Della serie: non
è mai troppo tardi, ecco in arrivo alla Scala Rusalka di Antonín Dvořák,
opera nata all’inizio dello scorso secolo (la prima ebbe luogo a Praga,
domenica 31 marzo, 1901).
Rusalka è una delle
rappresentanti di creature femminili semi- o ultra- o para-umane: arriva da noi
in coda ad una lunga dinastia che – per non retrocedere fino all’antica Grecia
- pare iniziare in Europa con la medievale Melusine (quella che
musicherà Mendelssohn…) alla quale si ispirarono poi, nella prima metà dell’800,
la Undine di De la Motte e Den lille Havfrue (la Sirenetta)
di Andersen.
Ma anche le Figlie del
Reno di wagneriana memoria discendono da lì (le loro evoluzioni nel Rheingold
sono musicalmente parenti di quelle di Mendelssohn). E a proposito di Reno, che
dire poi della Loreley messa in musica da Catalani.
Dietro a tutte le storie di questa lunga serie ovviamente si nascondono
(più o meno) simbolismi di varie fatte, e Rusalka non ne è certo sfornita. Nel
libretto di Jaroslav Kvapil troviamo due mondi che sembrano
inconciliabili (e qui l’odierno assetto del nostro Pianeta e i problemi e contrasti
che vi nascono possono essere impiegati dal regista per dare attualizzazione al
soggetto): quello della Natura incontaminata (boschi, laghi e creature
che li abitano) e quello della società umana, i cui rappresentanti
portano valori quasi esclusivamente negativi. Più il personaggio di Ježibaba, la strega, un rifiuto della società da cui vive
separata e temuta. Al di sopra, lontana ma sempre presente, la luna, che
esercita sotto varie forme la sua perenne attrazione.
Dvořák impiega i collaudati
strumenti del tardo-romanticismo per evidenziare – alle nostre orecchie – i due
mondi che si contrappongono: melodie sognanti ed elegiache per la Natura,
musica secolare e melodrammatica quella del mondo degli umani.
I personaggi principali sono
cinque: oltre alla protagonista Rusalka (indecifrabile creatura acquatica)
abbiamo Vodník,
che come lascia intuire la radice del nome (Voda=Acqua) è il Signore delle
acque, nonché genitore (qualunque cosa significhi, nella fattispecie) di
Rusalka e custode della purezza di ciò che vive nelle liquide profondità (Traulich und treu ist's nur in der Tiefe, cantano le wagneriane abitatrici
del Reno); poi
il Principe, classico esempio di figlio-di-papà, viziato, incostante e
inconsistente, che trascinerà Rusalka alla perdizione, perdendo se stesso;
quindi la Principessa straniera, che impersona la superbia e la
presunzione di una che pensa che tutto le sia dovuto; e infine la strega Ježibaba, onnipotente nell’esaudire i desideri più
improbabili, quanto nel porre ai beneficiari micidiali e quasi impossibili
condizioni da rispettare, pena la totale perdizione.
Attorno a loro si muovono poi ninfe
abitatrici del bosco, le sorelle di Rusalka e caratteri umani più o meno prosaici, se non insignificanti
(invitati alla festa, cacciatore, guardia forestale e sguattero).
Prima di passare ad una sommaria
esegesi, ecco i riferimenti ad esecuzioni integrali rintracciabili in web:
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Il breve Preludio inizia in DO
minore, con una veloce figurazione dei celli, sostenuti dai timpani, che
introduce un languido motivo di violini e legni (motivo
che, portato in modo maggiore, riudiremo più di una volta nel seguito, soprattutto associato a Rusalka):
Anche
qui la tonalità vira presto al MIb maggiore che evoca tradizionalmente la
Natura, con i corni
che classicamente rappresentano le voci del bosco. Verso la conclusione fa la sua comparsa una figura
di 4 note cromaticamente ascendenti, nei legni, che capiremo evocare l’acqua
e il suo Signore:
Il primo dei tre atti dell’opera (di
struttura tripartita, pur senza soluzione di continuità) si apre con una
scenetta che ricorda l’inizio del Rheingold, ma totalmente depurata di
ogni carattere drammatico: mentre la luna riflette la sua luce sulla superficie
del lago, ecco le (tre!) ninfe del bosco esibirsi in canti e balli (Zvědavě se hloubku dívá, LA maggiore):

Incuriosito, ecco Vodník emergere con il
busto dall’acqua e cercare, con modi bonari e goffe movenze, di acchiappare ora
l’una ora l’altra delle ninfe che gli sfuggono divertite, dopo averlo
innocentemente adescato.
Un
lungo arpeggio ci annuncia la presenza di Rusalka, che è fuori dall’acqua (e questo è già
indice della sua attitudine ribelle) e confessa al padre (in
orchestra si ode il languido tema di apertura del Preludio) il suo desiderio di
abbandonare il suo habitat naturale per assumere fattezze umane e soprattutto
avere un’anima, che gli umani conservano anche dopo la morte, nell’aldilà.
Vodník ne è colpito, avverte la figlia che avere un’anima è un peccato
(filosofia di Anassimandro…)
Lei ora fa la sua confessione (Sem často přichází, in FA
maggiore):

Racconta di provare amore per un essere
umano (il Principe che lei vede – e… avvolge - ogni giorno, quando lui si bagna
nel lago) al che il padre si dispera per l’imminente perdita di una figlia, ma
allo stesso tempo non si oppone alla sua volontà, anzi è lui stesso a suggerire
a Rusalka di rivolgersi alla strega perché la aiuti ad esaudire il suo
desiderio.
Měsíčku ne nebi hlubokém, l’aria (o romanza, o ballata, o canzone,
come la si voglia definire, in SOLb maggiore, 3/8) più famosa dell’opera è la
preghiera che Rusalka rivolge al chiaro di luna, implorando di poter essere
vista e amata dal Principe:

Al termine delle due strofe fa capolino la
figurazione cromatica udita nel Preludio, a ricordarci che è l’acqua che alla
fine si riprenderà la sfortunata ondina.
Che adesso, mentre il padre ancora si dispera, chiama la strega, che appare sulla soglia della
sua stamberga. In questa seconda parte dell’atto facciamo la conoscenza di Ježibaba, che rappresenta più o meno l’anello di congiunzione fra il naturale e il
soprannaturale: lei è umana ma conosce segreti ignoti agli umani e sfrutta
queste conoscenze per accontentare (e ricattare!) chiunque le si rivolga per
ottenere da lei ciò che non può procurarsi con le proprie capacità.
Rusalka, preceduta dal motivo di apertura del preludio,
le spiega la sua condizione, il suo insopprimibile desiderio e la fiducia che
lei nutre nei suoi poteri magici (Staletá
moudrost tvá všechno ví, FA# minore e relativa LA maggiore):

Ma anche per Rusalka – che pure umana non è, ma chiede
di diventarlo - non fa eccezioni o favoritismi: se proprio ci tiene, potrà
diventare umana e soddisfare così quei desideri (anima e/o eros?) che le sono
negati dalla sua condizione. Ma, attenzione, in cambio dovrà accettare clausole
contrattuali assai pesanti: oltre a cedere alla strega il suo abito di ondina
(un sistema che
Ježibaba evidentemente impiega per arricchire il suo
patrimonio di conoscenze e prerogative) Rusalka dovrà rassegnarsi a perdere la sua
voce (curiosa assurdità: un essere acquatico che non dovrebbe proprio averla
per natura!) ma soprattutto ad essere punita con il ritorno alle liquide profondità
nel caso in cui la sua storia d’amore finisca male; e finirebbe male anche per
il suo innamorato, destinato a morte certa!
Rusalka si dice pronta a tutto, così la
strega prepara la sua infernale pozione (Čury mury fuk, SI minore) elencandone i
magici ingredienti:

Poi ingiunge all'ondina di bersi d’un
sol fiato tutta la brodaglia, mentre dalle profondità del lago salgono i
lamenti di Vodnik per la perdita della figlia…
Eccoci quindi alla terza e conclusiva
sezione dell’Atto I: è ormai mattino ed arrivano i cacciatori (uno canta anche pochi versi, in due riprese) che precedono il
loro Principe. Il quale, già in preda a suggestioni fiabesche, li congeda per
rimanere da solo ad aspettare… Rusalka, che guarda caso in quel momento esce –
ormai umanizzata, ma pure muta – dalla dimora della strega.
L’innamoramento è ovviamente a prima vista, ma ad una sola voce (Vidino divná, přesladká, in RE
maggiore) preceduta dal dolce motivo che aveva aperto il Preludio:

È una
classica aria da tenore lirico ma, come
per l’aria alla luna di Rusalka, anche qui, fra le due strofe, si fa risentire il
motivo acquatico, freddo presentimento per ciò che accadrà nel seguito. Mentre le sorelle si chiedono addolorate dove
se ne andrà e il padre risponde che vagherà per monti, prati e valli, la muta Rusalka è accompagnata verso il
castello dal Principe, che chiude l’atto con un’ultima aria (Vím že jsi kouzlo, in LAb maggiore) che riprende anche un passaggio del Preludio:
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L’Atto secondo comprende quattro
sezioni, separate da un ballo. Siamo nei pressi del castello del Principe e la guardia
forestale si intrattiene con un giovane sguattero che lo ragguaglia
di ciò che sta per accadere quella sera: il Principe dà una festa per
annunciare il suo matrimonio con una creatura misteriosa, di cui si è innamorato. Questo
gradevole siparietto – dove fa capolino una citazione, forse non involontaria
dato il contesto, del Finale della Renana - dà modo a baritono e
soprano-en-travesti di godere di uno dei due momenti di gloria a loro riservati.
La seconda scena ci porta dentro al
castello, dove troviamo il Principe che cerca di riscaldare la fredda e muta Rusalka. Mirabile l’introduzione orchestrale alla
sua aria in LAb maggiore (Již týden
dliš mi poboku):

E questa lunga aria la riprende e la amplia:

Il Principe manifesta con passione e trasporto
il suo stato d’animo combattuto fra il desiderio di Rusalka e le perplessità
sollevate dal comportamento della giovane, sempre muta e apparentemente fredda.
Si lamenta di non poter penetrare i suoi segreti e si domanda se il matrimonio
porterà loro la completa felicità…
Arriva la Principessa straniera, furiosa
alla vista del Principe con Rusalka: dapprima sovrappone le sue imprecazioni
all’ultima implorazione del Principe all'ondina, poi si intromette
sfacciatamente fra i due, accusando il Principe di inosservanza dei suoi
doveri. E il Principe mostra tutta l’inconsistenza e l’incostanza dei suoi
sentimenti con un’esternazione in LA minore (Leč oči její říci zapomněly):

…con la quale si scusa con la trionfante Principessa
per poi, dopo aver ingiunto a Rusalka di ritirarsi, cominciare addirittura a
corteggiarla!
Un delizioso interludio orchestrale, che riprende il
motivo di apertura del Preludio, sottolinea la tristezza di Rusalka, ormai
rassegnata a perdere il Principe, che vede allontanarsi al braccio della nuova
arrivata. La luna torna ad affacciarsi, mentre si odono la prime note della
festa danzante che sta per cominciare.
Dato l’ambiente, la festa non
può aprirsi che con una polacca in MIb maggiore (in effetti richiama vagamente quella
ciajkovskiana dell’Onegin):

La musica della danza ha una struttura a Rondo:
Polacca – Prima danza – Polacca – Seconda danza – Polacca – Coda, con le due
danze che tendenzialmente modulano alla sottodominante LAb maggiore.
Ma improvvisamente (preceduto
dal motivo cromatico dell’acqua) appare Vodnik, arrivando dal lago, che
ancora non si dà pace per la sorte della figlia, di cui intuisce il dramma. E
lo fa con un’accorata aria bipartita (Celý svět nedá
ti, nedá) che principia in MI minore per poi sfociare in una stupefacente
coda in REb
maggiore:

Vodnik chiude la sua aria con un nuovo, disperato
rimpianto per l’errore commesso dalla figlia, mentre il coro degli invitati
canta (Květiny bílé po cestě) i
suoi voti augurali per gli sposi (Lohengrin…) È una graziosa melodia in
SI maggiore, al termine della quale ancora Vodnik sovrappone la sua voce - ma
con lunghezze di note più ampie - a quelle del coro che riprende la melodia
nuziale: è il suo accorato vaticinio (Na
vodách bílý leknín sní) per la sorte che attende la figlia:

Un drammatico sfogo dell’orchestra introduce
l’incontro del padre con la figlia che – riacquistata miracolosamente la voce -
gli confessa tutta la sua delusione e l’amarezza per l’avventura umana che -
purtroppo per lei, e a causa della sua natura non-umana - sta prendendo una
brutta piega. Il motivo
introduttivo del Preludio anticipa l'aria Ó marno, marno, marno il suo amaro sfogo, espresso con un agitato passaggio in SOL minore:

Poi, mentre si odono le salite cromatiche che
ricordano l’acqua, con una straziante invocazione, implora il padre di aiutarla
ad uscire da quella insopportabile situazione.
Tornano il Principe e la
Principessa per la scena madre che chiude l’atto: in un melodrammatico duetto
fatto di botte-e-risposte lei constata il cambiamento di atteggiamento del Principe
nei suoi confronti, lui le esterna tutto il suo amore, nemmeno sa come
spiegare, se non definendolo un capriccio, il suo improvviso cambio di
atteggiamento nei confronti di Rusalka. A questo punto lei lo mette perfidamente
alla prova con un passaggio in LA minore (Až požár můj vás popálí) che
poi sfocia in un romantico e ammaliante LA maggiore (Až obejmou vás lokty slíčné):

Lui ormai ha ceduto e le
dichiara di voler dimenticare Rusalka per lei, così cantano a due voci (per la
prima volta) la loro passione, stringendosi in un abbraccio appassionato. Ma
Rusalka irrompe sulla scena, frapponendosi tra i due; ed anche Vodnik
interviene, manifestando il suo disprezzo per il Principe fedifrago, che
supplica la Principessa di aiutarlo ad uscire da questo lacerante dilemma.
Per tutta risposta, la Principessa lo pianta in asso,
mandandolo proprio all’inferno, giù negli abissi, insieme alla creatura dalla
quale si era fatto ammaliare (V hlubinu pekla
bezejmennou):

12 battute orchestrali chiudono precipitosamente l’atto, con
un finale FA# all’unisono.
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L’Introduzione
all’Atto terzo ci riporta alla scena con la quale l’opera
si era aperta: le rive del lago, la notte incombente, l'immancabile presenza della luna. Ma accanto
alle dolci sonorità della Natura compaiono passaggi assai concitati: è Rusalka,
palesemente sfiorita, che non si dà pace per essersi cacciata in
quest’avventura che l’ha gettata in un vicolo cieco: non può più vivere tra gli
umani né tornare alla sua vita pre-umana. Lo canta con una lunga e appassionata
aria In FA maggiore ma con diverse modulazioni (Mladosti své pozbavena) che accosta a sua volta passaggi languidi ad altri che
sottolineano il suo strazio e il desiderio di morte:
È la
strega Ježibaba che, dopo averla irrisa per il fallimento della sua velleitaria
iniziativa, ne raccoglie il pentimento e le promette di risolvere i suoi
problemi a patto che lei uccida – le porge un coltello – quell’uomo che l’ha
tradita (Lidskou krví musíš smýti, in SI minore):

È la stessa natura umana che reclama
sangue! proclama la strega.
Rusalka
rifiuta inorridita quell’oscena proposta, così, mentre la strega rincara la
dose su di lei, liquidandola come una totale nullità e se ne torna a casa sua, lei,
accompagnandosi con la languida melodia che aveva aperto il Preludio, canta la
sua rassegnazione (Vyrvána životu) invocando infine su di sé anche la maledizione:

Maledizione che puntualmente le arriva dalle sorelle che
intonano, dapprima a cappella, un coro (Odešla jsi do světa) apparentemente
sereno:

Ma le parole delle ondine suonano come inappellabile
condanna: Rusalka non potrà più trovar posto fra loro, dopo il peccato commesso
con il desiderio di umanizzarsi.
Un secondo siparietto – dopo quello dell’inizio
del second’atto – vede ora tornare in scena la guardia forestale e lo sguattero,
piuttosto recalcitrante a sbrigare l’incarico avuto dalla badante del principe:
chiedere alla strega consigli su come guarire la malattia psicologica del protetto, vittima delle arti magiche di Rusalka.
Ma mentre
il ragazzo porta tutto tremante la sua ambasciata alla strega, Vodnik emerge dalle acque per difendere la figlia, vittima del tradimento del
Principe, e mette in fuga lui e la guardia, mentre la strega se ne va sghignazzando
selvaggiamente.
Tornano ora le tre ninfe del bosco,
ciascuna vantando immodestamente le proprie prerogative di bellezza e, come all’inizio dell’opera, cominciando ad
adulare Vodnik. Ma lui le ragguaglia sulla tragica vicenda di Rusalka, al che
le tre fuggono spaventate e addolorate.
Siamo
finalmente all’epilogo: il Principe arriva sul posto, alla ricerca spasmodica
di Rusalka (Ode dne ke dni touhou štván, in FA minore, agitato):

Poi ancora, mentre l’orchestra ricrea un’atmosfera
idilliaca, appassionatamente la invoca, facendo appello alle voci della
foresta, fino a stramazzare esausto. E proprio allora, preceduta da dolci
arpeggi e poi accompagnata dall’incantevole motivo che aveva aperto il
Preludio, Rusalka gli appare dinanzi.
Il principe la guarda stupito e interdetto,
le chiede se sia viva o morta; lei gli risponde che è divenuta uno spirito
maledetto, che ormai potrà solo recargli la morte (Živa ni mrtva, žena ni víla):

Lui continua a chiederle perdono per il
suo comportamento e ad implorarla di tornare con lui. Con la tonalità che
modula ad un dolcissimo quanto rassegnato MI maggiore, lei rimpiange i brevi
momenti del loro primo incontro, ma gli conferma che ciò comporterebbe per lui
la perdita della vita (Proč volal jsi mne v náruč svou):

Il canto
di Rusalka si chiude sul DO# minore, enarmonicamente trasportato in REb
maggiore, nella quale tonalità il Principe decide comunque di abbandonarsi al
suo bacio (Líbej mne, líbej, mír mi přej):

Ancora un ultimo scambio di battute fra
i due, sempre in REb maggiore: lei che rinnova l’annuncio della tragica fine
per lui, che invece la invoca, pur di morire avvolto dal suo abbraccio e dai
suoi baci (Všechno
chci ti, všechno chci ti dát):

Una nuova enarmonia ci porta a DO# minore:
è Vodnik che, dal profondo, su un motivo di marcia funebre dell’orchestra, manifesta
il suo rammarico e la sua disperazione per l’irreparabilità di ciò che è
accaduto.
Rusalka, prima di immergersi per
l’eternità, e mentre si torna a REb, chiede misericordia a Dio per il Principe
(Za tvou
lásku, za tu krásu tvou):

Seguono dieci battute di Grandioso,
appassionato, e infine tre sull’accordo perfetto di REb maggiore (un
simbolo anche questo!) chiudono l‘opera in Adagio, pianissimo.
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Bene, martedi 6 giugno staremo a vedere
e sentire. Qualche settimana fa è comparsa sul NYT
un’interessante anticipazione di questa produzione, con commenti e interviste
alla Dante e al Maestro Hanus. In particolare la regista ha anticipato
il suo Konzept (come dicono i crucchi) incentrato sulle tematiche di grande
attualità: flussi migratori, problemi di integrazione (o di sostituzione
etnica???) e fenomeni di intolleranza. Vanessa
Sannino ha da
parte sua anticipato bozzetti dei costumi dei principali personaggi:

Sul fronte musicale, Hanus e
Bezsmertna hanno già sufficiente esperienza di quest’opera, ergo ci dovremmo
aspettare uno spettacolo di buon livello.