Tutta Italia nel settimanale
appuntamento in Auditorium, con il programma ancora una volta tripartito. Sul
podio avrebbe dovuto salire Giuseppe Grazioli, un autentico specialista
della musica italiana del ‘900 (fra l’altro ha eseguito più volte e inciso con
laVerdi molte musiche di Nino Rota) che ha dovuto dare forfait ed
è quindi sostituito dal valente Andrea Oddone, che ha un rapporto di
lunga data con l’Orchestra.
Purtroppo, l’Auditorium era assai scarsamente popolato… verrebbe da pensare che il nostro sovranismo non sia poi così granitico come si vuol far credere.
Dei tre brani in programma (di Tommasini, Casella e Respighi) solo il terzo è già stato eseguito (in due precedenti occasioni, 2001 e 2010) dall’Orchestra, che invece affronta per la prima volta gli altri due. Tutti e tre si ispirano o evocano musiche di due autori del ‘700-‘800, Domenico Scarlatti e Gioachino Rossini; il primo e terzo furono composti specificamente per essere rappresentati come balletti dalla compagnia di Sergej Djagilev, ma anche il secondo, di Casella, fu sporadicamente messo in scena.
I tre lavori si differenziano anche per i diversi approcci seguiti dagli Autori rispetto all’impiego delle fonti originali (Scarlatti e Rossini). Si va da una rigorosa rigidità (Tommasini, dove ciascuno dei 23 numeri del balletto si riferisce ad una scena ispirata a Goldoni e ad una singola Sonata scarlattiana); ad un più libero approccio (Respighi, dove ognuna delle 8 sezioni principali del balletto accorpa – e rielabora - riferimenti a diversi brani rossiniani); e infine ad un ancor più complesso approccio, quello di Casella, il cui lavoro ha una struttura classicamente rigida, con 5 movimenti chiaramente individuati, ma dove ciascuno di essi è costruito con una libera rielaborazione di motivi (gli studiosi ne hanno individuati non meno di 88!) degli originali scarlattiani.
I
numeri del balletto furono suggeriti dallo stesso Djagilev a partire dallo
sterminato catalogo delle Sonate di Domenico Scarlatti, e orchestrati da
Tommasini per il balletto; successivamente il compositore ne ricavò la Suite che
raccoglie 6 dei 23 numeri del balletto (si veda la tabella in Appendice A.)
Per derivare la Suite, Tommasini ha evidentemente scelto i numeri del balletto che reputava più interessanti, avendo anche cura delle loro concatenazioni tonali: tutta la Suite ha come tonalità di impianto SOL maggiore (i primi due brani); poi seguono la dominante RE maggiore e la sua relativa SI minore; quindi si riparte da SIb maggiore, seguito dalla sua relativa SOL minore, che apre la strada al ritorno conclusivo del SOL maggiore (il che ha costretto l’Autore a trasporlo dal FA di Scarlatti…)
Per l’esecuzione in questo concerto il programma di sala invece riporta semplicemente il titolo Cinque sonate, con i soli riferimenti all’agogica: Presto, Allegro, Andante, Non presto, in tempo di ballo, Presto. In pratica sono i numeri della Suite ad esclusione dell’Ouverture e della Fuga che precede il finale.
In ogni caso si tratta di un brano assolutamente gradevole, che testimonia della qualità della scuola di musicisti italiani del primo ‘900. E che Oddone e l’Orchestra hanno ampiamente valorizzato!
Il brano si articola in 5 numeri, così intitolati:
1. Sinfonia: Lento, grave - Allegro molto vivace
2. Minuetto: Allegretto ben
moderato e grazioso
3. Capriccio: Allegro vivacissimo
ed impetuoso
4. Pastorale: Andantino
dolcemente mosso
5. Finale: Lento molto e
grave - Presto vivacissimo
Come
detto, Casella non trasferisce puntualmente i contenuti scarlattiani nella sua
opera, ma ci si ispira assai liberamente. Nell’insieme il brano mostra un
notevole grado di originalità ed è questo che lo rende da sempre (con la successiva
Paganiniana) uno dei più famosi ed eseguiti del compositore torinese.
Ad
interpretarlo alla tastiera è arrivata la giovane (27enne) pianista Martina
Consonni, che ha affrontato la sua parte non certo massacrante (a dispetto
della fama di gran solista dell’Autore, è basata su un continuo alternarsi di
interventi del pianoforte nel tessuto orchestrale e non indulge mai a
mirabolanti virtuosismi) con grande (proprio scarlattiana!) leggerezza.
Risultato: convinti e reiterati applausi per lei che ci ricambia con questo sognante (/corrucciato) Mendelssohn.
Il balletto ha una trama lontanamente parente di Coppelia di Delibes, essendo ambientato in un negozio di bambole e giocattoli che si animano: una storia a lieto fine di bambola-e-bambolotto (ballerini di can-can) innamorati e poi separati dal negoziante che intende venderli disgiunti, infine riuniti dal provvidenziale e solidale intervento degli altri consimili giocattoli.
Come già osservato per Tommasini, anche Respighi impiega i motivi rossiniani con sostanziale fedeltà all’originale, limitandosi a qualche taglio o integrazione. In compenso, matte in campo tutta la propria capacità inventiva e la sua proverbiale maestria di orchestratore.
Tornando
alla Suite, in sostanza in essa si eseguono i numeri che fanno da radice alle
otto macro-sezioni del balletto.
Oddone si è fatto apprezzare in tutta la serata per la compostezza e sobrietà del gesto, coniugata con la cura nell’interpretazione di agogiche e dinamiche. L’Orchestra lo ha assecondato da par suo, e così la serata si è chiusa in gloria. I tanti assenti forse non sanno ciò che si son persi… ma hanno tempo domani pomeriggio per rimediare!
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