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19 agosto, 2017

ROF-XXXVIII live. Torvaldo e Dorliska


Terza recita anche per Torvaldo&Dorliska, ieri sera al Rossini, in un ambiente che anche logisticamente ti trasporta indietro di secoli, proprio ai giorni in cui la musica che si suona e si canta venne ideata e composta dal grande Gioachino. Bomboniera gremita e pubblico cosmopolita ben disposto al gradimento e all’applauso.

Opera che meriterebbe di essere riproposta più spesso, anche da altri teatri, stante il livello dei contenuti musicali: è un Rossini ancora giovane (1815) ma già alla sua 16ma fatica; è al suo esordio sulla piazza di Roma, dove poco dopo otterrà (a valle dell’iniziale fiasco) il successo destinato a divenire imperituro del Barbiere. E forse proprio la fama del Figaro ha finito per oscurare, immeritatamente, quella della sorella maggiore, che invece presenta struttura (arie, duetti, terzetti e concertati) e ispirazione davvero degni del miglior Rossini.

Il quale anche qui non si smentisce, quanto ad auto-imprestiti; ne segnalo almeno un paio: il primo è in uscita, il tema in LA maggiore (poi in RE) della Sinfonia che nei due anni successivi a quel 1815 migrerà dapprima nella Gazzetta e da lì nella Cenerentola. L’altro, in entrata (in FA maggiore, ad accompagnare Giorgio e il coro in apertura dell’atto II) viene immediatamente dal Sigismondo (1814) ma remotamente (1812) dall’introduzione della Scala di seta...

Sono le tre voci gravi del cast a innervare l’opera, fin dalle prime due scene, in cui spicca quell’impareggiabile terzetto con coro (si cercherà, si troverà) che anticipa proprio la cavatina di Figaro (Figaro qua, Figaro là) ma qui raggiunge vette esilaranti proprio per il continuo passare da una voce all’altra. E i tre interpreti sono anche stati i maggiori trionfatori della serata. Nicola Alaimo, la cui presenza scenica ha fatto da degno supporto ad una prestazione canora impeccabile; poi Carlo Lepore, presentatosi con il braccio sinistro al collo (una costante di questo ROF, dopo quello di Abbado...) che ha sfoderato tutta la sua proverbiale verve di autentico buffo rossiniano. Ma bene si è portato anche Filippo Fontana, che si è inoltre esibito come scalatore di alberi nella sua strampalata aria (sopra quell’albero vedo un bel pero) a metà del primo atto.

Dmitri Korchak ha confermato in pieno le sue doti che in pochi anni lo hanno portato ad emergere non solo nel repertorio rossiniano (ma presto vestirà i panni e soprattutto... la voce di Arnold): svettante negli acuti, sempre squillanti e capaci di penetrare anche i fracassi degli insiemi, ma assai efficace anche nei momenti più lirici e intimistici, dove sa sfoderare apprezzabili mezze voci.

Salome Jicia è certamente cresciuta, dopo la debuttante Elena dello scorso anno. Ma ancora mi pare debba lavorare sodo per raggiungere livelli di eccellenza: gli acuti sono spesso forzati e urlacchiati con timbro sgradevole (complice anche la regìa che la costringe a volte a cantare supina... posizione non ideale davvero); comunque una più che passabile Dorliska.

Raffaella Lupinacci ha pure lei mostrato qualche vetrosità nella tessitura acuta, comunque all’interno di una prestazione mediamente onorevole.

Altrettanto va detto del Coro della Fortuna di Mirca Rosciani, che ha anche dovuto affrontare difficoltà, come dire, logistiche, impostegli dall’eccentricità delle soluzioni registiche.

Francesco Lanzillotta si conferma più che una promessa: la sua è una direzione e concertazione precisa, attenta e rispettosa delle voci; e l’Orchestra Sinfonica G.Rossini ha dimostrato come anche piccole compagini di provincia sino perfettamente all’altezza di eseguire adeguatamente opere come questa. Gianni Fabbrini e Anselmo Pelliccioni hanno egregiamente sostenuto il ruolo del continuo (fortepiano e cello) nei recitativi, il primo ha pure vestito estemporaneamente i panni di comparsa...

Alla fine applausi, ripetute chiamate singole e collettive e ovazioni per tutti. Meritate, direi proprio.
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La regìa di Mario Martone era già sicuramente vecchia, come concezione, 11 anni fa, ed oggi è proprio irrimediabilmente passata. L’idea di ignorare il palcoscenico per portare l’opera in platea potrà piacere agli amanti dell’avanspettacolo, ma va decisamente a detrimento innanzitutto della precisione dell’esecuzione (un coro sparso per l’intera platea difficilmente sarà perfetto negli attacchi, col Direttore che gli volta le spalle...) e poi anche dell’ottimale fruizione da parte del pubblico un filino più... esigente.

Così, avendo sprecato l’intera scena per collocarvi il bosco (cui nel libretto semplicemente si accenna) ecco che al regista sarebbe rimasto solo il proscenio per ambientarvi l’intera vicenda: pretesto quindi per dislocare in sala passerelle, scale retrattili che scendono dai palchi del primo ordine, una gabbia che sale e scende proprio alle spalle del Direttore a far da cella per il povero Korchak, altre scale che portano nella buca dell’orchestra... insomma, un armamentario francamente bizzarro e soprattutto penalizzante per la concentrazione di interpreti e di pubblico. Ciliegina sulla torta, i volantini rossi con la scritta Viva Rossini fatti piovere dal loggione all’inizio del second’atto, in corrispondenza con il patriottico ingresso dei popolani di Ordow.   

Insomma, un allestimento fra il goliardico e il varieté, che peraltro in molti avranno anche apprezzato.       

11 agosto, 2017

ROF-XXXVIII. Le prime alla radio


La nuova produzione de Le Siège de Corinthe ha aperto a Pesaro il Festival rossiniano n°38. Per gli ascoltatori via etere hanno fatto gli onori di casa Guido Barbieri (da studio) e Oreste Bossini (in loco). Qualche discorso di circostanza (le doverose commemorazioni di Zedda e Gossett) poi la ormai ripetitiva auto-celebrazione di patron Mariotti-sr (il ROF come fucina di talenti canori e di innovative invenzioni registiche) e qualche sensata considerazione di Roberto Abbado sulla musica del Siège. Anche Carlus Padrissa ha avuto modo di spiegare ciò che nessuno aveva capito (!) della sua regìa, che dalle sue parole sembrerebbe piuttosto estranea allo spirito e all’estetica rossiniani... ma sarà meglio giudicare con l’approccio di SanTommaso.

Quanto alla musica, detto che si è impiegata l’edizione (critica?) di Damien Colas (che ha rispolverato da manoscritti conservati a Parigi un’estensione dell’aria di Pamira dell’atto II, un giro-extra di danze prima dell’Hymne, e ha fatto cantare nella chiusa dell’opera le donne greche) direi che Radio3 ci ha portato gradevoli sensazioni: l’OSN-RAI non si scopre oggi, mentre una buona impressione ha fatto l’esordiente coro del Ventidio Basso di Giovanni Farina, che gioca un ruolo per nulla secondario in questo grande affresco a sfondo storico-patriottico.

Luca Pisaroni si è calato in modo convincente nei panni di quel Mahomet che storicamente era un autentico flagello, mentre Rossini lo ammanta di un’aura di nobiltà, mettendone in risalto i caratteri di uomo amante delle arti e di sincero innamorato: qualità che la voce chiara e baritonale di Pisaroni ha efficacemente interpretato. Nino Machaidze (mi) ha ben impressionato, avendo fatto emergere le due facce della personalità della protagonista: donna attirata dall’amore addirittura verso il nemico mortale della sua gente, ma poi eroina e patriota esemplare, fino all’estremo sacrificio. I due tenori del campo greco (il comandante John Irvin e l’eroico Sergey Romanovsky) hanno sfoggiato belle voci (forse troppo... simili, il primo dovrebbe essere più baritenore) e tecnica apprezzabile nei (pur non esagerati) virtuosismi cui Rossini chiama i due personaggi (Romanovsky ha anche sfoggiato un sicuro RE sovracuto). Efficace anche Carlo Cigni (come Hiéros) nel suo accorato ed autorevole appello del terz’atto. Oneste le prestazioni dei tre comprimari, tutti usciti dall’Accademia rossiniana: Cecilia Molinari (apprezzabile la sua ballade dell’atto II) Xabier Anduaga, e Iurii Samoilov.

Tutto sommato, un inizio abbastanza promettente.   
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Promesse direi proprio mantenute con La pietra del paragone, questa commedia brillante dal soggetto assurdo e strampalato, che il grande Gioachino ventenne ha saputo ricoprire con musica strepitosa, ancora una volta nobilitata dall’esecuzione impeccabile dell’OSN-RAI guidata da un sempre più convincente Daniele Rustioni.

Ma anche il cast, quasi interamente di provenienza dall’Accademia rossiniana, ha ben figurato, con punte di spicco in Maxim Mironov e Aya Wakizono. Accanto a loro un efficace Gianluca Margheri e il navigato Paolo Bordogna. Un filino sotto metterei le due babbione (!) Aurora Faggioli e Marina Monzó. Completano dignitosamente la squadra Davide Luciano e William Corrò, mentre il Coro del Ventidio Basso ha confermato il suo valore.

Stando ai suoni arrivati via etere, si direbbe di un caloroso successo di pubblico.
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E Torvaldo&Dorliska ha degnamente chiuso il primo turno delle recite rossiniane. Ascoltandola ci si stupisce sempre di come sia tuttora sottovalutata e negletta: poichè trattasi invece del miglior Rossini, con arie, duetti e concertati di prim’ordine, che impegnano al massimo livello il cast delle voci.

E quella messa in campo dal ROF è davvero una squadra di tutto rispetto, composta da veterani del Festival e da giovani e giovanissimi prodotti dell’Accademia. Fra i primi spiccano Carlo Lepore e Nicola Alaimo, veri trascinatori della squadra; in cui hanno ben meritato Dmitri Korchak, anche lui ormai di casa a Pesaro, e Salome Jicia, uscita dall’Accademia non più di due anni orsono e già al secondo ROF da protagonista, dopo il battesimo con Elena nel 2016. Bene anche Raffaella Lupinacci, tornata a tre anni di distanza dalla Publia dell’Aureliano, e Filippo Fontana, che ha completato il cast.

L’Orchestra Sinfonica G.Rossini - Provincia di Pesaro-Urbino ha supportato egregiamente cantanti e Coro della Fortuna di Mirca Rosciani; tutti ben concertati da Francesco Lanzillotta, esordiente al ROF, ma anche lui ormai entrato nel gruppo dei giovani Direttori italiani di talento.
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Ernesto Palacio, Direttore artistico del Festival, ha annunciato ai microfoni di Radio3 il palinsesto principale del ROF-39: Ricciardo&Zoraide, Adina, Viaggio e Barbiere, quattro nuove produzioni per festeggiare adeguatamente il 150° anniversario della scomparsa di Rossini.