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01 novembre, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano - 24-25.5

Questa settimana l’Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano propongono, come in ogni stagione che Dio ci manda, uno dei loro (tanti) cavalli di battaglia: il Requiem di Verdi! Per l’occasione Auditorium finalmente affollatissimo.

Concerto dedicato doverosamente alla memoria di Romano Gandolfi, mitico Direttore del Coro della Scala e co-fondatore, proprio 5 lustri orsono, della compagine corale de laVerdi, con la quale un paio di volte guidò il Requiem anche dal podio!

Quartetto vocale (per me) oltre le aspettative, con il soprano Maria Teresa Leva sugli scudi, una prestazione chiusa davvero in bellezza con un Libera me da incorniciare, nelle accorate invocazioni, come negli impervi passaggi della fuga, superati di slancio.

La turca germanizzata Deniz Uzun ha mostrato voce solida e ben proiettata: pregevoli le sue Liber Scriptus e Recordare (con la Leva) e il Lux aeterna (con Corrado).

A dispetto della chiamata all’ultima ora, il tenore Francesco Demuro ha benissimo meritato: da ricordare il suo Ingemisco.

Last-but-not-least, Adolfo Corrado, trentenne basso, di cui sono da apprezzare le due parti solistiche (Mors stupebit e Confutatis) in aggiunta ai passaggi di insieme.

Il Coro di Massimo Fiocchi Malaspina ha festeggiato come meglio non si poteva le sue nozze d’argento con l’Orchestra.

Lascio da ultimo Michele Gamba. Dopo lunga gavetta, a 41 anni si sta ora imponendo sia nel teatro musicale che nel sinfonico come un personaggio di grande spessore: ieri lo ha confermato con l’autorevolezza con cui ha domato questa impervia e multiforme partitura, nella gestione delle proterve irruzioni del Dies Irae, come nell’approccio al complesso Offertorium. Data la sua consuetudine con la musica del ‘900 mi è parso che abbia dato dell’opera un’interpretazione asciutta e severa, evitando facili eccessi melodrammatici. L’Orchestra, che del Requiem ha maturato esperienze fin dagli anni di Chailly e Gandolfi, da parte sua lo ha assecondato alla grande.

Alla fine, entusiastica accoglienza per tutti i Musikanten, con applausi ritmati e diverse chiamate: il pubblico non ne voleva proprio sapere di alzarsi e così Gamba ha dovuto prender per mano la spalla Dellingshausen e portarselo via come un bambinello…


27 gennaio, 2023

laVerdi 22-23. 13

Il tema del concerto dell’Orchestra Sinfonica di Milano di questa settimana – sul podio dell'Auditorium torna uno dei direttoti emeriti, Claus Peter Flor - è la morte (!) Ma non si tratta di pagine della sezione necrologi di qualche giornale, bensì di sublimazioni artistiche legate a quello che è l’inevitabile destino di ognuno di noi…

Due composizioni che furono create dai rispettivi autori (Mahler e Mozart) in condizioni esistenziali praticamente antipodiche: il sommo Teofilo ormai in vista della propria fine, tanto che questa sopraggiunse ben prima che l’opera fosse portata a termine; il 41enne Mahler che, dopo aver visto la morte in fronte (anzi… ehm… in… c**o!) aveva chiuso in idillio la Quarta Sinfonia e ripreso la sua vita felice con la bella Alma, che gli stava per dare un paio di paffute figliolette.

E la serata si apre proprio con i Kindertotenlieder, su testi di Friedrich Rückert (che per la verità li aveva titolati Kindertodtenlieder) il quale aveva scritto ben 428 poesie per ricordare la morte prematura (per scarlattina, nel giro di poche settimane dopo Natale e Capodanno del 1833) dei due figli più giovani dei suoi sei.

Mahler musicò cinque di queste poesie, in due rate: tre nel 1901 (quando ancora era senza figlie) e due nel 1904, fresco padre della seconda femminuccia (Gucki, di due anni più giovane della prima, Putzi). A quell’epoca lui poteva ben considerarsi un uomo felice e arrivato: Generalmusikdirektor della Hofoper di Vienna (ai tempi uno dei teatri più rinomati, se non il più importante, del panorama musicale); sposato alla donna più ammirata e desiderata di Vienna (Alma Schindler); ed economicamente arrivato (lui in effetti non aveva mai patito ristrettezze, era di famiglia ebrea benestante, che aveva potuto mandarlo da solo, dalla periferica Jihlava a studiare a Vienna).

Certo, da bambino aveva dovuto venire a conoscenza o assistere alla prematura scomparsa di due suoi fratellini, il che può spiegare la sua decisione di musicare quelle poesie di Rückert, ma è certo – e da lui stesso confermato anni dopo - che non si trovasse nelle stesse condizioni di disperazione dell’autore dei testi. Oltretutto, proprio nello stesso periodo, Mahler completava la sua Sinfonia tragica (la Sesta) il che conferma come le sue scelte estetiche del momento non fossero per nulla conseguenza di disavventure materiali o psicologiche. (Il destino arriverà a colpire qualche anno dopo, con la morte di Putzi, sempre per scarlattina e difterite, il licenziamento dal Teatro, la scoperta della disfunzione cardiaca, e soprattutto quella dei tradimenti a sfondo sessuale di Alma…) Più sotto alcuni dettagli sulla composizione.

Il giovane baritono Benjamin Appl ne ha dato un’interpretazione intensa, sfoggiando una voce chiara e bene impostata. Magari potrebbe perfezionare la varietà di sfumature, ma di sicuro avrà tempo per farlo. Intanto si è meritato – insieme all’orchestra – applausi, consensi e chiamate alla ribalta, da parte di un pubblico tornato per l’occasione ad affollare piacevolmente l’Auditorium.
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Ecco poi il clou della serata: il Requiem K626. Opera purtroppo rimasta allo stato di torso e completata-rimaneggiata da mani diverse (qui una mia breve disamina delle sue disavventure…)

Flor, che lo aveva già diretto con laVerdi 17 anni orsono, torna a presentare l’opera completa (nella versione Süssmayr) dopo che l’ultima apparizione del Requiem qui in Auditorium (2020 con Maxime Pascal) era stata limitata a Introitus, Kyrie e alla Sequenz (versione Eybler).

Per l’occasione il Coro Sinfonico diretto da Massimo Fiocchi Malaspina è rinforzato dal Coro dei giovani di Maria Teresa Tramontin. Ed è stato protagonista di una eccellente prestazione, in particolare nei tanti passaggi fugati che costellano l’opera.

Ma anche i quattro solisti (ad Appl si sono aggiunti Sobotka Iwona, Bettina Ranch e Bernhard Berchtold) disposti fra orchestra e coro hanno dato il loro sostanziale contributo al successo dell’esecuzione.

Orchestra come al solito in grande spolvero (menzione doverosa per il trombone basso di Giacomo Ceresani, protagonista del Tuba Mirum con Berchtold). Flor ha diretto con il solito piglio, anche se (gusti miei personali) avrebbe potuto tenere tempi meno sostenuti in alcuni passaggi che meriterebbero più… aggressività. Significativa la lunga pausa di raccoglimento da lui tenuta fra l’Offertorium e il Sanctus, proprio a separare Mozart da… Süssmayr.

Inutile dire della calorosa accoglienza che il pubblico ha riservato a tutti.
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I Kindertotenlieder

Rispetto ai testi originali, Mahler ha introdotto qua e là alcune variazioni, o aggiunte, per ragioni squisitamente musicali. I testi riportati nel seguito sono appunto quelli musicati.

1. Nun will die Sonn' so hell aufgehn (1901)

Dal testo traspare dolore immenso (la luce si è spenta nel cuore del padre); ma poi prevale la fede nella luce eterna del mondo.

Langsam und schwermütig; nicht schleppend – 4/4 RE minore (-maggiore)

In questo Lied (di due quartine) troviamo una continua alternanza fra voce e strumenti. La struttura tematica del Lied per quanto riguarda la voce si può così schematizzare: A-B/A-B//C/A-B//B

Introduzione orchestrale I (oboe)
Nun will die Sonn' so hell aufgehn, (Tema A)
Risposta orchestrale su Tema A (oboe)
Als sei kein Unglück, kein Unglück die Nacht geschehn! (Tema B)
Chiusura orchestrale O (corno)
Introduzione orchestrale I’ (oboe)
Das Unglück geschah nur mir allein! (Tema A)
Risposta orchestrale su Tema A (oboe)
Die Sonne, die Sonne sie scheinet allgemein! (Tema B)
Chiusura orchestrale O’ (corno)

Introduzione orchestrale I’’ (oboe + corni su Tema A)
Du mußt nicht die Nacht in dir verschränken, (Tema C)
Mußt sie ins ew'ge Licht versenken! (cont. Tema C)
Transizione orchestrale (contiene I’’’ nell’oboe)
Ein Lämplein verlosch in meinem Zelt! (Tema A)
Heil sei dem Freudenlicht der Welt! (Tema B accorciato)
Chiusura orchestrale O’’ (violoncelli)
dem Freudenlicht der Welt! (coda Tema B variato)

Nella figura sottostante sono rappresentati i principali passaggi di voce e strumenti (esclusa la lunga transizione orchestrale che segue il Tema C). Come precisato, i temi A e B e le introduzioni e code orchestrali variano (poco o tanto) fra una strofa e l’altra.

Va anche osservato come Mahler continuamente vari le atmosfere – anche a parità di temi – con passaggi maggiore-minore, o attraverso contrasti fra diatonismo e cromatismo, o fra timbri orchestrali: insomma, non c’è mai pura ripetitività (e questa sappiamo essere una delle principali peculiarità dell’estetica mahleriana…)  


2. Nun seh' ich wohl, warum so dunkle Flammen (1904)

Gli occhi dei bambini, quali raggi di luce accecante, dicevano al padre ciò che il padre non voleva/poteva capire: che sarebbero tornati là da dove ogni creatura è venuta. Avrebbero tanto voluto restare con lui, ma il destino aveva scelto altrimenti. E così quegli occhi fiammeggianti si trasformeranno in lucenti stelle.

Ruhig, nicht schleppend – 4/4 DO minore (-maggiore) / RE maggiore

A differenza del primo Lied, qui, se si escludono le poche battute di inizio e fine, è sempre la voce a tener banco, esponendo le due quartine e le due terzine del testo.

L’attacco del canto, dopo le 4 battute introduttive, viene proprio da lontano e dalle profondità, precisamente dalla tomba di Radames! Mahler lo aveva già citato nel terzo movimento (Ruhevoll) della sua Quarta ed ora lo impiega (quasi nella stessa tonalità) per aprire il Lied:

DO minore
Nun seh' ich wohl, warum so dunkle Flammen
Ihr sprühtet mir in manchem Augenblicke. O Augen! O Augen! 
DO maggiore
Gleichsam, um voll in einem Blicke
Zu drängen eure ganze Macht zusammen.

DO minore (> LAb maggiore?)

Doch ahnt' ich nicht, weil Nebel mich umschwammen,
Gewoben vom verblendenden Geschicke,
DO maggiore
Daß sich der Strahl bereits zur Heimkehr schicke,
Dorthin, dorthin, von wannen alle Strahlen stammen.
 
DO Maggiore >>> RE maggiore
Ihr wolltet mir mit eurem Leuchten sagen:
Wir möchten nah dir bleiben gerne!
SOL minore
Doch ist uns das vom Schicksal abgeschlagen.
 
SIb minore (> SOLb maggiore?)
Sieh' uns nur an, denn bald sind wir dir ferne!
DO maggiore
Was dir nur Augen sind in diesen Tagen:
In künft'gen Nächten sind es dir nur Sterne.
DO minore

Nella figura qui sotto sono rappresentate le parti vocali delle quattro strofe:



È il padre che, vedendo la madre entrare nella stanza, non guarda lei, ma il punto dove usava vedere il volto della piccola figlia. Oggi, quando la madre entra, lui immagina di vedere accanto a lei anche la piccola; ma purtroppo ciò non accade più… la piccola se n’è andata per sempre.

Schwer, dumpfFliessender - 4/4 DO minore

Mahler ha qui condensato due delle poesie di Rückert costruendone una fatta di due strofe (rispettivamente di 13 e 10 versi). La struttura musicale è abbastanza semplice: la seconda strofa ripercorre in gran parte l’andamento e i motivi della prima, salvo qualche accorciamento e variante. Come per il primo Lied, qui l’orchestra aggiunge di suo un’introduzione (ripetuta per le due strofe) e un epilogo.

Interessante notare la somiglianza del tema del Lied con quello di una canzone popolare morava (di František Bartoš) già notata dal nostro grande esegeta mahleriano Ugo Duse:

Introduzione (corno inglese)
Wenn dein Mütterlein motivo T1 (flauto e oboe su motivo Introduzione)
tritt zur Tür herein,
oboe su motivo Introduzione
Und den Kopf ich drehe, motivo T2 (oboe su motivo Introduzione)
ihr entgegen sehe,
oboe e clarinetto su motivo Introduzione (modulazione a SOL minore)
Fällt auf ihr Gesicht SOL minore, motivo T1 (oboe e corno inglese su motivo Introduzione)
erst der Blick mir nicht,
corni  (>>> DO minore)
Sondern auf die Stelle, motivo T3 (violoncelli)
näher nach der Schwelle,
Dort, wo würde dein (flauto)
lieb Gesichten sein,
Wenn du freudenhelle
trätest mit herein, trätest mit herein, (violoncelli)
Wie sonst, mein Töchterlein.

Introduzione (corno inglese)
Wenn dein Mütterlein motivo T1 (flauto e oboe su motivo Introduzione)
tritt zur Tür herein,
oboe su motivo Introduzione
Mit der Kerze Schimmer, motivo T2 (oboe su motivo Introduzione)
ist es mir, als immer
Kämst du mit herein, SOL minore, motivo T1 (oboe e corno inglese su motivo Introduzione)
huschtest hinterdrein,
als wie sonst ins Zimmer! >>> DO minore incipit motivo T3 (clarinetto)
oboe su passaggi di T3
O du, des Vaters Zelle, motivo T3 (viole)
Ach, zu schnelle, zu schnell
erloschner Freudenschein, erloschner Freudenschein!
cadenza finale sulla dominante

Nella figura qui sotto sono rappresentati principali motivi del Lied:


4. Oft denk' ich, sie sind nur ausgegangen (1901)

Il padre rassicura la madre: i bambini sono solo usciti per una passeggiata sulla collina; la giornata è splendida, non v’è nulla da temere. Ma no, invece loro ci hanno preceduto e non torneranno più a casa. Noi li raggiungeremo su quella collina, al sole, dove la giornata è sempre bella.

Ruhig bewegt, ohne zu eilen - 4/4 alla breve MIb maggiore-minore – SOLb maggiore

Il testo consta di tre quartine, accompagnate dagli stessi temi musicali, nelle stesse tonalità e con leggere variazioni. In pratica troviamo 4 motivi, uno per ciascun verso della quartina. A ciò si aggiunge soltanto una breve introduzione orchestrale. 

Introduzione (corni, violini, poi legni) MIb maggiore
Oft denk' ich, sie sind nur ausgegangen, MIb minore
Bald werden sie wieder nach Hause gelangen, SOLb maggiore
Der Tag ist schön, o sei nicht bang, MIb maggiore
Sie machen nur einen weiten Gang. (frase musicale sospesa)
Oboe e violini chiudono la frase
 
Ja wohl, sie sind nur ausgegangen,
Und werden jetzt nach Hause gelangen,
4 battute di collegamento
O, sei nicht bang, der Tag ist schön,
Sie machen nur den Gang zu jenen Höh'n. (frase musicale sospesa)
Flauto e violini chiudono la frase
 
Sie sind uns nur vorausgegangen, (attacco variato)
Und werden nicht wieder nach Haus verlangen,
4 battute di collegamento
Wir holen sie ein auf jenen Höh'n
Im Sonnenschein, der Tag ist schön auf jenen Höh'n.
2 battute di chiusura

La figura sottostante riporta il tema introduttivo e le quattro componenti della prima quartina, che si ripetono con piccole variazioni nelle successive.


5. In diesem Wetter, in diesem Braus (1904)

l padre non si dà pena: i bambini non avrebbero mai dovuto uscire all’aperto con questo tempaccio!

Ma me li hanno fatti uscire, senza che potessi dir nulla. Ma ora è inutile recriminare. Oggi riposano come fossero a casa con la mamma, nulla più li spaventa, sono protetti dalla mano di Dio.

Mit ruhelos schmerzvollem Ausdruck - 4/4 RE minore (LA e RE maggiore per l’ultima strofa)

Il testo consta di 5 quartine (rispetto all’originale Mahler ha ripetuto – variata - la prima, inserendola dopo la terza) cui il musicista ha apportato solo piccole modifiche. La prime quattro strofe sono apparentate dalla tonalità di RE minore e dall’agogica evocante lo stato d’animo fra il disperato e il rassegnato del genitore. Nella quinta si apre (con il passaggio a RE maggiore) la visione dei piccoli che godono ormai dell’eterna pace.  

Introduzione strumentale in RE minore (contiene l’inciso I - vedi figura - che è parente di una figurazione presente nel primo movimento della Terza Sinfonia)
In diesem Wetter, in diesem Braus,
Nie hätt' ich gesendet die Kinder hinaus;
Man hat sie getragen, getragen hinaus,
Ich durfte nichts dazu sagen!
 
In diesem Wetter, in diesem Saus,
Nie hätt' ich gelassen die Kinder hinaus,
3 battute di raccordo (su inciso I dell’introduzione)
Ich fürchtete sie erkranken;
Das sind nun eitle Gedanken.
7 battute di raccordo (con inciso I dell’introduzione)
 
In diesem Wetter, in diesem Graus,
Nie hätt' ich gelassen die Kinder hinaus;
3 battute di raccordo (su inciso I dell’introduzione)
Ich sorgte, sie stürben morgen,
Das ist nun nicht zu besorgen.
8 battute di raccordo (con inciso I dell’introduzione)
 
In diesem Wetter, in diesem Graus!
3 battute di raccordo
Nie hätt' ich gesendet die Kinder hinaus!
Man hat sie hinaus getragen,
Ich durfte nichts dazu sagen!
9 battute di raccordo con transizione a RE maggiore (LA acuti di ottavino e glockenspiel)

In diesem Wetter, in diesem Saus, in diesem Braus, (modulazione a LA maggiore)
Sie ruh'n, sie ruh’n als wie in der Mutter, der Mutter Haus,
Von keinem Sturm erschrecket, Von Gottes Hand bedecket, (ritorno a RE maggiore)
Sie ruh'n, sie ruh’n wie in der Mutter Haus, wie in der Mutter Haus,
15 battute di chiusura in RE maggiore (motivo del penultimo verso nel corno)

Ecco i principali motivi di questo Lied (Introduzione e prime 4 strofe):

L’ultima strofa merita un discorso a sé, rappresentando non solo la chiusura del Lied, ma anche la summa dell’intero ciclo: anche a fronte di un’acuta disperazione per la disgrazia che lo ha colpito (il cupo RE minore) l’Uomo sa imboccare la strada della consolazione, trovando finalmente rifugio in Dio e nella Natura, non a caso RE maggiore. È precisamente l’approccio esistenziale (ed estetico) di Gustav Mahler, da lui manifestato praticamente in tutta la sua produzione artistica.

Ci resta ormai solo la cadenza conclusiva, riservata all’orchestra, in particolare al primo corno, che espone la melodia del penultimo verso del testo. Sarà un caso (?) ma vi compare una frase (non è proprio una citazione letterale) che viene da un passaggio suonato nella Terza Sinfonia – di circa 8 anni antecedente al Lied - dal Corno da postiglione:

Si osservino dapprima le note riquadrate in blu: formano due frasi musicali suddivise in due segmenti, apparentemente identici, in realtà assai diversi per l’armonizzazione. La frase del Lied compie due balzi in salita (in LA) che preparano però la successiva discesa verso la tonica RE. Quella della Sinfonia parte dal secondo balzo della prima (riquadro rosso) per poi farne un altro più in alto e salire ulteriormente (nel seguito). Insomma, sembra che qualcosa con gli anni sia maturato nella visione del compositore…  

28 ottobre, 2022

laVerdi 22-23. 5

Eccoci ad uno degli appuntamenti fissi delle stagioni dell’Orchestra Sinfonica di Milano: il Requiem verdiano. Sul podio il Direttore Emerito Claus Peter Flor, affiancato dal Maestro del Coro Massimo Fiocchi Malaspina. Auditorium affollatissimo e soprattutto popolato di gioventù. Gli orchestrali sfoggiano per l’occasione le nuove livree (puro Made-in-Italy) che indosseranno anche nell’imminente tournée in Olanda e Spagna, dove proporranno proprio il Requiem.

Grande prestazione di tutti, a partire dal Coro, invero perfetto, ma anche dei quattro solisti, veramente all’altezza dell’impegnativo compito: alle due super-collaudate voci femminili (Carmela Remigio e Anna Bonitatibus) si sono affiancati due giovani ormai più che promesse: il tenore Valentino Buzza (voce mozartiana/vivaldiana, chiara e squillante) e il basso Fabrizio Beggi, che ha sfoggiato potenza e varietà di accenti.

Quanto all’Orchestra, possiamo soltanto ringraziarla per la maiuscola prestazione, autorevolmente guidata dal redivivo Flor.

Esalato l'ultimo Libera me... applausi ritmati e ovazioni per tutti!
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Come detto, ora laVerdi (il nome resta sempre nella… tastiera) fa un giro in Europa e tornerà in Largo Mahler il 17 novembre.
 

14 febbraio, 2020

laVerdi-19-20 - Concerto n°16


Ben due Requiem nel programma del concerto di questa settimana, diretto dal brillante 34enne Maxime Pascal.

Dapprima il K626 del Teofilo, di cui viene eseguita più o meno la prima metà, cioè fino alla Sequenza. È noto come quest’opera, l’ultima fatica di Mozart prima della prematura scomparsa, sia rimasta non solo incompleta, ma anche assai bistrattata da coloro - la moglie Constanze in primis - che per ragioni poco artistiche, ma assai prosaiche, decisero a tutti i costi di completarla in qualche modo per poi contrabbandarla come farina del sacco del de-cuius, onde incassare i proventi della commissione dal Conte Franz Von Walsegg.

Solo nella seconda metà del ‘900 i musicologi sono riusciti, e nemmeno in modo definitivo, a districarsi nel ginepraio di documenti, testimonianze e leggende metropolitane cresciute attorno all’opera. Oggi possiamo almeno contare su qualche solida base di conoscenza, grazie all’impegno profuso da ormai 140 anni dalla Fondazione del Mozarteum. Che negli ultimi tempi ha meritoriamente messo una gran mole di informazioni e documenti a disposizione del pubblico attraverso il sito DME (Digitale Mozart Edition) e in particolare ha reso universalmente fruibili tutte le partiture (in edizione critica) del Teofilo.

Lo schema sottostante - derivato dai documenti della DME - sintetizza al massimo grado lo stato dell’arte delle conoscenze che possediamo sui contenuti musicali del Requiem:


Come si vede, di Mozart si sono ritrovati i fogli manoscritti (purtroppo inquinati da mani diverse, forse Eybler) delle prime quattro parti, mentre nulla è stato ritrovato delle quattro restanti. Inoltre del Lacrimosa esistono solo le prime 8 misure (fino a Homo reus). A ciò vanno aggiunti due schizzi isolati: 4 battute del Rex tremendae e 16 battute di un Amen fugato, presumibilmente a chiudere la Sequenz. Il suo allievo Joseph Eybler si era per primo cimentato nell’impresa di completare il lavoro, ma aveva abbandonato il tentativo dopo aver strumentato la Sequenz, salvo il Lacrimosa, cui si limitò ad aggiungere due battute. Constanze allora appaltò il completamento ad un altro allievo del marito, Franz Xäver Süssmayr, che aveva avuto modo di intrattenersi sul Requiem con lo stesso Mozart. Costui mise a punto una versione completa dell’opera, impiegando, rielaborando e completando quanto già composto o almeno abbozzato da Mozart (incluse le aggiunte di Eybler) e soprattutto componendo di suo pugno il resto, dal Lacrimosa (battute successive alla 8) e poi dal Sanctus in avanti (per la verità il Communio riprende ampi passi mozartiani di Introitus e Kyrie). È la sua versione quella che da sempre ha portato il Requiem alle orecchie del pubblico.

Negli ultimi tempi si sono moltiplicate le attività di studio e ricerca, che hanno portato alla predisposizione di nuove versioni dell’opera, fra le quali sono da ricordare quella di Clemens Kemme (2009) e la più recente (2013) di Benjamin Gunnar Cohrs.  
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Nel concerto di questi giorni in Auditorium viene invece eseguita, insieme all’Introitus e al Kyrie, la Sequenz di Eybler, che si chiude sul torso di 8 battute del Lacrimosa, cui l’allievo, come detto, aggiunse timidamente solo 2 battute del soprano, per poi rinunciare a proseguire.

È opinione abbastanza diffusa fra i musicologi che questa versione di Eybler sia esteticamente superiore a quella di Süssmayr. Come esempio pratico si confronti l’inizio del Dies Irae: di seguito sono riportate le prime 9 misure come lasciate da Mozart e le corrispondenti completate da Eybler e Süssmayr:


Mozart ci lasciò la parte vocale, il basso e un abbozzo della parte degli archi (violini primi); proprio nulla di fiati e timpani.


Eybler completa la parte degli archi (violini II e viole) e aggiunge i fiati (corno di bassetto, fagotto e clarino) e i timpani. Si noti in particolare la leggerezza della strumentazione dei fiati.


Süssmayr sembra accogliere alcune aggiunte di Eybler, ma appesantendole (i fiati hanno ad esempio note più lunghe) ma soprattutto aggiunge (qui e in quasi tutti gli altri numeri) i tre tromboni, che imprimono al brano un’impronta piuttosto greve. Il grande Bruno Walter stigmatizzava questa scelta, eccessiva a suo parere, e non la rispettava. Sebbene i tromboni siano tipici strumenti da chiesa, Mozart ne indica esplicitamente ed appropriatamente la presenza solo nel Tuba mirum (trombone tenore). Per il resto li indica nell’Introitus (dove peraltro sono notati soltanto - colla parte - accanto alle voci di Alto, Tenore e Basso) e gli stessi editori della DME non sono affatto certi che quell’indicazione sia necessariamente da estendere (come fa Süssmayr) al resto della composizione. 

Di grande interesse (per me, almeno) è questa esecuzione basata strettamente sul manoscritto originale (con l’aggiunta in coda dello schizzo dell’Amen): perchè ci porta all’orecchio l’intima essenza dell’opera, il suo cuore profondo, la sua metafisica bellezza. 
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Lo smilzo Pascal dirige senza bacchetta, con ampi gesti delle sue lunghe braccia, e ondeggiando mollemente sulle sue leve da fenicottero. Gli attacchi sono netti, dati tendendo le mani come fendenti indirizzati verso solisti, coro e strumentisti.

E tutti rispondono al meglio: dalle voci ben impostate dei quattro solisti: soprano Minji Kim; alto Solgerd Isalv; tenore Massimo Lombardi e basso Daniele Caputo; a quelle del coro guidato per l’occasione da José Antonio Sainz Alfaro; all’orchestra, doverosamente leggera in quantità (un solo trombone per doppiare le voci nell’Introitus e per le bellissime frasi del Tuba Mirum) e in trasparenza di suono.

Dopo l’ultimo verso dei soprani (Huic ergo parce deus) e anche l’unico ad essere musicato da Eybler, Pascal ottiene un minuto di raccoglimento, prima di abbassare le braccia per meritarsi l’applauso del pubblico.
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Il secondo Requiem è del 2017! Fu eseguito, domenica 2 luglio, al Festival di Spoleto, che lo aveva commissionato a Silvia Colasanti in ricordo del terribile terremoto che un anno prima aveva sconvolto e distrutto l’Italia centrale.

Si tratta propriamente di un Oratorio, dove al Coro si unisce una voce recitante accompagnata da un bandoneon. La voce (che espone un testo italiano) si alterna alle strofe del Requiem latino, cantate dal coro e dal contralto solista.

Più che un Requiem, è la contestazione del Requiem, così come la tradizione chiesastica ce lo ha tramandato: la voce recitante non per nulla è La dubitante! Che sfida il Coro di chi non dubita. Accompagnandosi al bandoneon, il Respiro della terra. E il contralto, che canta dal Quid sum miser al Cor contritum quasi cinis, gere curam mei finis è il Cuore ridotto in cenere...

Il carattere di laica accettazione della morte, di aspirazione al perdono e al ritorno alla natura eterna (un po’ l’àpeiron degli antichi filosofi greci) è sintetizzato dal sottotitolo dell’opera: Stringeranno nei pugni una cometa, verso del visionario poeta gallese Dylan Thomas, non a caso divenuto famoso per il suo approccio laico e quasi ottimistico al mistero della morte.

In rete si può ascoltare unincisione fatta a Bolzano, e anche qui abbiamo in scena alcuni dei protagonisti della prima esecuzione: il Direttore Pascal, l’autrice dei testi italiani e voce recitante, Mariangela Gualtieri, e il contralto solista, Monica Bacelli. A loro si aggiungono, oltre all’Orchestra, Davide Vendramin al bandoneon e il Coro sinfonico de laVerdi, ancora guidato da José Antonio Sainz Alfaro.  
  
L’opera inizia con un confuso chiacchiericcio, come di qualcuno che recita il Dies Irae in una giornata di pioggia. Poi inizia il canto del Coro di chi non dubita, in un’atmosfera oscillante fra SOL minore e la relativa SIb.

Ora La dubitante, Mariangela Gualtieri, con la sua voce secca e piglio deciso, si rivolge Alle piccole e grandi ombre, accompagnata da suoni dimessi del violoncello (di Tobia Scarpolini) per chiedere per loro non già la pace eterna, ma una vita perenne, qui, in mezzo a noi e alla natura che ci circonda.

Torna il Coro di chi non dubita con il tremendo Dies Irae: qui non c’è musica, ma caos, rumore; le voci espongono i versi recto tono, poi con rapide discese e con accenti quasi di terrore. Si fa largo in orchestra un MI isolato, sul quale le voci intonano stentoreamente il Tuba mirum, poi in aspra dissonanza con un FA, finchè tutto crolla verso il silenzio.

Ancora La dubitante, interrotta da sordi suoni dell’orchestra, che non sa spiegarsi perchè quel Dio tanto invocato resti zitto di fronte a macerie, dolore e pianto: un Dio duro, troppo duro...

Riprende il Coro di chi non dubita con Mors stupebit: l’atmosfera è caratterizzata da un tappeto sonoro aspro (proprio da... stridor di denti) sul quale le voci innestano ora sequenze ascendenti, ora improvvise discese dall’acuto, per sottolineare la tremenda severità del giudizio finale.

Riecco La dubitante, adesso nel totale silenzio di voci e orchestra, manifestare il suo stupore: per quel Giudice supremo che rimane in silenzio di fronte a misfatti compiuti dall’uomo, ma spesso mostra inspiegabilmente la sua mano feroce.

É arrivato il momento del Cuore ridotto in cenere. Ed entra sul palco Monica Bacelli a cantare il Quid sum miser, su una sorta di Sprechgesang. Il Rex tremendae majestatis è invece declamato. Più liriche le due strofe del Recordare e del Quaerens. Dopo uno scabro Juste Judex ecco uno squarcio di grande respiro melodrammatico, una specie di arioso che accompagna le strofe Ingemisco, Qui Mariam e Preces meae. Un ultimo scatto violento (Confutatis maledictis) e poi la chiusa (Oro supplex) di un grande lirismo, un abbandono - in LA minore - nelle mani di Dio (Gere curam mei finis).  

Ora l’orchestra prepara una specie di soffice tappeto sonoro (su un vago RE minore) per supportare una nuova esternazione della Dubitante: che invoca un Dio di amore, che arrivi a portare all’uomo la comprensione e la compassione, la consapevolezza dell’unità dell’Universo, il capire l’insetto e la grandine, l’acqua e il filo d’erba.  

Il Coro di chi non dubita espone ora il Lacrimosa: è la parte femminile a cantare la voce principale, contrappuntata da quella maschile. È un canto appropriatamente lamentoso (vagamente in RE minore) con motivi degradanti, appunto lacrimevoli, che sfocia alla fine su un LA acuto, per l’invocazione alla pietà divina.

Ultimo intervento della Dubitante, accompagnata da discreti e sporadici interventi del bandoneon di Davide Vendramin. È una lacerante confessione di chi riconosce tutte le sue colpe, piccole e grandi, egoismo, narcisismo, individuaismo... ma una su tutte: la disattenzione. Il MI del bandoneon chiude questa accorata esternazione e si prepara ad accompagnare l’ultima parte del Requiem:

il Lux Aeterna del Coro di chi non dubita. Un lungo viaggio in LA minore verso la luce che risplende sul riposo eterno dell’uomo. Un ultimo saluto del bandoneon, poi l’Amen del Coro, in LA maggiore! Lo stesso LA dell’ultimo rintocco di campana.

Qui Pascal e tutto il coro rimangono a braccia alzate al cielo e impiegano, per abbassarle, non meno di 120 secondi, in un religioso silenzio carico di tensione. Poi sei minuti ininterrotti di applausi, dapprima sobri e contenuti, quindi sempre più forti e accompagnati da ovazioni per tutti, compresa l’Autrice, salita sul palco ad abbracciare gli altri protagonisti di questo indimenticabile appuntamento.