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bianca o nera?
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04 dicembre, 2009

Aspettando Carmen a SantAmbrogio - 5


Visto che la tecnologia moderna ci conferisce il dono dell'ubiquità – basta disporre di un video-recorder – posso fare anche qualche commento alla trasmissione di ieri sera di Fazio, andata in onda mentre mi godevo il concerto di Largo Mahler.
Sensazioni contrastanti, fra l'esultante e il tetro.

L'esultanza deriva dalla constatazione che si è trattato di una straordinaria trasmissione: dico, avere insieme Barenboim, Abbado e Pollini deve essere un record mondiale; poi ospitare la Filarmonica a pochi minuti dall'inizio della generale è comunque un'impresa storica; infine perché i contenuti – grazie all'abilità del conduttore ed all'amabilità degli ospiti (perdoneremo qualche proclama ideologico del grande Pollini…) – sono stati, credo io, dosati al punto giusto per la circostanza e rispetto all'audience.
Tristezza perché si è trattato, temo, di una trasmissione straordinaria, che ahinoi avrà un seguito, se tutto va bene, non prima di una ventina d'anni.
Commoventi le immagini del concerto di Ramallah della Divan (l'alternativa violino-violenza evocata da Barenboim è davvero fulminante) una cosa che si fatica a prendere per vera (non credo sia stata una coincidenza che il filmato si sia concluso sulle note di Nimrod, dalle Enigma di Elgar).
Più coinvolgenti ancora le immagini venezuelane dei bambini di Abreu che cantano, suonano e sollevano i violini in segno di giubilo, con Abbado in lacrime!
Barenboim, da uomo che non simula, né le manda a dire, ha fatto alcune semplici affermazioni: una sul concetto che siamo noi ad aver bisogno della musica e non viceversa; dietro c'era una frecciatina che anche un bambino avrebbe potuto cogliere: bersaglio uno che ha il cognome che comincia con Al e finisce con levi.
Baricco ha fatto pochi danni (ma lui non è quello che propone di azzerare i fondi FUS e di lasciar fare al mercato? Evidentemente non gli fa schifo mandare una parcella alla RAI per un intervento tutto interno e funzionale al sistema vigente).
Sui problemi della regìa, Barenboim ha usato molta realpolitik, mostrando di comprendere le necessità di modernizzare le rappresentazioni, ma stigmatizzando allo stesso tempo certe abitudini (tipiche del Regietheater) dove il regista estrapola dai contenuti originali dell'Opera un particolare e lo mette al centro del suo proprio Konzept, a cui poi asservire l'Opera medesima.
A proposito di regìa, le brevissime immagini che ci sono state mostrate della generale (l'incipit della prima scena) non sono troppo incoraggianti. Il brigadiere Morales e i suoi soldati stanno cazzeggiando, osservando la gente che, sulla piazza, viene e va. Persone aggettivate nel testo come drôles, strane, curiose, divertenti. Orbene, che fra queste ci sia chi porta in giro tappeti da sbattere con scope, chissà, può darsi sia un'usanza del profondo sud, e passi. Ma che subito ci venga mostrata una donna al nono mese di gravidanza (le immagini non sono chiare, ma è forse la stessa Carmen?) che si accascia per strada in preda alle doglie, soccorsa poi alla meglio da altri passanti, io - povero pirla - non riesco proprio a comprenderne il recondito significato. Che, non ho dubbi, deve pur esserci: spero nella compassione di qualche amico che me lo venga a spiegare… altrimenti mi sforzerò di arrivarci da solo in teatro, purtroppo non prima del 18 prossimo venturo.
Da ultimo, amici che hanno assistito alla generale mi assicurano di un livello di esecutori (maestro, orchestra, coro e – soprattutto – cantanti) di altissima qualità. Se è così, non c'è regìa che possa rovinare la Carmen.