempo iniziale e al MI tenuto in unisono dagli archi, con l'accordo minore nel clavicembalo.

Ora si passa a MI maggiore (Larghetto e piano) per il recitativo accompagnato sui versi Comfort ye! (da Isaia 40, 1-3) normalmente affidato al tenore (a volte al soprano). È l'annuncio a Gerusalemme della fine delle iniquità (il canto si appoggia sulla dominante SI maggiore) e l'invito a preparare le strade per l'avvento del Signore (il recitativo si chiude sulla sottodominante LA). Finissimo l'uso dello sbifido tritono (SI-MI#) a presentare la parola iniquity! Come la quasi assenza dell'orchestra (solo poche note qua e là) per descrivere il deserto in cui risuona la voce del profeta.

L'aria che segue, Every valley shall be exalted (Isaia 40, 4) è un Andante, ancora in MI maggiore, con modulazione alla dominante SI. Mirabile la capacità di Händel di rendere la luminosità della prospettiva dell'annuncio, con lunghe volute di semicrome a sottolineare l'exalted.

Tocca adesso al Coro rispondere, con un grandioso Allegro 3/4, fugato, in LA maggiore, And the glory of the Lord shall be revealed (Isaia 40, 5): è il popolo intero (anzi l'intera umanità, all flesh) che gioisce al tanto sospirato annuncio e le voci – talora disgiunte, talora in sincrono – ci rendono partecipi di questa straordinaria eccitazione.

Ancora un recitativo accompagnato, stavolta del basso (in RE minore, FA maggiore) Thus saith the Lord of Hosts (Aggeo 2, 6-7) e poi The Lord, whom ye seek (Malachia 3, 1): è il profeta che grida drammaticamente le grandiose parole bibliche, che contengono l'annuncio dell'avvento del Messia.

Gli risponde (Larghetto) quasi trepidante e timorosa, 3/8 in RE minore, la voce del contralto (opportunamente sostituita da Händel a quella originale del basso) che canta But who may abide the day of his coming (Malachia 3, 2). Di quest'aria esistono almeno tre diverse versioni: la prima (per basso, e anche – trasposta in MI minore – per tenore). La seconda (che viene normalmente eseguita) è per contralto (ma anche, trasposta in MI, per tenore, e in SOL per soprano). La terza è in SOL minore per soprano. Le ultime due sono caratterizzate da un intermezzo in prestissimo (4/4) e tutto in quartine di semicrome, che torna due volte a sottolineare contemporaneamente le vorticose ventate e l'umano terrore provocati dal passaggio del fuoco del fonditore che purifica le anime.

È ancora il coro a ribadire convintamente l'effetto purificatore della venuta del Messia, cantando (Malachia 3, 2) And He shall purify the sons of Levy, che è un Allegro fugato in SOL minore, dove a turno tutte le sezioni del coro chiudono la parola purify con inebrianti volate di semicrome a quartine. La musica è derivata da quella di un duetto italiano (Quel fior che all'alba ride, n°15 della raccolta 32-a) e in particolare dalla sua seconda parte, sui versi L'occaso ha nell'aurora, e perde in un sol dì la primavera… composto da Händel poco tempo prima del Messiah (a proposito di impresti, Rossini non ha inventato nulla!)

Un recitativo secco del contralto ammonisce: Behold! a virgin shall conceive and bear a son (Isaia 7, 14 e Matteo 1, 23). Poche parole, in RE, che concludono con un nome, una certezza: Emmanuel, God with us!

L'aria successiva, sempre in RE maggiore (con appoggio in fine frase alla dominante SOL) è un Andante in 6/8: O thou that tellest good tidings of Zion (Isaia 40, 9) che invita il portatore della buona novella a gridare dalle più alte vette: ammira il tuo dio! E poi (Isaia 60, 1) Arise, shine, for thy light is come la luce è arrivata e con essa la gloria del Signore. E il coro ancora riprende le due invocazioni, quasi all'unisono.

Ma ora, quasi a sorpresa, in mezzo a queste manifestazioni di gioia, riecco il profeta (basso) esporre le drammatiche parole (Isaia 60, 2-3) For behold, darkness shall cover the earth, in un recitativo accompagnato, caratterizzato dalle quartine di semicrome degli archi, in SI minore, che descrivono proprio il brivido di freddo di chi vive nell'oscurità. Ma è questione di pochi secondi, perché il sorgere del Signore rischiarerà le tenebre e illuminerà anche i Pagani. Il tutto con modulazione a RE maggiore. Poi si torna al SI minore per preparare la successiva aria.

The people that walked in darkness (Isaia 9, 2) è un Larghetto dove il basso ancora ricorda chi ha vagato nell'oscurità e si è attardato nella terra dell'ombra della morte; ma su di loro risplenderà la luce. Al solito, sulla pronuncia di light, la tonalità modula a RE e poi SOL maggiore. Torna a SI minore per la ripetizione del verso iniziale.

Il coro interviene (Andante Allegro in SOL maggiore) cantando (Isaia 9, 6) For unto us a child is born. Si noti come il motivo che accompagna queste parole (dominante-tonica-sottodominante-mediante) sia derivato (nella stessa tonalità) da un altro duetto italiano (No, di voi non vo' fidarmi, cieco Amor, n°16 della raccolta 32-a). Ma è anche quasi esattamente lo stesso (spostato una terza sotto) di quello che impiegherà Mendelssohn nel primo coro della sua Lobgesang (in effetti più un oratorio che una sinfonia, e non a caso assai popolare nel Regno Unito!) sulle parole Lobt den Herrn mit Saitenspiel, lobt ihn mit eurem Liede. Sulla parola born le varie sezioni del coro vicendevolmente si slanciano in volate di semicrome a quartine, proprio come avevano fatto in precedenza, sul termine purify, e la cosa non può essere casuale.

Finisce così la sezione che riguarda l'annuncio dell'Avvento del Messia. Ora una Pifa (Sinfonia Pastorale) ci introduce alla seconda sezione, che tratta propriamente della Natività. È un Larghetto, e mezzo piano, in 12/8 e DO maggiore, che ricorda gli zampognari che a Natale arrivano (o arrivavano, ai tempi) in città dalle campagne, e che forse Händel aveva udito durante il suo lungo soggiorno italiano. Struttura semplicissima: A-B-A (spesso, e lo faceva lo stesso Autore, si esegue soltanto la prima sezione A… ma Jais saggiamente non ha voluto fare tagli!)

È il soprano – quindi una donna del popolo di Palestina, non un evangelista (anche se le parole sono tratte da Luca) - a darci la testimonianza diretta – quindi non una cronaca per sentito-dire – di quanto avvenne in quella indimenticabile notte. Lo fa con quattro recitativi (due secchi, alternati a due accompagnati): è un altro momento di altissima drammaticità, oltre che di poesia. Vediamo come.

There were shepherds abiding in the field in DO maggiore, una sola frase, che sale dalla dominante SOL fino alla mediante MI, per poi appoggiarsi sulla tonica. Il clavicembalo si limita a tenere un pedale di accordi. Sono i pastori che, nella calma e tiepida notte stellata, stanno custodendo le loro greggi (Luca 2, 8).

Ed ecco lo straordinario avvenimento (recitativo accompagnato): And lo! the Angel of the Lord came upon them (Luca 2, 9). Esistono almeno due versioni di questo brano (entrambe in FA maggiore): una più stringata e mossa; l'altra più estesa (per semplice ripetizione di versi) e quindi più diluita e meno drammatica (Jais sceglie la prima). I pastori sono più atterriti che altro dall'improvvisa apparizione dell'Angelo.

And the Angel said unto them, Fear not (Luca 2, 10-11) altro recitativo secco, in LA, dove si descrive l'Angelo che tranquillizza i pastori, annunciando loro la lieta novella della nascita di Cristo, il Signore.

Ecco il quarto recitativo (accompagnato): And suddenly there was with the Angel a multitude of the heavenly host (Luca 2, 13). È un Allegro in RE maggiore, che introduce il successivo coro, della moltitudine di Angeli e celesti creature, qui mirabilmente rappresentati dalle svolazzanti quartine di semicrome dei violini!

Glory to God in the highest, and peace on earth, goodwill towards men è il celeberrimo Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà (Luca 2, 14). Siamo sempre in RE maggiore, Allegro. Compaiono anche due trombe a rinforzare la perorazione. Mirabile poi la resa drammatica che Händel riesce a dare del brano: estremamente mosso ed esaltato sulle parole Gloria a Dio; calmo, piano e disteso su Pace sulla terra; in forma di agile contrappunto sulle parole Uomini di buona volontà, dove la tecnologia musicale (per così dire) riesce ad esprimere in modo davvero straordinario il concetto di armonizzazione – purchè esista la buona volontà - delle più diverse individualità umane! Un ultimo tocco da maestro: i violini e il clavicembalo che concludono il brano esalando un trillo, proprio il battito d'ali dell'ultimo angelo che scompare nell'oscurità…

L'ultima sezione della Prima parte è riservata alla lode delle opere del Messia.

Rejoice greatly, O daughter of Zion! (Zaccaria 2, 9-10). È il soprano (a volte il tenore) a cantare quest'aria (Allegro in SIb) di cui esistono almeno due versioni, quella originale in 12/8, col da-capo, e un'altra – normalmente eseguita oggi, anche da Jais – in 4/4, più condensata. È l'invito che la donna fa ai suoi concittadini a gioire per l'arrivo del Messia, che parlerà di pace ai Pagani. La sezione centrale, più lenta, sulle parole He is the righteous Saviour, passa in SOL e poi in RE minore, prima della ripresa in SIb maggiore sul Rejoice.

Adesso è il contralto che canta un recitativo secco, Then shall the eyes of the blind be opened (Isaia 35, 5-6) che elenca alcuni miracolosi effetti della venuta del Messia: ciechi che vedono, sordi che odono, zoppi che saltano come cervi, muti che cantano. La versione originale era per soprano, semplicemente trasposta.

È seguito da un'aria costituita dalla collazione di due citazioni: He shall feed his flock like a shepherd (Isaia 40, 11) e Come unto him, all ye that labour and are heavy laden (Matteo 11, 28-29). In origine era in SIb maggiore, per il solo soprano. La versione che si ascolta normalmente è quella dove la prima parte (in FA maggiore) è cantata dal contralto (che ha esposto il precedente recitativo) e la seconda (SIb) appunto dal soprano. Anche qui troviamo il ritmo cullante (12/8) della siciliana, che ben rappresenta l'atmosfera di calma e fiduciosa attesa del giogo del Signore.

Che è un giogo leggero a sopportarsi, come canta il coro finale della Prima Parte, His yoke is easy and his burden is light (Matteo 11, 30) sempre in SIb maggiore (4/4). Si tratta di una corposa ma eterea – appunto, leggera! - fuga, il cui motivo principale è mutuato dal citato duetto italiano Quel fior che all'alba ride, questa volta proprio dalla sua sezione principale.

Venerdi 28 Agosto, 1741. Così si legge sul manoscritto originale di Händel alla fine della Prima Parte.

Come detto, delle altre due parti dell'Oratorio Ruben Jais ha presentato una versione (non molto) abbreviata.

La Seconda Parte tratta delle vicende che vanno dalla Passione, alla Morte e Resurrezione, fino al Secondo Avvento, all'evangelizzazione del mondo e allo stabilirsi del Regno di Dio.

La sezione dedicata al sacrificio è aperta dal coro, con un Largo in SOL minore, sulle parole Behold the Lamb of God that taketh away the sin of the world (Giovanni 1, 29): il celebre Ecco l'Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo. Un contrappunto severo e accorato, con due soli e fugaci abbandoni al modo maggiore.

Segue la lunga aria del contralto (ne esiste anche una versione per soprano) composta da due citazioni relative alla flagellazione del Messia : He was despised and rejected of men (Isaia 53, 3) e He gave his back to the smiters (Isaia 50, 6), organizzate secondo lo schema A-B-A. La prima parte è in MIb maggiore (SIb per il soprano) e tempo Largo, dove sentiamo tutta la pena per l'uomo dileggiato e respinto, votato al dolore; la seconda è nello stesso tempo, ma in tonalità minore (DO-SOL e SOL-RE rispettivamente per le due interpreti) ma soprattutto caratterizzata dall'ostinato susseguirsi trocaico di semicroma puntata + biscroma dell'orchestra, a sottolineare la brutalità e l'insistenza delle offese (anche materiali) portate al Messia ed allo stesso tempo la sua fermezza nell'affrontarle e nel porgere l'altra guancia.

Quindi è la volta del coro, che con tre interventi chiude la sezione del sacrificio (Jais ha omesso questa parte, passando al successivo All they that see him). Dapprima cantando Surely he hath borne our griefs (Isaia 53, 4) in DO minore, dove ancora il ritmo trocaico dell'orchestra ci ricorda del dolore e delle pene che il Messia ha sopportato per noi. Il brano conclude però ottimisticamente in LAb maggiore.

Successivamente (Isaia 53, 5) And with his stripes we are healed (Moderato, alla breve) le voci cantano in contrappunto la constatazione che la tortura del Messia rappresenta la nostra guarigione.

E infine All we like sheep have gone astray (Isaia 53, 6) è un Allegro moderato in FA maggiore, dove l'animato contrappunto sembra proprio mimare lo smarrimento del gregge, che si disperde in mille diverse direzioni. Dopo la sospensione sulla dominante DO, la chiusa è un Adagio, in FA minore, sulle parole il Signore ha preso su di sé le iniquità di tutti noi, dove si esprime quasi un rimorso per quelle iniquità.

Adesso viene il racconto del Messia rinnegato dai Giudei (Jais ha ripreso da qui). È il tenore ad esporlo con un recitativo accompagnato
All they that see him, laugh him to scorn (Salmi 22, 7) in SIb minore, ancora con l'insistente ritmo trocaico dell'orchestra, che sottolinea qui le offese verbali e gli scherni di cui è fatto oggetto il Messia. Segue immediatamente il coro che canta, in DO minore Allegro, con diverse modulazioni, He trusted in God that He would deliver him (Salmi 22, 8) per l'appunto le frasi di scorno che sfidano il Messia a farsi liberare dal suo Dio, se se ne diletta così tanto. Ancora una volta, ascoltando il magistrale contrappunto di Händel, sembra quasi di vedere la gente che fa girotondi intorno al Messia prigioniero per insultarlo e sbeffeggiarlo!

Ora è il momento drammatico della crocifissione, uno dei più stupefacenti di tutta l'opera. È il tenore (a volte il soprano, nella prima parte) a farcelo vivere, con due coppie di recitativo accompagnato e aria. Dapprima Thy rebuke hath broken his heart (Salmi 69, 21) in tono minore, un lamento di straordinaria efficacia, dove la voce del solista vaga inutilmente in cerca di conforto, nella spettrale atmosfera creata dalle lunghe note tenute degli archi e dai lugubri accordi del continuo. Sulla seconda ripetizione delle parole broken his heart, violini e accompagnamento esalano un trillo, sul FA#, che si appoggia al MI sottostante, e che ci dà precisamente l'idea di una stretta al cuore!

L'aria che segue immediatamente, Behold, and see if there be any sorrow like unto his sorrow (Lamentazioni 1, 12) Largo e piano, in MI minore, non fa che prendere atto della pena del Messia, la più grande che mai sia stata sofferta.

Ora l'altro, brevissimo recitativo accompagnato: He was cut off from the land of the living (Isaia 53, 8) che ci descrive la morte del Messia, distrutto dai peccati dell'Umanità. Seguito immediatamente dall'aria di Resurrezione But Thou didst not leave his soul in hell (Salmi 16, 10) un Andante Larghetto in LA maggiore (con modulazioni alla dominante MI) che serenamente prende atto che Dio non ha abbandonato il Figlio agli Inferi e alla corruzione del corpo.

A questo punto – Jais ha saltato questa parte, fino al successivo The Lord gave the word - il coro risponde con Lift up your heads, O ye gates (Salmi 24, 7-10) in FA maggiore, con diversioni alla dominante DO. È inizialmente diviso in due (voci femminili e maschili) che si rimpallano la domanda (Chi è il Re della Gloria?) e la risposta (il Signore forte e potente) per poi passare ad un contrappunto di tutte le voci, che reiterano più volte l'affermazione: Il Signore degli eserciti, il Re della Gloria.

Ma ora il Messia deve ascendere al cielo. Il tenore (a volte il soprano) espone in recitativo secco la domanda Unto which of the Angels said he…? (Ebrei 1, 5) che porta la tonalità dal FA precedente al RE maggiore del successivo coro Let all the angels of God worship him (Ebrei 1, 6) un Allegro che ci descrive in contrappunto l'adorazione degli Angeli per il Messia risorto (e nel cui tema qualcuno può scorgere qualcosa che ricomparirà 130 anni dopo nel finale del concerto per violino di Ciajkovski…)

Un'aria in RE minore (Allegro larghetto in 3/4) del basso Thou art gone up on high (Salmi 68, 18) testimonia dell'Ascensione. Esistono varie altre versioni: per contralto e soprano (SOL) di quest'aria, tanto nobile quanto severa (qui si parla di cose serie!)

Ora si passa alla proclamazione dei Vangeli, da parte dei discepoli (qui Jais ha ripreso). È il coro che canta una Andante allegro in SIb, aperto dalla stentorea affermazione The Lord gave the word (Salmi 68, 11) che sale da tonica a mediante, come a scolpire la parola del Signore su una lapide. Poi è tutto un tumulto di semicrome, parte in contrappunto, parte in sincronia, delle voci del coro, a rappresentare la moltitudine, di volta in volta disordinata o disciplinata, degli oranti.

Il soprano canta adesso l'aria How beautiful are the feet (Romani 10, 15) una siciliana seguita da Their sound is gone out into all lands (Romani 10, 18) che costituisce la sezione B dell'aria strutturata come A-B-A. Di questo brano esistono però anche altre versioni: quelle per contralto-tenore, una dove il Their sound è cantato dal coro e due dove l'intero passo, con aggiunta di nuovi testi, è cantato solo dal coro o dal coro con due contralti.

Da ultimo, la Seconda Parte tratta del Secondo Avvento del Messia, che tornerà per disciplinare le nazioni. È il basso a introdurre Why do the nations so furiously rage together (Salmi 2, 1-2) di cui esiste anche una versione abbreviata. Si tratta di un'aria dove il furiously, legato alla stoltezza degli uomini, e soprattutto dei loro governanti (peccato che Berlusconi non apprezzi la musica, chè ne potrebbe trarre gran consolazione per sé e vantaggio per noi…) è ben descritto dalle velocissime semicrome degli archi, che pervadono l'intero brano.

Adesso il coro canta Let us break their bonds asunder (Salmi 2, 3) un Allegro e staccato in DO. Sembra proprio un proclama rivoluzionario, magari anticipatore del 1789 francese, forse già alle viste ai tempi di Händel… ma esposto con piglio giovanile, come da studenti che manifestano allegramente contro baroni e gelmini varie (quindi va bene anche per oggi, smile!)

Qui Jais è passato direttamente all'Hallelujah.

Mentre il tenore canta il recitativo secco He that dwelleth in heaven (Salmi 2, 4) che rincara la dose sui cattivi governanti, che il buon Dio disprezza beffardamente e che il Signore deride!

Segue subito l'aria Thou shalt break them with a rod of iron (Salmi 2, 9) un Andante in 3/4 in LA minore. Anche qui forse il buon Händel se la prende con l'aristocrazia dei suoi tempi, che gli dava parecchi grattacapi e che lui, almeno a parole e in musica, si prende la soddisfazione di fare a pezzi con verghe di ferro! Gli ampi e secchi intervalli nel canto del tenore danno proprio l'idea di fendenti menati sulla capoccia di questi bastardi!

E finalmente ecco il RE maggiore del grandioso e celeberrimo Hallelujah (Rivelazioni 19, 6 - 11, 15 e 19, 16), che Händel affermava di aver composto davanti ad una visione del paradiso e dello stesso Gran Dio!

Domenica 6 Settembre, 1741 è la data scritta dall'Autore in calce alla Seconda Parte.

La Terza Parte è dedicata alla riflessione sul tema della Redenzione e alla definitiva glorificazione dell'Agnello di Dio.

È il soprano ad aprirla, con una lunga e struggente aria, piena di serenità e consolazione, un Larghetto 3/4 in MI maggiore, che crea un grande ma opportuno stacco rispetto alle spettacolari sonorità dell'Hallelujah che l'ha preceduta. Il testo è costituito dalla giustapposizione di due passi delle Scritture: I know that my Redeemer liveth (Giobbe 19, 25-26) e For now is Christ risen from the dead (Corinti-1 15, 20). Dopo la breve introduzione strumentale, che espone il tema principale, caratterizzato da ampi intervalli (quarta ascendente alla tonica, poi ottava discendente, sesta a salire, ripiegamento sulla mediante e da qui salto di un'ottava all'insù) il soprano propone il primo verso, chiudendolo sulla dominante SI. Poi lo reitera, ampliandolo, sempre in MI maggiore. Quindi passa al secondo verso (and though worms…) chiudendolo ancora sulla dominante SI, ripresa dai violini. Adesso canta in SI la prima parte del primo verso e poi il secondo, chiudendolo stavolta sulla sottodominante LA. Su questa tonalità canta ancora la prima parte del primo verso, cui appende il secondo passo biblico (For now...) poi rimodula a MI maggiore, ripetendo il secondo passo, che chiude in Adagio, tempo mantenuto dall'orchestra che ripete in pratica l'introduzione per concludere l'aria. Una cosa semplicemente divina!

Adesso c'è un passo articolato in due premesse (esposte da un quartetto di coristi accompagnati solo dal clavicembalo) e due conclusioni (cantate dall'intero coro e piena orchestra).

Quartetto (6 sole battute, tempo Grave): Since by man came death… (Corinti-1 15, 21). La linea di soprano scala un'ottava piena, da MI a MI; il contralto sale da DO a SOL (passando per il sovrastante LA); quella del tenore si muove fra LA e RE, chiudendo sul SI; il basso scala un'ottava piena (LA-LA) per chiudere sul MI.

Coro (Allegro in DO maggiore): By man came also the resurrection of the dead (Corinti-1 15, 21). Conclusione rapida e gioiosa.

Ancora il Quartetto (6 sole battute, tempo Grave): For as in Adam all die (Corinti-1 15, 22). Qui la melodia è assai piana (l'intervallo più ampio lo percorre il soprano, con un SOL-DO#, il maligno tritono, perché si parla di morte!) e prepara la conclusione successiva.

Coro (Allegro): Even so in Christ shall all be made alive (Corinti-1 15, 22). A differenza del di quello precedente, questo coro è in tonalità di LA minore.

Ora siamo al Giudizio Universale, e il basso propone un recitativo accompagnato: Behold, I tell you a mystery (Corinti-1 15, 51-52) in RE, a preparare il RE maggiore delle successive trombette del giudizio.

È l'aria più impegnativa per il basso (con i frequenti salti di ottava) ma anche per la prima tromba, chiamata già nell'introduzione strumentale ad un obbligato davvero tosto. I brani qui esposti sono due: The trumpet shall sound (Corinti-1 15, 52) e poi – nella sezione in SI minore - For this corruptible must put on incorruption (Corinti-1 15, 53). Attenzione, il tempo qui è indicato come Pomposo, ma non allegro! E infatti vi si deve sentire tutta la solennità, ed anche un po' la retorica, diciamolo pure, del momento.

Qui Jais è saltato direttamente al coro finale, Worthy is the Lamb.

Il contralto espone ora un brevissimo (5 battute) recitativo secco: Then shall be brought to pass (Corinti-1 15, 54) che introduce il suo duetto con il tenore: O death, where is thy sting? (Corinti-1 15, 55-56) che esiste in almeno due versioni, l'originale ed una successiva, un po' abbreviata. È un Andante, in MIb, dove i due solisti cantano in un contrappunto piuttosto leggero (tutt'altra cosa, questo passo, nel Requiem brahmsiano, al n°6!)

Ma ora, dopo i timori di morte e tomba, ecco il tripudio per la vittoria: è il coro a pronunciarlo, con una grande fuga in MIb: But thanks be to God (Corinti-1 15, 57) chiusa, in Adagio, dal ringraziamento al Signore Gesù Cristo.

Un ultimo e consolatorio richiamo del soprano: se Dio è per noi, chi può essere contro di noi? È un'aria in SOL minore e SIb maggiore (con altre modulazioni) tempo Larghetto in 3/4: If God be for us (Romani 8, 31 e 33-34) con lunga introduzione e chiusa orchestrale.

Il gran finale – più che protestante-anglicano – è quasi un Agnus Dei delle messe cattolico-romane! È il coro a cantare Worthy is the Lamb that was slain (Rivelazioni 5, 12-13) in RE maggiore, con varie modulazioni e cambi di tempo, da Largo ad Andante, fino al conclusivo Adagio. È una fuga di grandi proporzioni e grande maestrìa contrappuntistica.

Il conclusivo Amen (Rivelazioni 5, 14) è fra i più lunghi (circa 3 minuti!) dell'intera produzione musicale: un Allegro moderato in RE maggiore, dove al contrappunto a voce spiegata e piena orchestra del coro si alternano un paio di interventi dei violini primi e secondi, che ci portano squarci di pace celestiale, prima dell'ultima perorazione, chiusa in Adagio, dal tutti (trombe e timpani inclusi) di coro e orchestra.
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