Il
46° ROF ha chiuso i battenti al teatro cittadino con l’esecuzione della Messa per
Rossini.
Messa che nacque da un’idea di Giuseppe Verdi, un anno dopo la scomparsa del
genio pesarese.
Come già altre volte in passato, ho personalmente privilegiato l’ascolto andandomi a sedere su una delle 600 sedie (ieri occupate per una buona metà…) che il Comune dispone abitualmente in questa circostanza in Piazza del Popolo, dove lo streaming del concerto di chiusura viene irradiato su uno schermo gigante dislocato sotto il moderno palazzo del Comune. Lì, alla nobile polifonia sacra dei suoni che arrivano dagli altoparlanti, si aggiunge quella profana prodotta dall’animato chiacchiericcio di avventori di bar circostanti, dai piagnistei di qualche pargoletto o da interventi solistici canini (un pastore tedesco dalla voce di basso-baritono o una cockerina soprano di coloratura…) Ecco, una genuina mistura di sacro e profano, che di tanto in tanto non guasta.
Qualcosa invece si è guastato nel meccanismo dello spettacolo: prima dell’inizio il Soprintendente Ernesto Palacio ha voluto sottolineare l’importanza dell’evento - era la prima esecuzione al ROF dell’omaggio dell’intera famiglia musicale italiana del 1869 al compositore che aveva così brillantemente rappresentato l’Italia nel mondo – e nel contempo ricordare e tributare un doveroso ricordo alla figura di colui che aveva fortemente voluto e poi creato dal nulla il Festival, l’indimenticabile Gianfranco Mariotti, purtroppo mancato lo scorso novembre.
Dopodichè, ecco l’annuncio dello spiacevole contrattempo: la (parziale, ma sostanziale) defezione di uno dei protagonisti, Dmitry Korchak, cui un’improvvisa tracheite (evidentemente contratta nell’ultimo viaggio di ritorno in mare da Algeri del giorno precedente…) ha impedito di interpretare il difficile Ingemisco (pertanto cancellato) confinando la sua presenza ai due soli numeri 9 e 12 della Messa. Evidentemente non si era pensato a predisporre alcuna cover dei solisti, in caso di emergenza (il bravo Brownlee, per dire, sarebbe stato degno sostituto…) Comunque sia, nel tragitto che mi separava dalla Stazione ferroviaria, passando davanti al retro del teatro (uscita artisti) ho potuto scorgere il bel Dmitry sgattaiolare quasi inosservato ed infilarsi dentro una Range Rover esagerata, targata Ticino, sulla quale, dopo averci caricato la Berzhanskaya e un’altra (a me) sconosciuta donzella, se l’è filata sgommando allegramente…
Ecco, adesso qualcosa devo pur dire del concerto. Sul podio era Donato Renzetti, che aveva a disposizione l’Orchestra bolognese e le autorevoli voci della rampante Vasilisa Berzhanskaya, della splendida Caterina Piva, e dei due orientali Misha Kiria e Marco Mimica; oltre al menomato Korchak e al compatto Coro del teatro Ventidio Basso guidato da Pasquale Veleno.
Tutti han fatto del loro meglio per illustrare quest’opera di per sé eterogenea, che fatalmente ci diventa familiare solo all’ultimo, quando ascoltiamo il Libera me che il Peppino si portò dietro nel suo capolavoro per Manzoni. Opera che tuttavia ci mostra quanto fosse insospettabilmente ampio e fecondo il panorama degli autori italiani di quell’epoca, molti dei quali sono stati sepolti sotto il peso delle torreggianti figure di Verdi e poi da quelle dei suoi successori (Puccini, Mascagni, Giordano, …)
Chiudo con il quadro sintetico della Messa, corredato da autori, numeri e voci:
Autore
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Parte
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Numero-Titolo
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Voci
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Antonio Buzzolla
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I Introitus
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1 Requiem
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C
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Kyrie
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Antonio Bazzini
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II Sequentia
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2 Dies
Irae
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C
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Carlo Pedrotti
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3 Tuba
mirum
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Br-C
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Antonio Cagnoni
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4 Quid
sum miser
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S-A
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Federico Ricci
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5 Recordare
Jesu
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S–A–Br-Bs
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Alessandro Nini
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6 Ingemisco
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T-C
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Raimondo Boucheron
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7 Confutatis
maledictis
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Bs-C
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Carlo Coccia
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8 Lacrymosa
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Cc-C
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Amen
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Gaetano Gaspari
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III Offertorium
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9
Domine Jesu
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soli-C
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Quam
olim Abrahae
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Hostias
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Pietro Platania
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IV Sanctus
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10
Sanctus
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S-C
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Hosanna
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Benedictus
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Lauro Rossi
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V Agnus Dei
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11
Agnus Dei
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A
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Teodulo Mabellini
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VI Communio
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12 Lux
aeterna
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T-Br-Bs
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Giuseppe Verdi
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VII Responsorium
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13
Libera me
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S-C
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Dies Irae
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Requiem aeternam
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