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15 giugno, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano – Stagione 23-24.26

Chiusura in bellezza della stagione principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano, con il ritorno sul podio di una vecchia conoscenza, Patrick Fourniller, e alla tastiera dei due fratelli (ma qui separati, salvo... bis!) Jussen. Presente anche il Coro Sinfonico, a (quasi) completare tutto l’organico musicale della Fondazione.

Programma invero sontuoso, tutto beethoveniano. Si parte infatti con l’Imperatore! È il maggiore dei due olandesini, Lucas, a cimentarvisi. Prestazione davvero impeccabile, per mirabile rigore tecnico coniugato con raffinatezza di tocco e perfetta intesa con orchestra e direttore.

Scroscianti applausi e ovazioni per lui, che (ma solo per ora…) non concede bis
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Ecco quindi il gran finale, con la Fantasia op. 80, che impegna Arthur al pianoforte, il Coro di Massimo Fiocchi Malaspina, e sei solisti (SATB): Bernarda Bobro e Sarah Fox (soprani); Aoxue Zhu (alto), Patrik Reiter e Artavazd Sargsyan (tenori); e Matthias Winckhler (basso).

Giovedi 22 dicembre 1808 il Theater an der Wien ospitò un concertucolo di opere beethoveniane (una delle cosiddette accademie che i compositori organizzavano per farsi pubblicità…) avente in programma:

- Sinfonia n°5 e Sinfonia n°6 (prime esecuzioni);
- Concerto per pianoforte n°4;
- Aria Ah, perfido!;
- Messa in DO maggiore (3 movimenti);
- Fantasia corale op.80 (prima esecuzione).

Solo 4 orette di musica, che sarà mai… Qui un dipinto di Moritz von Schwind che raffigura una fase – piuttosto, ehm… disordinata - delle prove della Fantasia:

Il piccolo seme da cui germoglierà la Fantasia è un Lied giovanile (1795) intitolato Seufzer eines Ungeliebten (noto come Gegenliebe, Amore reciproco). E in seguito dal tema della Fantasia nascerà quello, passato alla storia, dell’Inno alla Gioia della nona:

Seguiamo un’esecuzione dei Wiener con Lenny Bernstein e Homero Francesch. L’articolazione del brano è essa stessa assai bizzarra: (50”) una lunga (a dispetto delle sole 26 battute) Introduzione del pianoforte solo, in tempo Adagio (DO minore-maggiore) e in forma di cadenza concertistica è seguita direttamente dal Finale, che ha una struttura assai complessa, anticipando (in scala ridotta) quella del finale della nona.

È aperto (4’01”) in DO minore, tempo Allegro, dall’orchestra, con i bassi a supportare il pianoforte nella transizione a DO maggiore (Meno allegro, 5’10”) dove il solista, introdotto da una lenta fanfara di corni e oboi, espone quello che sarà il tema cardine dell’opera, derivato dal Gegenliebe, e che successivamente verrà ripreso da solisti e coro, proprio come avverrà (in proporzioni moltiplicate) nell’Op.125.

Il pianoforte chiude questo primo intervento con uno svolazzo di biscrome, quindi si limita ad accompagnare il flauto solo, che gli subentra (6’06”) presentando una virtuosistica variante (semicrome in luogo di crome) del tema, poi imitato (6’35”) dagli oboi e successivamente (7’02”) dai clarinetti, contrappuntati dal fagotto.

Infine (7’28”) entra il quartetto d’archi, imitando i legni con una versione più mossa – quasi un controsoggetto - del tema principale, che torna in grande spolvero (7’56”) con un robusto tutti della sola orchestra.

Il pianoforte chiude questa sezione (8’23”) con una lungo ponte che modula (8’38”) a SOL maggiore e sfocia (9’07”) in una veloce (sempre più allegro) cadenza che riporta SOL a dominante e apre (Allegro molto, 9’13”) una sezione di sviluppo in DO minore caratterizzata da un serratissimo dialogo solista-orchestra.

Sfumato il quale, ecco un’altra sorpresa, con il solista che modula arditamente (9’43”) a SI maggiore (!) per riesporre il tema. Quindi fa progressivamente degradare la tonalità (10’13”) a LA minore, sempre in stretto dialogo con l’orchestra, preparando la successiva sezione (Adagio ma non troppo, 10’58”) in LA maggiore. È un passaggio sognante del pianoforte, discretamente accompagnato da clarinetti, fagotti, viole e celli.

Altra ardita modulazione (13’54”) a FA maggiore, e passaggio in Marcia, assai vivace (anche qui si anticipa la nona!) per una nuova esposizione variata del tema da parte dell’orchestra (quasi alla turca…) Il solista (14’22”) torna ad interporsi all’orchestra, mentre i… turchi si allontanano.

Il pianoforte ancora in primo piano (15’05”) con un mesto ricordo del tema, riportando la tonalità a DO minore, poi si torna all’Allegro introduttivo, con i bassi (15’44”) a preparare l‘Allegretto, ma non troppo (quasi Andante con moto, 16’06”) che prelude finalmente all’ingresso dei solisti (16’25”) e poi di tutto il coro.

Siamo tornati al solare DO maggiore, e ascoltiamo l’inno alla fratellanza di Christoph Kuffner, una pagina breve ma efficace, da cui Beethoven coglierà più di uno spunto (non ci vuol molto ad individuarlo…) per musicare – anni e anni dopo – Schiller.   
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Il giovane Arthur si fa valere nella difficile Introduzione solistica, come nei diversi dialoghi con l’orchestra che caratterizzano il brano. Orchestra sempre all’altezza della sua fama. Le sei voci soliste e il Coro di Fiocchi Malaspina danno il loro grande contributo al successo dell’esecuzione, salutata da ripetuti applausi ritmati.

Prima dell’ultimo omaggio generale torna sul palco Lucas e si siede a destra di Arthur sullo sgabello del pianoforte. Insieme ci lasciano con il Bach della Sonatina dall’Actus Tragicus, trascritta da Kurtág.

Davvero una conclusione di stagione alla grande. Ma l’Orchestra ora si prepara ad una importante trasferta a Francoforte, dove con Tjeknavorian porterà i Carmina Burana.

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