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19 maggio, 2010
31 marzo, 2009
Sulla funzione terapeutica della musica
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“Cari - futuri - strumentisti, sappiate che non siete qui per diventare degli intrattenitori, e non dovrete vendervi affatto. La verità è che non avrete alcunchè da vendere; essere musicisti non ha nulla a che fare col dispensare un prodotto, come vendere auto usate... Se fossimo una facoltà di medicina, e voi studenti di chirurgia, prendereste il vostro lavoro assai seriamente, poichè un bel giorno alle 2 del mattino qualcuno potrebbe arrivare al vostro Pronto Soccorso e voi gli dovreste salvare la vita... Miei cari amici, a voi un bel giorno, alle 8 di sera, capiterà invece che qualcuno entri nella sala da concerto e vi porti una mente confusa, un cuore distrutto, un’anima affaticata. Se ne uscirà ricostruito dipenderà, in parte, da quanto bene saprete operare la vostra arte.”
Così Karl Paulnack, pianista di discreta fama e direttore del Dipartimento di Musica del Conservatorio di Boston, in un’allocuzione di benvenuto ai nuovi allievi, corredata da testimonianze invero toccanti.
Indubbiamente una poetica - non certo nuova - risposta a chi reputa la musica colta (e l’arte in generale) essere mero intrattenimento e così giustifica, da un lato, la proposta di metterla in mano al mercato e, dall’altro, in tempi di vacche magre, decide tagli di risorse a ciò che è, secondo tale giudizio, superfluo.
Ma siamo sempre lì: se un malato non si vuol far curare, magari perchè neanche si rende conto di essere malato, a che scopo tenere aperti tutti questi costosi ospedali (leggi: teatri e sale da concerto) col relativo corredo di medici, infermieri e barellieri (leggi: direttori, strumentisti, cantanti e maestranze) solo per curare quattro gatti, che magari sono pure dei malati immaginari?
(forse, caro direttore, l’analogia musica-healthcare è da rivedere...)
Così Karl Paulnack, pianista di discreta fama e direttore del Dipartimento di Musica del Conservatorio di Boston, in un’allocuzione di benvenuto ai nuovi allievi, corredata da testimonianze invero toccanti.
Indubbiamente una poetica - non certo nuova - risposta a chi reputa la musica colta (e l’arte in generale) essere mero intrattenimento e così giustifica, da un lato, la proposta di metterla in mano al mercato e, dall’altro, in tempi di vacche magre, decide tagli di risorse a ciò che è, secondo tale giudizio, superfluo.
Ma siamo sempre lì: se un malato non si vuol far curare, magari perchè neanche si rende conto di essere malato, a che scopo tenere aperti tutti questi costosi ospedali (leggi: teatri e sale da concerto) col relativo corredo di medici, infermieri e barellieri (leggi: direttori, strumentisti, cantanti e maestranze) solo per curare quattro gatti, che magari sono pure dei malati immaginari?
(forse, caro direttore, l’analogia musica-healthcare è da rivedere...)
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22 dicembre, 2008
Effetti della crisi?
Crisi, futuro incerto, sacrifici, Brunetta e Bondi in gara a chi taglia meglio... c’è poco da stare allegri.
Non saprei dire se ci sia relazione causa-effetto, ma di questi tempi si moltiplicano iniziative benemerite da parte del mondo dell’opera e della musica, che cerca in tutti i modi di avvicinarsi alla cittadinanza.
L’ultima in ordine di cronaca è di ieri e viene da Genova, dove il Carlo Felice - cui si affianca il genovese purosangue, trapiantato a Dresda, Fabio Luisi - invita tutti ad un concerto gratuito il 28 dicembre, con programma a dir poco sontuoso.
Non saprei dire se ci sia relazione causa-effetto, ma di questi tempi si moltiplicano iniziative benemerite da parte del mondo dell’opera e della musica, che cerca in tutti i modi di avvicinarsi alla cittadinanza.
L’ultima in ordine di cronaca è di ieri e viene da Genova, dove il Carlo Felice - cui si affianca il genovese purosangue, trapiantato a Dresda, Fabio Luisi - invita tutti ad un concerto gratuito il 28 dicembre, con programma a dir poco sontuoso.
19 novembre, 2008
L’anti-Bondi olandese
Tranquilli, non è un tulipano cooptato nelle file del weltroniano Governo-ombra...
Accade che una stazione radio pubblica olandese, Concertzender, che trasmette musica (classica, ma non solo) rischia la chiusura, causa la decisione della NPO (la RAI orange) di dirottare i relativi fondi verso alcuni canali tematici digitali.
Bene, a seguito di un’interrogazione parlamentare, il Bondi di laggiù, Ronald Plasterk, ha deciso di prendere posizione per mantenere in vita l’emittente.
La faccenda è tutt’altro che conclusa, ma resta il segnale positivo, in chiara controtendenza rispetto all’approccio italico, dove il taglio (senza cucito) sembra essere diventato lo sport nazionale.
05 novembre, 2008
Bondi, il Maggio e le guerre fra poveri
Amfortas ha scatenato un mezzo (e sano) putiferio prendendo decisamente posizione contro l’iniziativa di Mehta (appoggiato da Muti) di pubblicare un appello al ministro Bondi in difesa del Maggio Musicale, appello che il blog dei maggiolini ha diffuso in rete, sollecitando adesioni. Alla base c’è il famigerato taglio dei fondi FUS, deciso dai nostri governanti, che colpirà i teatri lirici e le istituzioni sinfoniche italiane, che già non nuotano notoriamente nell’oro.
Come per quelli imposti alla scuola e all’università, (l’ipocrita spiegazione) il razionale che il governo pone alla base dei tagli è che le pubbliche istituzioni sanno solo sprecare risorse e così, messe alle strette, si dovranno ingegnare per impiegare in modo più efficiente i diminuiti fondi disponibili. Chi riuscirà a farcela, secondo le più ortodosse e darwiniane teorie sulla sopravvivenza delle specie, avrà un futuro... chi non si adatterà, pace e amen all’anima sua. Fosse anche La Scala, il Maggio, o Santa Cecilia? Beh, Bondi, nell’ormai famosa intervista rilasciata a Cappelletto, ha citato, quasi con nonchalance, Scala e S.Cecilia come realtà di eccellenza, quasi a voler fare subito un’eccezione alla regola, e rassicurare (due suoi influenti amici politici, sindaci a Roma e Milano) gli italiani che potessero preoccuparsi per i due gioielli di famiglia.
Tornando al Maggio, la prestigiosa istituzione si è sentita offesa dalla bondiana esclusione dalla short-list e ha reagito, prima con un botta e risposta del sovrintendente Giambrone col ministro, poi con il citato appello di Mehta. Il quale appello inizia così: “Il taglio dei finanziamenti alle Fondazioni lirico-sinfoniche e a tutto il mondo della cultura italiana colpirà in modo pesantissimo anche il TEATRO DEL MAGGIO MUSICALE FIORENTINO minando la sua stessa esistenza e il suo futuro.” Fin qui tutto condivisibile direi, visto che si paventano i danni che i provvedimenti del governo faranno a tutto il mondo della cultura italiana, poi in particolare al Maggio.
L’appello prosegue però e sempre di più su una linea di difesa delle prerogative specifiche del Maggio, e conclude: “Per questi motivi Le chiedo (...) che il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, con la sua storia costellata di premi della critica e per il suo prestigio mondiale, sia riconosciuto tra le eccellenze nazionali in quanto parte fondamentale del patrimonio culturale, artistico e sociale del Paese, da preservare e valorizzare.” Insomma, il Maggio è diverso da altre istituzioni e si merita il trattamento speciale già annunciato per Scala e S.Cecilia. Obiettivamente, una difesa corporativa e non di classe.
A questo punto, firmare o non firmare? L’obiezione legittima di Amfortas è che così facendo si innesca una guerra fra poveri, dove chi alza di più la voce finirà per ottenere qualche briciola aggiuntiva, a tutto danno di chi di voce per gridare ne ha poca, o ha meno santi in paradiso.
Allora, che fare? Se si sta tutti zitti, o ci si limita a mugugnare, Bondi&C tireranno dritti per la loro strada. L’esperienza di questi giorni delle manifestazioni della scuola ci dice invece che una mobilitazione di massa e dal basso, forse, può ottenere qualcosa, quanto meno qualche ripensamento o riesame o riformulazione di provvedimenti. Ecco, per il mondo dell’arte, del teatro, della musica, è possibile mettere in campo iniziative simili a quelle di studenti, genitori e insegnanti? Purtroppo sembrerebbe di no.
E allora, in mancanza d’altro, anche un appello di un’istituzione importante come il Maggio è forse meglio di nulla. Per questo ho deciso di sottoscriverlo.
13 ottobre, 2008
W la lotta di classe
Il ministrino Renato Brunetta ha le idee molto chiare:
a. il teatro è per la borghesia;
b. il calcio è per la classe operaia;
c. i musei per nessuno.
Ergo, i borghesi non pretendano di avere per 20 quel che costa 100, chiedendo allo Stato di regalargli gli altri 80. Gli piace l’Opera? Hanno i quattrini? Bene: allora paghino il conto totale, altro che FUS!
Come i bravi operai che, se voglion vedere Inter-Juve, o Codogno-Precotto, pagano regolarmente il sacrosanto biglietto.
Parsifal costa troppo, perdio! Con tutti quei cavalieri e il gral e la lancia sacra, tutta roba in oro e diamanti! E quegli sciagurati di Napoli, che già hanno le pezze al culo, ci inaugurano la stagione, per un pugno di ignoranti pieni di sè: perle ai porci, coi soldi del contribuente! Basta, deve finire!
Meno male che c’è il ministrone Sandro Bondi a rimetter le cose a posto...
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