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15 giugno, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano – Stagione 23-24.26

Chiusura in bellezza della stagione principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano, con il ritorno sul podio di una vecchia conoscenza, Patrick Fourniller, e alla tastiera dei due fratelli (ma qui separati, salvo... bis!) Jussen. Presente anche il Coro Sinfonico, a (quasi) completare tutto l’organico musicale della Fondazione.

Programma invero sontuoso, tutto beethoveniano. Si parte infatti con l’Imperatore! È il maggiore dei due olandesini, Lucas, a cimentarvisi. Prestazione davvero impeccabile, per mirabile rigore tecnico coniugato con raffinatezza di tocco e perfetta intesa con orchestra e direttore.

Scroscianti applausi e ovazioni per lui, che (ma solo per ora…) non concede bis
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Ecco quindi il gran finale, con la Fantasia op. 80, che impegna Arthur al pianoforte, il Coro di Massimo Fiocchi Malaspina, e sei solisti (SATB): Bernarda Bobro e Sarah Fox (soprani); Aoxue Zhu (alto), Patrik Reiter e Artavazd Sargsyan (tenori); e Matthias Winckhler (basso).

Giovedi 22 dicembre 1808 il Theater an der Wien ospitò un concertucolo di opere beethoveniane (una delle cosiddette accademie che i compositori organizzavano per farsi pubblicità…) avente in programma:

- Sinfonia n°5 e Sinfonia n°6 (prime esecuzioni);
- Concerto per pianoforte n°4;
- Aria Ah, perfido!;
- Messa in DO maggiore (3 movimenti);
- Fantasia corale op.80 (prima esecuzione).

Solo 4 orette di musica, che sarà mai… Qui un dipinto di Moritz von Schwind che raffigura una fase – piuttosto, ehm… disordinata - delle prove della Fantasia:

Il piccolo seme da cui germoglierà la Fantasia è un Lied giovanile (1795) intitolato Seufzer eines Ungeliebten (noto come Gegenliebe, Amore reciproco). E in seguito dal tema della Fantasia nascerà quello, passato alla storia, dell’Inno alla Gioia della nona:

Seguiamo un’esecuzione dei Wiener con Lenny Bernstein e Homero Francesch. L’articolazione del brano è essa stessa assai bizzarra: (50”) una lunga (a dispetto delle sole 26 battute) Introduzione del pianoforte solo, in tempo Adagio (DO minore-maggiore) e in forma di cadenza concertistica è seguita direttamente dal Finale, che ha una struttura assai complessa, anticipando (in scala ridotta) quella del finale della nona.

È aperto (4’01”) in DO minore, tempo Allegro, dall’orchestra, con i bassi a supportare il pianoforte nella transizione a DO maggiore (Meno allegro, 5’10”) dove il solista, introdotto da una lenta fanfara di corni e oboi, espone quello che sarà il tema cardine dell’opera, derivato dal Gegenliebe, e che successivamente verrà ripreso da solisti e coro, proprio come avverrà (in proporzioni moltiplicate) nell’Op.125.

Il pianoforte chiude questo primo intervento con uno svolazzo di biscrome, quindi si limita ad accompagnare il flauto solo, che gli subentra (6’06”) presentando una virtuosistica variante (semicrome in luogo di crome) del tema, poi imitato (6’35”) dagli oboi e successivamente (7’02”) dai clarinetti, contrappuntati dal fagotto.

Infine (7’28”) entra il quartetto d’archi, imitando i legni con una versione più mossa – quasi un controsoggetto - del tema principale, che torna in grande spolvero (7’56”) con un robusto tutti della sola orchestra.

Il pianoforte chiude questa sezione (8’23”) con una lungo ponte che modula (8’38”) a SOL maggiore e sfocia (9’07”) in una veloce (sempre più allegro) cadenza che riporta SOL a dominante e apre (Allegro molto, 9’13”) una sezione di sviluppo in DO minore caratterizzata da un serratissimo dialogo solista-orchestra.

Sfumato il quale, ecco un’altra sorpresa, con il solista che modula arditamente (9’43”) a SI maggiore (!) per riesporre il tema. Quindi fa progressivamente degradare la tonalità (10’13”) a LA minore, sempre in stretto dialogo con l’orchestra, preparando la successiva sezione (Adagio ma non troppo, 10’58”) in LA maggiore. È un passaggio sognante del pianoforte, discretamente accompagnato da clarinetti, fagotti, viole e celli.

Altra ardita modulazione (13’54”) a FA maggiore, e passaggio in Marcia, assai vivace (anche qui si anticipa la nona!) per una nuova esposizione variata del tema da parte dell’orchestra (quasi alla turca…) Il solista (14’22”) torna ad interporsi all’orchestra, mentre i… turchi si allontanano.

Il pianoforte ancora in primo piano (15’05”) con un mesto ricordo del tema, riportando la tonalità a DO minore, poi si torna all’Allegro introduttivo, con i bassi (15’44”) a preparare l‘Allegretto, ma non troppo (quasi Andante con moto, 16’06”) che prelude finalmente all’ingresso dei solisti (16’25”) e poi di tutto il coro.

Siamo tornati al solare DO maggiore, e ascoltiamo l’inno alla fratellanza di Christoph Kuffner, una pagina breve ma efficace, da cui Beethoven coglierà più di uno spunto (non ci vuol molto ad individuarlo…) per musicare – anni e anni dopo – Schiller.   
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Il giovane Arthur si fa valere nella difficile Introduzione solistica, come nei diversi dialoghi con l’orchestra che caratterizzano il brano. Orchestra sempre all’altezza della sua fama. Le sei voci soliste e il Coro di Fiocchi Malaspina danno il loro grande contributo al successo dell’esecuzione, salutata da ripetuti applausi ritmati.

Prima dell’ultimo omaggio generale torna sul palco Lucas e si siede a destra di Arthur sullo sgabello del pianoforte. Insieme ci lasciano con il Bach della Sonatina dall’Actus Tragicus, trascritta da Kurtág.

Davvero una conclusione di stagione alla grande. Ma l’Orchestra ora si prepara ad una importante trasferta a Francoforte, dove con Tjeknavorian porterà i Carmina Burana.

02 marzo, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano – Stagione 23-24.14

Per il Concerto di questa settimana tornano i due simpatici fratelli Jussen, attualmente in residenza qui, diretti da uno dei Direttori Principali Ospiti: Jaume Santonja.

È Béla Bartók ad occupare la prima parte della serata. Ecco dapprima i 15 Canti contadini ungheresi, raccolti dall’Autore fin dal 1907 durante le sue escursioni (con tanto di fonografo) nelle campagne magiare e slovacche in cerca del folklore locale. Originariamente scritti per il pianoforte solo e pubblicati nel 1918, l'Autore ne realizzò una parziale versione orchestrata nel 1933. 

Ecco l’elenco completo dei canti (qui il sommo Richter) con le date della relativa scoperta da parte dell’Autore:

Quattro antiche canzoni
    I. Rubato (1918)
   II. Andante (1914)
   III. Poco rubato (1914)
   IV. Andante (raccolto da Béla Vikár)
V. Scherzo (1918). Allegro
VI. Ballata (Tema con Variazioni). Andante (1918)
Antiche melodie di danza
   VII. Allegro (1910)
   VIII. Allegretto (1910)
   IX. Allegretto (1912)
   X. L'istesso tempo (1912)
   XI. Assai moderato (1910)
   XII. Allegretto (1907)
   XIII. Poco più vivo (1910)
   XIV. Allegro (1910)
   XV. Allegro (senza parole, per cornamusa) (1910)

La versione orchestrale comprende i numeri VI-XV (con modifiche al XII) ed esclude il XIII. Forse l’orchestrazione appesantisce un tantino la freschezza dei brani eseguiti alla tastiera, comunque sono meno di 10 minuti di sano folklore, proprio adatti ad aprire la serata.
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Ecco poi il Concerto per due pianoforti, percussioni e orchestra, dove ai due solisti alle tastiere se ne aggiungono altri due alle percussioni: Viviana Mologni e Simone Benvenuti.

Il brano è nato nel 1938 come una Sonata, quindi senza l’orchestra, aggiunta 4 anni dopo; il che ha comportato lievi modifiche rispetto all’originale nelle parti pianistiche.

Contrariamente alla tradizione di questo tipo di composizione, dove i due pianoforti sono collocati in orizzontale rispetto al proscenio e uno di fronte all’altro, con coperchi rimossi, qui le due tastiere dovrebbero essere messe in diagonale e i pianisti voltare le spalle al pubblico, come si desume dal layout previsto in partitura:

 

La macro-struttura formale è tutto sommato rispettosa della tradizione, ma con importanti e interessanti innovazioni: esaminandola nei dettagli (in Appendice riporto una sintetica guida all’ascolto del brano) si scopre che è una costruzione di autentica ingegneria musicale, nel trattamento dei temi, delle sonorità e delle tonalità, nel mirabile equilibrio dei rapporti tra le varie micro-strutture interne. 

Davvero travolgente l’esecuzione dei due simpatici fratelli, in grande sintonia con i due percussionisti della casa e con l’ex-percussionista sul podio! I due pianoforti erano disposti come di norma, affiancati e paralleli al proscenio: forse (ma è una mia ipotesi) questa disposizione  consente ai due fratelli di guardarsi negli occhi senza girare la testa… Si sono anche tenuti gli spartiti nella cassa degli strumenti, magari perché stanno per riprendere contatto con questo concerto, da loro eseguito già anni fa, e che dovranno rieseguire il 15 marzo a Colonia.

Successo clamoroso per tutti e così i due tulipani ci hanno offerto uno dei loro bis prediletti.
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Si torna, per così dire, alla campagna, con la pastorale Seconda Sinfonia di Brahms. Santonja ha tenuto, nell’iniziale Allegro non troppo, un tempo eccessivamente sostenuto (ma parlo ovviamente dei miei gusti personali). Così, arrivato alla fine dell’esposizione (questa è proprio una battuta velenosa, ha ha…) ha riguadagnato il tempo perduto… tirando diritto!

Assai bene invece il resto, con le deliziose melodie dell’Adagio non troppo e dell’Allegretto grazioso. Trascinante il conclusivo Allegro con spirito, chiuso trionfalmente dall’abbagliante carica degli ottoni!

Ormai in Auditorium gli applausi ritmati sono una consuetudine, che si è puntualmente ripetuta anche ieri.
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Appendice. Il Concerto di Bartók.

Seguiamo il Concerto in questa registrazione mexicana.

Primo movimento. Forma sonata. Tema introduttivo + 3 temi principali, il secondo ripreso in chiusura dell’Esposizione. Sviluppo in tre sezioni. Ricapitolazione dei tre temi e Coda.  
   
1’20” Introduzione (Assai lento). Rullo di timpani e poi entrano i due pianoforti a canone a distanza di tritono (Tema introduttivo).
2’09” Primo schianto.
2’43” Secondo schianto. Cadenza dei due solisti.
3’45” Terzo schianto a piena orchestra. (Un poco più mosso). Transizione (Poco a poco accelerando e sempre più agitato).
4’28” Otto colpi di timpano introducono l’Allegro molto, con l’esposizione del Primo tema. Dialogo pianoforti-orchestra con scambio di ruoli (fra tema e accompagnamento).
4’42” Transizione sul Tema introduttivo.
5’11” Primo Tema ripreso da archi e fiati.
5’24” Transizione.
5’46” Secondo tema (Un poco più tranquillo).
6’19” Transizione.
6’33” Terzo tema (Più tranquillo, poco a poco stringendo).
6’46” (Più mosso).
7’33” Ripresa del Secondo tema. (Meno mosso, tranquillo).
8’05” Transizione e chiusura dell’esposizione.

8’30” Inizio della prima delle tre sezioni dello sviluppo (Tempo I non troppo vivo).
9’02” Seconda sezione dello sviluppo (poco più lento).
9’25” Terza sezione dello sviluppo.
10’07” Transizione (Un poco tranquillo).

10’30” Inizio della ricapitolazione (Un poco maestoso). Primo Tema.
11’08” (Tranquillo). Secondo Tema. (Rallentando).
12’34” (Vivo). Terzo Tema.

14’15” Coda.

Secondo movimento. (Musica notturna). Macro-struttura A-B-A’ con diverse sottosezioni.

14’57” Sezione A. (Lento, ma non troppo). Introduzione con piatti e due tamburini.
15’21” Languido tema (notturno) nei pianoforti, sempre accompagnati dalle percussioni e con brevi interventi dei fiati.

17’13” Sezione B-1. (Un poco più andante). Piano-2 con note lunghe (minime) accompagnato da Piano-1 con quintine di semicrome. Il tempo accelera.
18’09” (Agitato). Climax (xilofono). Calmandosi.
18’20” Sezione B-2. (A tempo). Clustars nei pianoforti a canone, con pedale di controfagotto, corni e archi.
18’51” Sezione B-3. (Poco rubato). Veloci scale cromatiche nei pianoforti, progressivamente diradantesi.

19’25” Sezione A’. (Tempo I). Piano-2 riprende il tema notturno dalla Sezione-A. Piano-1 accompagna con svolazzi di biscrome (dalla Sezione B-3) poi con glissando ascendenti-discendenti.
20’12” (Un poco mosso). Il tema notturno è riproposto in forma inversa, poi (20’36”) condensato in due battute di accordi.

20'54" Coda. (Più andante). Tornano le quintine dalla Sezione B-1. 
21'03" (Tempo I). Su un tappeto dei fiati e i rintocchi dello xilofono, i pianoforti si congedano con quattro accordi che sfumano dal forte al piano.

Terzo movimento. Forma ibrida di Rondo-Sonata.

21’43” (Allegro non troppo). Dopo poche battute introduttive di pianoforti, legni e archi è lo xilofono ad esporre il Primo tema. Ripreso poi (21’57”) dai pianoforti.
22’08” Transizione.
22’21” Secondo tema, poi variato (22’32”) con un’accelerazione (Più mosso) e un improvviso schianto.  
23’01” Transizione.
23’12” (Tempo I). Terzo tema nei pianoforti, poi progressivamente Stringendo… Più mosso.

23’39” (Tempo I). Qu si può posizionare lo Sviluppo (in termini di forma-sonata) con la ripresa del Primo tema in tromba e tromboni, interrotto da improvvisa fermata. Questo lungo sviluppo – con lo xilofono assai in evidenza - si basa su una sapiente rielaborazione di spezzoni del Primo tema, che viene riproposto quasi integralmente (25’10”) prima di passare alla Ricapitolazione.  

25’25” (Più mosso). Ricapitolazione innescata sul Primo tema dagli archi accompagnati dall’impertinente xilofono. Si arriva ad un climax (Tempo I, 25’36”) che prelude al ritorno del Secondo tema (25’44”) in una variante che ricorda (ciclicamente) l’Introduzione del Concerto. Il tema è poi ripetuto (25’53”) nella sua forma originale.
26’02” Transizione.
26’17” Ritorno del Terzo tema, assai variato. Accelerazione dei pianoforti (Sempre strigendo).
26’59” (Tempo I). Riecco il Primo tema, pure variato, poi ripreso (27’13”) con ennesima variante.

27’26” Coda. Il suono va progressivamente sfumando, fino agli ultimi sommessi tocchi di piatti e tamburini. Silenzio.

25 novembre, 2023

Orchestra Sinfonica di Milano – Stagione 23-24.4 (con sorpresa)


Dopo la lunga e fortunata parentesi del Mahler-Festival, l’Orchestra ha ripreso il cammino della stagione principale sotto l’effetto di una notizia cheha davvero del clamoroso: le dimissioni – ufficializzate 24 ore prima del concerto - del Direttore Generale ed Artistico della Fondazione, il Maestro Ruben Jais. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno (Jais aveva diretto meno di due settimane fa - ma non con l’Orchestra principale - il penultimo concerto del Festival, da lui fortemente voluto) che ha colto quasi tutti di sorpresa, anche se alcuni ricorderanno la spiacevole vicenda del 19 marzo scorso, culminata con la minaccia di sciopero – poi rientrato - dell’Orchestra, proprio a fronte di una discutibile iniziativa dello stesso Direttore (che comunque ieri sera si aggirava sorridente in sala).  
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Per questo fine settimana in calendario c’è un concerto bifronte, diretto dal 28enne fiammingo Martijn Dendievel, che ha affiancato un’Opera e un Autore contemporanei ad una delle più eseguite sinfonie di Ciajkovski.

Del 42enne tulipano Joey Roukens è stato eseguito, in prima italiana, In Unison, un Concerto per due Pianoforti e Orchestra del 2017 (qui l’audio della prima) interpretato dai due connazionali dedicatari, i fratelli Lucas & Arthur Jussen, che sono attualmente Artisti in residenza presso laVerdi.

Ecco qui (Lucas a sinistra, al piano-1 e il fratello minore Arthur a destra, al piano-2) la registrazione video di una loro performance del 2021 con l’Orchestra olandese co-dedicataria dell’opera, presente anche l’Autore, festeggiato con loro dopo la brillante esecuzione. Verso la fine della quale arriva un’improvvisa e lunga cadenza con un virtuosismo di timpani, che sono percossi dal padre dei due pianisti, Paul, che in quest’altro video di presentazione del brano viene anche simpaticamente preso in giro dai suoi due enfants-terribles!

Il compositore ci dice di aver scelto il titolo del Concerto ascoltando i due fratelli suonare… e con tanto affiatamento da farglieli apparire come un unico super-pianista che suona un super-pianoforte. Oltre al titolo, anche i tre classici movimenti in cui il concerto si articola recano dei sottotitoli che ne evocano l’ispirazione (fra parentesi la mia personale interpretazione delle note esplicative dell’Autore):

1. Neon Toccata (luminosa, estroversa, orecchiabile: le luci psichedeliche di una discoteca?);

2. What If (struttura A-B-A’, improvvisi cambiamenti di atmosfera: calma, agitata, calma);

3. Dark Ride (una corsa all’impazzata, cupa e grottesca, con un finale a sorpresa).

Imponente la batteria di percussioni, con tre esecutori che devono gestire, rispettivamente, 10, 10 e 8 strumenti! Tutto sommato normale la compagine di fiati e archi; una celesta si aggiunge all’organico.

Il compositore raccomanda un rigoroso rispetto dei ritmi, così come indicati in partitura, che è ricchissima di minuziose indicazioni agogiche, ad esempio: ritmicamente quanto più preciso e stabile (assolutamente non rubato); oppure: un oscuro, sinistro tran-tran… In altri casi invece l’Autore si limita ad indicare, in secondi, il tempo di esecuzione di alcune battute!

Il primo movimento ha una struttura abbastanza aperta, tipo durchkomponiern, con alternanza di passaggi affidati ai soli solisti, o alla sola orchestra, o all’insieme. Difficile individuare temi ricorrenti, salvo forse alcune figurazioni ritmiche, che talvolta si ripropongono.

Ecco qui l’attacco dei due pianoforti, alla battuta 12 (24” nel filmato) dopo che l’orchestra – ora zittitasi - ha imposto il tempo Molto allegro, con fuoco:

Dopo nove battute di silenzio l’orchestra (41”) rientra per iniziare il suo dialogo con i solisti, che poi si limita all’intervento di percussioni, ma prende nuovo slancio (1’31”) con metronomo raddoppiato fino a che (2’15”) l’orchestra rimane sola a portare avanti il discorso. È un passaggio assai rigoroso ed energico, con gli ottoni in grande evidenza, fino al rientro dei solisti (2’44”) anticipati e poi accompagnati anche dalla celesta.

Dopo una veloce ascesa del piano-1 (3’30”) i solisti tacciono per poco, lasciando spazio ancora ad un deciso intervento dei fiati, che porta ad uno schianto (3’40”) seguito da un’oasi più calma, dove abbiamo il ritorno dei due pianoforti, che a mano a mano riaccendono il ritmo, accompagnati e sostenuti soprattutto dalle percussioni. 

Si arriva quindi (4’25”) alla ripresa del tempo molto agitato, con i solisti a condurre la danza, trascinando i fiati fino ad un climax (5’19”) dopo il quale si tacciono, cedendo all’orchestra il centro della scena, caratterizzata da un’ampia e cantabile melodia nei fiati e poi negli archi, accompagnata sempre dal ritmo serrato imposto dalle percussioni.

Ecco ora rientrare i solisti (6’00”) per presentare una vera e propria cadenza:

Che è suddivisa in due parti: 14 battute dove il piano-1 suona un tremolo cangiante e il piano-2 si libra in svolazzi di semicrome e biscrome; e 10 battute dove i due solisti si scambiano i ruoli. Non è necessario che in ciascuna delle due sezioni ci sia un preciso sincronismo fra i due, che va rispettato solo nel momento (6’51”) in cui si danno il cambio.

La cadenza sfuma (7’14”) nella coda del movimento, caratterizzata da una progressiva entrata degli strumenti dell’orchestra (prima legni e archi bassi, poi celesta e percussioni, infine archi alti) e da una generale accelerazione, chiusa infine da una croma sforzata di archi e percussioni.  

Il movimento centrale (Molto tranquillo, ma ben misurato) è, come anticipato, in forma (spuria) A-B-A’. Inizia (8’26”) con ottavino (poi flauto) e violini che suonano una cullante melodia e i due solisti che dettano il ritmo lento con note ribattute (questa sarà una delle caratteristiche del movimento) supportati poi dal martellio delle percussioni.

Ora (10’20”) con leggero aumento del metronomo, sono i due pianoforti a prendere il centro della scena dando inizio ad un lungo e nobile passaggio, con archi e fiati a sostenere il dialogo con lunghe note tenute; il tempo accelera ancora impercettibilmente finchè (13’04, Con grandezza, largamente, nobilmente) i due pianoforti tacciono mentre oboi, corni e violini primi trascinano tutta l’orchestra verso un grandioso climax.

Che segna (14’15”) il brusco passaggio alla sezione B del movimento, dove il tempo aumenta del 50% (metronomo da 40 a 60 semiminime, Come improvvisamente in un'altra dimensione) e i due solisti tornano protagonisti, accompagnati prevalentemente da percussioni, riproponendo le loro figurazioni con note ribattute.

Il tempo accelera ancora in due riprese, passando da 60 a 66 e poi a 72 semiminime, fino ad arrivare (15’50”) ad un momentaneo rallentamento, con il ritorno in primo piano anche degli archi e successivamente dell’intera orchestra. Il tempo riprende ad accelerare progressivamente, tornando a 72 semiminime e quindi (17’10”, energico) a 84. I solisti tacciono ed è l’orchestra a scatenarsi ancora con un impressionante crescendo di note ribattute, crescendo che poi si spegne sul sommesso sussurro delle percussioni.

Siamo quindi arrivati (18’24”, tranquillo e religioso, il metronomo piomba a 42) all’ultima sezione del movimento (A’) dove i due solisti riprendono l’atmosfera iniziale, accompagnati in sottofondo da archi e percussioni, poi (19’59”) anche da flauti e tromboni. Eccoci quindi (20’48”) alla coda, con un impercettibile aumento del metronomo (45) e i due pianoforti (semplice, molto sereno e lirico) - accompagnati da ottavino, clarinetto e poi dalla celesta, con i primi violini chiamati ad emettere le note più acute possibili - che portano, in una progressiva rarefazione del suono, il movimento alla conclusione.

Dove troviamo una delle trovate della partitura che rasenta la bizzarria: nelle ultime tre battute del movimento (22’35”) i due solisti devono percuotere con le nocche della mano sinistra il legno sopra la tastiera del pianoforte:

Il movimento finale del Concerto (Presto, sempre molto ritmico) è aperto (23’15”) da uno schianto della sola orchestra, che introduce l’ingresso dei solisti (23’28) con 12 battute dal ritmo sincopato e sghembo (5/8, 3/4. 7/8) che caratterizzerà anche gran parte del seguito, chiuse da una rapida discesa in tutti gli ottoni.

I due pianoforti conducono questa corsa ostinata, fatta di quartine e terzine di crome in tre delle quattro mani accompagnate da note lunghe nella quarta, mentre legni e archi scandiscono il ritmo; poi (23’55”) sono la tromba e la tuba a suonare le note lunghe, mentre la quarta mano del pianoforte passa al ritmo.

Si arriva così a 24’43”, molto energico e ben articolato, con mordente, dove i solisti tacciono ed è l’orchestra a riprendere il discorso, dando ulteriore corposità al suono, che poi improvvisamente si calma (24’55”) in vista del rientro dei solisti. I quali poco dopo (25’25”) si inoltrano in un’atmosfera più rarefatta, dominata dalle note lunghe: un passaggio lirico, liquido e sognante. Il brusco risveglio (25’54”) vede impegnati quasi esclusivamente i solisti in una specie di cadenza accompagnata da percussioni e archi, che poi si arricchisce dei suoni del resto dell’orchestra.

Il passaggio è chiuso da una veloce salita dei due pianoforti (con slancio) fino ad uno schianto, seguito (27’05”, Sostenuto) da una breve oasi di calma, protagonista solo l’orchestra e chiusa (27’24”) da un altro colpo secco di legni, ottoni, tamburo e archi bassi. Si torna al Tempo I, ma ancora più veloce, dove la cavalcata generale riprende e poco dopo (27’41”, grottesco e molto energico, come un pazzo) diventa davvero travolgente, fino a spegnersi (27’58”) seguita da 5 battute grevi di fiati e archi bassi.

Ora (28’20”, Poco meno) è l’ottavino (più tardi raggiunto dal clarinetto, quindi dal flauto e con svolazzi della celesta) ad esporre una lenta melodia, mentre i due pianoforti creano una specie di sottofondo liquido. Un lento crescendo porta ad un nuovo scossone (28’54”) che prelude al colpo di teatro finale, protagonista la famigliola Jussen: mentre Lucas e Arthur si scatenano in veloci (e barbare) figurazioni su terzine di crome e semicrome, papà Paul (29’01”) si deve sottoporre ad un minuto di sfrenato tour-de-force ai timpani, chiuso da un’autentica (brutale) gragnuola di colpi.

Inizia ora (29’57”) la coda del Concerto, con i solisti, inizialmente accompagnati dalla celesta, che stringono il tempo, poi momentaneamente lo rallentano come a prender la rincorsa per lo sprint finale: dopo tre glissando (30’16”, discesa, salita, discesa) i pianoforti tacciono momentaneamente ed è l’orchestra (30’26”) che attacca (Quasi presto) e poi (30’35”, Prestissimo) introducendo quindi i due solisti (30’46”) che sparano le ultime cartucce.

Un ultimo momento di stasi, con l’intera orchestra che tiene lunghissime note in un crescendo sonoro che si arresta prima delle due battute conclusive del concerto (31’05”) dove i due solisti, rimasti… soli, all’unisono suonano contemporaneamente (su due ottave) l’intera scala dei tasti bianchi: LA-FA-RE-SI / SOL-MI-DO-LA:

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Che dire? È un ennesimo esempio di musica contemporanea composta per divertire insieme pubblico ed esecutori, dopo che per decenni – nel secolo scorso – molta della musica (allora) contemporanea sembrava scritta per esasperare il pubblico e compiacere ristrette élite di penitenti dediti all’auto-flagellazione (!)  

Travolgente successo per i due fratelli, per il Direttore e per l’Orchestra, così Lucas&Arthur ci hanno regalato questo bel bis sognante.
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Ha chiuso la serata la tremenda Quarta di Ciajkovski. L’Orchestra la potrebbe ormai suonare a memoria e forse anche senza Direttore. Direttore che in ogni caso si è fatto valere, guidando i ragazzi con gesto misurato e mettendo nel dovuto risalto i passaggi più lirici dell’opera, per poi scatenare ottoni e grancassa quando e quanto dovuto.

Inutile dire dell’accoglienza frenetica, con ovazioni per le prime parti e le diverse sezioni dell’Orchestra e ripetuti battimani ritmati all’indirizzo del Direttore.

17 marzo, 2023

laVerdi 22-23. 20

Accostamento testa-coda (anzi coda-testa) per il concerto di questa settimana, diretto da Vincenzo Milletarì, il giovane Direttore pugliese che torna sul podio dell’Auditorium dopo poco più di un anno dal suo esordio con l’Orchestra Sinfonica di Milano. Auditorium ieri sera al centro di una zona praticamente in stato d’assedio, con ingenti forze di Polizia e Carabinieri a controllare una, peraltro incruenta, manifestazione di gruppi antifascisti: il che può spiegare almeno in parte la scarsa affluenza di pubblico.  

Nella prima parte un brano quasi nuovo di zecca (è in prima esecuzione in Italia) di Fazil Say, intitolato Anka Kuşu (una specie di Fenice persiana) per pianoforte a 4 mani e orchestra. Ad interpretarlo i dedicatari fratelli olandesi Lucas e Arthur Jussen, da quest’anno Artisti in Residenza qui a laVerdi.
Il Concerto, commissionato dai Münchener Philharmoniker, dalla Sinfonietta Amsterdam, dal Mozarteum e dalla BSO, che i due fratelli eseguirono in prima assoluta a Monaco di Baviera venerdi 14 gennaio dello scorso anno (52° compleanno del compositore) prevede un organico orchestrale assai ridotto (solo quattro fiati…) dove prevalgono le percussioni, ed è strutturato nei classici tre movimenti:

1. Adagio misterioso – Andante tranquillo – Allegro drammatico:

Le note acute del pianoforte si stagliano sullo sfondo degli archi, poi il pianoforte attacca una cullante melodia, sempre caratterizzata da sonorità liquide, che progressivamente acquista spessore e – appunto – drammaticità. Il ritmo si fa incalzante, sincopato, si odono pesanti interventi delle percussioni. Ancora folate del pianoforte contrappuntate da larghe risposte dell’orchestra, poi ecco l’improvviso silenzio e il rallentamento che porta alla secca chiusura con un unico colpo di timpano.           

2. Scherzo: Allegro assai:

Le quattro mani dei pianisti attaccano un sincopato dal sapore jazzistico, nel quale si inserisce un impertinente  intervento dell’ottavino; si fa viva l’orchestra con interventi degli archi e dei flauti; poi l’atmosfera si fa progressivamente più sfumata, fino a sfociare, come accaduto al movimento iniziale, in una brusca chiusura.

3. Introduzione - Allegro assai – Adagio – Allegro ma non troppo:   

Ancora un’atmosfera jazzistica, con spettrali rintocchi del pianoforte e interventi più distesi e ritmati dei fiati. Una serie di singole note ascendenti crea un momento di pausa di riflessione, dove gli archi preparano il terreno per la sezione conclusiva del concerto. Aperta dal pianoforte che progressivamente anima il tempo e aizza le risposte dell’orchestra. Nuovo diradarsi del suono e quindi la ripresa con il pianoforte che trascina l’orchestra in una repentina e inopinata chiusura.

Ecco, un brano di indubbio fascino, che il pubblico ha lungamente applaudito con i due vulcanici interpreti, che ci lasciano non con uno, ma con due encore.
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Seconda parte con uno dei pezzi forti dell’Orchestra, che lo conosce come le proprie tasche, la Sinfonia dal Nuovo Mondo. E magari potrebbe anche suonarlo innestando il… pilota automatico. Ma in realtà il pilota ieri c’era e come: Milletarì ha confermato tutto ciò che di buono si dice di lui, con una direzione che ha messo in luce tutte le perle di questa partitura (un vero gioiello il Largo, con il corno inglese della bravissima Paola Scotti).

Gran trionfo per lui e per tutti, con chiamate ripetute e meritati applausi alle prime parti e alle sezioni dell’orchestra. Fuori, ancora camionette e blocchi stradali delle Forze dell'Ordine… così va il mondo.