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21 agosto, 2025

ROF-2025 live. Dittico.

Eccomi alla terza tappa del mio personale percorso ROF-fico: il dittico Soirées musicales – La cambiale di matrimonio. Come dire, un tragitto che parte dal Rossini attorno ai 40, all’apice della notorietà (con Parigi ai suoi piedi, ancora stupita dal Tell, tanto per dire) per retrocedere come gamberi alla prima (forse non… primissima, in termini strettamente cronologici) compiuta composizione operistica del Gioachino.    

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In una sala con pochi posti vuoti, si presentano in scena le quattro voci protagoniste del ciclo liederistico delle Soirées (anni 1830-35) eseguite per la seconda volta (dopo il 2019) a Pesaro nella versione con accompagnamento orchestrale di Fabio Maestri. Si tratta di tre interpreti dell’Italiana (Vittoriana De Amicis, soprano, Andrea Niño, mezzosoprano e di Gurgen Baveyan, baritono) cui tiene compagnia il tenorino Paolo Nevi, già alato e valido attendente di Ilo nella Zelmira di Bieito.

Le otto ariette sono interpretate da:

1. La promessa (Metastasio). De Amicis.

2. Il rimprovero (Metastasio). Nevi.
3. La partenza (Metastasio). Nevi.  
4. L’orgia (Pepoli). Nevi.
5. L’invito (Pepoli). De Amicis.
6. La pastorella dell’Alpi (Pepoli). De Amicis.
7. La gita in gondola (Pepoli). Nevi.
8. La danza (Pepoli). De Amicis.

I quattro duetti da:

9. La regata veneziana (Pepoli). De Amicis – Niño.

10. La pesca (Metastasio). De Amicis – Niño.
11. La serenata (Pepoli). Nevi – De Amicis.
12. Li marinari (Pepoli). Nevi – Baveyan.

L’assegnazione delle canzoni agli interpreti è abbastanza libera, se si osserva che le sedici voci sono tutte notate sullo spartito in chiave di violino, ad eccezione della seconda voce dell’ultimo duetto, che è in chiave di basso.

Senza nulla togliere ai meriti di Maestri, devo dire che la sua sobria orchestrazione non aggiunge molto fascino agli originali con accompagnamento limitato al pianoforte. Da parte sua Christopher Franklin ha lasciato sempre in bella evidenza le voci, il che ha garantito ai quattro interpreti - ovviamente De Amicis e Nevi in testa - calorosi applausi dopo ciascuna esecuzione.

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Un furioso temporale scatenatosi su Pesaro (alberi sradicati nei pressi del teatro) ha ritardato di parecchi minuti l’inizio de La cambiale di matrimonio - alla sua quinta apparizione al ROF, dopo l’esordio del 1991 e i ritorni del 1995, 2006 e 2020 - che viene riproposta in quest’ultimo allestimento, faticosamente messo in piedi in piena emergenza Covid da Laurence Dale. Allestimento che trova ora compiuta realizzazione (scene essenziali ma efficaci e brillanti costumi di Gary McCann, luci sapientemente curate da Ralph Kopp) anche per il ritorno dell’Orchestra nel suo alveo naturale (la buca, sotto-davanti al palco) dalla sterminata pianura (l’intera platea) occupata di necessità nel 2020.

 

Ma nel frattempo Eleonora Di Cintio ha anche completato il suo lavoro di revisione critica dell’opera, che presenta alcune, magari piccole, ma interessanti, novità: una di queste consiste nei due versi aggiunti a Edoardo – Calma, mio bene, i palpiti / d’un barbaro dolor - nel duetto iniziale (Tornami a dir che m’ami…) con Fannì. Ecco, anche piccoli particolari come questo testimoniamo della continua attenzione e serietà cha contraddistingue l’opera dalla Fondazione e del ROF per migliorare la qualità delle loro proposte.

Sotto la guida di Franklin la Filarmonica Gioachino Rossini ha messo in mostra le sue qualità (non dimentichiamo che da dieci anni è amorevolmente guidata da un certo Donato Renzetti…) emerse fin dall’esecuzione della spiritosa e brillante Sinfonia.

Il veterano del ROF (esordio nel 1989!) Pietro Spagnoli è un perfetto Tobia Mill, per presenza scenica, ma soprattutto per la sua voce che non avverte segni di… obsolescenza!

Sua figlia Fannì, che il padre-padrone non esita ad offrire in vendita al cliente canadese, è Paola Leoci, che ha esibito voce da soprano di agilità e coloratura, superando di slancio le aspre difficoltà della parte.

Il suo spasimante Jack Swanson è da parte sua un convincente Edoardo, la cui bella voce di tenorino svetta chiaramente in duetti e concertati.

Il canadese Slook, che pare un buzzurro incolto, ma in realtà si rivela essere individuo di vedute assai larghe, è Mattia Olivieri, che mette in mostra la sua penetrante voce baritonale, oltre ad una invidiabile presenza scenica. 

Restano da citare i due comprimari, che sono altri debuttanti: la Clarina di Inés Lorans (che si è distinta nella sua arietta di sorbetto Anch’io son giovine) e poi il Norton del cileno Ramiro Marturana. Il figurante Matteo Anselmi ha simpaticamente riproposto il personaggio immaginario (un enorme orso) che aggiunge un tocco spiritoso ad uno spettacolo che il pubblico ha calorosissimamente applaudito. 


21 agosto, 2020

Il ROFid ha pagato l’ultima cambiale


Ieri sera si è chiuso, nello smagrito Teatro Rossini, il 41° ROF, che passerà alla storia come l’edizione pandemica...

Pesaro - all’apparenza almeno - sembrava quella di tante altre chiusure di Festival, a parte qualche individuo... mascherato: biciclette sfreccianti; la fontana con la sfera sventrata di Pomodoro circondata da frotte di selfie-isti; lungomare piacevolmente affollato; fungaia di ombrelloni ancora aperti alle 7:30 di sera; qualcuno che sguazza a godersi l’ultimo bagno della giornata; tavolini dei bar occupati senza troppa attenzione al distanziamento; ristoranti dove si preparano i coperti per la cena... Insomma, almeno da queste parti non pare proprio che ci si stia attrezzando alacremente in vista della tanto paventata apocalisse d’autunno, ecco (o stiamo tutti proverbialmente ballando sul Titanic?)      

Nel teatro le cose cambiano vistosamente rispetto alla normalità: mascherine obbligatorie, disinfettanti per le mani e regole di distanziamento almeno teoricamente rispettate. Fa impressione davvero l’interno della sala: un pavimento posticcio è stato installato ben al di sopra del livello della platea, arrivando a meno di mezzo metro dal piano del primo ordine di palchi; chi - come me - stava proprio lì aveva l’orchestra, che occupava più di metà di quello spazio, proprio davanti al naso. Insomma, qualcosa di troppo insolito, e non tanto per la vista, quanto per l’udito. Poichè nonostante gli sforzi dei cantanti e l’attenzione di Dmitry Korchak (una creatura tenorile del Festival, quest’anno esordiente qui come Direttore) a moderare i decibel dell’orchestra, ciò che arrivava alle orecchie non era precisamente quell’amalgama gradevole di suoni cui si è abituati.

E Marianna Pizzolato, ormai veterana del ROF, ne ha fatto un po’ le spese, aprendo la serata con la versione orchestrata da Sciarrino della Giovanna D’Arco, cantata composta a Parigi nel 1832 (ma ormai è certo che quella data vada incrementata di una ventina d’anni) per voce e pianoforte. Qui la stessa Pizzolato nella recita inaugurale dello scorso 8 agosto, trasmessa in streaming. Dal vivo la sua voce faticava davvero ad attraversare adeguatamente la barriera sonora orchestrale (forse meglio sarebbe stato eseguire la versione originale).

Pubblico forzosamente scarso (c'erano però posti vuoti oltre il necessario) ma assai caloroso nell'accogliere questo antipasto della serata.
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Senza intervallo si procede subito con La Cambiale di Matrimonio, alla sua quarta apparizione al ROF, dopo l’esordio del 1991 e i ritorni del 1995 e 2006. Questa nuova produzione è realizzata in collaborazione con la ROH di Muscat (Oman). Qui la recita dell’apertura.

Oltre al tenore-direttore, abbiamo qui anche il tenore-regista, che è Laurence Dale, il quale ha messo in piedi uno spettacolo piacevole, nel rispetto delle regole di distanziamento, e soprattutto senza stravolgere l’essenza del soggetto originale (cosa peraltro ardua, data la natura leggera dell’opera).

Gary McCann è il responsabile dell’intelligente scenografia (la facciata della residenza di Mill che si apre lasciando apparire gli interni, e pure un parco) e dei brillanti costumi. Ralph Kopp ha curato sapientemente le luci.

Carlo Lepore (la cui prima apparizione pesarese risale al 1996!) è stato il trascinatore degli altri cinque interpreti e il trionfatore della serata: un Mill di gran presenza scenica, voce sempre robusta e ben impostata, nobiltà di portamento.

Iurii Samoilov fu già un più che discreto Omar nel Siège del 2017 e direi che in questi tre anni sia ulteriormente migliorato, restituendoci un convincente Slook, assai composto rispetto a quanto si vede (e si sente) spesso in giro; e la sua età gli darà certamente modo di migliorare ancora. Anche Martiniana Antonie si è già esibita come Elmira (Ricciardo&Zoraide del 2018) e poi come Azema (Semiramide, 2019): qui ha meritoriamente interpretato il ruolo della servetta Clarina, applaudita nella sua aria.  

Gli altri tre interpreti erano tutti al primo approccio con il cartellone principale del Festival, ma sono altrettanti prodotti dell’Accademia, che in anni recenti si son fatti le ossa rossiniane prevalentemente con quella fucina che è Il viaggio a Reims (che anche quest’anno ha avuto le due recite canoniche).

Su tutti Giuliana Gianfaldoni, che ha impersonato la proto-femminista Fannì con garbo e spigliatezza, ma soprattutto mettendo in luce la sua bella voce, sempre ben controllata e senza smagliature.

Ma più che bene anche l’Edoardo di Davide Giusti, tenorino di belle speranze (ma ha già una discreta carriera alle spalle); e il domestico-intrigante Pablo Gàlvez (Norton) che ha fatto piacevolmente coppia con Clarina.

Korchak ha concertato tutti con diligenza, ben coadiuvato dalla valida Sinfonica Rossini di Pesaro: per il momento lo giudicherei promettente... il futuro ci dirà se sia meglio come direttore che come tenore.
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All’uscita-artisti c’è a salutare tutti un baldo giovane che qui fa un po’ il padrone di casa: Michele Mariotti. Ecco, anche questa edizione nata davvero sotto cattiva stella corona va in archivio, e tutto sommato con pieno merito: non deve essere stato semplice nè facile allestire comunque un programma dignitoso, evitando un lockdown totale che sarebbe stato davvero difficile da digerire. E adesso... largo ai vaccini! Per poter arrivare senza problemi al prossimo appuntamento, con Moïse (Sagripanti-Pizzi),  Bruschino (Spotti-Barbe&Doucet), Elisabetta (Pidò-Livermore) e Stabat (Bignamini).