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02 gennaio, 2009

Anniversari musicali 2009: Mendelssohn


Norman Lebrecht, famoso e pure controverso critico britannico (è lui che sostiene - forse scambiandolo per Allevi - che Karajan fosse tutto fumo e niente arrosto) ci ricorda che il 2009 è un anno di ricorrenza, oltre che di illustri dipartite (Händel 250, Haydn 200) anche di qualche importante nascita, come quella di Henry Purcell (350). Ma soprattutto ci rammenta che fra un mese cadrà il 200° anniversario dalla venuta al mondo di Felix Mendelssohn. Qui il sito ufficiale che doverosamente si occupa della ricorrenza.

Stando a Lebrecht, Mendelssohn sarebbe un autore piuttosto trascurato ultimamente, dopo essere stato famosissimo ed eseguitissimo nel suo tempo e per un secolo a seguire... Ma gli mancherebbe quel quid per essere davvero un grande, come Mozart, ad esempio. E il problema consisterebbe soprattutto nella carenza di passione pura, legata all’educazione ricevuta, troppo rispettosa per la classe dei “banchieri”, oltre che alla mancanza di una vera “esperienza di vita”, caratteristica invece di un Beethoven. Anche l’ascendenza ebraica viene tirata in ballo: insomma, sembra quasi che Lebrecht condivida in qualche misura il giudizio che di Mendelssohn dava Richard Wagner, a metà dell’800.

In ogni caso al Gewandhaus faranno una gran festa (con Riccardo Chailly) la vigilia del 2 febbraio, e poi il 3, giorno della nascita del compositore. Chiuderà il concerto la Sinfonia scozzese, di cui vediamo qui l’incipit:

























Confrontiamo il frammento riquadrato con quest’altro (Walküre, atto II, scena IV, tromba):










Sì, va bene, qui i quarti sono 4 e non 3, la tonalità FA invece che LA minore, ma sarà difficile sostenere che si tratti di una pura combinazione... insomma, anche al buon Wagner si applicava il vecchio adagio: “chi disprezza, comprerà”.
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27 dicembre, 2008

Artisti o ciarlatani?


In questi ultimi giorni un paio di avvenimenti hanno riproposto al mondo (quello piccolo, sempre più piccolo, e più piccolo ancora) dei cultori dell’arte (musicale) l’eterno dilemma: come giudicare un personaggio che si mette in mostra?

a. sarà un grande artista, come i sofisticati strumenti di marketing vorrebbero darci a bere, oppure...

b. sarà un ciarlatano di quelli che, senza avere doni naturali, men che meno ispirazione e soprattutto senza versare nemmeno una goccia di sudore, assurge nondimeno agli onori degli altari (auditorium e aule parlamentari) ???

Il primo fatto, passato quasi inosservato qui da noi, riguarda Gilbert Kaplan: per i più un ciarlatano, che ha un’unica qualità, consistente in una montagna di quattrini, con i quali si può permettere di comprare persino la New York Philharmonic, dopo essersi comprato già i Wiener Philharmoniker e la London Symphony! Per altri, fra cui un critico british, di quelli che vanno per la maggiore, è invece un sincero interprete (di un’unica composizione, peraltro) che merita lo stesso rispetto dovuto a Pappano o Thielemann (e poi: 200.000 copie di CD con le sue registrazioni non se l’è mica comprate lui). Ma, a chiarire la statura del critico, che assolve Kaplan dall’accusa di marketing-ismo, si scopre che è lo stesso che ha scritto di Karajan come di un fenomeno da baraccone (ahinoi, da che parte ci dobbiamo girare?)

Il secondo fatto ci è molto più vicino, e riguarda Giovanni Allevi, che il programmatore del concerto natalizio in Senato ha chiamato ad esibirsi di fronte ai nostri politici, neanche fosse la reincarnazione di Rossini (forse data la provenienza geografica). Apriti cielo! Il più imbufalito - in pubblico - è Uto Ughi, che evidentemente non ha digerito che a deliziare quell’aula sia stato chiamato - 10 anni fa - il suo collega-rivale Salvatore Accardo, mentre a lui non lo degnano di uno sguardo. E così ne dice di tutti i colori, anzi le suona di santa ragione, al povero Giovanni, colpevole di vendere dischi a bizzeffe e di fare audience, laddove a lui (Uto) rimane solo l’orticello (quello piccolo, sempre più piccolo, e più piccolo ancora) di cui sopra. Bisognerebbe allora chiedere al veneziano (oggi) più incazzato d’Italia, come mai, anni fa, l’Opera di Baltimora (americani beoti, per Ughi, immagino) abbia commissionato all’ignorante capelluto Allevi, invece che al divino Uto, di musicare nientemeno che i recitativi della Carmen.

Ma ancor più di Ughi, che un minimo minimo di successo e notorietà, in questo mondo di merda, li ha comunque avuti, ad essere fuori dalla grazia di dio sono tutti quei bravi ragazzi, che magari hanno studiato e sudato per anni al conservatorio, ma che adesso si ritrovano a fare il cococo programmatore basic in qualche centro servizi meccanografici, oppure la segretaria d’azienda, annegata in mezzo a protocolli, timbri e fatture: basta un giro nei blog, cercando “Allevi” per averne conferma. Furbo lui - questo pare ormai accertato - o incapaci di stare al mondo, quegli altri?

Nel merito ci sarebbe da discutere all’infinito. Certo, se si tirano in ballo Mozart e Strauss (Richard) o anche Chopin, sarà difficile che Allevi possa cavarsela al confronto. Ma se il riferimento fosse Strauss (Johann-il-walzeroso) o un qualunque Suppè, o Spohr, o anche Hummel o persino Rachmaninov, forse la partita si potrebbe riaprire, chissà...

Del resto, ciò che Ughi ha detto oggi di Allevi, lo aveva scritto Wagner, nel 1850, di Mendelssohn!
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