XIV

da prevosto a leone
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19 ottobre, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano - 24-25.3

Tutta Italia nel settimanale appuntamento in Auditorium, con il programma ancora una volta tripartito. Sul podio avrebbe dovuto salire Giuseppe Grazioli, un autentico specialista della musica italiana del ‘900 (fra l’altro ha eseguito più volte e inciso con laVerdi molte musiche di Nino Rota) che ha dovuto dare forfait ed è quindi sostituito dal valente Andrea Oddone, che ha un rapporto di lunga data con l’Orchestra.

Purtroppo, l’Auditorium era assai scarsamente popolato… verrebbe da pensare che il nostro sovranismo non sia poi così granitico come si vuol far credere.  

Dei tre brani in programma (di Tommasini, Casella e Respighi) solo il terzo è già stato eseguito (in due precedenti occasioni, 2001 e 2010) dall’Orchestra, che invece affronta per la prima volta gli altri due. Tutti e tre si ispirano o evocano musiche di due autori del ‘700-‘800, Domenico Scarlatti e Gioachino Rossini; il primo e terzo furono composti specificamente per essere rappresentati come balletti dalla compagnia di Sergej Djagilev, ma anche il secondo, di Casella, fu sporadicamente messo in scena.

I tre lavori si differenziano anche per i diversi approcci seguiti dagli Autori rispetto all’impiego delle fonti originali (Scarlatti e Rossini). Si va da una rigorosa rigidità (Tommasini, dove ciascuno dei 23 numeri del balletto si riferisce ad una scena ispirata a Goldoni e ad una singola Sonata scarlattiana); ad un più libero approccio (Respighi, dove ognuna delle 8 sezioni principali del balletto accorpa – e rielabora - riferimenti a diversi brani rossiniani); e infine ad un ancor più complesso approccio, quello di Casella, il cui lavoro ha una struttura classicamente rigida, con 5 movimenti chiaramente individuati, ma dove ciascuno di essi è costruito con una libera rielaborazione di motivi (gli studiosi ne hanno individuati non meno di 88!) degli originali scarlattiani.

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Si apre quindi con Vincenzo Tommasini (1878-1950) e la sua Suite dal balletto Le donne di buon umore (da Goldoni). Balletto che vide la luce nel 1917 a Roma.

I numeri del balletto furono suggeriti dallo stesso Djagilev a partire dallo sterminato catalogo delle Sonate di Domenico Scarlatti, e orchestrati da Tommasini per il balletto; successivamente il compositore ne ricavò la Suite che raccoglie 6 dei 23 numeri del balletto (si veda la tabella in Appendice A.)

Per derivare la Suite, Tommasini ha evidentemente scelto i numeri del balletto che reputava più interessanti, avendo anche cura delle loro concatenazioni tonali: tutta la Suite ha come tonalità di impianto SOL maggiore (i primi due brani); poi seguono la dominante RE maggiore e la sua relativa SI minore; quindi si riparte da SIb maggiore, seguito dalla sua relativa SOL minore, che apre la strada al ritorno conclusivo del SOL maggiore (il che ha costretto l’Autore a trasporlo dal FA di Scarlatti…)

Per l’esecuzione in questo concerto il programma di sala invece riporta semplicemente il titolo Cinque sonate, con i soli riferimenti all’agogica: Presto, Allegro, Andante, Non presto, in tempo di ballo, Presto. In pratica sono i numeri della Suite ad esclusione dell’Ouverture e della Fuga che precede il finale.

In ogni caso si tratta di un brano assolutamente gradevole, che testimonia della qualità della scuola di musicisti italiani del primo ‘900. E che Oddone e l’Orchestra hanno ampiamente valorizzato!

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Valore che ovviamente va riconosciuto ad Alfredo Casella (1883-1947) di cui si è eseguito ScarlattianaDivertimento su musiche di Domenico Scarlatti per pianoforte e piccola orchestra op. 44.

Il brano si articola in 5 numeri, così intitolati:

1.   Sinfonia: Lento, grave - Allegro molto vivace

2.   Minuetto: Allegretto ben moderato e grazioso

3.   Capriccio: Allegro vivacissimo ed impetuoso

4.   Pastorale: Andantino dolcemente mosso

5.   Finale: Lento molto e grave - Presto vivacissimo

Come detto, Casella non trasferisce puntualmente i contenuti scarlattiani nella sua opera, ma ci si ispira assai liberamente. Nell’insieme il brano mostra un notevole grado di originalità ed è questo che lo rende da sempre (con la successiva Paganiniana) uno dei più famosi ed eseguiti del compositore torinese.

Ad interpretarlo alla tastiera è arrivata la giovane (27enne) pianista Martina Consonni, che ha affrontato la sua parte non certo massacrante (a dispetto della fama di gran solista dell’Autore, è basata su un continuo alternarsi di interventi del pianoforte nel tessuto orchestrale e non indulge mai a mirabolanti virtuosismi) con grande (proprio scarlattiana!) leggerezza.

Risultato: convinti e reiterati applausi per lei che ci ricambia con questo sognante (/corrucciato) Mendelssohn.

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La serata si è chiusa con Ottorino Respighi (1879-1936) e la Suite dalle musiche del balletto La Boutique fantasque, costruite a partire da brani tratti dai Péchés de vieillesse e dalle Soirées musicales, che Rossini compose (per il pianoforte e la voce) negli anni successivi all’abbandono della produzione operistica (si veda la tabella in Appendice B.)

Il balletto ha una trama lontanamente parente di Coppelia di Delibes, essendo ambientato in un negozio di bambole e giocattoli che si animano: una storia a lieto fine di bambola-e-bambolotto (ballerini di can-can) innamorati e poi separati dal negoziante che intende venderli disgiunti, infine riuniti dal provvidenziale e solidale intervento degli altri consimili giocattoli.

Come già osservato per Tommasini, anche Respighi impiega i motivi rossiniani con sostanziale fedeltà all’originale, limitandosi a qualche taglio o integrazione. In compenso, matte in campo tutta la propria capacità inventiva e la sua proverbiale maestria di orchestratore.

Tornando alla Suite, in sostanza in essa si eseguono i numeri che fanno da radice alle otto macro-sezioni del balletto.

Oddone si è fatto apprezzare in tutta la serata per la compostezza e sobrietà del gesto, coniugata con la cura nell’interpretazione di agogiche e dinamiche. L’Orchestra lo ha assecondato da par suo, e così la serata si è chiusa in gloria. I tanti assenti forse non sanno ciò che si son persi… ma hanno tempo domani pomeriggio per rimediare!

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Appendice A.

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Appendice B.


17 giugno, 2019

La giara fantasma del Regio (con Cavalleria)


Ieri al Regio-Torino quinta delle nove recite di un dittico abbastanza insolito: al dramma verista mascagnano viene infatti affiancato il balletto (precisamente: commedia coreografica) La giara di Alfredo Casella. Effettivamente un punto di contatto fra le due opere esiste (meglio dire: esisterebbe, a fronte di ciò che si vede a Torino): la Sicilia, dalla quale provengono i due autori delle opere letterarie ispiratrici, e della quale si mettono in scena - magari inventandoli - alcuni tratti naturalistici ed antropologici.   

Il soggetto della Giara è tratto dalla famosa novella di Luigi Pirandello, che narra la bizzarra vicenda di Zì Dima, un anziano artigiano esperto in riparazioni di giare e oggetti consimili, chiamato ad aggiustarne una di dimensioni enormi a casa del ricco possidente Don Lolò. Lui per sistemarla come nuova vi si introduce all’interno, e così ne rimane fatalmente imprigionato. Dopo un braccio di ferro con Lolò che pretenderebbe il pagamento della giara in cambio della sua liberazione, la storia si conclude con lo scorno del padrone di casa e il trionfo dell’artigiano.

La struttura del balletto è in due macro-parti, per una durata poco superiore alla mezz’ora. Per meglio esplorarla possiamo ricorrere a quest’unica registrazione live disponibile (che io sappia) su youtube, grazie all’amor proprio del maestro Mauro Fabbri, che l’ha diretta tempo fa in Bulgaria. Nel seguito sono evidenziati i tempi corrispondenti alle diverse indicazioni agogiche presenti in partitura, corredate, quando esistenti, dalle didascalie di scena.
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I - a) Preludio b) Danza siciliana

Preludio
(28”) Andantino dolce, quasi pastorale
(1’53”) Un poco più lento, quasi adagio
(3’02”) Allegro grottesco ed animato (Zi’ Dima passa al procenio e scompare)
(3’20”) Tempo primo

Chiòvu (Chiodo, danza popolare siciliana)
(5’00”) Allegro vivace (Scena: aia siciliana; entrano i contadini)

Danza generale
(5’40”) Allegro vivace
(6’19”) Lontano - Avvicinandosi - Brillante e giocoso
(7’17”) Sempre più forte, ma senza affrettare - Con tutta la forza - Calmato
(8’20”) Lontano - Avvicinandosi - Giocoso
(8’55”) Sempre più brillante e fortissimo - Stringendo
(9’33”) Vivace (Irrompono tre ragazze spaurite)
(9’50”) Grave, funebre (La grande giara spaccata; tutti piangono; strazio generale)
(10’51”) Vivace (Un contadino chiama tre volte Don Lolò)
(11’16”) Allegro drammatico (Don Lolò appare e scende; scena di furore; finimondo; contadini atterriti)
(12’50”) Poco a poco stringendo (Entra Nela)
(13’17”) Vivace grazioso (Nela riesce a placare le ire del genitore)
(14’13”) Allegro vivace e grottesco (Entra Zi’ Dima; i contadini lo accolgono come a una messa)
(14’32”) Allegro vivace e rustico (Tutti lo circondano e gli raccontano il fatto; lo conducono davanti alla giara)
(15’21”) Lento (Zi’ Dima esamina la giara; silenzio religioso)
(15’38”) Di nuovo animando (Zi’ Dima annuncia che riparerà la giara; “Evviva Zi’ Dima”)
(15’53”) Stringendo (Don Lolò si spazientisce e scaccia i paesani; tutti fuggono; Don Lolò esce con Nela)
(16’22”) Andante moderato (Zi’ Dima prepara la riparazione; si fa notte; fora i pezzi col trapano)
(17’16”) Vivace (Le tre ragazze spiano Zi’ Dima)
(17’40”) Andante moderato (Zi’ Dima riprende il lavoro)
(17’56”) Vivace (Le tre ragazze riappaiono; Zi’ Dima non le vede)
(18’13”) Andante moderato (Zi’ Dima riprende ancora il lavoro)
(18’30”) Allegro animato (Rientrano giocosamente i contadini)
(18’52”) Stringendo (Zi’ Dima viene introdotto nella giara, poi chiusa con lembo rotto)
(19’07”) Lento molto e misterioso (La giara sembra nuova; i contadini sono ammirati)
(19’32”) Pesante ed allegro (I contadini cercano si estrarre Zi’ Dima, ma la cosa non va)
(19’42”) Agitato (Zi’ Dima urla; nuovi tentativi dei contadini; nuove urla del vecchio; sforzi eroici)
(20’01”) Allegro vivacissimo (Arriva Don Lolò stravolto e fa ruzzolare a terra i salvatori; disputa violentissima fra padrone e contadini)
(20’24”) Alla breve, stringendo (I contadini vogliono spaccare la giara per liberare Zi’ Dima; Don Lolò non lo permette: prima Zi’ Dima deve pagare il danno; baruffa generale)
(20’47”) Prestissimo (Don Lolò, dispersi i contadini, risale in casa)

II - a) “La storia della fanciulla rapita dai pirati” b) Danza di Nela c) Entrata dei contadini d) Brindisi dei contadini e) Danza generale f) Finale

(21’08”) Allegro animato (Un contadino torna, accende la pipa a Zi’ Dima e lo tranquillizza)
(21’22”) Lento, calmissimo (Notte; chiaro di luna; calma; dalla giara escono le volute di fumo della pipa)
(21’55”) “La storia della fanciulla rapita dai pirati” (Dal fondo della campagna s’innalza un canto popolare) (testo di Alberto Favara, 25 battute musicali in FA# maggiore cantate dal tenore)


(24’00”) Vivacissimo e leggero (Nela scende dalla casa; danza attorno alla giara; chiama i contadini)
(25’29”) Allargando (Entrano tutti i contadini festosamente)
(25’35”) Pesante (Viene portato da bere)
(25’55”) Allegro deciso (Brindisi dei contadini che acclamano Zi’ Dima)

Danza generale
(26’39”) Allegro rude e selvaggio (I contadini ebbri danzano intorno alla giara)
(29’57”) Orgiastico e brutale (Don Lolò, destato dal baccano, si affaccia e vede la scena)
(30’14”) Allegro vivacissimo (Don Lolò scende come toro infuriato; spavento generale)
(30’26”) In due (Don Lolò abbranca la giara e la fa ruzzolare giù dall’altura; terrore dei contadini che si precipitano in soccorso di Zi’ Dima)
(30’47”) Allegretto molto moderato e rustico (Rientrano i contadini, innalzando in trionfo Zi’ Dima liberato)

Finale
(31’51”) Prestissimo (Don Lolò, disperato, è fuggito; Nela guida la danza generale)
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Non ci vuol molto a concludere che quest’opera si basi su tre pilastri strutturali, già sospettabili nel genere attribuitole dall’Autore: commedia coreografica. Che comporta quindi il carattere di commedia, cioè di soggetto letterario, con tanto di trama, personaggi e azioni; e comporta caratteri di coreografia, sostanzialmente di danza e di pantomimica. Ebbene, l’ineffabile regista-coreografo siciliano (si noti!) Roberto Zappalà cosa ti combina? Tiene buona solo la danza e butta nel cesso la commedia e la pantomimica! E per raggiungere questo mirabile risultato si serve pure di un Dramaturg (Nello Calabrò). Apperò, complimenti! Il suo balletto poteva e potrebbe benissimo essere indifferentemente appiccicato alla musica di Petruška o del Faune... Perchè scovarci tracce di giare, di Don Lolò, di Nela e di... Sicilia è impresa proprio disperata. Ecco perchè alcuni sparuti ma sonorissimi buh piovuti dall’anfiteatro all’abbasarsi del sipario non mi son parsi per nulla immeritati. Insomma, una Giara davvero fatta a pezzi! Peccato per i tanti bambini che i genitori avevano magari portato a teatro proprio perchè vedessero rappresentata quella storia imparata a scuola...

Battistoni (si dà sempre pose che finiscono per renderlo antipatico) ha diretto però con apprezzabile cura questa partitura in cui risuonano, oltre ad atmosfere sicule, anche accenti (vecchi di 10 anni almeno) stravinskiani. Marco Berti da lontano ha efficacemente cantato la canzoncina riservata al tenore. 
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Ecco poi la sempreverde Cavalleria. Qui le cose sono andate decisamente meglio, in quanto abbiamo appunto visto Cavalleria e non, che so... Pagliacci!!! Merito di Gabriele Lavia (che i Pagliacci proprio qui li ha già fatti, e ben... distinguibili!) Approccio assolutamente rigoroso (i soliti schizzinosi lo definiranno... soporoso, ma peggio per loro) con la Sicilia (magari non proprio quella di Vizzini, come ammette lo stesso regista) ben rappresentata da lavia lava solida (nera come la tragedia) e... liquida (rossa come il vino e il sangue che scorrono a fiotti). Movimenti di masse ben gestiti; moderato ricorso a stereotipi stantii (una Madonna e un Cristo, nulla più); e grande cura della recitazione per i protagonisti. Insomma, uno spettacolo assolutamente dignitoso e (parlo per me) del tutto soddisfacente. 

Vicissitudini di ogni tipo hanno fatto sì che il cast, rispetto alle originali scritture, sia stato quasi rivoluzionato: niente Danielona Barcellona per Santuzza (le è subentrata Sonia Ganassi) e niente Carlo Ventre per Turiddu (reincarnatosi in Marco Berti). Poi anche Marco Vratogna si è dato malato (tornerà forse per due appuntamenti) e quindi lo stoico Gëzim Myshketa si è dovuto sobbarcare finora tutte le recite come Alfio.

Devo dire che tutti tre i protagonisti se la sono cavata più che discretamente, così come la Lola di Clarissa Leonardi e la comprimaria Lucia di Michela Bregantin. Onorevole la prestazione del Coro di Andrea Secchi

Battistoni ha diretto con sufficiente sensibilità e attenzione ai particolari, strappando applausi per sè e per l’Orchestra dopo il celebre Intermezzo.
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Teatro non al completo, ma prodigo di consensi per tutti.

15 dicembre, 2018

laVerdi 18-19 - Concerto n°11


Per questo ultimo appuntamento pre-natalizio de laVerdi (per la verità il 19 ci sarà Jais con laBarocca per il tradizionale Messiah) si rivede in Auditorium Giuseppe Grazioli, uno che qui è di casa e che ci regala un programma tutto italiano (lui è uno specialista assoluto di questo repertorio). 

Il fil-rouge che lega i 4 brani in programma è la Sicilia, con un percorso ad arco che parte dall’epopea medievale sublimata dal più grande compositore italiano dell’800 per arrivare al ‘900 fra le due guerre, quindi avanzare ancora fino ai tempi del miracolo economico, per poi ripiegare a inizio secolo.

Si parte con Giuseppe Verdi e l’Ouverture da I Vespri Siciliani, un vero capolavoro sinfonico, per compiutezza di forma e sapientissimo uso dei temi conduttori dell’opera. laVerdi l’ha suonata diverse volte negli ultimi anni ed anche ieri non ha mancato di far vibrare le corde del pubblico che ha accolto l’esecuzione con grandissimo calore.
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Ecco poi Alfredo Casella con la sua Suite Sinfonica Op.41b tratta dalla commedia coreografica La Giara, ispirata a Pirandello, che vide la luce a Parigi nel 1924. Suite della durata di 20 minuti o poco più, che comprende i 2/3 (in termini di tempo) dell’intero lavoro.
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Questa è la struttura completa della Commedia; la parte riquadrata è quella non inclusa nella Suite:

I - a) Preludio b) Danza siciliana

Preludio
- Andantino dolce, quasi pastorale
- Poco più lento, quasi adagio
- Allegro grottesco ed animato (Zi' Dima passa e scompare)
- Tempo primo

Chiòvu (Chiodo, danza popolare siciliana)
- Allegro vivace (Scena: aia siciliana; entrano i contadini)

Danza generale
- Allegro vivace
- Lontano - Avvicinandosi - Brillante e giocoso
- Sempre più forte, ma senza affrettare - Con tutta la forza - Calmato
- Lontano - Avvicinandosi - Giocoso
- Sempre più brillante e fortissimo - Stringendo

- Vivace (Irrompono tre ragazze spaurite)
- Grave, funebre (La grande giara spaccata; tutti piangono; strazio generale)
- Vivace (Un contadino chiama tre volte Don Lolò)
- Allegro drammatico (Don Lolò appare e scende; scena di furore; finimondo; contadini atterriti)
- Poco a poco stringendo (Entra Nela che riesce a placare le ire del genitore)
- Allegro vivace e grottesco (Entra Zi' Dima; i contadini lo accolgono come a una messa; tutti lo circondano e gli raccontano il fatto; lo conducono davanti alla giara)
- Lento (Zi' Dima esamina la giara; silenzio religioso)
- Dio nuovo animando (Zi' Dima annuncia che riparerà la giara; “Evviva Zi' Dima”)
- Stringendo (Don Lolò si spazientisce e scaccia i paesani; tutti fuggono; Don Lolò esce con Nela)
- Andante moderato (Zi' Dima prepara la riparazione; si fa notte; fora i pezzi col trapano)
- Vivace (Le tre ragazze spiano Zi' Dima)
- Andante moderato (Zi' Dima riprende il lavoro)
- Vivace (Le tre ragazze riappaiono; Zi' Dima non le vede)
- Andante moderato (Zi' Dima riprende ancora il lavoro)
- Allegro animato (Rientrano giocosamente i contadini)
- Stringendo (Zi'  Dima viene introdotto nella giara, poi chiusa con lembo rotto)
- Lento molto e misterioso (La giara sembra nuova; i contadini sono ammirati)
- Pesante ed allegro (I contadini cercano si estrarre Zi' Dima, ma la cosa non va)
- Agitato (Zi' Dima urla; nuovi tentativi dei contadini; nuove urla del vecchio; sforzi eroici)
- Allegro vivacissimo (Arriva Don Lolò stravolto e fa ruzzolare a terra i salvatori; disputa violentissima fra padrone e contadini)
- Alla breve, stringendo (I contadini vogliono spaccare la giara per liberare Zi' Dima; Don Lolò non lo permette: prima Zi' Dima deve pagare il danno; baruffa generale)
- Prestissimo (Don Lolò, dispersi i contadini, risale in casa)

II - a) “La storia della fanciulla rapita dai pirati” b) Danza di Nela c) Entrata dei contadini d) Brindisi dei contadini e) Danza generale f) Finale

- Allegro animato (Un contadino torna, accende la pipa a Zi' Dima e lo tranquillizza)
- Lento, calmissimo (Notte; chiaro di luna; calma; dalla giara escono le volute di fumo della pipa)
- “La storia della fanciulla rapita dai pirati” (Dal fondo della campagna s’innalza un canto popolare) (testo di Alberto Favara, 25 battute musicali in FA# maggiore cantate dal tenore)
- Vivacissimo e leggero (Nela scende dalla casa; danza attorno alla giara; chiama i contadini)
- Allargando (Entrano tutti i contadini festosamente)
- Pesante (Viene portato da bere)
- Allegro deciso (Brindisi dei contadini che acclamano Zi' Dima)

Danza generale
- Allegro rude e selvaggio (I contadini ebbri danzano intorno alla giara)
- Orgiastico e brutale (Don Lolò, destato dal baccano, si affaccia e vede la scena)
- Allegro vivacissimo (Don Lolò scende come toro infuriato; spavento generale)
- In due (Don Lolò abbranca la giara e la fa ruzzolare giù dall’altura; terrore dei contadini che si precipitano in soccorso di Zi' Dima)
- Allegretto molto moderato e rustico (Rientrano i contadini, innalzando in trionfo Zi' Dima liberato)

Finale
- Prestissimo (Don Lolò, disperato, è fuggito; Nela guida la danza generale)
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Brano pieno di verve, ovviamente monopolizzato (canzone esclusa, che il giovane ucraino - trapiantato qui da noi - Denys Pivnitskyi ci ha esposto da dietro le quinte con bel portamento) da motivi di danza, ora graziosi ma più che altro sfrenati, che non possono non trascinare all’entusiasmo, cosa puntualmente accaduta ieri.
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Di Nino Rota (uno dei beniamini di Grazioli, che ne ha inciso con laVerdi una montagna di musica) abbiamo ascoltato una parte della splendida Suite di musiche dal Gattopardo di Visconti, del 1963. Liberamente tratta dalla colonna sonora (di cui non segue la sequenza legata alla pellicola) ci propone però i temi principali del film, sapientemente organizzati in una struttura che ne esalta le bellezze.

Titoli di testa (Allegro maestoso)
N.6 - 
Viaggio a Donnafugata (Allegro impetuoso)
N.19 - 
Senza titolo (Sostenuto appassionato)
N.11 - 
Angelica e Tancredi (Andante)
N.7 -
I sogni del Principe (Un poco mosso ma tranquillo e sognante - con ansia - sentito - lo stesso tempo sereno e dolce)
N.3 - 
Partenza di Tancredi (Andante)
N.21 - 
Amore e ambizione (Sostenuto, quasi lento ma inquieto)
N.22 - 
Quasi in porto (Andante)
Finale (Stesso tempo)

Tutto ciò è anche riportato sul programma di sala, ma Grazioli salta direttamente da Angelica&Tancredi al Finale (?!) Anche il pubblico resta un filino perplesso.
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Ha chiuso la serata Gino Marinuzzi con la sua Suite Siciliana, che si può apprezzare qui proprio in una registrazione di Grazioli con laVerdi. Composta a 27 anni, nel 1909, è chiaramente tributaria del tardoromanticismo d’oltralpe: con una battuta, e parafrasando Strauss - del quale Marinuzzi diverrà sommo ed apprezzato interprete - potremmo re-intitolarla Aus Sizilien!  

Come la Fantasia sinfonica del tedesco, si articola in quattro quadri ispirati ad altrettanti aspetti caratteristici della regione:

1. Leggenda di Natale (Andante triste)
2. La canzone dell’emigrante (Andante sostenuto)
3. Valzer campestre (Un po’ lento)
4. Festa popolare (Allegro vivace) 

Ottima prestazione dei ragazzi, accolta da convinti applausi. Forse per farsi perdonare l’auto-riduzione del Rota, Grazioli e l’Orchestra ci regalano il pezzo forse più siciliano dell’intero repertorio operistico!