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25 settembre, 2013

Michieletto non fa danni: ma la sua Scala non basta alla Scala


Ieri quarta recita della rossiniana Scala di Seta in un Piermarini ridotto ad un gruviera (ahinoi). Allestimento portato qui dopo anni (è del 2009, poi 2011) dal ROF, sponsor incluso (ma Cuccarini esclusa, smile!) e affidato alla scaligera Accademia.

 

Ieri era il terzo (!) cast di questa produzione: evidentemente si vuoIe dare un po’ di spazio a tutti gli allievi, come si fa per le recite scolastiche di fine anno. Risultato: francamente malinconico. La colonia asiatica accorsa per vedere all’opera i suoi conterranei ha applaudito timidamente, per il resto silenzio assoluto durante tutto lo spettacolo. Francamente non saprei chi salvare dal grigiore generale, che ha accomunato cantanti e orchestra, guidata da un baroccaro che forse pensava di dirigere un oratorio di Pergolesi (con tutto il rispetto) e ci ha propinato una minestrina piuttosto insipida. Nella sinfonia c’è stato perfino un pasticcio nella ripresa del tema principale, roba appunto da… oratorio (smile!)

 

Così, contrariamente al solito, dove sono le regìe strampalate ad affossare la recita, qui Michieletto ha almeno contribuito a non far addormentare lo scarso pubblico, ed è già qualcosa.


Certo, non è il caso di prendersela con i poveri allievi, ma con chi li manda allo sbaraglio chiedendo al pubblico di pagare il biglietto intero… Nobbuono. 

19 agosto, 2011

ROF-2011 - La Scala di Seta


Altra puntata del mio personale programma al ROF-2011, con La scala di seta, in un Teatro Rossini ancora affollatissimo.

Questa farsa del Rossini giovane (20 anni o giù di lì) è un'altra delle sue opere che hanno avuto fortune non proprio luminose. A parte la pregevole e popolare Sinfonia, eseguita spesso come antipasto di concerti o incisa per qualche antologia, pochissime sono le rappresentazioni complete. Invece è il titolo più presente nelle 32 edizioni del ROF: fu messa in scena per la prima volta nel 1988 (con la coppia Serra-Bartoli) poi ancora con lo stesso allestimento (Scaparro) e diverso cast nel 1990. Fu eseguita nel 1992 in forma di concerto, poi nuova produzione nel 2000 (De Filippo) prima di quella attuale di Michieletto, presentata nel 2009.

Il soggetto – assai vicino a quello del Matrimonio segreto di Cimarosa – è la classica commedia degli equivoci e dei sotterfugi, con gente che si nasconde in gabinetti, che scala balconi, che spia ed è spiata, che prende fischi-per-fiaschi, e così via parodiando. Immancabile il lieto fine, dopo la classica scena-madre (un gran concertato) dove tutti gli equivoci vengono spiegati, dove quasi tutti i personaggi hanno il loro contentino, salvo il beota di turno che fa soltanto la figura del pirla, per far divertire gli spettatori.

Consta di otto cosiddetti numeri, precisamente quattro arie (di altrettanti protagonisti principali: tenore, mezzosoprano, soprano e buffo) più un terzetto, un duetto, un quartetto e il concertato finale. In questa edizione ROF viene aggiunta una quinta aria (Alle voci dell'amore) per il protagonista basso, portata di peso dentro l'opera dall'esterno (si tratta di un'aria da concerto di Rossini, dal titolo originale Alle voci della gloria). La motivazione di tale scelta (ciò si faceva normalmente ai tempi di Rossini) esposta da Alberto Zedda sul programma di sala è come minimo singolare, per non dir di peggio; poiché starebbe benissimo in bocca ad un sovrintendente - che deve preoccuparsi della cassetta e dei buoni rapporti con un tal cantante – mentre stona assai in bocca all'editore-critico-principe del ROF! Al quale si potrebbe allora obiettare che l'aria (Qual tenero diletto, da L'inganno felice) fatta cantare al secondo tenore del cast in questa simpatica produzione svizzera sia anche meglio, come musica e come effetto teatrale…

Ad ogni buon conto quella che si ascolta è musica sopraffina, dalla spigliata Introduzione in FA maggiore, fino al bellissimo finale, che si apre con un Andante, misterioso, ma sognante, in RE maggiore, perfettamente attagliato allo scenario notturno. Sempre nel finale, prima che Blansac canti il suo È mezzanotte, troviamo un singolare imprestito: udiamo infatti dal flauto una deliziosa introduzione in SIb (Andantino in 2/4) che è copiata pari-pari da una composizione del Rossini dodicenne (!): precisamente dal terzo movimento della Sonata a quattro, n°3 (Moderato, 2/4 DO maggiore) del 1804.

Quanto agli interpreti, ottima prova della piccola Orchestra Rossini, ben guidata dal corpulento Josè Miguel Pérez-Sierra.

Sul fronte del canto, discreta prestazione di tutti, chi più chi meno in difficoltà nelle parti più virtuosistiche: Hila Baggio (Giulia) con qualche urletto di troppo (ma bene negli acuti spiegati) Paolo Bordogna (Germano) con qualche problema di intonazione sulle note alte e Juan Francisco Gatell (Dorvil) non sempre pulito.

Simone Alberghini ottimo per presenza scenica, appena discreto sul lato canto: nell'aria posticcia ha fatto più il guitto che non il basso.

Chi forse se l'è cavata meglio è stata Josè Maria Lo Monaco (Lucilla) che ha mostrato sicurezza e bella espressione.

John Zuckerman ha degnamente impersonato l'ingenuo Dormont.

Alla fine grande successo per tutti, e per Bordogna in particolare.

La regìa di Damiano Michieletto, in una scena tutta aperta, coglie alla perfezione lo spirito dell'opera. Gli perdoneremo qualche sconfinamento nell'avanspettacolo, ma evidentemente il regista, con le farse, si trova perfettamente a suo agio (smile!)

Fuori, Pesaro è ancora in pieno clima ferragostano, strade, bar e ristoranti ricolmi di gente, la sfera sventrata di Pomodoro in Piazza della Libertà circondata da frotte di ragazzini e la luna, ancora bassa sull'orizzonte, ad est, che stende sul mare appena increspato la sua particolare scala di seta.
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12 agosto, 2011

ROF-2011: le prime via-radio


Come tradizione, le tre prime del ROF sono state irradiate da Radio3 (10-11-12). Per la verità, a parte la versione riveduta (moderatamente, rispetto al 2006) dell'Adelaide, l'interesse principale, oltre che per la musica ovviamente, è per i due nuovi allestimenti: di Pier'Alli per l'Adelaide medesima e di Graham Vick per il Mosè (versione 2 di Napoli) cui si accompagna quello abbastanza recente di Damiano Michieletto per La scala di seta.

In attesa di riferire sugli allestimenti, dopo visione diretta, ecco qualche impressione sul fronte audio.

Adelaide di Borgogna

Rimando alla prossima settimana per qualche nota generale su quest'opera, abbastanza bistrattata e incompresa, che meriterebbe più spazio nei cartelloni: la musica è tutt'altro che disprezzabile (almeno quella di sicura mano di Rossini, smile!)

Jurowski-junior ha forse peccato di eccessiva pesantezza, almeno in certi frangenti, tenendo tempi slentati e accompagnamenti un po' grevi, ma tutto sommato, per essere abbastanza nuovo in questo repertorio (oltre che giovane in assoluto)… poteva andargli peggio. L'Orchestra bolognese ha pure mostrato più di un'imprecisione, tuttavia nel complesso di una prova abbastanza degna.

La Pratt (Adelaide) ha una gran voce (ha sparato nel finale un MI sovracuto come nulla fosse) però la sua tecnica, soprattutto nelle volate, mi è parsa ancora un filino acerba. Già così è grande, ma migliorerà di sicuro, le doti sono davvero eccezionali.

Sotto le (mie) aspettative la Barcellona (Ottone), piuttosto opaca e qualche volta in leggero calo. I buh al duetto con Adelberto nel primo atto e alla fine l'hanno forse castigata troppo, ma non erano del tutto ingiustificati, a parer mio, anche in rapporto al calibro dell'artista.

Mihai (Adelberto) non mi pare abbia demeritato. Anche lui (assai più della Pratt, naturalmente…) non può che migliorare, con lo studio e l'impegno.

Ulivieri (Berengario) deve cantare un'aria mediocre (probabilmente apocrifa) e per il resto solo recitativi: sufficienza di routine per lui.

Idem per la Fisher (Eurice) la cui breve aria del secondo atto, reintrodotta per l'occasione, è di quelle che abbassano la qualità media dell'opera (anche questa è probabilmente di mano estranea a Rossini).

Gli altri (Pierpaoli e Dagliotti) hanno quasi solo dei recitativi secchi, che potrebbero essere del tutto soppressi. In quest'ottica fa abbastanza sorridere la novità di far interpretare Iroldo ad un soprano, invece che a un tenore, quando canta solo due versi a fianco del coro d'esordio…

Coro (di Fratini) che invece si è portato bene, avendo nell'opera un compito per nulla secondario.

Mosè in Egitto

Quest'opera è un capolavoro, e nel rappresentarla il rischio più grande è di rovinarlo in qualche modo. L'importante è che non lo sia stata la parte musicale: non era il massimo, forse, ma personalmente mi sono più che accontentato. Per la messa-in-scena meglio vedere prima di giudicare.

Roberto Abbado ha padroneggiato più che bene (spreco un po' di enfasi) questa straordinaria partitura: una direzione per me assai efficace sotto ogni punto di vista, assecondata da un'ottima prestazione dell'orchestra bolognese. Con il coro di Fratini ha tirato fuori dagli insiemi le cose migliori, veramente emozionanti.


Il Mosè di Zanellato merita per me un'ampia sufficienza, per la voce e per l'espressività messe in campo, entrambe assai efficaci.

Esposito come Faraone ha salvato le chiappe, come si suol dire con linguaggio aulico, ma già sui MI alti era in evidente difficoltà.

Discreta la Ganassi (Elcìa) che deve aver supplito con tanto mestiere a qualche problema con questa parte piuttosto ostica.

Passabile la prestazione di Korchak in Osiride, una parte forse non tecnicamente proibitiva, ma pesante fisicamente.

Idem per la Senderskaya, una discreta Amaltea.

Più che dignitosi, nelle loro parti di… contorno, Scala, Shi e Amarù.

La scala di seta

Questo gioiellino di un Rossini ventenne ha chiuso in allegria le prime 2011. Complimenti soprattutto all'orchestra - guidata da Pérez-Sierra - che per essere di provincia ha meritato assai, già dalla sinfonia, impeccabilmente eseguita.

La Baggio è stata una Giulietta leggera e sbarazzina, per me la migliore della compagnia.

Il Germano di Bordogna discreto, se pur con qualche raucedine nelle note basse e intonazione non sempre felicissima.

Alberghini passabile in Blansac, cui è stata regalata un'aria di contrabbando, che non mi pare gli abbia alzato la media.

Gatell ha interpretato un Dorvil allineato alla vocina della Baggio: se l'è cavata più che discretamente.

Zuckerman (Dormont) e LoMonaco (Lucilla) hanno degnamente completato il cast.

(Prossima settimana... dal vivo.)
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