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27 marzo, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano – Stagione 23-24.17

Settimana Santa, quindi l’Auditorium di Largo Mahler ospita - come da tradizione inaugurata nel lontano 17/3/1999 da Riccardo Chailly, allora di stanza al Concertgebouw ma in procinto di prendere le redini dell’ancor giovane Orchestra milanese - una delle due Passioni di Bach. Quest’anno tocca alla JohannesPassion, interpretata da laBarocca, l’ensemble strumentale e vocale creato a suo tempo dal Direttore Generale e Artistico uscente dell’Orchestra Sinfonica di Milano, Ruben Jais.

Dopo l’esperimento di due anni fa (eseguire la versione del 1725, che presenta alcune importanti novità rispetto all’originale del 1724 – il coro di apertura, tre arie e il corale di chiusura) Jais è tornato alle origini. Prima del concerto è intervenuto alla consueta presentazione organizzata da Pasquale Guadagnolo per spiegare con grande passione (!) e chiarezza i tratti peculiari di quest’opera, che sovverte i canoni delle sacre rappresentazioni introducendo arditamente stilemi di natura teatrale; e poi il ruolo che vi ha il Coro e le caratteristiche dei diversi numeri musicali: Cori, Corali, Arie e Recitativi dell’Evangelista.

Cast vocale assai bene assortito, con solisti già collaudati – anche extra-Bach - in anni precedenti (l’Evangelista Bernhard Berchtold, il Gesù di Johannes Held, il baritono Christian Senn). Coro di 17 elementi guidato da Jacopo Facchini e viola da gamba solista Juan Manuel Quintana, già protagonista nella Matthäus dello scorso anno.

Pubblico foltissimo, a dispetto dalla fastidiosa pioggia, e prodigo di applausi e ovazioni per tutti indistintamente. Si replica venerdi 29.

17 dicembre, 2023

Ruben Jais con laBarocca: Natale = Messiah

Il dimissionario Direttore Generale ed Artistico dell’Orchestra Sinfonica di Milano non ha voluto privare gli appassionati del suo tradizionale appuntamento natalizio con il monumentale Messiah di Händel. Sul palco, ai suoi comandi, l’ensemble strumentale e vocale (Jacopo Facchini, Maestro del Coro) de laBarocca, sua diretta creazione.

Negli anni Jais ha consolidato (apportandovi via via qualche variante) la sua personale struttura dell’oratorio da presentare al suo pubblico: eseguire l’integrale della prima parte così come pubblicata (da Friedrich Chrysander, inizio ‘900) seguito da un unico blocco della seconda e terza parte un pochino sfrondate, in modo da realizzare due sezioni più o meno equivalenti in termini di durata (60’ ciascuna). Ma ieri ha invece proposto l’intero corpus dell’opera (quasi 2h30’ di durata). Qui una mia succinta sinossi dell’opera.

I quattro solisti erano tutti maschietti (! e le quote rosa?!): il tenore Cyril Auvity e il baritono Renato Dolcini (già protagonisti di passate produzioni) cui si sono aggiunti i controtenori Mayaan Licht e Ray Chenez.

Auditorium letteralmente preso d’assalto, a dimostrazione che il barocco – se presentato come si deve – ha tuttora un seguito persino superiore al repertorio classico-romantico!

Successo strepitoso, premiato – come sempre – dalla riproposizione del trionfale Hallelujah!

23 dicembre, 2020

Natale con laVerdi in streaming

In sostituzione del Concerto di Natale originariamente previsto dalla programmazione autunnale de laVerdi, poi finita come ahinoi sappiamo causa recrudescenza del virus, ieri sera è stato trasmesso in streaming un emozionante concerto di carole natalizie, di origine albionica (qui non c’è brexit che tenga...)

𝙒𝙞𝙡𝙡𝙘𝙤𝙘𝙠𝙨, 𝘏𝘢𝘳𝘬! 𝘛𝘩𝘦 𝘏𝘦𝘳𝘢𝘭𝘥 𝘈𝘯𝘨𝘦𝘭𝘴 𝘚𝘪𝘯𝘨

𝙒𝙞𝙡𝙡𝙞𝙖𝙢𝙨, 𝘔𝘦𝘳𝘳𝘺 𝘊𝘩𝘳𝘪𝘴𝘵𝘮𝘢𝘴, 𝘔𝘦𝘳𝘳𝘺 𝘊𝘩𝘳𝘪𝘴𝘵𝘮𝘢𝘴

𝙒𝙞𝙡𝙡𝙘𝙤𝙘𝙠𝙨, 𝘖𝘯𝘤𝘦 𝘪𝘯 𝘙𝘰𝘺𝘢𝘭 𝘋𝘢𝘷𝘪𝘥'𝘴 𝘊𝘪𝘵𝘺

𝙇𝙚𝙤𝙣𝙩𝙤𝙫𝙞𝙘𝙝 (𝘼𝙧𝙧. 𝙒𝙞𝙡𝙝𝙤𝙪𝙨𝙠𝙮), 𝘊𝘢𝘳𝘰𝘭 𝘰𝘧 𝘵𝘩𝘦 𝘉𝘦𝘭𝘭𝘴

𝙒𝙞𝙡𝙡𝙘𝙤𝙘𝙠𝙨, 𝘜𝘯𝘵𝘰 𝘜𝘴 𝘐𝘴 𝘉𝘰𝘳𝘯 𝘢 𝘚𝘰𝘯

𝙍𝙪𝙩𝙩𝙚𝙧, 𝘚𝘵𝘢𝘳 𝘊𝘢𝘳𝘰𝘭

𝘾𝙖𝙢𝙥𝙗𝙚𝙡𝙡 - 𝙂𝙧𝙪𝙗𝙚𝙧, 𝘏𝘰𝘭𝘺 𝘕𝘪𝘨𝘩𝘵 (𝘚𝘵𝘪𝘭𝘭𝘦 𝘕𝘢𝘤𝘩𝘵)

𝙒𝙞𝙡𝙡𝙘𝙤𝙘𝙠𝙨, 𝘛𝘩𝘦 𝘍𝘪𝘳𝘴𝘵 𝘕𝘰𝘸𝘦𝘭𝘭

𝙋𝙚𝙖𝙧𝙨𝙖𝙡𝙡, 𝘐𝘯 𝘥𝘶𝘭𝘤𝘪 𝘫𝘶𝘣𝘪𝘭𝘰

𝙒𝙞𝙡𝙡𝙘𝙤𝙘𝙠𝙨, 𝘎𝘰𝘥 𝘙𝘦𝘴𝘵 𝘠𝘰𝘶 𝘔𝘦𝘳𝘳𝘺, 𝘎𝘦𝘯𝘵𝘭𝘦𝘮𝘦𝘯

𝙍𝙪𝙩𝙩𝙚𝙧, 𝘈𝘯𝘨𝘦𝘭𝘴' 𝘊𝘢𝘳𝘰𝘭

𝙒𝙞𝙡𝙡𝙘𝙤𝙘𝙠𝙨, 𝘖 𝘊𝘰𝘮𝘦, 𝘈𝘭𝘭 𝘠𝘦 𝘍𝘢𝘪𝘵𝘩𝘧𝘶𝘭 (𝘈𝘥𝘦𝘴𝘵𝘦 𝘍𝘪𝘥𝘦𝘭𝘦𝘴)

Impressionante il colpo d’occhio dell’Auditorium, trasformato in enorme palcoscenico dove hanno trovato posto - in platea -  l’Orchestra e - in galleria - i Cori (grandi e piccoli) della Fondazione.

L’abbigliamento della bravissima Viviana ha dato un appropriato tocco di ecumenismo alla circostanza:

Alla fine auto-applausi dei protagonisti e passerella per i tre direttori: Tramontin, Jais e Grandini:


16 ottobre, 2020

laVerdi 20-21. Concerto n°4

Il Direttore Generale ed Artistico de laVerdi, nonchè fondatore dell’ensemble laBarocca, Ruben Jais, sale sul podio questa settimana guidando una compagine che comprende elementi di entrambe le formazioni orchestrali (solo archi, più un clavicembalo) per offrirci un concerto che affianca Vivaldi a Piazzolla, avente per oggetto le stagioni. Si tratta di un concerto originariamente previsto per lo scorso giugno e andato in fumo, insieme al resto della stagione 19-20, causa virus.

Il programma riproduce - con qualche geniale variante - quello presentato qui nell’ormai lontano 2013 con Bignamini sul podio.

Sul palco entrano quindi 36 strumentisti, così dislocati: nella parte sinistra (rispetto a pubblico e Direttore) 19 elementi (4+4+4+4+3) de laVerdi, solista Luca Santaniello e spalla Lycia Viganò (che normalmente è prima parte dei violini secondi) che suonano Piazzolla; nella parte destra 14 elementi (4+4+3+2+1) de laBarocca, solista Gianfranco Ricci (collega della Viganò nell’Orchestra principale) e spalla Diego Castelli, che suonano Vivaldi; al centro il clavicembalo (che suona con i barocchisti, ma mette lo zampino - chiusa della Primavera - anche con i moderni). La differenza fra moderni e barocchisti si evidenzia già al momento dell’accordatura dei rispettivi ensemble: LA a 442 per i primi, LA a 415 (un semitono sotto) per i secondi...

La sequenza esecutiva vede per tre-quarti (Primavera-Estate-Autunno) l’alternarsi regolare delle due compagini: prima i barocchisti e poi i moderni. Al termine di ciascun brano il pubblico può liberamente applaudire. Qui però Jais cambia l’ordine e fa eseguire l’Invierno Porteño ancora ai moderni, e poi inventa una mirabile transizione diretta all’Inverno vivaldiano, facendo trascolorare la chiusa sognante (e... vivaldiana) di Piazzolla nell’attacco rabbrividente (Agghiacciato tremar trà nevi algenti) del Prete rosso, che poi chiude il concerto con il consolante Quest'è 'l verno, mà tal, che gioja apporte.

Una proposta invero eccellente, e impreziosita dalla splendida prestazione di tutti, che il pubblico ha accolto con grandissimo calore. Dopo ripetute chiamate, Jais esce di scena e vi restano i due complessi che ci regalano, presentato da Santaniello, un bis con i fiocchi: il celebre Libertango di Piazzolla suonato insieme da tutti quanti (con Tobia Scarpolini che ha abbandonato il suo cello per fare da... percussionista e dare il ritmo)! Il che non è precisamente cosa di tutti i giorni, nè da tutti, dato che i due ensemble hanno accordature diverse. Così, per suonare il pezzo - che è in LA minore - in perfetta consonanza, i barocchisti han dovuto evidentemente trasportare la (loro) tonalità in SIb minore (5 bemolli in chiave!)

Successo strepitoso e applausi ritmati, a dare un po’ di luce e di ottimismo a questa serata piovigginosa, dopo una giornata funestata ahinoi da nuovi record covidiani.


20 aprile, 2019

laVerdi 18-19 - Concerto n°26


Come da tradizione, la Settimana Santa ha portato in Auditorium (e in Duomo!) una delle Passioni di Bach, alternativamente la Matthäus e la Johannes. Quest’anno è toccato alla Matthäus, e a proporcela sono stati gli ensemble (vocale e strumentale) de laBarocca rinforzati dal Coro di Voci bianche de laVerdi. Sul podio, immancabilmente, Ruben Jais.

Ieri sera si è concluso il ciclo delle tre recite con un’esecuzione salutata trionfalmente dal foltissimo pubblico.

Ancora una volta lascio la parola a Monsignor Gianantonio Borgonovo, Arciprete del Duomo di Milano, che inquadra mirabilmente l’opera di Bach nel contesto storico-religioso dei suoi tempi.

Gianantonio Borgonovo

Johann Sebastian Bach: Tra storia e pietismo

Il contesto storico

Nella comunità cristiana, sin dai primi passi dopo la risurrezione di Gesù, il racconto evangelico della Passione, Croce e Risurrezione fu di grande rilievo e segnò la stessa nascita della Chiesa credente. Queste sezioni dei Vangeli hanno ricevuto da subito un’attenzione speciale nella celebrazione dell’Eucaristia nella liturgia cristiana lungo l’anno liturgico con un’enfasi di singolare solennità.

Risale probabilmente già al V secolo una drammatizzazione del testo, con una distribuzione su ruoli diversi (Evangelista, Gesù, Ponzio Pilato e altri). Heinrich Schütz assegnò a questi personaggi voci diverse e permise ai gruppi di persone di esibirsi come coro polifonico. Nel Sud della Germania, alla fine del XVI secolo c’era già la tradizione di interrompere il racconto della Passione con i corali cantati dall’assemblea. Pezzi poetici liberi come corali e arie sono stati inseriti dal XVII secolo. Nel tardo barocco, la Passione è stata musicata in tre modi diversi: la Passione-Cantata, l’Oratorio-Passione, come libero adattamento, e la Passione-oratoria. Bach decise per la Passione secondo Giovanni e secondo Matteo di adottare quest’ultimo genere.

Nel corso di un periodo di circa 100 anni (1669-1766), nella tradizione di Leipzig si recitarono i testi della Passione durante il servizio mattutino, in modo solenne, con recitazione dei testi della Passione nello stile del canto gregoriano. Solo nel 1717 il canto polifonico (figuraliter) è stato ammesso nella Chiesa Luterana, a St. Thomas nel 1721 e a San Nicola nel 1724, e poi alternativamente nelle due chiese principali. La Passionsmusik ha trovato posto nel servizio dei vespri a partire dalle ore 14 per 4 o 5 ore, mentre il posto originario era dopo il servizio iniziale del mattino che si protraeva dalle 7 alle 11. In ogni modo, le Passioni di J. S. Bach - diversamente da quanto avviene oggi - erano parte del servizio liturgico e non erano intese come musica da concerto.

L’influsso del Pietismo

Se lo spirito della Chiesa della Riforma ha portato Johann Sebastian Bach a valorizzare nel modo più puro la nuda parola dell’Evangelo, come un’incarnazione della Parola di Dio nella Sacra Scrittura stessa, la corrente spirituale del Pietismo ebbe un influsso di enorme portata nella rielaborazione dei testi delle Arie (Arioso, Recitativo accompagnato) e degli altri abbellimenti delle parti utilizzate (Corali) o inventate (Cori Madrigaleschi o rielaborati) dal grande Musicista.

Il pietismo era nato dalla percezione che mancasse il tocco della pietas, da una vita cristiana troppo mondanizzata e dall’urgenza di “dare corpo” alla fede personale. Potremmo dire che esso sia stato una risposta teologica allo stress e al trauma lasciato dalla Guerra dei Trent’anni, volendo così riorientare e riequilibrare le due dimensioni rappresentate, da una parte, dalla Parola scritta della Bibbia e, dall’altra, dalle tradizioni cristiane che la interpretano lungo i secoli di esegesi che stanno alle spalle.

Nel XVIII secolo, i rappresentanti del pietismo cercarono di opporsi all’emergente Illuminismo, come era avvenuto agli inizi della Riforma contro l’ortodossia protestante, formando così una corrente sempre più difensiva e chiusa nelle diverse comunità nazionali. Gli Illuministi avevano scosso la visione tradizionale del mondo con nuove scoperte di scienze naturali e sfidavano la teologia tradizionale. La teologia reagì con crescente “specializzazione scientifica”, divenendo però sempre più arida e incomprensibile ai membri non accademici delle comunità. Inoltre, lo Stato assolutista aveva richiesto un impegno per il dogma ufficiale della chiesa di campagna, ma aveva mantenuto una pietà personale molto inquietante, purché si rimanesse criticamente legati alla pietà tradizionale.

I pietisti criticarono entrambi gli sviluppi come un cammino puramente esteriore e contrario al loro ideale di pietà personale ed emotiva. Il pietismo si considerava, infatti,
un movimento biblico, laico e spirituale. Sottolineava il lato soggettivo della fede, ma sviluppava anche un forte tratto missionario e sociale. Nella pratica, i piccoli gruppi pietistici vivevano in quartieri di abitazioni con gruppi di case in cui si svolgevano gruppi di incontro per lo studio della Bibbia e la preghiera comune, spesso con un’importanza e dimensioni simili (o addirittura superiori) rispetto alle liturgie comuni.

A fondare il Pietismo Luterano è l’alsaziano Philipp Jacob Spener (1635-1705). Non c’è quasi un territorio luterano nel Reich tedesco con cui egli non avesse relazioni. Come manifesto di Pietismo Luterano, Spener si applica nel 1675 a pubblicare il volume Pii desideri (Utopia), in cui, passando da un lamento all’altro circa lo stato della Chiesa attuale e dei suoi membri, sviluppa un programma di riforma: introduzione di incontri per migliorare la conoscenza della Bibbia, i dipendenti di “laici” nel passaggio dalla conoscenza della fede all’atto di fede, la restrizione delle polemiche religiose, la riforma degli studi teologici accrescendo soprattutto la praxis pietatis, spostando il contenuto dalla conoscenza della fede verso l’edificazione dell’uomo interiore. Nel 1670 alcuni uomini giunsero a Spener con la richiesta di edificare gli scambi in riunioni speciali, che furono presto denominati Collegium pietatis o Exercitium pietatis. Spener lo organizzò nella sua canonica. Presso di loro, l’ora della costruzione o la lezione della Bibbia si sviluppò come la forma caratteristica degli eventi del pietismo fino ad oggi. Sono ancora chiamati in Germania e in altre aree le «ore». Nel Württemberg i loro visitatori si chiamano «Stundenbrüder», in tedesco «Stündeler»; in russo, nel diciannovesimo secolo il termine «Stundent» ha finito per significare «membro della setta». In queste conventicole, il pericolo di separazione dal resto della Riforma era virulento.

Per Johann Sebastian Bach il pietismo non ha ancora queste derive eterodosse, anzi bisogna riconoscere che, in particolare proprio nelle Passioni, in modo positivo ha contribuito alla lettura del testo biblico un afflato di sentimenti e di contemplatio spiritualis che difficilmente avrebbero potuto acquisire in altro modo. Basti, a modo di conclusione, rileggere il corale cantato dai due Cori come chiusura della Matthäus-Passion che il sublime organista di Leipzig non ha potuto non trascrivere - in diverso modo - anche nella Johannes-Passion immediatamente prima del corale conclusivo, con eguali note di spiritualità pietista (le parole sono del poeta e librettista Christian Friedrich Henrici, piu conosciuto con lo pseudonimo di Picandro o Picander):

Wir setzen uns mit Tränen nieder
und rufen dir im Grabe zu:
Ruhe sanfte, sanfte Ruh’!
Ruht, ihr ausgesognen Glieder!
Ruhet, sanfte, ruhet wohl!
Euer Grab und Leichenstein
soll dem ängstlichen Gewissen
ein bequemes Ruhekissen
und der Seelen Ruhstatt sein.
Ruhet sanfte, ruhet wohl!
Höchst vergnügt schlummern
da die Augen ein.
Ci inginocchiamo con lacrime
e gridiamo verso la tua tomba:
Riposa sereno, sereno riposa!
Riposate, o esauste membra!
Riposate serene, riposate!
La vostra tomba, la vostra lapide
dovrà essere un morbido cuscino
per la coscienza tormentata,
e il luogo di riposo per l’anima.
Riposate serene, riposate!
In somma beatitudine
gli occhi si chiudono al sonno.

21 dicembre, 2017

laBarocca è tornata con GesùBambino


In vista del Natale, è tornato dopo qualche tempo l’appuntamento con laBarocca di Ruben Jais per il colossale Messiah di Händel. Così come fatto in passato, il Direttore ha presentato in-toto la Prima Parte (che tratta propriamente della Natività) accorpando poi in una sola le successive due Parti (Resurrezione e Secondo Avvento). In complesso due blocchi di circa 60 minuti, abbastanza equilibrati anche rispetto alla... concentrazione richiesta allo spettatore.

Cast interessante, con il soprano Deborah York, che tornava qui dopo 5 anni (allora in Bach); il contralto (o controtenore che dir si voglia) Filippo Mineccia; il tenore Cyril Auvity e il baritono Renato Dolcini. Tutti assai ben preparati e convincenti, così come il collaudato Ensemble vocale di Gianluca Capuano.

Prima parte tenuta da Jais con approccio assai sostenuto, seconda più... vivace. Immancabile bis dell’Hallelujah con auguri natalizi, che il foltissimo pubblico ha accolto con grande entusiasmo.


21 ottobre, 2017

1517-2017 in musica con laVerdi


Ieri sera in Auditorium laVerdi, guidata dal suo Direttore Artistico ed Esecutivo ha commemorato il 500° anniversario della Riforma protestante con un concerto che ha havuto come filo conduttore il testo luterano Ein feste Burg ist unser Gott.

Il pezzo centrale – ma anche il pezzo forte – della serata era la Cantata BWV80 di Bach, incastonata fra l’originale luterano e la Sinfonia della riforma di Mendelssohn.

Come ha puntualmente ricostruito Raffaele Mellace nel suo monumentale tomo sulle Cantate di Bach, la BWV80 risale, forse, addirittura ai tempi di Weimar (1715); fu poi ripresa a Lipsia già (sempre... forse) nel 1724, poi arricchita ulteriormente nel periodo 1727-1731 e infine completata in tempo (1739) per il secondo centenario dell’introduzione della Riforma nella città sassone.  

Nel corso dei decenni (e dei secoli, ormai) oltre ad essere divenuta di gran lunga la più famosa delle Cantate bachiane, la BWV80 ha anche subito diversi rimaneggiamenti e/o (presunti) arricchimenti. Uno di questi riguarda la strumentazione, che nell’800 venne apocrifamente rinforzata con l’impiego di trombe e timpani, come si può notare qui:


E ciò andò di pari passo, specie nel ‘900, con il discutibile gigantismo di orchestre e cori impiegati per l’esecuzione, di cui Karl Richter fu assoluto (ma anche contestato) campione. Ecco qui invece un’esecuzione (senza coro) che ci riporta proprio ai tempi di Bach, rivelando tutta la purezza delle linee melodiche e il sublime contrappunto del grande Sebastiano. Messi in evidenza in questa interessante analisi del brano iniziale.

Seguiamo proprio la citata esecuzione olandese per scoprire il contenuto di questo autentico scrigno.

41” Il n°1 (Corale-fantasia, RE maggiore, 4/4) impegna le quattro voci S-A-T-B (solisti e coro, quando presente) più gli strumenti al completo nell’esposizione in mirabile contrappunto della prima delle quattro strofe di Luther, su una melodia che riprende, variandolo, l’originario tema luterano.

Ein feste Burg ist unser Gott,
Ein gute Wehr und Waffen;
Er hilft uns frei aus aller Not,
Die uns itzt hat betroffen.
Der alte b
öse Feind,
Mit Ernst er's jetzt meint,
Groß Macht und viel List
Sein grausam Rüstung ist,
Auf Erd ist nicht seinsgleichen.
Il nostro Dio è una fortezza sicura,
una buona difesa e buona arma;
egli ci aiuta liberandoci da ogni male
che si è abbattuto fin'ora su di noi.
L'antico e malvagio nemico
è seriamente risoluto,
grande forza e molta falsità
sono le sue orribili armi,
nessuno è come lui sulla terra.
  
6’08” Il n°2 (Aria, RE maggiore, 4/4) è un duetto (S-B) su parole (evidenziate) di Salomo Franck (autore dei testi delle cantate composte da Bach a Weimar) esposte dal Basso e contrappuntate dal Soprano con la seconda strofa del Lied luterano. L’accompagnamento è limitato ad archi e oboe. Qui si parla del Cristo come condottiero di schiere in battaglia, per la vittoria della fede. Si noti come il soprano accompagni la melodia del basso con il tema luterano. Qui si parla del Cristo come condottiero di schiere in battaglia, per la vittoria della fede. Si noti come il soprano accompagni la melodia del basso con il tema luterano.

Alles, was von Gott geboren,
Ist zum Siegen auserkoren.

Mit unsrer Macht ist nichts getan,
Wir sind gar bald verloren.
Es streit' vor uns der rechte Mann,
Den Gott selbst hat erkoren.
Wer bei Christi Blutpanier
In der Taufe Treu geschworen,
Siegt im Geiste für und für.

Fragst du, wer er ist?
Er heit Jesus Christ,
Der Herre Zebaoth,
Und ist kein andrer Gott,
Das Feld mu er behalten.
Alles, was von Gott geboren,
Ist zum Siegen auserkoren.
Tutto ciò che è nato da Dio
è destinato alla vittoria.
Niente può essere fatto con le nostre forze,
subito saremmo perduti.
Combatte per noi il Giusto,
che Dio stesso ha scelto.
Chiunque con il vessillo del sangue di Cristo
abbia giurato fedeltà al battesimo,
vince nello spirito per sempre.
Tu sai chi è lui?
Il suo nome è Gesù Cristo,
il Signore degli eserciti,
e non c'è altro Dio,
lui domina il campo di battaglia.
Tutto ciò che è nato da Dio
è destinato alla vittoria.

9’48” Il n°3 (Recitativo, SI minore, poi FA#, 4/4) è affidato al Basso (testo di Franck) che esalta il pentimento del fedele e la sua vittoria su Satana.

Erwäge doch, Kind Gottes, die so große Liebe,
Da Jesus sich
Mit seinem Blute dir verschriebe,
Wormit er dich
Zum Kriege wider Satans Heer
und wider Welt, und Sünde
Geworben hat!
Gib nicht in deiner Seele
Dem Satan und den Lastern statt!
Laß nicht dein Herz,
Den Himmel Gottes auf der Erden,
Zur Wüste werden!
Bereue deine Schuld mit Schmerz,
Dass Christi Geist mit dir sich fest verbinde!
Considera, figlio di Dio, un amore così grande, 
che Gesù stesso
ha sottoscritto con il proprio sangue
il tuo arruolamento
nella guerra contro le schiere di Satana, contro il mondo 

e contro il peccato!
Non date spazio nella vostra anima
a Satana e alla depravazione!
Non lasciate che i vostri cuori,
il Cielo di Dio sulla terra,
diventino un deserto!
Pentitevi con dolore della vostra colpa,
così che lo Spirito di Cristo aderisca con forza ad  essi!

111’37” Il n°4 (Aria, SI minore, 12/8) sempre su testo di Franck, è cantata dal Soprano (con il solo accompagnamento del continuo) che invoca il Signore Gesù perchè scenda nell’anima, scacciandovi Satana.

Komm in mein Herzenshaus,
Herr Jesu, mein Verlangen!
Treib Welt und Satan aus
Und lass dein Bild in mir erneuert prangen!
Weg, schnöder Sündengraus!
Vieni ad abitare nel mio cuore,
mio Gesù, mio desiderio!
Scaccia il mondo e Satana
e fà che la tua immagine risplenda in me rinnovata! 
Via, orribile arroganza del peccato!

14’28” Il n°5 (Corale, RE maggiore, 6/8) è cantato dalle quattro voci all'unisono (!) sul testo della terza strofa di Luther e su una variante del tema originale. Nobile l’accompagnamento dei due oboi d’amore e del taille (oboe tenore, dal suono più grave degli altri due). Ripropone il tema della lotta fra bene e male e della vittoria finale del soprannaturale sul materiale.

Und wenn die Welt voll Teufel wär
Und wollten uns verschlingen,
So fürchten wir uns nicht so sehr,
Es soll uns doch gelingen.
Der Fürst dieser Welt,
Wie saur er sich stellt,
Tut er uns doch nicht,
Das macht, er ist gericht',
Ein Wörtlein kann ihn fällen.
E se anche il mondo fosse pieno di demoni
e volesse inghiottirci,
noi non avremmo paura,
comunque otterremmo la vittoria.
Il Principe di questo mondo,
per quanto feroce possa essere,
nulla può farci,
poiché è già stato giudicato,
una sola parola lo può abbattere.

18’24” Il n°6 (Recitativo, SI minore - RE maggiore, 4/4) è affidato al Tenore (testo di Franck): ribadisce l’appello all’anima perchè resti con Cristo fino alla vittoria finale sul nemico:

So stehe dann bei Christi blutgefärbten Fahne,
O Seele, fest
Und glaube, dass dein Haupt dich nicht verlässt,
Ja, dass sein Sieg
Auch dir den Weg zu deiner Krone bahne!
Tritt freudig an den Krieg!
Wirst du nur Gottes Wort
So hören als bewahren,
So wird der Feind gezwungen auszufahren,
Dein Heiland bleibt dein Hort!
Resta accanto al vessillo del sangue di Cristo,
oh anima, con fermezza
e con la certezza che non perderai il tuo capitano, 
sì, e che la sua vittoria
aprirà la strada anche alla tua corona!
Marcia con gioia alla guerra!
Se metti in pratica la Parola di Dio
così come la ascolti,
il nemico sarà costretto a retrocedere,
il tuo Salvatore resta il tuo tesoro!

19’47” Il n°7 (Aria, SOL maggiore, 3/4) è un duetto (A-T) con l’accompagnamento del violino e dell’oboe da caccia (in FA). Il testo, di Franck, prefigura la felicità celeste per coloro che si renderanno a Dio con fede incrollabile:

Wie selig sind doch die,
die Gott im Munde tragen,
Doch selger ist das Herz,
das ihn im Glauben trägt!
Es bleibet unbesiegt
und kann die Feinde schlagen
Und wird zuletzt gekrönt,
wenn es den Tod erlegt.
Felici coloro che hanno Dio
sulla loro bocca,
ma più felice il cuore
che conserva in lui la fede!
Resta invincibile
e può sconfiggere i suoi nemici
e nell'ora della vittoria sulla morte sarà infine incoronato.

23’55” Il n°8 (Corale, RE maggiore, 4/4) chiude in gloria la cantata con la quarta strofa di Luther e il suo tema originale:

Das Wort sie sollen lassen stahn
Und kein' Dank dazu haben.
Er ist bei uns wohl auf dem Plan
Mit seinem Geist und Gaben.
Nehmen sie uns den Leib,
Gut, Ehr, Kind und Weib,
Laß fahren dahin,
Sie habens kein' Gewinn;
Das Reich muss uns doch bleiben.
Non bisogna toccare la Parola di Dio
e non interpretarla a proprio vantaggio.
Egli è con noi secondo i suoi piani
con il suo Spirito e i suoi doni.
Se porteranno via i nostri corpi,
beni, onore, figli, moglie,
lasciamoli pure andare,
ma non avranno alcun bottino;
il Regno resterà sempre con noi.
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Jais, che ha speso 5 minuti per introdurre le tre opere in programma, ha adottato una soluzione di onesto e onorevole compromesso: intanto dimenticando trombe e timpani; e poi impiegando un organico ridotto (poco più di 20 strumenti e 30 coristi). Non avendo a disposizione la sua BAROCCA, ha invece suonato a 440 Hz (Bach avrebbe sentito il suo RE come un MIb!) e la taille, l’oboe da caccia e quelli d’amore sono stati surrogati dal moderno corno inglese e da oboi disamorati (!) Discutibile  - ma siamo ai dettagli minimi – la scelta di far suonare non solo al continuo, ma anche agli strumenti il corale conclusivo (peraltro Jais li ha tenuti a volume bassissimo, quasi a creare non più che un lontano sfondo al canto di coro e solisti).

Insomma, un mix più che accettabile, date le circostanze, e impreziosito dalla bontà delle quattro voci soliste, in primo luogo Christian Senn e Ana Maria Labin che hanno le parti oggettivamente più corpose (ma bravi anche Julia Böhme e Thomas Hobbs). Come sempre encomiabile la prestazione del Coro di Erina Gambarini, qui giustamente a ranghi assai ridotti.
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Prima della cantata il solo coro aveva introdotto il tema del concerto, cantando le quattro strofe di Luther, accompagnato ed introdotto splendidamente dall’organo di Davide Pozzi.

Simpaticamente bizzarra la scelta di Jais di far suonare in posizione eretta violini, viole e contrabbassi nella Riforma mendelssohniana (i violoncelli se la sono sfangata, date le caratteristiche ibride dello strumento... però per par-condicio avrebbero meritato di dover suonare in ginocchio!) Il Direttore potrebbe spiegare la ragione della trovata: forse una specie di attenti! per omaggiare Lutero !?)
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Se posso permettermi una chiosa personale: i suoni eterei di Bach hanno contribuito a ripristinare nelle mie orecchie un po’ di quell’equilibrio musicale che era stato rotto dalle sesquipedali esternazioni mahlerian-gattiane della sera precedente!