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01 luglio, 2017

Ravenna-Festival: il ritorno della OSN e di Fray


Il Ravenna-Festival-2017 ha ospitato ieri sera la OSN della RAI, guidata dal suo ex- Juraj Valčuha. L’Orchestra ha fatto così il suo ritorno in Romagna, in attesa poi di trasferirsi di poco a sud, lungo la riviera marchigiana, per essere protagonista al prossimo ROF. Il monumentale Pala-deAndré presentava vaste aree spopolate (penso si riempirà martedi con Temirkanov...)

Altro gradito ritorno a Ravenna è quello di David Fray, che è stato protagonista nel mitico Concerto in LA min di Schumann, al quale lui si attaglia persino nel... fisico (pare Schumann resuscitato). Esecuzione di tutto rispetto, non esente da qualche perdonabile indecisione. Ottimo l’amalgama con l’Orchestra, che deve necessariamente caratterizzare questo pezzo; alla fine applausi convinti (anche da un certo maeschtre presente in prima fila a far gli onori di casa con la consorte) e quindi un bis del più inflazionato degli Chopin.      
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È toccato infine alla straussiana Eine Alpensinfonie di chiudere in bellezza la serata. Qualche mia nota sui contenuti di questa memorabile escursione alpina si può leggere qui. Orchestra in gran spolvero, a partire dalla sezione più... bistrattata da Strauss (che aveva una predilezione per i corni, data la professione del paparino). Valčuha allenta tutte le briglie e non risparmia proprio nulla e nessuno: sonorità sgargianti e fortissimi a volontà. Ma anche religioso raccoglimento a... fine giornata. Appausi fin troppo solleciti (ma non è la nona di Mahler) e tutti a casa.

Fuori, dopo una giornata autunnale, grigia e ventosa (che si era alternata al giovedi torrido, funestato dall’insopportabile garbino) una mezzaluna e Venere spiccano in cielo: buon presagio per un’apertura di luglio come si deve: e infatti stamane cielo turchese e mare come olio.

21 dicembre, 2012

Orchestraverdi – concerto n.14


Siamo ormai in pieno 21.12.12 e fino a questo momento non si è visto ancora nulla… però chissà se dipende dal fuso orario o dall’ora legale dei Maya… quindi ci resta forse qualche spicciolo di tempo per sperare ancora… dopodiché mi sa tanto che dovremo tornarcene abbastanza disgustati allo spread, al Berlusconi:0 e all’Amleto Mario

Per ingannare l’attesa, vediamo cosa ci propina questa settimana il concerto n°14 de laVerdi, sul cui podio è ancora Ruben Jais.

In apertura un’opera di Fabio Vacchi del 2008, commissionata dalla Filarmonica della Scala e la cui prima fu diretta nel 2009 da Riccardo Chailly: Prospero o dell’armonia, un melologo per voce recitante ed orchestra.

Il titolo viene dal protagonista principale della Tempesta shakespeariana, di cui Ferdinando Bruni (che fu anche la voce recitante alla prima) ha tradotto ed adattato dieci esternazioni che esprimono appunto la faticosamente conquistata attitudine di Prospero verso la tolleranza, il perdono, la serenità di giudizio, in fin dei conti… l’armonia.

Vacchi li ha rivestiti di musica davvero accattivante, aggiungendovi un’introduzione ed un intermezzo puramente strumentali, per un totale quindi di dodici numeri (per così dire). Assecondando lo spunto letterario, la musica si incarica ora di evocare suoni di natura, ora sensazioni e sentimenti dell’animo umano. Michele Di Giacomo ha interpretato i testi con grande pathos e piena identificazione con la filosofia dell’opera.

L’Autore, presente in sala (in compagnia di un suo giovane collega, Orazio Sciortino, già ospite a sua volta dell’Auditorium) è stato chiamato sul podio e lungamente applaudito dal folto pubblico: evidentemente (certa) musica contemporanea ha ancora molto da dire a cuori e cervelli.

Dopo l’intervallo, tutto Mozart, dapprima con il più alto (per me) dei concerti per pianoforte, il K466, con il trentunenne francese David Fray alla tastiera. Lo avevo sentito suonare questo stesso concerto con Salonen e la Philharmonia nel giugno 2011 al Ravenna Festival, e ne avevo potuto apprezzare le grandi qualità. Qualità che sono emerse anche ieri sera: pulizia estrema e assenza di qualunque romanticheria fuori luogo, insomma un Mozart fresco e trasparente, cui ha contribuito Jais tenendo l’orchestra sempre in atmosfere rarefatte, anche nei momenti più drammatici dell’Allegro iniziale. Una curiosità: le due cadenze non sono quelle celebri di Beethoven (chissà se sono di sua mano…)

Successo pieno per lui e bis con una bachiana Sarabanda.

In chiusura l’immortale Jupiter. Una vera e graditissima sorpresa la direzione di Jais, davvero ispirata e – come nel Concerto - improntata a grandissimo equilibrio e leggerezza; correttamente rispettato anche il da-capo dell’esposizione, cosa che non tutti fanno.

Lunghi quindi, e meritati gli applausi per Orchestra e Direttore.   
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Nel frattempo: dal fronte Maya ancora tutto tace… comincio a temere che bisognerà pazientare fino al 21.12.2112. Vuol dire che ci consoleremo a Capodanno con la Nona, come ormai tradizione qui.

20 giugno, 2011

Week-end coi fiocchi al Ravenna-Festival


Due delle più prestigiose orchestre europee, guidate dai rispettivi direttori musicali, a loro volta stelle del firmamento internazionale, hanno illuminato il fine settimana (già da esodo estivo con tanto di bollino nero, se si parla di code di auto sulle strade…) del RavennaFestival: sabato Salonen-Philharmonia e domenica Nagano-Münchener. Da leccarsi i baffi! Cosa che il pubblico, foltissimo (anche se Abbado aveva battuto tutti i record di presenza) ha puntualmente fatto.

Esa-Pekka ripropone qui la versione originale di Musorgski de La Notte di San Giovanni sul Monte Calvo, che ci aveva eseguito nell'ultima edizione del MITO. Mettendo in risalto tutte le barbare spigolosità di questa geniale partitura. Chi ha più consuetudine con la più orecchiabile versione di Rimsky può rimanere perplesso, ed anche il pubblico del PalaDeAndrè sembra preso un poco in contropiede e trattiene – per il momento – i suoi entusiasmi.

Che aumentano con l'arrivo di David Fray, trentenne dal volto e dalla capigliatura che ricordano nientemeno che Robert Schumann, il quale – accomodato su una normale sedia, in luogo del classico sgabello – ci ha offerto una bellissima interpretazione del K 466 di Mozart. Ben assecondato da Salonen, che ha fatto la sua parte nei lunghi tratti riservati all'orchestra, dentro il dialogo col solista. Fray, applaudito a scena aperta già al termine dell'iniziale Allegro, è stato delizioso soprattutto nelle cadenze e nella centrale Romanza:


mettendo in mostra grande tecnica, accompagnata da altrettanta sensibilità e cura dei dettagli. Per lui quindi un trionfo, suggellato da un prezioso bis bachiano.

In chiusura di programma ufficiale ecco Bartok e il suo celebre Concerto per orchestra. I professori della Philharmonia hanno qui modo di mettere in evidenza anche le loro qualità solistiche, in specie i fiati, che nel secondo movimento (Il gioco delle coppie) sono chiamati ad esibirsi proprio in primo piano. Ma hanno modo di emergere anche la seconda arpa, con il suo bizzarro inciso – nell'iniziale Introduzione – suonato con due ferrettini al posto dei polpastrelli, e soprattutto il timpanista, che nell'Intermezzo interrotto deve percorrere l'intera scala cromatica, impegnando assai anche i piedi, per accordare opportunamente le membrane (ed infatti, conclusa l'impresa, il simpatico Andrew Smith mostrava tutto il suo auto-compiacimento…)

Accoglienza caldissima, con ovazioni e urla, che Salonen e i suoi ripagano – precisamente come nella citata esibizione allo scorso MITO (ma qui mancano di fantasia, smile!) - con la Valse triste, in omaggio alla patria lontana del Maestro e poi con il Preludio III del Lohengrin, che fa tremare le strutture del palazzetto e provoca quasi una sommossa sulle tribune.

Domenica è stata la volta del Filarmonici monacensi condotti dal sempre capellone nippo-yankee Kent Nagano. A Monaco si prepara il cambio della guardia fra tale Christian Thielemann (che per aver voluto troppo, è rimasto con un… biglietto per Dresda) e l'arzillo nonno Lorin, che per i prossimi tre anni farà ritorno in Baviera. Ma l'Orchestra sembra impermeabile a questi cambiamenti, e suona in modo divino (senza togliere meriti a Nagano, ovviamente). Oggetto dell'esibizione la sbifida Settima Sinfonia di Mahler (anniversari).

Che vien fuori come fosse scolpita con un rasoio, senza una sbavatura, fredda ed enigmatica come non mai: le Nachtmusiken più che sogni sembrano evocare folletti e spettri (in fondo sono coeve della Tragica…) e lo Scherzo è proprio pieno di ombre, con rari squarci di luce. Nel tempo iniziale Nagano parte con grande retorica, lasciando dispiegare tutta la cupa sonorità del Tenorhorn (dislocato in alto a destra, quasi isolato, sopra il pacchetto dei corni, nell'orchestra con disposizione alto-tedesca) ma nell'Allegro risoluto cambia subito marcia, imponendo un ritmo assillante. Per poi allargare benissimo nell'Adagio dell'episodio centrale, un vero e proprio Höhepunkt, dove ancora i tromboni e il tenorhorn espongono maestosamente questo motivo:
che conduce alla lancinante perorazione dei violini:
Travolgente il Rondo-Finale, wagnerianamente introdotto da un autentico virtuosismo dei timpani e dei corni:
Dopo il conclusivo schianto il PalaDeAndrè si trasforma in una bolgia e le chiamate si succedono per minuti e minuti, con Nagano che fa alzare i diversi professori, veri solisti di questa grande orchestra e infine mima un sayonara e prende sotto braccio il Konzertmeister per rimandare tutti a casa, mentre sul palco ci si abbraccia e ci si complimenta per questa prestazione davvero outstanding.
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Fuori – e sono quasi le 23 – la coda dei rientranti dalle spiagge è ancora interminabile (ma cos'è questa crisi?) Meno male per me che viaggio in contro-tendenza!
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