XIV

da prevosto a leone
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05 aprile, 2024

Una rondine fa primavera alla Scala

Felice davvero il ritorno al Piermarini - dopo 30 anni - de La rondine, accolta con gran calore da un pubblico abbastanza folto e partecipe: un meritato riconoscimento per quest’opera troppo a lungo snobbata e guardata con sufficienza, ma da qualche anno tornata alla ribalta di molti teatri, italiani e non.

Riccardo Chailly non ha voluto smentire la fama di venditore-di-primizie (riguardo i contenuti di questa produzione) potendo avvalersi in prima assoluta della nuova edizione critica (ancora fresca di stampa) di Ditlev Rindom (per Ricordi, tornato così a prevalere per questo titolo sullo storico rivale Sonzogno…) Si tratta di questioni (solo apparentemente?) di discussione fra addetti-ai-lavori, ma che in realtà testimoniano della serietà dell’approccio del responsabile musicale di questa proposta scaligera.

Giusto per citare un dettaglio che differenzia ciò che si è visto e sentito ieri da quanto si ascolta nelle diverse registrazioni disponibili, citerò la seconda strofa dell’aria di Doretta (Prunier, Atto I) che non si trova nell’edizione relativa alla prima di Montecarlo (1917): dunque, il poeta ha raccontato del rifiuto della piccola Doretta alle avances del RE (che le promette ricchezze ed onori!) e qui la storia termina, nelle tradizionali esecuzioni. Nella versione presentata ieri (antecedente alla prima monegasca) Prunier canta una seconda strofa, dove è un umile vicino di casa di Doretta a chiederla in sposa, promettendole un futuro di moglie e madre, ma ottenendo la stessa risposta negativa: così come la ricchezza, neanche la prospettiva del tranquillo focolare domestico basta a dare la felicità! Insieme alla successiva riesposizione di Magda (Doretta si innamora perdutamente dello studente che l’ha baciata) è proprio il distillato quasi nichilista del soggetto dell’opera: Magda non trova la felicità né nel lusso/ricchezza/status, né poi nella prosaica prospettiva della famiglia tradizionale, seguita all’ubriacatura presa al Bal Bullier!

Altre differenze di qualche rilievo riguardano il second’atto: una variante all’apertura e l’aggiunta di interventi di vari avventori dopo l’arrivo di Rambaldo. Nel terz’atto spicca l’assenza dell’invito di Prunier a Magda perchè torni a Parigi da Rambaldo, il che ribalta totalmente la situazione: laddove quell’invito lasciava Magda addolorata (quanto male mi fai a dir così), la sua assenza, dopo la presa d’atto di Prunier della felicità della donna, la porta a dire quanto bene mi fai a dir così! Infine cambia l’ultima esternazione di Ruggero: Guarda un tramonto ardente, dal sapore squisitamente romantico, al posto di Ma come puoi lasciarmi, carico di crudo risentimento.
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La dedizione del Direttore si è poi materializzata nella concertazione dell’opera, che ci ha restituito tutta la brillantezza, la leggerezza e il disincanto che pervadono questa controversa partitura: la vacuità dello scenario del primo atto, lo strabiliante sincretismo fra walzer e ritmi moderni che imperversa nel second’atto e la finale, cinica presa d’atto del totale fallimento delle velleità romantiche dei protagonisti.

Orchestra e coro - di Malazzi - sempre splendidamente all’altezza del compito, e una compagnia di canto di buon livello hanno garantito il pieno successo all’impresa. Sul quale avanzo personalmente solo qualche ombra per la regìa, come chiarirò più sotto.

Mariangela Sicilia è stata una pregevole Magda: bella voce penetrante ed espressiva e acuti svettanti. Sulla presenza scenica sono certo che abbia rispettato il volere della regista (…)

Rosalia Cid è stata una Lisette simpaticamente efficace: al suo ruolo la concezione registica ha fatto solo favori, ecco.

Matteo Lippi ha sfoggiato una voce penetrante con qualche ombra nella parte bassa della tessitura: il suo Ruggero ne è comunque uscito in modo più che apprezzabile.

Giovanni Sala manca di qualche tacca al volume e alla proiezione della voce. Per farsi perdonare ha fatto di petto (invece del prescritto falsetto) il DO del terz’atto (…fuori del mondo). Anche a lui la regìa ha permesso di mettere in mostra qualità attoriali (da avanspettacolo?) interessanti.

Pietro Spagnoli ha onorevolmente interpretato il disincantato Rambaldo, che forse ha una parte meno impegnativa di tante altre dei comprimari, tutti lodevolmente all’altezza.
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L’allestimento di Irina Brook - che si avvale di scene e costumi di Patrick Kinmonth e luci di Marco Filibeck (un team ben collaudato nel Matrimonio segreto del 2022) cui si aggiunge la coreografia (second’atto) di Paul Pui Vo Lee – mi è parso eccessivamente sbilanciato sul Kitsch. Ma del resto la 62enne regista aveva confessato (sul programma di sala) di essere cresciuta fin da giovane a pane-e-musical, e questo forse l’ha portata a creare (come minimo nei primi due atti) un’ambientazione proprio da operetta (chissà come l’avrebbe presa Puccini…)

Fra la dimora di Magda e il Bal Bullier dovrebbe pur esserci qualche differenza (aristocrazia, pur frivola, vs sbracature goderecce): invece anche chez-Magda si scade in avanspettacolo, per quanto innocente e soprattutto è proprio la presentazione scenica della protagonista a lasciare perplessi. La vediamo subito in atteggiamenti che scimmiottano… Lisette (!?) Da Bullier poi si comporta come se stesse prendendosi gioco del povero Ruggero, da consumata femme-fatale invece che da timida ragazza per bene. Difficile così spiegarsi come di punto in bianco in lei nasca l’amore romantico…

La trovata della Brook (che ha almeno una quarantina di precedenti) consiste nel mostrare in scena la stessa regista (che lei fa impersonare dalla docente dell’Accademia Anna Olkhovayaa preparare lo spettacolo ancor prima che entri Chailly… e poi si trasforma – second’atto -  in controfigura della protagonista, poi – terz’atto – persino in immobile sirenetta che poi si anima e impersona per un attimo la madre di Ruggero… Sì, è vero che l’opera presenta tratti di teatro-nel teatro, ma mi pare che qui si sia un po’ esagerato con la meta-teatralità, ecco.
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In conclusione, al netto di queste (mie personalissime) riserve sulla messinscena, mi pare trattarsi di un’altra proposta di ottimo livello, che il pubblico alla fine ha mostrato di gradire assai. Punte di consenso per la Sicilia, Lippi e, ovviamente, Chailly. Nessun danno per la Brook… meglio così!

01 aprile, 2024

La rondine torna al tetto della Scala

Milano dà inizio alle celebrazioni per il centenario della morte di Giacomo Puccini (29 novembre) riproponendo, dopo 30 annila sua opera forse meno amata (o più trascurata e snobbata dalla critica e dai teatri, quindi semi-sconosciuta al vasto pubblico): La rondine. Dal 4 aprile (sciopero a quanto pare scongiurato...)

Paradossalmente, opera incompresa per primo dal suo stesso Autore! E ancor prima di musicarla! Quando arricciò il naso di fronte all’allettante proposta viennese (1913) di comporre un’operetta (à-la-Lehár) per suggerire in cambio una commedia (genere considerato più serio?) Poi (1914) accettando (ma poi modificandolo di suo, in combutta con Giuseppe Adami) un soggetto che è un minestrone a base di Traviata, Fledermaus e Bohème, con ampie annaffiate in 3/4 di Rosenkavalier! Come si può facilmente dedurre da questa liofilizzata descrizione del plot (versione originale del 1917):

I. Parigi. Ricevimento a casa di Magda de Civry, una bella (e ricca) mantenuta dal facoltoso banchiere Rambaldo Fernandez. Magda ha al suo servizio Lisette, ragazza vulcanica e disinibita, che se la fa con il cantautore Prunier, ospite abituale di quella lussuosa dimora. Magda canta un suo ricordo di gioventù, quando ebbe una fugace relazione sentimentale nata (e subito conclusa) nel locale Chez Bullier, noto (e un po’ equivoco) ritrovo di giovani in cerca di avventure. Giunge, raccomandato dal padre, amico di Rambaldo, Ruggero Lastouc, giovane provinciale ansioso di fare esperienze nella Ville Lumière. Tutti gli consigliano di rompere il ghiaccio recandosi proprio da Bullier. Lì vanno anche, ignari gli uni dell’altra, Lisette-Prunier e Magda (abbigliata da modesta ragazza e quasi irriconoscibile) che sogna di ripetere quella lontana esperienza.  

II. Serata da Bullier. Ruggero se ne sta timidamente in disparte. Arriva Magda che lo vede ma è subito assediata da un nugolo di giovani, per liberarsi dei quali inventa di avere lì un appuntamento con qualcuno che la sta aspettando. Viene indirizzata da Ruggero, che la ospita al suo tavolo. Walzer a più non posso, con intrusioni di ritmi moderni, suggellano la romantica ubriacatura della strana-coppia: l’amore ormai è deflagrato. Nel frattempo sono arrivati Lisette e Prunier: lei crede di riconoscere la padrona e si preoccupa; lui la convince che si sbaglia, ma fa un cenno d’intesa a Magda; così i quattro si riuniscono e brindano all’amore. Arriva lì sorprendentemente anche Rambaldo: Ruggero viene allontanato mentre il protettore cerca di convincere la protetta a tornare all’ovile, perdonandole l’innocente scappatella. Lei invece gli annuncia la sua decisione di licenziarsi, ormai decisa a vivere fino in fondo il suo folle amore con Ruggero. Rambaldo signorilmente le augura di non pentirsene.

III. Villetta in Costa Azzurra, tre mesi dopo. Magda e Ruggero vivono il loro travolgente amore, ma qualche nube appare all’orizzonte: il denaro scarseggia e Ruggero comincia a pensare borghesemente ad una vita normale (famiglia e figli): ignorando il passato di Magda, ha già chiesto alla madre il consenso a sposarla. Lei comincia a preoccuparsi e proprio in quel momento arrivano Lisette e Prunier che cercano di convincerla a chiudere la romantica ma effimera avventura con Ruggero per tornare a Parigi, dove c’è chi l’aspetta, disposto a perdonarla. Magda cerca di resistere e li congeda. Ruggero torna esultante dall’ufficio postale con la missiva materna che reca l’approvazione al matrimonio… a patto che la sposa sia una ragazza per bene! Lei gli rivela la verità: per lui può essere solo un’amante, mai una moglie! Ruggero si dispera, giura di voler ignorare il suo passato, ma Magda è ormai decisa e lo invita a tornare alla sua casa paterna, lasciandolo lì, distrutto e singhiozzante come un bambino cui hanno tolto il giocattolo preferito, mentre lei esce mestamente, sorretta da Lisette.
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Completata la composizione nel 1916 e rappresentata (con discreto successo) l’opera a Montecarlo (1917, in piena WWI) Puccini deve preparare la prima rappresentazione (1920, preceduta da un test a Palermo) presso gli esigenti sponsor viennesi, che poco avevano gradito le libertà che lui e Adami si erano presi sul soggetto concordato. Nasce così la seconda versione dell’opera, con mutamenti non da poco: Prunier che da tenore viene declassato (o promosso?) a baritono; nel primo atto Ruggero guadagna una seconda aria (Parigi è la città dei desideri) tramite riciclaggio di una romanza (Morire) composta in precedenza. Il finale viene sostanzialmente modificato (vedi tabella più sotto). Ma già all’indomani delle rappresentazioni di Vienna Puccini è all’opera per nuovi interventi e predispone una terza versione (1921).

Tanto per cominciare, revoca le precedenti scelte riguardo a Prunier (che risale a tenore) e a Ruggero (che riperde l’aria del primo atto). Dopodichè ricambia ancora radicalmente il finale, trasformandolo in un tragico scenario verista (vedi qui sotto).  

Si noti infine come le tre versioni, così distanti drammaturgicamente e tali da dare nientemeno che diversi sapori all’intera opera, siano supportate praticamente dalle stesse note (!)  

Le tre versioni dell’Atto III (passaggi principali)

Versione 1 (1917)
Versione 2 (1920)
Versione 3 (1921)

 

Piccola villa in Costa Azzurra. 
Ruggero e Magda vivono felici, ma a corto di denaro.

 

 
Tre venditrici di articoli di moda restano a bocca asciutta: non ci sono soldi.

 

Ruggero chiede a Magda di sposarlo e di seguirlo nella sua casa natale. 
Lei si preoccupa, indecisa se rivelargli il suo passato.

 

 
Ruggero dona a Magda un anello di fidanzamento.
 

 

Ruggero si reca alla posta: attende la lettera della madre con il consenso al suo matrimonio.

 

Arrivano Prunier e Lisette per incontrare Magda.

 

Prunier manifesta dubbi sulla felicità di Magda, così lontana da Parigi. Lei lo smentisce.
 
Prunier cerca di convincere Magda a tornare a Parigi.

 

Prunier spiega a Magda che Rambaldo la aspetta a Parigi per riprendere la loro relazione. Lei rifiuta, ma i suoi dubbi restano.
Prunier e Lisette cercano di convincere Magda ad abbandonare Ruggero e il suo sogno d’amore.
Arriva Rambaldo con una borsa di gioielli e denaro per riportare Magda a Parigi.

 

Ruggero torna dalla posta con la lettera della madre di approvazione al suo matrimonio.
Ruggero torna dalla posta con un telegramma anonimo che lo avverte del passato di Magda.

 

Magda legge la lettera, dove viene immaginata come una giovane pura e casta, futura moglie fedele e madre premurosa.
 

 

Magda rivela a Ruggero il suo passato: lei può solo essergli amante e non moglie!
Ruggero trasmette a Magda la sua gioia ed esce per preparare il matrimonio.  
Ruggero scopre la borsa di Rambaldo, maledice Magda e fugge, disperato.

 

Ruggero è pronto a ignorare tutto pur di averla con sé, ma Magda è irremovibile: lei non vuole rovinarlo; lui, disperato, tornerà alla sua casa e lei, disillusa, al suo passato.
Prunier convince Magda a tornare a Parigi da Rambaldo. Lei lascia per Ruggero l’anello e un biglietto d’addio. Poi si avvia con Prunier.
Magda si dispera a sua volta e Lisette cerca invano di consolarla.

[? Magda si getta in mare ?]


Come si vede, è il finale dell’opera ad aver dato a Puccini le maggiori preoccupazioni e infiniti grattacapi e ripensamenti. E sono proprio le figure dei due protagonisti a subire radicali mutazioni.

Prendiamo Magda. Per lei l’amore romantico (di per sé effimero, salvo che per eccezioni tipo Tristan&Isolde, dove peraltro non si realizza in terra…) si è ridotto ad un fugace incontro giovanile e poi ad una quasi auto-forzata imposizione (Ruggero agendo poco più che da fuco) null’altro… Nella prima stesura dell’opera la sua sincerità riguardo il sacrificio di se stessa per non rovinare Ruggero appare come una foglia di fico con la quale nascondere la vergogna derivatale dalla constatazione dell’insostenibilità dell’idilliaco rapporto con il compagno. Le ristrettezze economiche e il di lui richiamo della foresta al matrimonio borghese avevano ormai convinto Magda (magari il suo subconscio) di tale fallimento. La vera spiegazione del suo addio a Ruggero è di natura squisitamente razionale (quindi proprio anti-romantica!): agire pragmaticamente per il meno-peggio, per entrambi.

La seconda versione mortifica ancor più, se possibile, la sua figura, in quanto la decisione di lasciare Ruggero è praticamente presa su imposizione di Prunier, che quasi la costringe a scrivere il biglietto d’addio e la trascina via, verso Parigi.

Nella terza versione la sua figura si riduce ulteriormente a quella di oggetto potenzialmente ri-acquistabile con il denaro (Rambaldo) o proprio per questo disprezzabile come naturalmente impuro (Ruggero).

Quanto a Ruggero: dapprima fa la figura del povero Athanaël, redentore di donne perdute (!) Poi viene letteralmente estromesso dalla chiusura dell’opera: immaginiamolo tornare a casa tutto euforico per l’imminente matrimonio e trovare ad attenderlo il biglietto d’addio di Magda (!!) Nell’ultima versione poi fa proprio la figura del povero pirla, uno che scambia una prostituta d’alto bordo per Maria Goretti (!!!)
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Insomma, un soggetto piuttosto bizzarro (e per di più zeppo di circostanze assai poco plausibili o di coincidenze più che sospette o gratuite…) che lo stesso Puccini faticò a metabolizzare, come testimoniano i diversi interventi fatti su libretto e partitura. Il che spiega lo scarso successo del lavoro, che solo di recente comincia a vedere un certo interesse a parte dei teatri d’opera. Ma non solo, perché  c’è anche chi addirittura considera La rondine come un capolavoro, da mettere sullo stesso piano di Tosca, Butterfly, Bohème, … e fra questi c’è anche qualcuno che sta in un remoto porto del Pacifico, Guayaquile si riunisce per ascoltare la presentazione dell’opera e guardare il video della produzione del MET del 2009: prima versione, con Alagna (con l’aria dalla seconda versione), Gheorghiu, Oropesa, Brenciu, Ramey e Armiliato sul podio.

A questo punto a noi non resta che chiederci cosa ci propinerà Chailly, che ha il vezzo di riesumare reperti mai uditi prima. Questa volta gli viene in aiuto Ricordi, che ha appena predisposto una sua nuova edizione critica dell’opera, dopo il fortunato ritrovamento dell’autografo originale negli archivi Puccini di Torre del Lago). Trattandosi di un documento anteriore addirittura al materiale impiegato per la prima di Montecarlo, contiene dettagli finora rimasti ignoti, come il Direttore spiega in questa intervista alla brava e simpatica Elisabetta Fava. Staremo a vedere e sentire…

Intanto, chi vuol ascoltare la terza versione (1921) il cui finale è oggetto di orchestrazione aliena (Lorenzo Ferrero) di passaggi che Puccini lasciò solo in spartito voce-pianoforte, può scegliere su youtube fra Torino (1994), Washington o Zagabria. (Quanto alla seconda versione, molti critici - Budden in testa - concordano trattarsi solo di un momentaneo cedimento di Puccini ai committenti austriaci, in vista della prima viennese del 1920.)

Appuntamento quindi a dopo la visione live.