allibratori all'opera

bianca o nera?
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25 giugno, 2019

Milano olimpica ma de-bartolizzata


Mentre si faceva in quattro per garantire a Milano un’Olimpiade invernale (! pattinaggio sui navigli artificialmente ghiacciati?) per il lontano 2026, l’ineffabile Sala, colto da insospettabile quanto repentino decisionismo in fatto di... Scala, ha gettato una palla di neve che si è trasformata in valanga, travolgendo l’intera iniziativa triennale (2019-21) targata Pereira-Bartoli!

E così, mentre è certo che i moltissimi milanesi non-melomani si metteranno fin da subito in trepida attesa di ciò che potranno gustare fra sette anni (!?) i pochi milanesi (e non solo) melomani si mangiano le unghie e inventano nuove bestemmie per ciò che non potranno gustare fra pochi mesi.

I fan della santa Cecilia per non potersela mangiare con gli occhi e le orecchie come Cleopatra, Semele e Ariodante. E i suoi detrattori per non potersi prendere la soddisfazione di subissarla nuovamente di contumelie, come già fecero nel 2012.

Domanda: qualcuno ha idea del saldo (positivo o negativo) di queste due vicende meneghine sul famigerato spread?

27 maggio, 2019

La Scala 19-20


A mezzogiorno di oggi il trio lescano Sala-Pereira-Chailly ha presentato alla stampa la stagione 19-20. 

Sala (che poco tempo fa voleva licenziare in tronco Pereira per via degli arabi) ha elogiato l’opera del sovrintendente e di tutto il teatro, con un discorsetto auto-celebrativo (ma devo dire neanche troppo smaccato) che ha esaltato le magnifiche sorti e progressive della Milano da lui guidata e velatamente polemizzato con il nuovo madonnaro che ieri ha vinto le elezioni...


La stagione (si sapeva) apre con Tosca e poi prevede altri 14 titoli, fra il vetusto-recidivo (Traviata-Cavani) e l’innovativo (Salome-Michieletto).

Chailly (a proposito di Tosca) persiste a far passare come conquiste della cultura le edizioni di opere che lo stesso autore ebbe a disconoscere. Ripeto alla nausea: cose da proporre in qualche festival o come bonus-tracks nei CD. C’è anche un po’ di familismo, con un concerto che, prima di una cosuccia da nulla come la Nona di Beethoven (non so se mi spiego) proporrà un brano corale del suo papi (!)

Il sofferente Mehta (ma certo nessuno lo obbligava, quindi... grazie!) fa quasi la parte del leone fra opere e concerti sinfonici, fra cui una Terza di Mahler che è già stata fatale a... beh, basta così, per carità.

Per me la notizia-bomba (scusate la venalità dell’osservazione) è la definitiva soppressione della famigerata prelazione per gli abbonati (ci voleva Pereira per arrivarci...)

Il quale Pereira fra poche ore arringherà nel Piermarini il pubblico degli abbonati.

24 aprile, 2019

Un grande Strauss alla Scala


Ieri sera al Piermarini (con parecchi posti vuoti - peggio per gli assenti) è andata in onda la prima di Ariadne auf Naxos, nella nuova produzione targata Welser-Möst / Wake-Walker, una coppia (direttore-regista) che ha presentato l’opera a Cleveland (dove il direttore di Linz è di casa da un bel pezzo...) poco più di due mesi orsono, ma con orchestra, cast e team di regìa completamente diversi (di fatto quella produzione americana nulla ha a che vedere con questa della Scala).

Devo dire subito che il Kapellmeister mi ha abbastanza convinto, portando alla luce gli innumerevoli tesori di questa partitura e guidando orchestra e interpreti con una concertazione accurata e attenta ad ogni dettaglio. E la smagrita (come da copione) compagine scaligera (rialzata opportunamente nella buca di un buon mezzo metro) ha risposto nel migliore dei modi alle sue sollecitazioni: buon equilibrio fra le sezioni, proprietà di fraseggio e sonorità mai sbracate, proprio come è richiesto dalla lettera, oltre che dallo spirito, di quest’opera, che ha nella raffinatezza la sua caratteristica peculiare.

Opera bifronte, sappiamo, con un prologo-Singspiel, dove abbondano i parlati (e Alexander Pereira, che come sovrintendente sarà magari censurabile, ha invece tenuto banco alla perfezione nei panni del maggiordomo viennese, in sfolgorante livrea purpurea e con voce petulante) e dove i momenti musicalmente rilevanti - preludio a parte - si riducono alle esternazioni del Compositore e al suo confronto con Zerbinetta (gli altri cantano in recitativi accompagnati, o poco più); e poi il melodramma serio-farsesco, dove invece la mirabile musica di Strauss la fa da padrona da cima a fondo.    

In compenso la prima parte è quella dove c’è un minimo di azione, anzi di agitazione, causata dalle ripetute sorprendenti pretese del padrone di casa, di cui è portavoce il maggiordomo. La seconda parte è quasi totalmente statica, se si esclude il siparietto della caccia delle quattro maschere. 

Dopo il Preludio, suonato rigorosamente a sipario chiuso, ecco comparire al proscenio il sempre solido Markus Werba (insegnante di musica) e il padrone di casa (pro-tempore) del Piermarini, protagonisti del battibecco che apre il Prologo, durante il quale Pereira fa sventolare sotto il naso di Werba una banconota che gli consegnerà (bontà sua) solo al rientro dietro il sipario dopo gli applausi al termine della prima parte...

E all’apertura del sipario, invece che in austeri corridoi del Palast, siamo in un cortile dello stesso, dove hanno trovato parcheggio le roulottes e i camper delle due troupe ingaggiate per lo spettacolo: bianchi quelli dei melodrammatici e rossi quelli dei commedianti, nel rigoroso rispetto dei colori (nazionali e cittadini) del luogo.

Qui c’è un crescendo di animazione, in una fantasmagoria di colori, quella dei costumi (una mescolanza di antico e moderno) di Jamie Vartan (responsabile anche delle scene): ne è protagonista il compositore, alias la bravissima Daniela Sindram, che ha modo di esternare tutta la sua apprensione, il suo amor proprio ed anche le sue mirabili melodie. Raggiunto, verso la fine, da una Zerbinetta (che si scatenerà poi nell’opera) che qui mostra il lato umano e nascosto della sua esuberante personalità, riuscendo a far tornare nel compositore l’entusiasmo e l’ottimismo, che peraltro dureranno poco, se è vero che il poveretto si trafiggerà con un coltello preso dall’argenteria del palazzo, sui truci accordi di DO minore che chiudono il Prologo.

Nel quale hanno anche cantato meritoriamente il Maestro di danza Joshua Whitener e i tre accademici scaligeri, Riccardo Della Sciucca (Ufficiale) Ramiro Marturana (Parrucchiere) e Hwan An (Lacchè). Quanto ai due protagonisti dell’opera seria (Ariadne e Bacchus) nel prologo si limitano più che altro a lamenti e rimostranze, sfoggiando supponenza e disprezzo per l’altra troupe; i quattro compari di Zerbinetta si muovono senza aprir bocca, così come le tre svampitelle che nell’opera impersoneranno ninfe ed eco.

E l’opera, appunto, vede lo scenario (e la scena) mutare drasticamente: siamo in un ambiente asettico, caratterizzato da luce azzurrognolo-verdastra (evocazione di paesaggio marino, assai azzeccata da Marco Filibeck) e popolato da acutissime guglie (le scogliere di Nasso). Al centro un’enorme vongola tecnologica (la conchiglia del Botticelli) con le due valve aperte sulle quali si muove lentamente Ariadne, e che si richiuderanno poi temporaneamente quando la protagonista si ritirerà all’interno della sua spelonca.

Ma ciò che colpisce è la trasformazione dei personaggi della troupe dell’opera (Ariadne, Najade, Dryade ed Echo, successivamente Bacchus) da individui complessati o insignificanti (come ci erano apparsi - nel prologo - nella vita reale) in grandi artisti, nobilitati dal teatro e soprattutto dalla... musica!

Come non restare ammirati dall’iniziale esternazione di Ariadne, una Krassimira Stoyanova invero commovente e pienamente calata nella parte della donna tradita, privata della cosa più preziosa che si possa desiderare, l’amore! Welser-Möst ne ha accompagnato i lamenti e i ricordi con discrezione, mettendo in risalto le purissime linee melodiche dell’orchestra e dei singoli strumenti.

E che dire della poesia del canto di Christina Gansch (Najade), Anna-Doris Capitelli (Dryade, dall’Accademia scaligera) e Regula Mühlemann (Echo) nelle loro ninna-nanne alla protagonista!

Michael König è stato un convincente Bacchus, voce proprio da Heldentenor, potente e squillante allo stesso tempo, senza sforzo apparente anche sui SIb cui la partitura lo chiama alla conclusione dell’opera. La sua apparizione è accompagnata dall’aprirsi della scena sul fondo, dove compare una ripida scala sulla quale scende il dio e sulla quale risaliranno (verso... le stelle) i due amanti alla fine. Da incorniciare il lungo duetto con Ariadne, una miniatura che ricorda l’enorme quadro del Tristan!

Zerbinetta&C - a differenza dei colleghi, più blasonati ma con puzza-al-naso, dell’altra troupe - sembrano vivere in teatro come vivono da privati cittadini: le quattro maschere hanno modo di farsi valere anche come... cantanti (!) e su tutti spicca (per corposità della parte) l’Harlekin di Thomas Tatzl, che sciorina impeccabilmente la sua infruttuosa serenata alla povera Ariadne. Gli tengono valida compagnia Kresimir Spicer (Scaramuccio), Tobias Kehrer (Truffaldin) e Pavel Kolgatin (Brighella) che inscenano la comica quanto inutile caccia alla soubrette, caccia conclusa invece con pieno successo da Harlekin, che conquista il cuore (e anche altro... ehm, organo!) della disinvolta attricetta.

Della quale è ora il momento di parlare, poichè è sicuramente la protagonista più appariscente dell’opera: e Sabine Devieilhe non si è smentita, lasciando tutti senza fiato con il suo massacrante recitativo-aria-rondò, inclusi i RE e MI sovracuti, che le ha garantito minuti di applausi a scena aperta.

Restano da citare Sylwester Luczak e Ula Milankowska per i filmati che hanno accompagnato la parte finale dell’opera e l’apoteosi dei due protagonisti.

Alla fine solo applausi e bravo! per tutti i protagonisti di questa proposta davvero accattivante, come livello musicale e come spettacolo; insomma, chi appena può, non se la perda!

31 maggio, 2018

Scala 18-19: Pereira ha presentato la stagione


Alle 17 di ieri al Piermarini è stata ufficialmente presentata agli abbonati la prossima stagione scaligera. Alexander Pereira, come sempre sistemato in platea, in piedi, davanti allo sportello di accesso al podio e parlando a braccio (quale differenza dal Lissner che se ne stava lontano, seduto ad un tavolino sul palco a leggere pedestremente il palinsesto...) ha annunciato e commentato tutti gli spettacoli che daranno corpo alla nuova stagione.

Volendo elencare ciò che manca ciascuno di noi potrebbe fare elenchi kilometrici. Io ad esempio avrei gradito un Wagner (che Pereira ha promesso per la prossima, ma con la ripresa del mediocre Tannhäuser della Fura) e magari il da lui (Wagner, appunto) detestato Meyerbeer... ma accontentiamoci (io, perlomeno) del doppio Strauss (nonostante il Kapellmeister...) e del tetro (no, non è un’offesa ma un mio latinismo maccheronico) Verdi. Graditi a ‘mia sono anche il Musorgski e il Korngold e persino il redivivo Francesconi (perchè il secondo ascolto potrebbe smentire lo scetticismo indotto dal primo). Mozart, Puccini, Rossini, Donizetti, Händel e Salieri completano dignitosamente un percorso senz’altro accettabile (sempre ai miei occhi, orecchi e... tasche).