riconoscimenti

a Trump premio Nobel per l'incapace
Visualizzazione post con etichetta misha kiria. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta misha kiria. Mostra tutti i post

23 agosto, 2025

ROF-2025 live (in Piazza). Messa per Rossini.

Il 46° ROF ha chiuso i battenti al teatro cittadino con l’esecuzione della Messa per Rossini. Messa che nacque da un’idea di Giuseppe Verdi, un anno dopo la scomparsa del genio pesarese.

Come già altre volte in passato, ho personalmente privilegiato l’ascolto andandomi a sedere su una delle 600 sedie (ieri occupate per una buona metà…) che il Comune dispone abitualmente in questa circostanza in Piazza del Popolo, dove lo streaming del concerto di chiusura viene irradiato su uno schermo gigante dislocato sotto il moderno palazzo del Comune. Lì, alla nobile polifonia sacra dei suoni che arrivano dagli altoparlanti, si aggiunge quella profana prodotta dall’animato chiacchiericcio di avventori di bar circostanti, dai piagnistei di qualche pargoletto o da interventi solistici canini (un pastore tedesco dalla voce di basso-baritono o una cockerina soprano di coloratura…) Ecco, una genuina mistura di sacro e profano, che di tanto in tanto non guasta.

Qualcosa invece si è guastato nel meccanismo dello spettacolo: prima dell’inizio il Soprintendente Ernesto Palacio ha voluto sottolineare l’importanza dell’evento -  era la prima esecuzione al ROF dell’omaggio dell’intera famiglia musicale italiana del 1869 al compositore che aveva così brillantemente rappresentato l’Italia nel mondo – e nel contempo ricordare e tributare un doveroso ricordo alla figura di colui che aveva fortemente voluto e poi creato dal nulla il Festival, l’indimenticabile Gianfranco Mariotti, purtroppo mancato lo scorso novembre.

Dopodichè, ecco l’annuncio dello spiacevole contrattempo: la (parziale, ma sostanziale) defezione di uno dei protagonisti, Dmitry Korchak, cui un’improvvisa tracheite (evidentemente contratta nell’ultimo viaggio di ritorno in mare da Algeri del giorno precedente…) ha impedito di interpretare il difficile Ingemisco (pertanto cancellato) confinando la sua presenza ai due soli numeri 9 e 12 della Messa. Evidentemente non si era pensato a predisporre alcuna cover dei solisti, in caso di emergenza (il bravo Brownlee, per dire, sarebbe stato degno sostituto…) Comunque sia, nel tragitto che mi separava dalla Stazione ferroviaria, passando davanti al retro del teatro (uscita artisti) ho potuto scorgere il bel Dmitry sgattaiolare quasi inosservato ed infilarsi dentro una Range Rover esagerata, targata Ticino, sulla quale, dopo averci caricato la Berzhanskaya e un’altra (a me) sconosciuta donzella, se l’è filata sgommando allegramente…  

Ecco, adesso qualcosa devo pur dire del concerto. Sul podio era Donato Renzetti, che aveva a disposizione l’Orchestra bolognese e le autorevoli voci della rampante Vasilisa Berzhanskaya, della splendida Caterina Piva, e dei due orientali Misha Kiria e Marco Mimica; oltre al menomato Korchak e al compatto Coro del teatro Ventidio Basso guidato da Pasquale Veleno.

Tutti han fatto del loro meglio per illustrare quest’opera di per sé eterogenea, che fatalmente ci diventa familiare solo all’ultimo, quando ascoltiamo il Libera me che il Peppino si portò dietro nel suo capolavoro per Manzoni. Opera che tuttavia ci mostra quanto fosse insospettabilmente ampio e fecondo il panorama degli autori italiani di quell’epoca, molti dei quali sono stati sepolti sotto il peso delle torreggianti figure di Verdi e poi da quelle dei suoi successori (Puccini, Mascagni, Giordano, …)    

Chiudo con il quadro sintetico della Messa, corredato da autori, numeri e voci:

  
Autore
Parte
Numero-Titolo
Voci
Antonio Buzzolla
I Introitus
1 Requiem
C
 
 
   Kyrie
 
Antonio Bazzini
II Sequentia
2 Dies Irae
C
Carlo Pedrotti
 
3 Tuba mirum
Br-C
Antonio Cagnoni
 
4 Quid sum miser
S-A
Federico Ricci
 
5 Recordare Jesu
S–A–Br-Bs
Alessandro Nini
 
6 Ingemisco
T-C
Raimondo Boucheron
 
7 Confutatis maledictis
Bs-C
Carlo Coccia
 
8 Lacrymosa
Cc-C
 
 
   Amen
 
Gaetano Gaspari
III Offertorium
9 Domine Jesu
soli-C
 
 
   Quam olim Abrahae
 
 
 
   Hostias
 
Pietro Platania
IV Sanctus
10 Sanctus
S-C
 
 
     Hosanna
 
 
 
     Benedictus
 
Lauro Rossi
V Agnus Dei
11 Agnus Dei
A
Teodulo Mabellini
VI Communio
12 Lux aeterna
T-Br-Bs
Giuseppe Verdi
VII Responsorium
13 Libera me
S-C
 
 
     Dies Irae
 
 
 
     Requiem aeternam
 
___
Bene, archiviata l’avventura 2025, già si profila all’orizzonte l’edizione 47, che nel 2026 (11-23 agosto) ci offrirà Le Siège, La Scala, L’Occasione, Il Viaggio e il sommo Stabat.

19 agosto, 2025

ROF-2025 live. Italiana.

La mia seconda tappa al ROF-46 (nella gloriosa bomboniera del Teatro Rossini, ieri piacevolmente affollata) è dedicata all’opera che fece scoprire il Gioachino al mondo intero: L’italiana in Algeri, alla sesta riproposta nel cartellone del ROF.

Lo spettacolo inizia verso le 19:45 sul sagrato del teatro dove la folla degli spettatori accoglie con stupore e incredulità l’arrivo, in una nuvola di fumo, di un leggendario VW Caravelle del 1950 dal quale scendono le quattro Drag Queens di professione (Calypso Fox, Ivana Vamp, Elecktra Bionic, Maruska Starr) subito placcate dai gendarmi del buzzurro Mustafà, che le trascinano nel serraglio sul palcoscenico, dove animeranno l’intero spettacolo. Sul mitico Bulli se ne andranno via gli italiani alla fine della serata.

Poi, sulla scena si presenterà anche una quinta Drag, che chiamerò con il nome d’arte di Baryela Dançelona che sarà l’incontrastata protagonista della serata.

Il cui nuovo allestimento è affidato a Rosetta Cucchi, alla terza esperienza al ROF, dopo Adina e Otello (con esiti contrastanti). Qui lei scatena la sua proverbiale vena femminista estendendo il range anche a tutto il variegato mondo LGBTQ+, scelta tanto di grande attualità, quanto assai poco attinente al soggetto di Angelo Anelli, tutto concentrato, appunto, sulle problematiche strettamente femministe. A meno di non considerare LGBTQ+ i (labili) riferimenti del testo alla categoria eunuchi, oggi (per fortuna?) merce assai rara e quindi priva di palcoscenici per rivendicazioni socio-politico-economiche.

Tuttavia, L’Italiana è opera talmente fuori dagli schemi da sopportare (ed anzi valorizzandosi da) interpretazioni ardite, sia pur incoerenti, come questa della Cucchi: insomma, è difficile dissacrare un soggetto così distante da ogni sacralità… e così quello che ne esce, per merito della Rosetta e del suo team (scene di Tiziano Santi, fantastici costumi di Claudia Pernigotti, luci di Daniele Naldi e video di Nicolas Boni) è uno spettacolo strepitoso e coinvolgente, pieno di trovate intriganti, coloratissimo e che non lascia un minuto di respiro allo spettatore.   

___
Dmitry Korchak (mi) ha confermato la buona impressione suscitata dopo l’ascolto per radio della prima con un approccio, appunto, rossiniano, tutto verve, brillantezza e leggerezza, coniugate, come forse sa fare solo chi è stato (ed è tuttora) sull’altro lato della barricata, con grande attenzione al supporto e alla valorizzazione delle voci. Applauditissima poi esecuzione della Sinfonia, ed eccellente la prestazione dell’Orchestra del Comunale bolognese (tornata in una normale buca, dopo l’esperienza in una specie di scaffale open-air – immagino assai dura - della Zelmira) e agguerrito anche il Coro del Ventidio Basso diretto da Pasquale Veleno (anch’esso piuttosto strapazzato dalla regìa di Bieito della stessa Zelmira).

Della decana Daniela si conosceva tutto e qui, calata nel bizzarro ruolo di Drag-en-travesti ha potuto finalmente anche divertirsi, mostrando insospettate doti di grande attrice da cabaret (o da avanspettacolo di alto livello). Il mestiere le permette di superare ogni difficoltà (da incorniciare per profondità il Pensa alla Patria) e così lei può davvero festeggiare i 30 anni di ROF che si porta sulle spalle con un trionfo che ha già il sapore di un dovuto riconoscimento alla carriera.

Vittoriana De Amicis, nei panni della povera Elvira, moglie ormai sull’orlo dello sfratto impostole dal marito, ha pienamente convinto sul piano musicale: la sua voce acuta e penetrante le ha permesso di svettare su tutti anche nei concertati più… rumorosi (Nella testa ho un campanello…) ed è meritatissimo il calore con cui il pubblico l’ha accolta.

Giorgi Manoshvili (Mustafà) ha un vocione che perfettamente si addice al tragicomico personaggio, cosa che emerge fin dall’iniziale Delle donne l’arroganza. Ed anche la presenza scenica è di gran disinvoltura ed efficacia.

Presenza che forse manca un poco al Lindoro di Josh Lovell, che però si fa ampiamente perdonare nel canto, con la sua bella voce chiara e squillante fin dall’iniziale, celebre cavatina in MIb Languir per una bella, poi accompagnata dal corno (Contenta quest’alma) dove il tenorino tocca con disinvoltura il DO sovracuto. E così continuerà per il resto della recita.

Misha Kiria, esordiente a Pesaro, devo dire che (mi) ha piacevolmente impressionato, per la bella voce baritonale chiara e tornita e l’espressività mostrata nel caratterizzare il tronfio Taddeo, anche lui gabbato da Isabella come il Bey. Lo vedevo per la prima volta e mi ha ricordato, in voce e presenza scenica, un certo Ambrogio Maestri… speriamo che ne segua le orme!

Gli altri due protagonisti, la brava Andrea Niño come Zulma e Gurgen Baveyan nei panni del finto feroce Haly, hanno degnamente completato il cast.

Alla fine, il pubblico ha accomunato l’intera compagnia in un cumulativo trionfo.