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22 gennaio, 2022

laVerdi 21-22. Concerto 13

La cosiddetta Tragica di Gustav Mahler occupa tutto lo spazio del 13° appuntamento in Auditorium (domenica pomeriggio la replica). Come già accaduto a settembre 2020 - Quarta - e a novembre 2021 - Nona - per ragioni legate alle perduranti regole di distanziamento (parliamo qui degli occupanti del palcoscenico) l’orchestra è necessariamente ridotta nei ranghi e quindi la sinfonia viene eseguita nella trascrizione di Klaus Simon per ensemble cameristico (Qui la registrazione della prima del 2019).
Sulla Sinfonia è stato scritto un fiume di parole (e anch’io mi sono permesso di aggiungere la mia goccia). Le più autorevoli restano per me quelle scritte da Ugo Duse, che personalmente reputo il più convincente studioso di Mahler, e che già ho riportato in un post di commento all’ultima esecuzione (2014) della Sinfonia (originale) qui in Auditorium.
Sul podio il Direttore Musicale, al quale la sinfonia pone un problema prima ancora di iniziare le prove: quale sequenza dei movimenti scegliere fra le due possibili, entrambe a suo tempo proposte dallo stesso Autore, la cui volontà definitiva non è mai stata chiarita fino in fondo (forse perchè Mahler per primo non la chiarì mai nemmeno a se stesso...)

Simon prescrive un organico di 1 flauto, 1 oboe, 2 clarinetti, 1 fagotto, 2 corni, 1 tromba, 2 percussionisti, arpa, armonium, pianoforte e il quintetto base degli archi, estendibile a 20 esecutori. Flor lo rimpolpa assai: negli archi (portati ben oltre il massimo suggerito); e nei fiati (tutti - salvo tromba e fagotto - incrementati di un’unità). Quanto alla vexata-quaestio della sequenza dei movimenti, Flor (come Simon peraltro) resta fedele alla versione originale, quindi con lo Scherzo in seconda posizione (e anche con due sole martellate nel finale).

Come ho già avuto modo di osservare in occasione delle precedenti esperienze con le partiture arrangiate dal musicista tedesco, la decisione di rinforzare l’organico previsto presenta evidenti pro e contro: se consente, da un lato, di avvicinare di più (ma purtroppo mai di raggiungere!) il suono dell’orchestra a quello immaginato da Mahler, dall’altro priva in parte l’ascoltatore di quella interessante esperienza consistente nello scoprire da vicino la rete dei reconditi e intricatissimi componenti della musica del compositore boemo (un po’ come vedere, al di sotto dell’involucro epidermico di un corpo, oltre allo scheletro osseo, anche il sistema venoso, la rete muscolare e nervosa).

Detto ciò resta l’elogio incondizionato da fare agli esecutori (soprattutto ai fiati, comunque ridotti a presenze solistiche, in particolare alla tromba di Alex Elia) per aver saputo ricreare in modo apprezzabile quel sesquipedale mondo sonoro che è la Sesta mahleriana! Manco a dirlo - date le caratteristiche del brano e questa modalità esecutiva - è stato l’Andante (a mio giudizio) ad aver convinto di più.

Grande successo per tutti e ripetute chiamate per Flor, da parte di un pubblico non oceanico ma entusiasta.

29 ottobre, 2021

laVerdi 21-22. Concerto 5

Impossibilitato a dirigerla il Direttore Musicale, è il redivivo Kolja Blacher a proporci questa settimana un’opera fra le più impegnative; per l’ascoltatore e per gli esecutori: la Nona di Gustav Mahler. Programmata in tempi di restrizioni-Covid, la sinfonia è eseguita con organico ridotto, quindi nella versione cameristica predisposta da Klaus Simon (del quale già avevamo seguito nel 2020, prima del nuovo stop, la Quarta mahleriana, allora diretta da Flor).

Blacher ha suonato tante volte la sinfonia da Konzertmeister, in particolare sotto la bacchetta di Claudio Abbado, come qui, nel 2010, a Lucerna:

Non mi è dato sapere se questa sia la prima occasione che ha Blacher di dirigere la sinfonia, e di certo è impossibile pretendere che qualcuno faccia resuscitare Abbado... Così devo dire che, del sommo Maestro, Blacher ha perlomeno conservato quella che definirei religiosità dell’approccio interpretativo. Una religiosità... laica per così dire, che del resto pervade quest’opera nella quale Mahler ripercorre, dall’alfa all’omega, tutta un’esistenza: la sua esistenza, ma in fondo anche l’esistenza di tutti noi.

Già le primissime battute dell’iniziale Andante comodo racchiudono simbolicamente l’intero ciclo artistico del compositore: la citazione (secondo corno, battute 4-5) è dall’opus-1 (Das Klagende Lied) del Mahler ventenne diplomato al Conservatorio, e quella (secondi violini, battute 6-8) è dall’ultimo Ewig che la voce esala in chiusura dell’Abschied del Lied von der Erde! Tutto il primo movimento è un susseguirsi di slanci eroici e di scoraggianti cadute; la parte centrale (il Landler-Walzer piuttosto sgangherato e lo spettrale Rondo.Burleske) sembra dipingere gli aspetti più enigmatici che la vita ci presenta ogni giorno. Infine l’Adagio prende atto della caducità delle cose terrene, accettandola con strazio pari alla compostezza.

Devo dire che questa riduzione cameristica (con armonium e pianoforte a far da ripieno di suono) lascia un po’ di perplessità (anche se è complessivamente apprezzabile) proprio a livello di impasto del suono; in compenso premia la bravura degli strumentisti (soprattutto i fiati, che sono soltanto in 8, contro i 29 dell’originale!) i quali diventano altrettanti solisti di un concerto per orchestra... Fa eccezione l’Adagissimo del finale, dove già nell’originale suonano solo gli archi, i quali devono peraltro produrre il meno suono possibile, compatibilmente con la percezione dell’orecchio umano!   

Al proposito, Abbado soleva (come nel 2004 a Santa Cecilia o nel 2010 a Lucerna e nel 2011 a Firenze) far abbassare le luci fin quasi al buio totale sulle ultime battute della sinfonia, per poi restare per interminabili secondi ad ascoltare il... silenzio seguito al morire della triade di REb esalata da violini secondi, viole e celli: una teatralizzazione che a qualcuno poteva sembrare eccessiva, ma che lui poteva davvero permettersi.

Senza arrivare a quei... celestiali eccessi Blacher (che ha diretto a mani nudeha però lasciato il tempo necessario a far decantare la tensione immancabilmente prodotta da quelle ultime battute della Sinfonia, che ci portano in una dimensione... ultraterrena, ecco.

Eccellente - come sempre - la prova dell’Orchestra, premiata con il Direttore, dopo il rispettoso silenzio, da applausi sempre più intensi e prolungati.

25 settembre, 2020

laVerdi 20-21. Concerto n°1

Dopo il concerto inaugurale alla Scala, Claus Peter Flor ha aperto la prima parte della stagione 20-21 con una novità per laVerdi: eseguire la Quarta di Mahler nella versione cameristica di Klaus Simon del 2007, la qual cosa consente di rispettare le regole anti-Covid. Il musicista tedesco (nativo del Bodensee, Lago di Costanza) seguendo le orme dell’opera avviata negli anni ’20 del secolo scorso da Erwin Stein, ha già prodotto versioni cameristiche di ben sei delle nove sinfonie mahleriane (mancano all’appello - per ora? - le ipertrofiche 2-3-8). E a fine ottobre Flor ne eseguirà in Auitorium anche la trascrizione della Prima.

Simon prevede un ensemble di 14 strumentisti:

- 5 fiati: Flauto (anche Ottavino); Oboe (anche Corno inglese), Clarinetto in SIb (anche in LA e basso in SIb); Fagotto; Corno in FA;
- 2 percussionisti: Glockenspiel, Triangolo, Sonagli, Piatto sospeso, Piatti, Tam-Tam, Grancassa;
- Armonium (o Fisarmonica);
- Pianoforte;
- Quintetto d’archi.

Rispetto a Mahler, oltre allo smagrimento, nell’orchestra di Simon mancano le trombe, i clarinetti in DO e MIb, il controfagotto, i timpani e l’arpa. Armonium e pianoforte compensano queste assenze. Simon ha licenziato anche una versione estesa, che irrobustisce in particolare il pacchetto degli archi, portandolo dal nudo quintetto a 20 elementi (6,5,4,3,2).  

Chi fosse interessato ad esplorare i dettagli di questa versione cameristica della Sinfonia e dei problemi interpretativi ed esecutivi che presenta, può trovare ottimi spunti in questo scritto di JungHwan Kwon, il quale ne dà anche l’applicazione pratica, alla testa dell’Orchestra da Camera dell’Università dell’Arizona.

Un’esecuzione di alto livello è questa che viene da Israele, artefici gli strumentisti dell’ensemble cameristico Israel Soloists di Kfar Saba. E poi questa - per me la più interessante - dei canguri dell’Omega Ensemble (senza Direttore!) Ecco l’esempio di un’esecuzione con l’ensemble allargato, con 20 archi (più un esecutore aggiuntivo ai clarinetti) registrata in Francia un paio di mesi fa, proprio in era Covid. Infine è da lodare la prestazione dei giovani foggiani del Conservatorio Umberto Giordano, in una configurazione... ibrida (12 archi, 2 corni, niente clarinetto basso e fisarmonica al posto di armonium).

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Flor ha impiegato la versione estesa di Simon, ma è andato oltre, schierando 24 archi (6,6,5,4,3). In più ha anche aggiunto 3 fiati, raddoppiando oboe (corno inglese), clarinetto (basso) e corno; ha poi aggiunto un percussionista. In totale quindi 37 elementi. Se ne dovrebbe dedurre che il Direttore si sia posto l’obiettivo di avvicinarsi per quanto possibile alla versione originale di Mahler, più che di farci apprezzare quella di Simon. La quale scelta rischia però di... farci restare in mezzo al guado. Visto che si tratta di un’occasione (speriamo!) irripetibile, personalmente avrei preferito ascoltare la versione base di Simon che, almeno a giudicare dalle registrazioni disponibili in rete, ci permette di apprezzare (se non addirittura di scoprire) dettagli che con l’orchestra allargata (parlo proprio degli archi) spesso si perdono, nascosti nel pieno degli strumenti. Magari Jais - anche per ammortizzare l’investimento - potrebbe metterla in cantiere in qualche concerto delle stagioni collaterali.

Sala con alcuni posti vuoti, al di là di quelli inaccessibili causa virus, ma pubblico assai ben disposto. Flor nei primi due movimenti si prende alcune libertà agogiche (alle mie orecchie) eccessive: è vero che Mahler stesso aveva battezzato questi pezzi come Humoresken, cioè di carattere umorale, spensierato, disimpegnato, ma poi ne ha fatto una sinfonia in piena regola... Poi però il Ruhevoll - preceduto da una pausa per ri-accordare gli strumenti e far entrare sul palco Anna Lucia Richter, è stato quasi da manuale. Certo l’esplosione che ci fa balzare dal SOL al MI maggiore 40 battute prima della chiusura, con questi mezzi comunque ridotti non è la bomba atomica che dovrebbe essere, ma date le circostanze ci accontentiamo. Flor ci attacca subito il conclusivo Sehr behaglich, dove la giovane e bella Anna Lucia ha sfoggiato una voce veramente appropriata alla bisogna: timbro acuto e penetrante, perfetto per questo Lied fanciullesco, non a caso a volte affidato ad una voce bianca.

Flor va addirittura oltre le prescrizioni di Mahler (morendo, non affrettare!) e tiene le ultime tre battute (il MI grave, riservato ai contrabbassi e - in mancanza dell’arpa - al pianoforte) per un tempo interminabile. Poi il pubblico può abbandonarsi ad un liberatorio applauso. Ripetute chiamate e battimani ritmati a chiudere in bellezza la serata.