XIV

da prevosto a leone
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09 marzo, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano – Stagione 23-24.15

Tutta America nel Concerto di questa settimana, e giustamente è un’americana di nascita (non di origine) Alondra de la Parra, a dirigerlo, tornando qui dopo la sua ultima apparizione risalente ad una data davvero disgraziata per l’Umanità: lo scorso 7 ottobre!

La serata è aperta da Aaron Copland con la sua Appalachian Spring Suite, precisamente il brano con cui la Direttora aveva esordito qui in Auditorium nel 2021, alla ripresa post-Covid (rimando quindi ad alcune note scritte in quella circostanza).
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Ecco poi Leonard Bernstein e le sue Danze Sinfoniche da West Side Story.

Il famoso musical è una moderna ambientazione (a NewYork) di Romeo&Juliet, con Jets e Sharks ad impersonare Montecchi e Capuleti e Tony e Maria nei ruoli dei protagonisti. La suite, intitolata Symphonic dances, presenta i principali motivi del musical raccolti in nove numeri. (Qui l’Autore in una sua esecuzione del 1985, che possiamo seguire nei dettagli in Appendice.)

Bernstein rappresentò musicalmente l'incompatibilità fra le due gang facendo ampio uso dello sbifido tritono, anche nei momenti più lirici, come il celeberrimo Maria (ne sentiamo il motivo nel 5° e 6° numero, ma con sfumature diverse anche al 2° e 7°) che sale da tonica a dominante passando appunto per la quarta aumentata. Ma nell'Adagio finale (che chiude sia l'Opera che la Suite) troviamo nientemeno che una reminiscenza (nello stesso REb!) del wagneriano tema della Redenzione!

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La serata si è chiusa con George Gershwin e il suo An American in Paris.

Scritto nel 1928 dopo un viaggio nella capitale francese, questo balletto rapsodico subito si presenta con baldanza mista a spensieratezza: è il turista che se ne va a spasso per la città, col naso all'insù e le orecchie tese.

Parigi è una città dal traffico già caotico, e non mancano quindi automobili e taxi che strombazzano allegramente. In mezzo al trambusto arrivano anche le note di una filastrocca (Che cosa importa a me, se non son bella) forse nota altrettanto bene in Italia che a Parigi.

Ora, stanco per la lunga camminata, l'americano si riposa un poco e inevitabilmente sogna il suo paese, e il blues in primo luogo, su un motivo che rimane poi al centro del brano, e che pure lo concluderà. Accanto ad esso però arriva anche un ricordo allegro, il charleston della Louisiana.

Un'ultima veloce scorribanda per le strade della Ville lumière culmina nel Grandioso dove corno inglese, clarinetti e sax contralto ribadiscono per l'ultima volta il tema americano, prima del poderoso accordo di FA maggiore che chiude il brano.
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La simpatica Alondra – ieri il suo fisico da modella abbigliato da moderna sacerdotessa maya - ha saputo cogliere e restituirci il meglio delle tre composizioni: la sognante e arcadica atmosfera dei pionieri di Copland; i ritmi indiavolati della leggendaria Broadway di Bernstein e il multicolore affresco parigino (con ricordi yankee) di Gershwin.

Il suo è stato quindi un gran trionfo con ovazioni e urletti proprio americani di un pubblico entusiasta. Lei ha voluto simpaticamente elogiare e ringraziare l’Orchestra, alla quale (oltre che al pubblico!) ha concesso un meritato bis con il numero di Mambo da WSS.

Dal pubblico le sono stati recapitati mazzi di fiori e mimosa e pure una bandiera tricolore del suo Mexixo, con il quale si è decorata il petto. Insomma, un’autentica fiesta de la Parra
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Appendice. Danze da West Side Story.

1. (10”) Prologue (Allegro moderato). Crescente rivalità fra le due bande (Jets e Sharks).

2. (4’12”) Somewhere (Adagio). Visione onirica della fratellanza fra le due bande. (7’13”) Prima vaga apparizione del tema wagneriano della Redenzione.

3. (8’32”) Scherzo (Vivace e leggiero). Il sogno continua fuori dall’oppressiva città, all’aria aperta e al sole.

4. (10’18”) Mambo (Meno Presto). Si torna al mondo reale e le due gang tornano a fronteggiarsi.

5. (12’37”) Cha-cha (Andantino con grazia). Primo incontro danzante fra i futuri amanti, Tony e Maria (della quale si affaccia, danzante, il tema).

6. (13’37”) Meeting Scene (Meno mosso). Primo scambio di parole fra i due, sul tema di Maria.

7. (14’18”) Cool Fugue (Allegretto). Sempre sul tema di Maria, danza dei Jets per caricarsi alla battaglia contro gli Sharks.

8. (18’02”) Rumble (Molto allegro). Battaglia, in cui restano uccisi i due capi, Riff e Bernard. (19’33”) Cadenza del flauto.

9. (20’10”) Finale (Adagio). Maria introduce una processione che sembra rifarsi al sogno di Somewhere. Tema wagneriano della Redenzione (Götterdämmerung).

07 ottobre, 2023

Orchestra Sinfonica di Milano – Stagione 23-24.2

Per questo fine settimana l’Orchestra Sinfonica di Milano ci propone un altro appuntamento assolutamente tradizionale,  che vede la Direttrice Principale Ospite Alondra de la Parra sul podio e la rediviva Lilya Zilberstein alla tastiera cimentarsi in Rachmaninov e Brahms. Ieri sera Auditorium non troppo affollato, ma in compenso allietato dalla presenza di frotte di giovani, il che fa sempre piacere (oltre ad abbassare drasticamente il tasso di vetustà del pubblico, me compreso…)

Significativamente il Concerto è stato dedicato alle donne vessate dal regime di Teheran e al Nobel Marges Mohammadi.

Del compositore russo trapiantato all’Ovest viene eseguita la Rapsodia su un tema di Paganini del 1934, con la quale la simpatica Lilya è al terzo appuntamento con laVerdi, avendola già eseguita qui addirittura nel 1999 e poi più di 10 anni fa con Bignamini (fra le altre tante sue interpretazioni del brano ecco quella del 2011 a Torino con la RAI; e qui una mia succinta introduzione al brano).

E anche ieri lei ha confermato la sua affinità elettiva con questa musica, valorizzandone tutte le diverse sfaccettature (non per niente si intitola Rapsodia) nascoste nelle pieghe delle 24 variazioni sul tema. 

Come sua consuetudine, nemmeno gli applausi ritmati l’hanno purtroppo convinta ad offrire un bis   
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Facendo un salto all’indietro di 58 anni, dal tardissimo-romanticismo al classicismo romantico, la seconda parte della serata è occupata dalla… Decima di Beethoven, come l’esagerato Hans von Bülow definì la Prima Sinfonia di Brahms.

Devo dire che l’esecuzione è stata di buon livello, tutti hanno suonato al meglio, ma forse è mancato quel quid che eleva una prestazione più che dignitosa al livello di eccellenza. Con una battuta forse eccessivamente maliziosa potrei dire che il lato migliore della direzione della De La Parra sia stata la scelta, assolutamente appropriata e condivisibile, di non eseguire il da-capo dell’esposizione dell’Allegro iniziale…

Ma il pubblico non ha fatto mancare applausi per tutti: e anch’io, per non essere frainteso, concluderò dicendo che sono comunque uscito dall’Auditorium felice e contento!

26 maggio, 2023

laVerdi 22-23. 31

Ritorna in Auditorium la Direttrice Principale Ospite Alondra de la Parra per il penultimo concerto della stagione principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano, caratterizzato dalla classica impaginazione tripartita.

La serata si è aperta con una nuovissima composizione: il brano vincitore del Concorso per giovani compositrici "Franchina Cervetti (moglie di Gianni, Presidente emerito della Fondazione, scomparsa due anni orsono). Brano che si intitola Through the Time ed è opera della fiorentina Myriam Bizzarri, 29 ancora da compiere.

Così lei stessa ci descrive la sua opera:

La costruzione del brano segue la struttura classica della forma-sonata: due temi ognuno con il proprio sviluppo. Per i due temi ho voluto portare avanti stili e sonorità differenti, che prendono spunto e ispirazione dalle tecniche compositive della prima metà del XX secolo. In questa prospettiva e volontà, il secondo tema si sviluppa su una serie dodecafonica.

Anche dal punto di vista dell’orchestrazione ho voluto colorare in maniera differente le varie regioni del brano, per dare un proprio carattere ai vari disegni e temi che si susseguono e ripetono modulando e trasformandosi nel corso del brano.

Through the Time quindi si rifà sia allo scorrere del tempo, essendo il brano un susseguirsi di idee musicali, a tratti veloce e quasi nervoso e a tratti più disteso e lirico, e al tempo stesso un “viaggio nel tempo” alla scoperta di tecniche e suoni del passato.

Beh, devo dire che la simpatica Myriam, lunga coda di capelli corvini, si è proprio meritata il Premio assegnatole da Jais, Colasanti e Melchiorre (la commissione giudicatrice): la sua è un’opera che si rifà a modelli di inizio secolo scorso, ma in modo intelligente ed originale. Resta in particolare ben impresso nella mente dell’ascoltatore il tema che occupa gran parte del brano con varie mutazioni di altezza e di ritmo, un tema ben scolpito, di 5 note, tre discendenti, un’impennata e ancora un appoggio discendente. Gli applausi convinti del pubblico certo sproneranno la giovane compositrice a continuare su questa strada appena imboccata, ma già ricca di promesse.    
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Ecco poi le Variazioni su un tema rococò di Ciajkovski, nella classica, più conosciuta ed eseguita versione predisposta dal dedicatario Wilhelm Fitzenhagen (qui alcune mie note sulla composizione e sulle differenze strutturali fra questa e la versione originale di Ciajkovski). Ad interpretarle la 36enne Marie-Elisabeth Hecker, che viene dalla città che diede i natali a Schumann ed è moglie del pianista Martin Helmchen che già fu ospite qui nel lontano 2010.

Grande tecnica e altrettanta sensibilità interpretativa, quelle sfoggiate dalla Hecker. Mi sento di muovere un appunto all’accompagnamento orchestrale: in alcuni passaggi, il violoncello è accompagnato dagli strumentini, in particolare oboe e flauto, e purtroppo il suono penetrante di questi legni ha coperto quello più morbido della solista.

Alla quale non sono comunque mancati gli applausi calorosi dell’Auditorium… non ricambiati da bis.
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Ha chiuso in bellezza la serata la Sinfonia n. 8 in Sol maggiore di Antonin Dvořàk (i cui contenuti ho commentato in occasione dell’ultima apparizione in Auditorium, pochi anni orsono). Qui la De La Parra ha dato prova della sua maturità, dal gesto sempre essenziale e preciso, alla tenuta di tempi e dinamiche. Particolare menzione per il pacchetto dei celli (guidato da Grigolato) per la nobiltà dell’esposizione del tema del Finale.

Ma tutti si son fatti onore e il non strabordante pubblico dell’Auditorium li ha ripagati con calore e affetto.

04 marzo, 2023

laVerdi 22-23. 18

Altro gradito ritorno in Auditorium per il 18° Concerto della stagione principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano: è quello di Alondra de la Parra, Direttrice principale Ospite, che ci presenta musiche di Martinsson e Stravinski.   

Del 67enne svedese Rolf Martinsson (al suo terzo appuntamento come Autore qui in Auditorium) viene eseguito (in prima italiana) Soundscape, Concerto per corno e orchestra, sottotitolato A Walk in Colours (una passeggiata a colori): un lavoro assai recente, co-commissionato anche da laVerdi e presentato in prima assoluta il 20 marzo del 2022 a Saarbrücken con lo stesso solista-dedicatario dell’opera.

Che è Felix Klieser (già passato qui in Auditorium più di tre anni fa) famoso per essere uno che suona con i piedi… ma proprio divinamente!

Martinsson fa parte di quella corrente di pensiero musicale che, pur apprezzando l’opera di Schönberg (cui ha dedicato più di un lavoro) non ne ha pedissequamente seguito le orme… seriali, mantenendo prudentemente la sua produzione nell’ambito del diatonismo, per quanto modernizzato, ecco.

Il programma di sala reca una succinta descrizione del brano predisposta dallo stesso Autore, che qui mi permetto di integrare con qualche annotazione derivata dal primo ascolto (e in totale ignoranza della partitura…)

Il Concerto è strutturato in cinque sezioni, all’interno di un unico movimento: inizia in modo drammatico, con un’introduzione tempestosa dell’orchestra e con il solista che espone uno stentoreo motivo basato su note che richiamano il nome dell’interprete (F-E-E-Ess-E, svedese per FA-MI-MI-MIb-MI); segue una sezione lenta, caratterizzata da una specie di recitativo del solista, con intervento del corno inglese; le frasi del corno si dipanano su ampi intervalli e con moto ascendente; il dialogo con l’orchestra si fa sempre più serrato, fino ad un climax con secchi interventi dei timpani e una chiusura in diminuendo su trilli del violino; ecco poi la parte centrale, tranquillo, che ha ispirato il sottotitolo dell’opera (panorama sonoro): il corno espone frasi musicali più calme, per gradi congiunti, si odono tocchi di xilofono e sommesse risposte orchestrali; segue una lunga aria che alterna la voce solitaria del corno a risposte anche brusche dell’orchestra e in particolare del clarinetto; dopo un ultimo crescendo, ecco il corno preparare il ritorno ciclico all’iniziale atmosfera drammatica, dove solista ed orchestra si scontrano in un fitto dialogo: il corno si lancia in un passaggio spiritato, poi ecco la stretta finale, grandiosa davvero, ma che poi si perde, calmandosi progressivamente: dopo l’ultimo intervento del solista, sono gli archi a sfumare il suono fino ad esaurirsi del tutto.

Che dire, al primo ascolto? Sono 25 minuti di musica coinvolgente, dove la tensione non cala mai e l’attenzione dell’ascoltatore è catturata ininterrottamente.

Il sempre sorridente Felix, oltre alla tecnica sopraffina, mostra anche di non temere le prove più faticose: tutto il Concerto è praticamente una serie di interventi in assolo del corno, che lui sciorina quasi in souplesse. Poi ringrazia per le ripetute chiamate, i consensi e gli applausi che il pubblico gli tributa, offrendoci proprio lo stesso bis suonato qui nell’ottobre del 2019, la trascrizione per corno solo del rossiniano Rendez-vous de Chasse.
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Il clou della serata è uno dei brani musicali più famosi e controversi dell’intera musica occidentale, Le Sacre du Printemps di Igor Stravinski.  

Molti di noi (non propriamente teen-agers) hanno avuto la fortuna di incontrare questa apparentemente barbara accozzaglia di note al cinema, grazie al grande Walt che ce lo propinò – in modo non proprio rigoroso, more-Stokovski, e insieme a musica più civilizzata - in un cartone animato

A proposito di civiltà e cultura, uno dei modi per avvicinare i giovani, anzi i bambini dell’asilo (altrimenti sarebbe già troppo tardi) alla cosiddetta musica seria sarebbe di usare gli strumenti multimediali – oggi davvero stratosferici, rispetto a quelli dei tempi di Fantasia – per coinvolgerli emotivamente, ma anche razionalmente, nell’apprezzamento per l’arte musicale. Tutto sta ad inventare un modello di business sostenibile: possibile che tutte le teste d’uovo del marketing non ci arrivino?

Mi permetto di consigliare vivamente a tutti di ascoltare (almeno i primi 76’ di) questa fulminante dissertazione tenuta nel 1973 ad Harvard dal sommo Lenny Bernstein, che fa comprendere anche ad un neofita i segreti di questa musica. Lo stesso Bernstein qui ci guida alla scoperta dell'opera. E qui ce la fa ascoltare in tutta la sua gloria. Poi la insegna al pianoforte ad un giovine di belle speranze… Il quale, anni e anni dopo, a sua volta ce la racconta e dirige.

Da parte mia ripropongo un bigino derivato da un mio commento ad un’esecuzione di qualche anno fa qui in Auditorium.

Prestazione – è il minimo che si possa dire – stre-pi-to-sa dell’Orchestra, dal primo violino al… guiro. Merito ovviamente anche dell’eclettica Direttora, che ormai da anni mostra di saper padroneggiare questo mostro con autorità e sicurezza. Pubblico letteralmente in delirio!

01 ottobre, 2021

laVerdi 21-22. Concerto 1

Entrando in Auditorium, subito una confortante sorpresa: la sala è tornata normale! Le file di poltrone rimosse causa regole di distanziamento sono state rimesse al loro posto, grazie all’aumentata capienza ammessa per i teatri. E la presenza di pubblico è tornata ad essere quasi... normale. Speriamo davvero che i vaccini stiano facendo il loro dovere! E al pubblico la Presidente Ambra Redaelli ha voluto personalmente dare il ri-benvenuto nella casa de laVerdi, fra l’altro reduce da una meritoria operazione di transizione ecologica (sanificatori dell’aria ed elettricità da fotovoltaico). 

Bene. Dopo due appuntamenti mancati causa virus, finalmente Alondra de la Parra ha avuto il piacere (almeno così si spera, a giudicare dall'accoglienza ricevuta) di dirigere laVerdi nel primo concerto in abbonamento di questa prima tranche della stagione 21-22.

La simpatica 41enne, newyorkese di nascita ma di origine messicana (il nome non ha nulla a che vedere con la capitale britannica... è una variante di Alejandra ma è anche l’allodola) ha ormai una lunga carriera alle spalle ed è sempre più presente anche nelle sale da concerto europee (in Italia è già stata ospite di Santa Cecilia). 

Con lei il tenore tedesco (a dispetto del nome francese...) Julian Prégardien (suo compagno anche nella vita) che ha interpretato Mahler (Fahrenden Gesellen) e Ravel (Cinq mélodies): lo stesso accoppiamento già sperimentato in passato (qui a Copenhagen lo scorso anno). I due brani vocali erano incastonati in altrettanti brani strumentali (musiche da balletto) di ambientazione americana, di Copland (nord) e Milhaud (sud).

La serata si è quindi aperta con Aaron Copland e la sua Appalachian Spring Suite.

Si tratta di una - oggi la più eseguita - delle diverse musiche tratte dal Balletto per Martha del 1944: balletto composto appunto per la danzatrice e coreografa Martha Graham e strumentato per un ensemble di 13 esecutori (doppio quartetto d’archi, contrabbasso, pianoforte, flauto, clarinetto e fagotto). Qui il video di un’esecuzione del Balletto del 1958 trasmessa in televisione.

La trama e il titolo furono ispirati da due diverse fonti, e pure... contraddittorie: la prima da una raccolta di Edward Deming Andrews (A Gift to be Simple) di danze, canzoni e usanze delle comunità rurali di pionieri Shakers; da essa Copland citò in particolare il famoso Simple Gifts, musicato come tema con variazioni nell’Interludio. Il secondo (proposto dalla coreografa dedicataria dell’opera, che decise anche di ambientare la vicenda in Pennsylvania) da una poesia (The Dance) di Hart Crane, che magnifica una sorgente d’acqua (Spring) delle Appalachian Mountains, la lunga catena montuosa che occupa gran parte dell’Est degli USA, Pennsylvania compresa. Dove peraltro gli Shakers mai misero piede... L’altro significato di Spring - Primavera - torna poi comodo a caratterizzare l’ambientazione bucolica del brano.

Nel 1945 Copland produsse una prima versione della Suite, destinata ad una grande orchestra e costituita da circa il 75% delle musiche del balletto (24 su 32 minuti all’incirca) ottenuta tramite un grosso taglio - 3 delle 8 sezioni - prima della sezione finale, la ristrutturazione della sezione 4 (tema con variazioni, il Simple Gift) e altri piccoli tagli qua e là. Successivamente - nel 1954 su richiesta di Eugene Ormandy per la Philadelphia Orchestra - Copland realizzò una versione per grande orchestra della partitura dell’intero Balletto, ma lo fece in modo alquanto frettoloso ed abborracciato, prendendo come base la Suite (?!) e inserendovi, ristrumentati, i principali tagli del 1945.

Poi, nel 1970, Copland predispose la Suite con la strumentazione per 13 esecutori. Quest’ultima, pubblicata nel 1972, è la versione ormai quasi universalmente eseguita e registrata, ed è quella programmata in questo concerto. Copland lasciò però ai Direttori la libertà di estendere il numero di archi da 9 fino a 28 (8-8-6-4-2), ed è ciò che viene spesso fatto, come nel nostro caso, dove si è andati anche oltre, schierando 34 archi (2 violini primi, due celli e due bassi in più dei 28). Ecco una registrazione del brano diretto proprio da Alondra de la Parra a Francoforte con un ensemble di una trentina di esecutori.

La storia delle tante versioni (alcune assai poco authoritative) dell’opera è stata accuratamente ricostruita in recenti studi, come questo del 2017, o quest’altro, mentre recentissimamente la Copland-Foundation ha promosso l’edizione critica dell’intera opera, in particolare mettendo riparo all’inadeguatezza della versione del Balletto di Copland del 1954.

Più sotto una succinta guida all’ascolto della Suite, seguendo la citata registrazione della direttora messicana.

La quale ha uno stile assai sobrio, scevro da movenze appariscenti; dirige scandendo quasi scolasticamente, ma efficacemente, ogni tempo della battuta, ma soprattutto mostra di averne approfondito ogni dettaglio, agogico e dinamico: cosa emersa proprio in questo brano e poi in Mahler.
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É infatti arrivato subito dopo il compagno della Direttora per interpretare le quattro canzoni del 24enne boemo (1884) intitolate Lieder eines fahrenden Gesellen, canti di un... nomade, insomma. L’ibridazione di Lied e Sinfonia, tanto caratteristica del Mahler giovane (ma anche di quello maturo...) trova qui uno dei suoi primi e chiari esempi, con due melodie delle quattro canzoni che Mahler riprenderà pochi anni dopo per infilarle nel suo Poema Sinfonico (poi promosso a Sinfonia) ispirato al Titan.   

Prégardien ha messo in bella evidenza la sua voce chiara (mozartiana, si potrebbe dire) che bene si accorda con la strumentazione tersa e leggera di Schönberg, impiegata qui in luogo di quella originale mahleriana. Poi la direzione della compagna, assai curata nei dettagli, ha fatto il resto, così l’accoglienza del pubblico è stata più che calorosa.    
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Ancora il tenore tedesco per le Cinq mélodies populaires grecques di Maurice Ravel, originariamente composte (1904) per accompagnamento pianistico e successivamente orchestrate (1 e 5) da Ravel stesso e le altre da Manuel Rosenthal. Fu il poliedrico Michel-Dimitri Calvocoressi (francese di origine greca) a raccogliere queste canzoni e a tradurne i testi in francese.

Le tonalità delle canzoni sono raccolte in un solo tono pieno: SOL, SOL#=LAb e LA; le prime due sono in modo minore, le altre tre, in maggiore. I tempi si alternano con regolarità, fra il vivace e il lento. 

1. Chanson de la mariée (Canzone della sposa) 2/4 SOL minore, Modéré.

2. Là-bas, vers l'église (Laggiù, presso la chiesa) 2/4 SOL# minore, Andante.

3. Quel galant m'est comparable (Quale spasimante può starmi a pari) 2/4 SOL maggiore, Allegro.

4. Chanson des cueilleuses de lentisques (Canzone delle raccoglitrici di lentischio) 3/4 (2/4) LA maggiore, Lent.

5. Tout gai! (Tutto è allegro!) 2/4 LAb maggiore, Allegro.

Più sotto i testi delle cinque canzoni con la traduzione italiana e brevi note sulla loro struttura motivica.

Canzoni che sono delle miniature, non più di 8 minuti di musica, ma di natura assai godibile, di un Ravel ancora quasi ottocentesco, che il tenore tedesco ha presentato con grazia ed eleganza, meritandosi altri convinti applausi. 
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Ha chiuso la serata Le boeuf sur le toit (balletto-pantomima del 1919) di Darius Milhaud: anche qui possiamo apprezzare l’interpretazione che ne ha dato Alondra a Parigi nel 2015.

Curiosa la vicenda della nascita dell’opera: Milhaud era reduce da due anni trascorsi a Rio (in servizio civile al seguito del plenipotenziario Paul Claudel) e si era innamorato del paese sudamericano e della sua musica popolare. Al ritorno in Francia aveva quindi composto il brano, per violino e pianoforte, destinato a fare da colonna sonora ad un qualunque film (muto) di Charlie ChaplinIl bizzarro titolo lo aveva preso da una canzone brasiliana (O Boi no Telhado) ascoltata a Rio, forse durante un carnevale.

Poi fu Jean Cocteau a convincerlo a trasformare la musica, orchestrandola e facendone il supporto di un balletto moderno con una trama pur essa bizzarra assai, a partire dal sottotitolo, The nothing doing bar (Il bar del non far nulla). Vi compaiono diversi personaggi: ovviamente il Barman (col tema del ritornello del Rondò) poi una Signora russa, una Signora in decolletée, un Poliziotto, un Boxeur nero, un Bookmaker, un Signore in abito da cerimonia e un Nano nero che gioca al biliardo. La trama come detto è piuttosto demenziale, con decapitazione e resurrezione del Poliziotto al quale alla fine il Barman (responsabile dei misfatti) presenta un kilometrico conto.

É un quarto d’ora o giù di lì di musica accattivante (beh, col Brasile di mezzo ci vuol poco...) che però nasconde una complessa impalcatura strutturale, oltre che il ricorso a trucchi e innovazioni dell’epoca, tipo politonalità e simili arditezze. Quindi rimando a più sotto per altri dettagli sull’opera e una succinta guida all’ascolto della citata registrazione della Direttora mexicana.

Che ha confermato le sue qualità, meritandosi un autentico trionfo, applausi ritmati inclusi. Così lei e i ragazzi dell’orchestra (per questo brano cresciuta nell’organico fin quasi alla... normalità) ci hanno regalato come bis la ripresa del finale (dalla sezione dopo il Rondò 12) con il pubblico a scandire il ritmo con i battimani. 

Serata da incorniciare. 
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Note

Appalachian Spring.  

Contrariamente a quanto avveniva nell’800, dove le Suite dai balletti erano di norma una libera raccolta di numeri, senza alcun riferimento al soggetto dell’opera (la sequenza dei brani rispondeva caso mai a canoni estetici) questa di Copland è invece costituita dalla ripresa rigorosa della musica del Balletto (del quale quindi rispetta, per così dire, la trama) salvo l’espunzione di una parte ritenuta musicalmente ridondante e della ristrutturazione delle variazioni del Simple Gifts.

Qui una schematica tabella (derivata dal citato studio della Fondazione Copland) che mostra le strutture di Balletto e Suite:

Come si vede, a parte le sezioni espunte, per il resto le differenze si concentrano sul trattamento del Simple Gifts, ristrutturato nella sequenza e sottoposto a tagli e modifiche, principalmente per ragioni di concatenazione tonale (fra 4.4 e 4.5) legate proprio al grosso taglio delle sezioni 5-6-7. In totale, sulle meno di 980 battute del Balletto, i tagli nella Suite ammontano a 298 battute (circa il 30%) delle quali ben 219 sono dovute all’espunzione delle sezioni 5-6-7.

Veniamo quindi all’esecuzione di Alondra de la Parra, sulla base di alcuni commenti alla partitura forniti dello stesso Autore:

1. Prologo

12” Presentazione dei personaggi, uno a uno, in una luce soffusa.
Tonalità LA maggiore, Very slowly. Clarinetto e poi flauto espongono una dolce melopea, che introduce l’atmosfera bucolica del brano.

2. La valle dell’Eden

3’09” Sentimenti di esultanza e fede religiosa.
Siamo in Allegro, tonalità LA maggiore, poi (3’33”) DO maggiore e ancora (3’52”) LA maggiore e infine (4’28”) FA maggiore. Sentiamo (soprattutto da flauto e clarinetto) quelli che Mahler chiamava Naturlaute, suoni di natura, che evocano allegria e spensieratezza. Poi (5’20”) assumono un carattere più contemplativo e, appunto, religioso. È una classica atmosfera di pionieri che vivono a stretto contatto con la Natura e onorando il Creatore.

6’01” Duetto di sposa e promesso sposo. Scena di tenerezza e passioni.
Tempo Moderato, tonalità SIb maggiore. Dopo una breve introduzione degli archi che preparano il terreno, è il clarinetto (6’14”) ad esporre una melodia che richiama quella udita nell’Introduzione. Poi, improvvisamente (6’53”) gli archi attaccano una robusta melodia dal sapore atonale, interrotta dai fiati, dapprima (7’33”) con un passaggio in SOLb maggiore, poi (8’17”) da clarinetto e flauto con una nuova citazione dall’Introduzione, in MI maggiore e ancora (8’25”) in SI maggiore, ulteriormente sviluppata. Questa sezione dal sapore sentimentale è chiusa dagli archi e poi (9’25”) dal flauto.

9’36” L’Evangelista e i suoi seguaci. Sentimenti e danze popolari con suonatori di campagna.
Tempo Fast e tonalità SI maggiore, con frequenti modulazioni. Clarinetto e flauto sono i protagonisti di questa sezione, scatenandosi in impertinenti svolazzi, accompagnati qua e là dall’orchestra e supportati nel ritmo dal pianoforte. La tonalità svaria (10’03”) a MI maggiore, poi torna (10’35”) a SI maggiore, quindi passa (10’41”) a FA# maggiore e ancora (10’46”) a RE maggiore, dove torna (11’29”) dopo una digressione (11’22”) a FA maggiore. Altro stacco di tonalità (12’07”) a MI maggiore e tempo rallentato, dove torna (12’59”) il motivo dell’Introduzione, che chiude questa brillante sezione del brano.

3. Festa di sposalizio

13’11” Danza della sposa. Annuncio di maternità. Gioia, timore e stupore.
Tempo Allegro e tonalità MIb maggiore, ritmo spiccatamente sincopato. La tonalità subitaneamente muta (13’25”) a DO maggiore, dove gli archi espongono un motivo brillante che ricorda vagamente la seconda sezione del brano. Motivo che prolunga assai la sua presenza, con fugaci modulazioni e momentanei arresti. Il flauto (16’14”) attacca una sezione assai lenta, ricordando ancora il languido motivo dell’Introduzione. Una nuova modulazione (16’49”) a MI maggiore porta alla tranquilla cadenza conclusiva, sul SI del fagotto.

17’17” Transizione
Tempo Slow, tonalità LAb maggiore. La tonalità repentinamente passa a LAb maggiore, per queste 20 battute, ancora ispirate all’atmosfera dell’Introduzione, che preparano l’arrivo del famoso Simple Gift.

4. Interludio: scene di vita

18’36” Scene di vita quotidiana della sposa e del marito agricoltore. Cinque variazioni su un tema Shaker (The gift to be simple).
Il tema (soggetto a e controsoggetto b) è esposto in LAb maggiore. A 19’05” ecco la Variaz1one 1 in SOLb maggiore; poi (19’30”) la Variazione 4 del Balletto (viole e celli, poi violini) trasposta da LA maggiore nella tonalità della precedente. A 20’06” fa una fugacissima comparsa la Variazione 2 del Balletto, che già era assai succinta nell’originale e che ora viene ulteriormente ridotta da 20 a 6 battute di modulazione a DO maggiore. Qui (20’14”) ritroviamo la Variazione 3 del Balletto, assai veloce e modificata nella sezione conclusiva (20’36”) che rallenta assai e si ricollega così direttamente (20’56”) alla Variazione 5, assai enfatica e retorica.

5. Il giorno del Signore

21’35” La sposa si siede fra i vicini. La coppia viene lasciata sola, tranquilla e forte nella sua nuova dimora. Sommesso canto corale.
Tempo Moderato, tonalità DO maggiore. Una lenta e nobile melodia degli archi corona degnamente questa giornata di festa. Il flauto (23’28”) intona ancora, ripetutamente e religiosamente, il motivo dell’Introduzione. Poi il clarinetto introduce la cadenza conclusiva, che va a morire su un dimesso accordo politonale, dove al DO maggiore si sovrappone il SOL maggiore (con il SI e il RE dei violini).
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Cinq mélodies populaires grecques

La struttura motivica delle canzoni è la seguente (si confronti con il testo):

1. Chanson de la mariée: aa-bb’bb’ / aa-bb’bb’.
2. Là-bas, vers l'église: abcc / abcc.
3. Quel galant m'est comparable: abcc’d / abcc’d.
4. Chanson des cueilleuses de lentisques: abcd / a’bcd’. (quarta aumentata)
5. Tout gai!: abb’c / a’bb’c.  

Testi delle canzoni:

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Le boeuf sur le toit. 

Come detto, la struttura del brano è tutt’altro che naif; al contrario, presenta aspetti che la assimilano ad una costruzione ingegneristica! Si tratta di un Rondò, con 3 cicli in ciascuno dei quali il ritornello (unico motivo di invenzione di Milhaud) compare 4 volte, più una ricapitolazione e coda dove il ritornello compare 3 volte, per un totale di 15 ritorni!

Gli altri motivi (ben 28!) sono mutuati da canzoni brasiliane di autori noti o sconosciuti. Un’altra peculiare particolarità del brano è la sua progressione tonale, che si muove su cicli di tre terze minori ascendenti (altrettante settime diminuite):

1. DO-MIb-SOLb-LA
2. SOL-SIb-REb-MI
3. RE-FA-LAb-SI
4. LA-DO   

Come si può notare, nei quattro cicli (la cui tonalità iniziale si muove sul circolo delle quinte DO-SOL-RE-LA) si esplorano tutte le 12 tonalità della scala cromatica.

Ecco qui una tabella riassuntiva che mostra la struttura completa del brano, con i riferimenti alle sezioni del balletto.

Seguiamo quindi la musica diretta da Alondra de la Parra:

Ciclo 1

       23” Rondò 1 DO maggiore
          39” Entrata dei Neri DO minore > MIb maggiore
   
   1’20” Rondò 2 MIb maggiore
      1’33” Entrata delle Signore MIb minore > SOLb maggiore
   
   2’13” Rondò 3 SOLb maggiore
      2’27” Entrata dei Signori FA# minore > LA maggiore
  
   3’15” Rondò 4 LA maggiore
      3’28” Entrata dei Signori LA maggiore > SOL maggiore

Ciclo 2

   4’22” Rondò 5 SOL maggiore
      4’39” Caduta del nero SOL minore
      5’02” Danza del Bookmaker SIb maggiore
  
   5’36” Rondò 6 SIb maggiore
      5’52” Tango delle due Signore SIb minore
      6’58” Fischio della polizia REb maggiore
   
   7’13” Rondò 7 REb maggiore
      7’25” Entrata del Poliziotto MI maggiore
   
   8’13” Rondò 8 MI maggiore
      8’28” Danza del Poliziotto MI maggiore > RE maggiore

Ciclo 3

10’20” Rondò 9 RE maggiore
   10’35” Morte del poliziotto RE minore
   11’18” Danza del Negretto FA maggiore

11’55” Rondò 10 FA maggiore
   12’10” Danza di Salomè FA minore > LAb maggiore

13’05” Rondò 11 LAb maggiore
   13’17” Uscita di alcuni avventori LAb minore > SI maggiore

14’34” Rondò 12 SI maggiore
   14’45” Uscita degli altri avventori SI maggiore > LA maggiore           

Ricapitolazione

16’07” Rondò 13 LA maggiore
   16’23” Resurrezione del Poliziotto LA minore > DO maggiore

17’04” Rondò 14 DO maggiore

Coda

17’31” Rondò 15 DO maggiore
   17’37” Il Barman presenta il conto al Poliziotto DO maggiore
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