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24 febbraio, 2022

Il Conte cala la Donna di Picche

Ieri sera è quindi andata in scena la prima della Pikovaya Dama di Ciajkovski, in un Piermarini non proprio preso d’assalto (che sia già l’effetto delle sanzioni contro il simpatico Putin?) ma ben disposto verso questo prodotto della Russia zarista, che noi occidentali cercavamo invano di conquistare militarmente proprio mentre lei faceva di tutto per adottare (e addirittura in... meglio) i nostri costumi.

Come dimostra anche il soggetto dell’opera, ambientato in una Russia (quella di chi se lo poteva permettere, ovviamente) più parigina di Parigi, dove l’opera è in parte (nei flash-back) ambientata e dove la Contessa parla (canta) in francese versi che persino nel libretto non sono stampati in cirillico, ma in alfabeto latino!

Графиня

Полно врать вам! Надоели!..

Я устала... Мочи нет...
Не хочу я спать в постели!

(Ее усаживают в кресло и обкладывают подушками.)

Ах, постыл мне этот свет.
Ну, времена! Повеселиться толком не умеют.
Что за манеры! Что за тон!
И не глядела бы...
Ни танцевать, ни петь не знают!
Кто дансёрки? Кто поет? девчонки!
А бывало: кто танцевал? Кто пел?
Le duc d’Orléans, le duc d’Ayen, le duc de Coigny..
La comtesse d’Estrades, la duchesse de Brancas...

Какие имена! и даже, иногда, сама маркиза Пампадур!
При них я и певала... Le duc de la Vallière
Хвалил меня. Раз, помню, в Chantylly, y Prince de Condé
Король меня слыхал! Я как теперь все вижу...

Je crains de lui parler la nuit,
J’ecoute trop tout ce qu’il dit;
Il me dit: je vous aime, et je sens malgré moi,
Je sens mon coeur qui bat, qui bat...
Ja ne sais pas pourquoi...


Visto che mi son messo in...politica, dirò subito che la squadra canora (Direttore in testa, Coro escluso) di questa produzione pare venire dalla vecchia URSS: ci sono, oltre la grande madre, rappresentanti dell'Ukraina, appunto, poi delle repubbliche baltiche, della Moldova e dell'Uzbekistan. Ecco, l'Arte sembra refrattaria anche ai più grandi sconvolgimenti politici!


Adesso spiego subito il titolo del post, dandone tutto il merito al regista Matthias Hartmann, unico, con i suoi collaboratori, ad aver ricevuto vivacissime quanto incomprensibili contestazioni. Lui ha scelto come filo conduttore del suo spettacolo la presenza in scena della figura del Conte di SaintGermain: lo si vede all’inizio (racconto di Tomskij) alle prese con la Contessa giovane, poi diventa il Maestro di cerimonia alla festa del second’Atto, al termine della quale riceve la... Zarina (Contessa travestita?) Compare poi nella scena-madre del confronto fra Hermann e la Contessa e infine - qui sta il colpo di genio del regista - emerge dal centro del tavolo circolare dell’ultima scena per sfilare da sotto il naso di Hermann l’Asso promesso (e pure pescato dal poveraccio) per sostituirlo con la famigerata, funesta e perdente Donna di Picche! Chapeau!


E visto che sono sulla regìa, dirò anche che qualche censura (ma veniale) per me se la meriterebbe: alludo alle scene troppo spesso popolate da... neon (la primissima - una straordinaria giornata primaverile nel libretto -  è incomprensibilmente buia, per di più in un luogo spettrale popolato da bambinaie tutte vestite a lutto...) Tuttavia il rispetto meticoloso del libretto nel trattamento dei personaggi va ascritto pienamente a merito del regista.
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Vengo ai suoni. Qui il livello medio mi è parso più che apprezzabile. Najmiddin Mavlyanov è un Hermann convincente nel canto: voce di tenore spinto, non proprio... eroico, ma che mi pare assai tagliata sul personaggio, che alterna slanci arditi a momenti di languido abbandono o di inconscio terrore; così come nel portamento scenico, che ben descrive la traiettoria curvilinea compiuta dalla sua psiche: dalla rettitudine e dall’amore sincero alla sbandata per le tre-carte e infine al pentimento che chiude la sua esistenza.    

Asmik Grigorian l’abbiamo già conosciuta qui, in particolare nel personaggio di Marietta, e non ha tradito le attese: una Liza praticamente perfetta, con tutte le caratteristiche della sua personalità dapprima insicura, poi determinata nel perseguire la sua felicità, distrutta dalla rivelazione che l’amore di Hermann aveva cambiato... carta e infine determinata a chiudere un’esistenza ormai divenuta invivibile. Tutto ciò benissimo incarnatosi nel suo canto sostenuto da una voce lirica ma capace anche di scatti drammatici.

Il terzo vertice del triangolo (Elezkij) è impersonato da Alexey Markov, che mi è parso efficace soprattutto nelle scene più... romantiche (vedi la sua aria del second’Atto) cantate a fior di labbra, mentre qualche ingolamento ha mostrato nei passaggi più spinti della sua parte.  

In tema di baritoni, benissimo ha fatto Roman Burdenko, voce robusta, ottimamente impostata e assolutamente calzante a questo personaggio (Tomskij) che coniuga le caratteristiche del gaudente a quelle dell’esperto uomo di mondo.   

Julia Gertseva (era stata Pauline nel 2004 con Temirkanov) è una splendida Contessa, che ha proprio incantato nel suo onirico soliloquio russo-francese che precede la sua morte, ma ha fatto benissimo anche la parte del fantasma che annuncia a Hermann le tre carte.

E a proposito di Pauline, Elena Maximova si è fatta apprezzare nel duetto con Liza e soprattutto nella lacrimevole romanza che lo segue: voce non proprio corposissima, ma che per questo personaggio... basta e avanza.

Il suo dovere ha fatto Olga Savova nell’arioso della Governante, così come Yevgeny Akimov, un Cekalinskij simpaticamente brillante e vanesio.

Tutti gli altri interpreti mi sento di accomunarli in un positivo giudizio; cito solo un nome, guarda caso... ukraino, quello di Olga Syniakova, che ha una parte magari limitata (Milovzor-Chloe) ma che mi ha davvero impressionato, per il bel timbro mezzosopranile e la perfetta impostazione della voce: credo proprio ne risentiremo parlare.

Lode piena ai Cori di Alberto Malazzi: solo un nativo russo potrà giudicarne la correttezza della pronuncia, ma un fatto è certo, tutti, piccoli in testa, sono stati praticamente perfetti.

Lascio da ultimo (...but not least) il sommo Valery Gergiev: lui non usa la bacchetta perchè in realtà ne possiede... dieci, innestate sul palmo delle sue mani. Lo sfarfallio delle sue dita detta il tempo, le dinamiche, l’espressione e ogni altra indicazione da trasmettere a strumenti e voci. E poi, lui è stato... allattato con questo repertorio, e i risultati si vedono.
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Tirando le somme: dopo la pregevole Thaïs ecco un’altra proposta scaligera da promuovere a pieni voti.

22 febbraio, 2022

La Scala si trasforma in una bisca (2)

L’opera si articola su tre Atti e 7 Quadri (2+2+3) preceduti da una breve Introduzione strumentale. Proviamo a seguire la musica affidandoci ad un interprete di indiscussa autorità: un ancor giovane (1992) Valery Gergiev, che sarà anche sul podio scaligero nei prossimi giorni. Aggiungo, per non passare per plagiaro, di aver preso spunto per questa panoramica da una preziosa pubblicazione de L’Avant-Scène Opéra.

Introduzione. Presenta alcuni dei temi dell’opera, legati ai principali personaggi (Contessa, Liza, Hermann). Dapprima ecco temi riferibili alla Contessa: 2’56” (viene dall’attacco della Quinta Sinfonia); 4’15” (la perdita al gioco) e 4’45” (l‘ineluttabilità del destino). Poi (5’19”) ecco il tema amoroso (vedi Romeo&Giulietta, Francesca da Rimini...) legato a Liza, che sfocia (5’43”) in quello della passione di Hermann (proprio come accadrà nella scena del loro incontro notturno.

Atto I - Quadro I. Giardino d’Estate a Pietroburgo.

7’06” N°1 Coro di bambini. Scena di innocente allegria, con i piccoli che, sotto gli occhi delle governanti, giocano a fare i militari (esplicito richiamo al primo atto di Carmen).

12’07” N°2 Scena e Arioso di Hermann. Cekalinskij e Surin scambiano impressioni sulla serata precedente e parlano di Hermann, della sua umile origine e della sua recente depressione. 13’02” Preceduto da un tema (nel violoncello) che lo caratterizzerà nel seguito, arriva appunto Hermann con Tomskij, che gli chiede conto (13’33”) del suo stato d’animo abbattuto. Inizia qui (14’20”) l’arioso di Hermann, che confessa di essere innamorato di una sconosciuta a lui inaccessibile. A Tomskij (17’42”) che gli consiglia pragmaticamente di farsi avanti e chiederne la mano, Hermann (18’17”) risponde di non avere più la forza d’animo per reagire alla sua condizione disperata. 19’01” Tomskij se ne va rassegnato, mentre il luogo torna ad animarsi.

19’20” N°3 Coro e Scena. Donne e uomini, giovani e anziani, tutti cantano la bella giornata primaverile, che non si vedeva da un pezzo e chissà mai quando si rivedrà.

21’06” Hermann e Tomskij rientrano in scena, l’amico prova ancora ad incoraggiarlo, ma Hermann (21’06”) canta sempre la sua disperazione e la sua volontà di suicidio!

22’00” Entra ora in scena il Principe Eletskij, che confida a Tomskij, Cekalinskij e Surin di essere fidanzato e felice. Nasce qui (22’49”) un particolare duetto a distanza fra Eletskij e Hermann, che esternano i rispettivi stati d’animo: quello inebriato del Principe, e quello sempre più tetro di Hermann. 24’00” Tomskij chiede al Principe chi sia la sua promessa sposa. E lei sta proprio sopraggiungendo, con la nonna Contessa (accompagnata dal suo tema martellante udito nell’Introduzione).

24’10” Hermann si dispera: è proprio Liza, il suo idolo, la fidanzata del Principe! A loro volta, Liza e la nonna sembrano turbate dalla vista di Hermann.

24’26” N°4 Quintetto e Scena. Ne sono protagonisti Liza, la Contessa, Hermann, il Principe e Tomskij. Ciascuno di loro esterna i propri diversi sentimenti: Liza e la Contessa il turbamento nel trovarsi ancora di fronte quello strano e misterioso individuo (Hermann, che evidentemente non stanno incontrando per la prima volta). Hermann, che è similmente impaurito di fronte a quella vecchia, che già ha evidentemente visto, ma della quale ignora tutto. Il Principe, che non sa spiegarsi il turbamento della fidanzata e sospetta chissà quali disgrazie. E infine Tomskij, che osserva le reazioni dei quattro e in particolare quella di Hermann e di Liza, che ora paiono in preda al terrore!

25’42” Tomskij cerca di rasserenare l’atmosfera, omaggiando la Contessa ed assicurandole che Hermann è suo amico. Lei non si fida e se va accompagnata dal suo protervo tema. 26’21” A sua volta il Principe Eletskij cerca di riportare Liza alla calma, magnificando le bellezze della natura, così rigogliosa davanti a loro. 26’56” Di tutt’altro stato d’animo è Hermann, che ormai augura sventure e lutti al Principe rivale.

27’16” N°5 Scena e Ballata. Uscita la contessa, Tomskij rivela agli amici Surin e Cekalinskij (ma anche Hermann sente tutto) la trascorsa vita della Dama-di-Picche, ed in particolare le sue avventure parigine. 27’59” Così narra della passione per il gioco, della perdita di tutto e dell’incontro con SaintGermain che, in cambio di un rendez-vous, le svelò il segreto delle tre carte che le permise di rivincere tutto il perduto. Lei rivelò il segreto al marito, e poi ad un bel giovane che si intrattenne con lei. Quella stessa notte uno spirito le apparve predicendole la fine il giorno in cui un terzo amante si sarebbe fatto vivo per avere il segreto. Nel corso della ballata si odono distintamente i primi due temi della Contessa apparsi fin dall’Introduzione: 28’58 (Una volta a Versailles); 29’26” (O Dio, O Dio!); da qui nasce poi il motivo delle tre-carte che tornerà più volte nel seguito, costituito da salite cromatiche (carta1-2-3) seguite dal tema che accompagnava l’ingresso di Hermann (ormai tre carte e Hermann saranno inscindibilmente connessi).    

32’54” N°6 Scena finale. Cekalinskij e Surin sembrano sarcasticamente impressionati al racconto, e ne approfittano per esortare Hermann ad approfittare dell’occasione!

33’35” Improvvisamente si avvicina un temporale e la gente fugge per mettersi al riparo.  

34’33” Hermann altrettanto improvvisamente ha rimosso ogni paura ed è pronto al tutto-per-tutto. Per quale obiettivo? Per mezzo di quelle maledette tre carte (il cui tema accompagna il suo canto) togliere Liza dalle grinfie del Principe!

Atto I - Quadro II. La stanza di Liza. Si passa dall’aria aperta all’intimità di una camera dove Liza e l’amica Pauline (presenti altre amiche) si dilettano a cantare accompagnandosi con il clavicembalo.

36’48” N°7 duetto. Dapprima ecco un testo (di Vasili Jukovski) che Liza e Pauline cantano insieme, su una melodia di sapore (anche... letteralmente) crepuscolare. 39’50” Tutte le fanciulle applaudono, apprezzano e chiedono altra musica. Così Liza invita Pauline a cantare.

40’46” N°8 Scena, Romanza e Canzone russa con coro. Pauline intona una romanza dal contenuto francamente triste (e persino premonitore per Liza, nella circostanza). 44’41” Pauline comprende di aver fatto una scelta inappropriata e se ne scusa con Liza, così si decide (45’35”) di cantare e ballare un’allegra canzone russa.

46’17” N°9 Scena e arioso. L’atmosfera è rotta dal brusco intervento della Governante, che ammonisce le ragazze a comportarsi secondo l’etichetta e non secondo volgari usanze russe!   

48’00” N°10 Scena finale. Uscite le amiche con la Governante, Pauline chiede a Liza ragione della sua tristezza, quasi minacciandola di riferirne al Principe. Liza congeda lei e la cameriera Maša e poi (50’35”) si mette in ascolto della... notte.

52’06” Liza attacca la sua aria piangendo e chiedendosi Perchè queste lacrime: le sembrava di aver raggiunto la felicità, e invece qualcosa la turba. 53’18” Ancora un richiamo, quasi un’implorazione: Ascoltami, notte.

54’27” Hermann è entrato dal balcone e sta di fronte a lei. Lui estrae una pistola e le comunica la sua intenzione di morire, se non potrà avere il suo amore. Le chiede almeno un momento di intimità e un gesto di compassione. 56’33” Mentre in orchestra nasce il tema di Liza udito nell’Introduzione, Hermann ripete che non può accettare che lei sia di un altro. 57’20” Ora il tema di Liza sfocia (come nell’Introduzione) in quello di Hermann, e il giovane le ripete che non può vivere un giorno di più se lei gli rimane estranea. Poi le chiede di poter godere accanto a lei almeno quel momento magico, nel silenzio della notte.

59’12” All’insistenza di Liza, che lo supplica di andarsene, Hermann adesso pare cambiar tono, abbandona le minacce di suicidio, le chiede perdono e invoca da lei pietà e compassione. Proprio mentre spuntano alcune lacrime negli occhi di lei e lui le bacia le mani, ecco (1h01’54”) l’intrusione della Contessa, annunciata dal suo tema del destino. Hermann si nasconde sul balcone, mentre la nonna impone a Liza di andarsene subito a letto.

1h03’38” Hermann rientra dal balcone, profondamente turbato, e ripete quasi in trance la profezia del terzo amante e delle tre carte. Poi (1h04’13”) si rivolge a Liza, dapprima dichiarandole la sua intenzione di vivere, poi tornando a minacciare di togliersi la vita se non potrà averla. Il tema di Liza serpeggia in orchestra, mentre la ragazza lentamente cede. E sulle parole Abbiate pietà (1h05’48”) è il tema di Hermann ad esplodere negli archi, a farci capire che Liza ormai ha deciso, ma ancora non esterna la sua decisione.

Hermann fa per lasciarla, e allora (1h06’26”) è lei a trattenerlo, chiedendogli di vivere. Mentre il suo tema adesso ribolle in orchestra, i due si abbandonano ad un lungo abbraccio. 

Atto II - Quadro III. Palazzo nobiliare. Grande ballo mascherato.

1h08’08” N°11 Entr’acte e Coro. Pomposa introduzione strumentale, nello stile settecentesco. 1h09’58” Coro che inneggia alla felicità e al benessere (testo di Gavriil Deržavin).

1h11’59” N°12 Scena e aria del Principe. Dopo che il maggiordomo ha invitato gli ospiti per i fuochi d’artificio, gli amiconi Cekalinskij, Surin e Tomskij spettegolano ancora su Hermann: chi sostenendo che ha perso la testa perchè innamorato; Tomskij invece è sicuro che il problema siano le... tre carte.

1h13’22” Alla festa sono presenti anche Liza e il Principe Eletskij: lui avverte il disagio della giovane (il suo tema sembra avvizzito) e cerca di rincuorarla, ma lei chiede di esser lasciata sola. 1h14’25” Al che il Principe attacca la sua celebre aria Io vi amo... una nobile implorazione alla fidanzata, piena di consapevolezza per lo stato d’animo di Liza, ma anche di totale disponibilità ad essere comunque al suo fianco, anche solo come amico. Poi conclude di esser pronto, per lei, subito, anche ad un gesto eroico (?!)

1h18’17” N°13 Scena. Ecco Hermann, sempre attanagliato dal dualismo Liza-trecarte: sente di impazzire, ripete a se stesso che con le tre carte (il cui tema sorge in orchestra) lui potrebbe fuggire in capo al mondo con Liza (ma qui a farsi udire è il tema della Contessa!)

1h19’36” Ripassano Cekalinskij e Surin, canzonando ancora Hermann con la profezia del terzo amante e la litania delle tre carte. Il poveraccio non fa che ripetere di sentirsi pazzo. 1h20’42” Il maggiordomo invita tutti a... teatro per lo spettacolo...

N°14 Intermezzo - Sincerità di pastore.

1h20’54” A) Coro dei pastorelli. L’introduzione strumentale prepara l’ingresso (1h22’10”) del coro dei pastorelli, che si presentano al pubblico.

1h23’20” B) Danza di pastorelli e pastorelle. Sarabanda.

1h25’50” C) Duetto Priliepa-Milovzor (Dafnis e Chloe). I due motivi del duetto sono presi di peso da Mozart (secondo tema dell’Allegro Maestoso del K503 e secondo tema dell’Allegro del K406).

1h29’05” D) Finale. Arriva anche Zlatogor (Pluto) a portare ricchi doni, per procacciarsi l’amore di Chloe. É introdotto da un motivo che Ciajkovski ha mutuato da un oscuro compositore russo, Dmitrij Bortnjanskij (opera Le Fils-Rival ou La Moderne Stratonice). Il vecchio depravato però non ha successo, e i due innamorati gli danno il ben servito. 

1h32’56” Riprende e si conclude il duetto Dafnis-Chloe, suggellato (1h33’28”) dal coro di pastorelli e pastorelle.

1h36’29” N°15 Scena finale. Hermann continua a rimuginare la profezia del terzo amante della Contessa, che in quel momento gli passa vicino e lo fissa intensamente. Anche Surian lo stuzzica di nuovo, indicandogliela. Lui ne rimane sconvolto, si sente maledetto dagli uomini. 1h37’44” Arriva Liza, che lui accoglie con grande sollievo, rinnovandole i suoi sentimenti di amore. Lei però si limita a consegnargli una chiave che gli permetterà di arrivare da lei, passando per la camera della nonna. Ha deciso di fuggire con lui l’indomani, ma lui anticipa tutto a quella sera stessa. Così - pensa - finalmente avrà il segreto delle tre carte (e il tema della Contessa imperversa in orchestra).

1h39’10” Il maggiordomo annuncia l’arrivo della Zarina. Gli invitati si rallegrano e si preparano esultanti ad accoglierla. 1h40’07” Il coro che acclama la Zarina è mutuato da Ossip Kozlovski, compositore vissuto fra il ‘700 e l’800, che nel 1791 aveva dedicato una polacca alla vittoria russa sui turchi.

Atto II - Quadro IV. La camera della Contessa.

1h42’10” N° 16. Scena e Coro. Il preludio strumentale (soli archi divisi, con ostinato di viole) serve ad evocare l’atmosfera cupa, per non dire rabbrividente, del luogo dove Hermann si è introdotto. Lo caratterizza un motivo opprimente, che forse descrive anche lo stato d’animo del giovane, davanti ad una prospettiva non proprio rassicurante. 1h44’30” Davanti al ritratto della Contessa, Hermann ha un presentimento: uno di loro due morirà per mano dell’altro/a. Ma lui è deciso a tutto e si prepara al confronto con la terribile avversaria.

1h47’44” Ecco la Contessa che arriva con il seguito di accompagnatrici e serve.

1h48’58” Ed ecco arrivare anche Liza, che mette al corrente la cameriera Maša della sua relazione con Hermann, che dovrebbe arrivare fra poco.

1h50’58” La Contessa sembra infastidita da tutte le attenzioni delle donne e si abbandona ai ricordi di gioventù, a Parigi. Sorge in orchestra un tema che stranamente (o no?) richiama il Caro nome di verdiana memoria...

1h54’11” Adesso, in lingua francese, su una melodia settecentesca, ricorda una voce che le parla nella notte e le dice ti amo e le fa battere il cuore (è il terzo amante della misteriosa premonizione di Tomskij?)

1h56’17” Adesso caccia via tutte le donne; poi, sul ritorno reiterato nei legni e quindi nei archi del... Caro nome, torna a ricordare la voce che le sussurra nottetempo ti amo...

1h59’28” N° 17. Scena finale. Hermann (è ancora il primo tema udito nell’introduzione a farsi largo) si presenta davanti alla Contessa cercando innanzitutto di tranquillizzarla. Poi (2h01’46”) le fa quasi una dichiarazione d’amore sperando di ottenerne in cambio il segreto. Infine, di fronte al mutismo totale della donna (2h03’46”) perde completamente l’autocontrollo, estrae una pistola e la minaccia, provocandone la morte da colpo apoplettico. Non gli resta che disperarsi per aver mancato l’obiettivo!

2h05’54” Adesso accorre Liza che scopre l’amara verità: Hermann non era lì per lei, ma per il segreto! Gli dà dell’assassino e lo scaccia via.

Atto III - Quadro V. La stanza di Hermann in caserma. Notte di luna e vento forte.

2h08’08” N° 18. Entr’acte e Scena. Si ode in orchestra un corale ortodosso (Innalzerò la mia preghiera al Signore) rotto da squilli di tromba, contrappuntati dal Kyrie Eleison di tromboni e corni. A 2h10’01” subentra in archi e oboe un tema implorante ma agitato che poi fa posto al ritorno del corale e delle strombazzate.

2h12’11” Hermann legge una lettera di Liza. Lo vuol perdonare e gli chiede un incontro entro mezzanotte sulla riva del canale. Lui è un uomo distrutto, avvilito, non si dà pace, vorrebbe poter dimenticare tutto. 2h13’50” Torna il tema implorante dell’Entr’acte, mentre si ode da lontano un coro che canta il corale ortodosso. Hermann rivede quasi allucinato i funerali della Contessa, quando salì a guardare la salma, che gli oppose un ghigno beffardo!

2h15’19” N° 19. Scena. Qualcuno bussa alla finestra. Hermann è terrorizzato. Ribussano. Lui corre per sbarrare la porta, ma si trova davanti (2h16’30”) il fantasma della Contessa!

2h17’02” Il tema delle tre carte ha accompagnato l’arrivo del fantasma, che comunica ad Hermann di essere lì perchè comandata a farlo. Gli impone di sposare Liza e poi scandisce, due volte, la serie delle tre carte: Tre, Sette, Asso. Poi sparisce nel nulla.

2h18’18” Hermann passa dal terrore ad una gioia ebete e ripete balbettando i nomi delle carte magiche.

Atto III - Quadro VI. Presso un canale, la notte stessa.

2h19’19” N° 20. Scena e Arioso di Liza. L’introduzione strumentale presenta il motivo conduttore di questo quadro: tutto carico di amarezza e rassegnazione.

2h20’17” Liza arriva nel luogo indicato a Hermann e lo attende ansiosa. Non può credere che lui sia davvero un assassino, pensa sia vittima di circostanze avverse.

2h21’35” (arioso-a) Poi si dispera: la vita improvvisamente, da felice e serena si è trasformata in un inferno, colma di dolore e infelicità.

2h24’52” N° 21. Scena e Duetto. In realtà la scena comprende una seconda parte del precedente arioso, prima dell’arrivo di Hermann. Liza comincia a perdere la fiducia, pensa che Hermann sia davvero un assassino. L’orologio della torre batte le ore e ancora Hermann non arriva.

2h26’04” (arioso-b) Adesso Liza è davvero disperata, convinta di essersi consegnata corpo ed anima ad un criminale, maledetta per sempre. 2h27’20” Sta per andarsene quando sopraggiunge Hermann. Lei torna a vivere, si abbracciano.

2h28’11” (duetto) In questa prima parte i due si abbandonano alla felicità di essersi ritrovati, di poter dimenticare gli affanni e le preoccupazioni. La melodia che sostiene l’intrecciarsi delle loro esternazioni è dolce e cullante, come si addice alla circostanza,

2h29’29” Ma ora accade (almeno per Liza) l’imprevisto. Lui le dice che non c’è tempo da perdere, che devono fuggire. Lei gli risponde, tutta eccitata, di esser pronta a seguirlo anche in capo al mondo!

2h29’50” E invece scopre dalle parole di Hermann che la loro destinazione è... la casa da gioco! Il dolce incontro d’amore si trasforma, anche musicalmente, in uno scontro disperato fra due persone che non hanno più nulla in comune. Perchè in lui l’amore ha lasciato il posto ad un’ossessione. Così le racconta della visita del fantasma che gli ha finalmente rivelato il segreto, per cui ora ci sono montagne d’oro che lo attendono.

2h31’21” Liza (ri-)scopre la tremenda verità: lei si è affidata ad un assassino. L’ultima parte del duetto vero e proprio vede i due esternare contemporaneamente due stati d’animo stellarmente distanti: lei disperata per aver messo la sua vita e il suo futuro nelle mani di un criminale; lui bestialmente euforico per aver conquistato, anche a prezzo di un omicidio, l’oggetto della sua ossessione.

2h32’20” Qui ha inizio la parte finale dell’incontro fra i due: lei che cerca ancora disperatamente di trattenerlo e farlo rinsavire; lui che è ormai schiavo della sua ossessione (i temi delle tre carte e della Contessa lo accompagnano in orchestra) fino ad arrivare a ripudiare la donna amata, divenuta ora un ostacolo da togliere di mezzo. 

2h33’07” A Liza non resta che prendere atto che Hermann (e con lui il suo amore) è morto, morto... Mentre in orchestra ora esplode in forma proterva il motivo presentato mestamente nell’Introduzione, Liza va a gettarsi nelle gelide acque della Neva.

Atto III - Quadro VII. Una casa da gioco.

2h34’10” N° 22. Coro e Scena. Tipica atmosfera da carpe-diem (per chi se lo può permettere...) accompagnata da musica di circostanza, frivola quanto irresponsabile.

2h35’43” I soliti amiconi giocatori incalliti (Surin, Caplitskij, Narumov e Cekalinskij) sono al tavolo di... lavoro. 2h35’56" Arriva anche il Principe Eletskij, la qual cosa sorprende Tomskij, meravigliato di vederlo in quel luogo, che il Principe normalmente evita. La spiegazione di Eletskij è semplice e convenzionale (quanto insincera): pensa di vincere al gioco, essendo sfortunato in amore (in realtà cerca vendetta su Hermann). E annuncia la rottura del fidanzamento con Liza. 2h36’58" Cekalinskij e poi tutti invitano Tomskij, che si schermisce, a cantare.

2h37’28” Tomskij alla fine canta un paio di strofe allusive (fanciulle, uccelli e rami robusti...) su un testo di Deržavin, accompagnato dai compagni. Che poi decidono di esibirsi in una canzone dedicata al gioco.

2h40’08” N° 23. Canzone e Coro. I versi della canzone sono presi, con qualche aggiustamento, da quei dodici posti da Pushkin in testa al suo racconto. La musica richiama il folklore tipicamente russo.

2h41’26” N° 24. Scena finale. Le giocate (e le bevute...) riprendono fino a quando non arriva anche Hermann (2h41’26”) che il Principe squadra come lo stesse aspettando; e gli altri amici, al solito, canzonano.

2h42’29” Hermann va subito al sodo (si ode il tema della Contessa) e chiede di puntare su una sola carta. Tutti commentano con piacere la sua richiesta e Cekalinskij accetta la sfida, domandandogli qual’è l’ammontare della posta. 40.000 risponde Hermann, fra lo stupore, l’incredulità e il sospetto generale (ma del Principe in particolare) mentre si odono i temi della minaccia e della Contessa. Hermann dichiara la carta, il tre; Cekalinskij cala le sue: il tre vince. Perplessità dei presenti, mentre Hermann chiede di continuare il gioco. 2h43’58” Cekalinskij accetta ancora la sfida. Hermann dichiara il sette, e rivince, fra lo stupore di tutti.

2h44’50” Hermann, evidentemente turbato, canta ora un autentico inno nichilista alla vita e alla fortuna. 2h47’06” Quindi insiste a voler giocare. Cekalinskij adesso rinuncia, in compenso si fa avanti Eletskij (2h47’25”) pur sconsigliato da tutti dall’accettare la sfida. Ma il Principe pare proprio sicuro di sè. 2h47’45” Hermann sembra sorpreso, quasi avesse un presentimento. Poi gioca, prende la carta. Cekalinski cala quelle del Principe. 2h48’07” Hermann dichiara l’Asso, ma il suo rivale gli fa notare che in mano ha in realtà la Donna, di Picche.

2h48’26” Appare per un attimo - sulla musica udita già al momento della sua precedente apparizione - il fantasma della Contessa, che Hermann maledice, consegnandole la sua vita con una pugnalata al petto.

2h49’08” L’ultima esternazione musicale è per lui, che chiede perdono al Principe e poi ricorda Liza, chiedendo perdono anche a lei, della quale si ode il tema d’amore (ma... doloroso) che ancora sfocia in quello di Hermann. 2h50’56” Perdono che chiedono per lui al Signore gli astanti, mentre il sipario cala, ancora sulle note redentrici di Liza.
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Mercoledi la prima (anche in TV, su RAI5 in leggera differita).

17 maggio, 2019

Il ritorno di Idomeneo... alla Scala


Ieri sera al Piermarini è andata in scena la prima di Idomeneo, tornato in Scala dopo quasi 10 anni dall’ultima comparsa (Chung nel 2009) che riprendeva l’edizione del Sant’Ambrogio 2005 dove si rivelò (almeno a noi di queste parti) un tipo (Daniel Harding) che ha poi fatto molta strada. Teatro con evidentissimi vuoti, anche in platea, vuoti ulteriormente allargatisi nell’intervallo (ahiahi...)

Sappiamo che la musica di cui Mozart rivestì Idomeneo è di un valore inestimabile, ma soprattutto inversamente proporzionale a quello del testo che il librettista Giambattista Varesco predispose per lui, mutuandolo da Antoine Danchet, oltre che dalla mitologia greca. Già la figura del protagonista ha contorni ambigui assai: sovrano illuminato ed amato dal suo popolo, valorosissimo combattente, addirittura testa di cuoio a bordo del cavallone-trappolone in quel di Troia, dove era sbarcato con una flotta di ben 80 navi cretesi. E – riportano le cronache – anche un gran bell’uomo, con il fascino del classico quarantenne in carriera. Insomma, un personaggio giganteggiante nel panorama mitologico dell’antica Grecia.

Però questo colosso d’acciaio mostra di avere i piedi di… cartapesta. Dico, non appena un po’ di maretta sorprende la sua nave di ritorno da Troia e ormai in vista di Creta, il colosso se la fa letteralmente addosso e per cercare misericordia dal manovratore-di-maree-e-marette (tale Poseidon o Nettuno che dir si voglia) cosa gli promette? Di fargli costruire un tempio in ogni città cretese? Di fare in suo onore un pellegrinaggio a piedi scalzi fino a Cnosso e Festo e ritorno? Di fargli dono di un tridente d’oro tempestato di perle e diamanti? No, lui fa molto di più, gli promette nientemeno che un sacrificio umano (allora andava di moda). Sì, ma di chi si tratta? Di se stesso, al fine di salvare i compagni? Di un figlio (stile Agamennone)? Di una nipotina? Toh, della suocera? Di un parente anche lontano? No no, gli promette di immolargli… il primo malcapitato che passa sulla spiaggia! Apperò che coraggio, che spirito di sacrificio, che lodevole abnegazione!  

E allora, scusate, che il malcapitato si riveli proprio essere il suo unico figlio Idamante, lui se lo è ampiamente meritato e pochi dubbi sussistono che fosse lo stesso protettore-degli-acquari (la didascalia della Pantomima recita: Nettuno riguardandolo con occhio torvo e minaccevole) a combinargli a bella posta quel simpatico incontro (lui stesso se ne capacita imprecando: spietatissimi dei, ma è lui che se l’è voluta!) Dopodichè, una volta in salvo, si mostra ipocritamente pentito – a frittata fatta! - della sua promessa. E per di più cerca poi con maldestri sotterfugi persino di disattenderla, attirandosi così le ulteriori ire di Nettuno (sotto forma del famelico mostro) col che procura una moltitudine di vittime innocenti al suo stesso popolo (per essere un sovrano illuminato non c’è davvero male...) Soltanto quando finalmente accetterà tutte le conseguenze del suo gesto inconsulto e (come Abramo con Isacco) si appresterà a vibrare il colpo mortale sul figlio, solo allora potrà trovare comprensione e perdono dal dio offeso, e comunque a condizione di farsi da parte e cedere il trono ad Idamante e ad Ilia, che si sono offerti - dandogli una bella lezione in fatto di spirito di sacrificio - come vittime da offrire a Nettuno.

Per insaporire la trama con un minimo di amori e gelosie assortite, ecco che su Creta convergono miracolosamente da lontani e opposti lidi due donne, che si contenderanno l’amore del futuro sovrano Idamante. Una arriva dal continente, in particolare da Argo-Micene, dopo aver compiuto con il fratellino una simpatica vendetta… facendo secchi la madre e l’amante di costei: trattasi di tale Elettra, figlia di Agamennone. L’altra invece è una nobile prigioniera di guerra: la troiana Ilia, figlia di Priamo, che Idomeneo ha spedito a Creta in anticipo su una delle sue 80 navi; guarda caso anche lei fa naufragio, ma Idamante la porta in salvo e così… nasce l’amore, che ovviamente è per Elettra come fumo negli occhi.

Completano il cast un confidente di Idomeneo, tale Arbace e il Gran Sacerdote di Nettuno, oltre ai cori del popolo cretese, di prigionieri troiani e di marinai al seguito di Elettra. In più si ode la Voce (o meglio il porta-voce) di Nettuno che reca il perdono e consente così il lieto fine (salvo che per Elettra, che toglie il disturbo proprio un attimo prima). 
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Beh, dobbiamo ammettere che il soggetto è deboluccio assai, ma ciò non impedì al Teofilo di costruirci sopra un autentico capolavoro, quasi rivoluzionario per quei tempi e per lo stesso percorso estetico del 24enne genio di Salzburg.

Musica che fu composta con tale sovrabbondanza (e anche con alcuni rifacimenti successivi alla prima di Monaco di Baviera del 1781, in particolare per Vienna, 1786) da non essere mai eseguibile integralmente! Ed anche in questa produzione della Scala i tagli abbondano, pur riguardando prevalentemente dei recitativi, che però in quest’opera sono quasi sempre accompagnati, e quindi ricchi di grande musica. Contrariamente a quanto riportato nella prefazione di Olimpio Cescatti al libretto, non viene reinserita nel recitativo del N°27 - prima dell’Allegro Ma che più tardi - l’aria di Idamante (No, la morte io non pavento). Viene in compenso eseguita nel finale - dopo il fantastico recitativo, in versione integrale - l’aria (N°29a) di Elettra (D’Oreste, d’Aiace).

Un discorso a parte meritano i balletti, che impreziosiscono musicalmente l’opera ma che, per ragioni drammaturgiche, vengono quasi sempre omessi: e lo furono anche nell’edizione del 2005 (Muti li eseguì quasi integralmente nel lontano 1990). Qui la locandina mette in evidenza la presenza del Corpo di Ballo scaligero, che in effetti si è presentato subito danzando... l’Ouverture! Dopodichè ha fatto brevi comparse qua e là, per tornare nel finale dell’opera. Cassato l’Intermezzo fra primo e secondo atto (concatenati senza soluzione di continuità) è stato invece eseguito un estratto del balletto finale (che peraltro Mozart stesso non indicò con precisione dove collocare e fu catalogato con numero K367, diverso dal K366 dell’opera!)

I tagli, che colpiscono in misura preponderante il lunghissimo atto finale, riducono la durata dello spettacolo a dimensioni normali (2h40’ netti) e in questa produzione viene operato un solo intervallo, fra il secondo e il terz’atto. Un’esecuzione (quasi) integrale (3h20’) e corredata anche di alcuni... extra si può ascoltare in rete: è quella diretta da Gardiner nel 1990

Diego Fasolis ha lasciato temporaneamente il suo amato barocco per cimentarsi in questo Mozart preromantico, subentrando al venerando von Dohnányi che Pereira aveva originariamente ingaggiato e che aveva preparato con il regista Hartmann le linee generali dello spettacolo. Fasolis spiega sul programma di sala di aver parzialmente rivisto quell’impostazione originaria: il risultato dell’operazione mi è parso piuttosto discutibile, ecco. La sua direzione è stata caratterizzata da grandi contrasti, fra fracassi eccessivi (vedi la secchezza dei colpi di timpano) ed altrettanto eccessivi languori. Accettabile la concertazione, almeno attenta a non coprire le (non potentissime) voci.

Il Coro di Bruno Casoni, beneficiato da alcuni tagli, ha mantenuto il suo ottimo standard abituale, negli interventi lirici come in quelli più drammatici (vedi chiusa del second’atto).

Il protagonista è Bernard Richter, tornato in Scala dopo le due non entusiasmanti visite del 2018 (Fierrabras e Giardiniera): la sua è stata una prestazione non più che discreta sul fronte musicale, piuttosto incolore su quello attoriale.

Da quando i castrati sono scomparsi (meno male...) dalla faccia della terra (quanto meno nei nostri paesi cosiddetti civilizzati) e quindi anche dalle scene, il ruolo di Idamante viene affidato a soprani o - più spesso, per non ammassarne addirittura tre (dopo Ilia ed Elettra) - a mezzosoprani. Così avviene anche qui, con la travestita Michèle Losier ad impersonare il figlio del Re. Anche a lei darò un voto di sufficienza e non di più: il suo Idamante mi ha assai poco emozionato, ad essere sinceri.  

La mite e dimessa Ilia è Julia Kleiter, che ha ben meritato, mostrando solidità negli acuti, anche se un filino carente nella cosiddetta ottava bassa.    

Alle mie orecchie (ma anche agli occhi) la migliore in scena è stata l’ex-accademica Federica Lombardi: che ha sostenuto brillantemente il difficile ruolo di Elettra, donna evidentemente segnata dalle pregresse vicissitudini famigliari (che pretende di imitare la sorellina Chrisothemis mettendo su famiglia sì, ma solo con un sovrano, mica pizza&fichi...) e dal carattere divenuto intrattabile. Voce corposa e benissimo gestita, nelle due arie arrabbiate come nei passaggi più lirici. Unanimi consensi per lei alla fine.

Nei panni del modesto (drammaturgicamente parlando) Arbace è Giorgio Misseri. Mozart però lo gratifica nientemeno che di due arie e lui se la cava con onore.

Buone cose ha fatto Kresimir Spicer nel suo isolato ma importante intervento (da Gran Sacerdote). Così come Emanuele Cordaro (Voce di Nettuno) esibitosi dal Palco Reale, che ormai è diventato una dépendance del palcoscenico: a lui è stata riservata la più corposa delle tre versioni del suo intervento musicate da Mozart. Dignitose/i le le due cretesi (Silvia Spruzzola e Olivia Antoshkina) e i due troiani (Massimiliano Di Fino e Marco Granata).

Pubblico, come detto, scarseggiante di numero e anche di entusiasmo: pochi e modesti applausi a scena aperta e qualche approvazione in più alle uscite finali. Ma certo non si può parlare di trionfo...
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La regìa di Matthias Hartmann (coadiuvato dal drammaturgo - quello che di solito inventa di bel nuovo il soggetto per il regista - Michael Küster) vorrebbe programmaticamente mostrare l’involuzione del rapporto fra potere e popolo: un potere insicuro e ossessionato dalle proprie colpe e un popolo che rischia di andare allo sbando senza una guida sicura; tutti salvati dall’intervento dell’amore, quello di Ilia per Idamante. Buone le intenzioni, meno efficace la loro realizzazione. Comunque va riconosciuto al regista (e al suo drammaturgo) di non aver inventato nulla di gratuito, insomma di averci propinato onestamente il soggetto originale. Nulla di trascendentale per ciò che attiene alla gestione di movimenti e atteggiamenti di personaggi e masse.

La scena (di Volker Hintermeier) è fissa, come contenuti (un’enorme testa di minotauro e lo scheletro, o il fasciame, di una nave) e però continuamente girevole, in modo da mettere sempre in primo piano uno dei due componenti. Le luci di Mathias Märker sono sapientemente impiegate per creare di volta in volta l’atmosfera che caratterizza le varie scene. Impressionante, in particolare, quella della tempesta.

I costumi di Malte Lübben sono un misto di fogge e stili diversi, nessuno precisamente inquadrabile (certo nulla di cretese mitologico!) ma tutti mediamente plausibili.

Il Corpo di Ballo della Scala ha interpretato le coreografie di Reginaldo Oliveira, improntate a modernismo assai lontano (credo io) da ciò che nel ‘700 (e oltre) si mostrava sulle scene.

In conclusione, uno spettacolo dignitoso ma non trascendentale: come detto, alla fine il pubblico (rimasto) ha mostrato moderata soddisfazione; personalmente devo dire che speravo in qualcosa di più e meglio...