XIV

da prevosto a leone
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21 dicembre, 2019

Gardiner-Berlioz incantano la Scala


Ieri sera ecco quindi il primo dei due concerti scaligeri di questo Natale, con il compassato Sir John Eliot Gardiner a dirigere l’oratorio berlioziano L’enfance du Christ. Teatro con ampi spazi vuoti (ma peggio per gli assenti, soltanto in parte giustificati dal tempo infame...) nel quale sono risuonate le celestiali note di questo lavoro dalla gestazione assai inconsueta, ma che lascia davvero nell’ascoltatore un’emozione profonda, quella che evidentemente hanno provato gli spettatori di ieri, esplosi alla fine in interminabii applausi per tutti i protagonisti e protagoniste di una serata da incorniciare.

Le caratteristiche del brano, che effettivamente sembrano richiamare - attraverso il frequente impiego di scale modali - musica antica, sono evidentemente congeniali a Gardiner, che ha dato del lavoro una lettura davvero ispirata, perfettamente coadiuvato da Orchestra, Cori e Solisti.

E per l’Orchestra basterà segnalare lo stupefacente trio della terza parte, dove i flauti di Marco Zoni e Max Crepaldi (ex-alfiere de laVerdi) e l’arpa di Olga Mazzia hanno letteralmente incantato tutti, Gardiner compreso, che si è accomodato su uno sgabello a fianco del podio (in coabitazione con il Padre-di-famiglia Thomas Dollè) ad ascoltare, rivolto al pubblico, i quasi sette minuti di quella delizia!

Sempre perfetti i cori di Casoni, nelle parti più concitate (gli indovini, i buzzurri romani di Sais) come in quelle festose e idilliache (gli Ismaeliti); anche le voci bianche (Angeli) udite in lontananza dietro le quinte hanno ricevuto il meritato applauso alla fine, raggiungendo sul palco gli adulti. Straordinario poi il coro a cappella che accompagna la voce del narratore (O mon âme...) alla chiusura dell’opera, che ha proprio lasciato tutti senza fiato, con la triade di MI maggiore esalata sul conclusivo Amen che Gardiner ha tenuto per qualche secondo con le braccia alzate (si direbbe proprio... come in estasi!)

I solisti tutti all’altezza, a cominciare dal Narratore (+ Centurione) Allan Clayton, che ha mostrato bella voce di tenore lirico; poi la santa coppia Ann Hallenberg (Maria) e Lionel Lhote (Giuseppe); e l’autorevole Thomas Dolié (Padre + Polydorus). L’Erode di Nicolas Courjal mi è parso più accorato che terrorizzato nel suo monologo, poi si è scatenato nel successivo incontro con gli Indovini.

In definitiva, un gran bel Buon Natale, di quelli che fanno bene allo spirito (che ne ha davvero bisogno...) 

In contemporanea con il concerto scaligero, il Duomo ha ospitato un’anteprima (2 delle 6 cantate) dell’Oratorio di Natale eseguito da laBarocca di Ruben Jais. Che questa sera in Auditorium affronterà l’intera maratona del sommo Sebastiano. 

19 dicembre, 2019

Gardiner augura Buon Natale alla Scala


Il Concerto natalizio scaligero del 2019 (domani la prima, sabato la replica) è dedicato a Berlioz (di cui si celebrano i 150 anni dalla morte) con un titolo assai appropriato alla circostanza: L’enfance du Christ, diretta da Sir John Eliot Gardiner.

É una composizione della maturità (pubblicata nel 1855) che si discosta assai dagli stilemi caratteristici del Berlioz magniloquente e (almeno apparentemente) contorto di tanti lavori precedenti (che gli avevano attirato le critiche dei tradizionalisti parigini) essendo pervasa da grande lirismo coniugato ad un’estrema parsimonia di mezzi. La gestazione di questo oratorio in forma di trilogia (Sogno di Erode - Fuga in Egitto - Arrivo a Sais) era stata assai complicata, e corredata persino da un simpatico scherzetto organizzato dal compositore ai danni dei suoi detrattori in occasione di un concerto della Philarmonique, da lui stesso diretto.

In una delle sue tante lettere, Berlioz racconta di come martedi 14 novembre 1850 alle ore 20, nella sala Sainte-Cécile, fra altre composizioni presentate nel primo concerto della seconda stagione della grande Société philharmonique de Paris, venisse eseguita la prima sezione della Fuga in Egitto (Introduzione strumentale e Coro di pastori) che lui aveva sbozzato tempo addietro, annotandola su un pezzo di carta, mentre si annoiava a morte ad una serata in società dove non si faceva altro che giocare a carte. Ma la locandina del concerto la indicò truffaldinamente come opera composta nel 1679 da un fantomatico (perchè totalmente sconosciuto) maestro di cappella, Pierre Ducré, da Berlioz fortunosamente ritrovata in un polveroso archivio della Sainte-Chapelle e da lui orchestrata.

Ebbene: il brano riscosse un grandissimo successo proprio fra i detrattori del compositore, convinti che mai e poi mai uno come Berlioz avrebbe saputo comporre musica così mirabile... Quando poi la verità venne a galla, la rivincita di Berlioz fu solo apparente: poichè i suoi detrattori argomentarono che lui, se davvero aveva saputo produrre una tal musica, allora aveva sbagliato tutto nel comporre le sue opere precedenti, tiè!
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Il soggetto (qui il testo integrale, dello stesso Berlioz, francese-italiano) tratta delle vicende di Gesù situabili, più o meno, in 3-4 giorni dopo l’Epifania, quanti ne servirono a Giuseppe&famigliola per fuggire precipitosamente da Betlemme e rifugiarsi in Egitto (precisamente a Sais, distante 400Km circa) dopo l’angelico avvertimento riguardo le non proprio amichevoli intenzioni di Re Erode:



Così come negli oratori e nelle passioni bachiane troviamo la figura dell’Evangelista, che racconta la vicenda alternandosi con arie, cori e corali, anche qui c’è la figura del Narratore che serve ad introdurre e/o concludere le tre parti dell’oratorio.  

É lui che apre la prima parte (Le songe d’Hérode, ultima ad essere composta) facendone un breve sommario: Gesù è nato ma ancora non ha potuto manifestarsi; in compenso Erode è già in allarme, temendo la perdita del trono e medita azioni spaventose. Due militari romani si incontrano durante una ronda, e ci danno conferma dello stato alterato del Re; il quale si esibisce in un monologo disperato, esternando i suoi incubi; gli indovini giudei si riuniscono per cercare risposte alle allucinazioni di Erode: c’è lì da qualche parte un neonato che detronizzerà il Re e l’unico rimedio per neutralizzarlo - ignorandosene l’identità - è di toglier di mezzo tutti i neonati di Betlemme, Gerusalemme e Nazaret! A Betlemme Maria e Giuseppe gioiscono della nascita di Gesù, ma un angelo arriva ad annunciare disgrazie e a consigliare la fuga verso l’Egitto, seduta stante.

La seconda parte (La fuite en Egypte) è stata - come detto - la prima ad essere composta ed anche separatamente rappresentata. Dopo un’introduzione strumentale di sapore arcaico, il coro dei Pastori omaggia e saluta Gesù e i genitori, in partenza frettolosa verso l’Egitto. Il Narratore racconta adesso di una sosta ristoratrice della famigliola in un’oasi verdeggiante e ricca d’acqua fresca. Gli angeli si stringono adoranti attorno a Gesù.

La terza ed ultima parte (L’arrivée à Sais) è aperta ancora dal Narratore, che ci ragguaglia sulle drammatiche difficoltà del lungo viaggio nel deserto e dell’approssimarsi di Giuseppe&famiglia alla loro destinazione: Sais, una città romanizzata ed abitata da gente superba e inospitale. Per ben due volte Giuseppe bussa alla porta di case di Sais per chiedere aiuto e ospitalità, e ne viene brutalmente respinto da occupanti romani intolleranti (forse emuli dei Faraoni che avevano vessato Mosè...); ma al terzo, disperato tentativo, fatto insieme alla sua Maria, ecco che il miracolo si compie: è una famiglia ismaelita quella che li accoglie come fratelli e li fa davvero sentire a casa propria, intonando per loro un mirabile trio (due flauti e arpa) che lascia senza fiato per l’emozione! Mentre i profughi, fisicamente spossati ma finalmente felici, vanno a prendere il meritato sonno, è ancora il Narratore (spalleggiato dal coro) ad inneggiare all’amore! 
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Un corposo studio su L’Enfance du Christ comparve nel 1898 dalla penna di Jacques-Gabriel Prod’homme, e vi si trova - oltre alla storia piuttosto bizzarra della composizione, alla sinossi del libretto e all’interessante resoconto delle reazioni della critica - anche un’approfondita e acuta analisi musicale, che mette in evidenza le peculiarità di quest’opera forse ancor oggi non valorizzata come meriterebbe, almeno quanto a pubbliche esecuzioni (le incisioni invece non mancano di certo).

Alla Scala si ricorda, nel dopoguerra, una sola esecuzione integrale, diretta da Peter Maag, avvenuta sotto Natale (12-13-17 dicembre) del 1980 nella Basilica di Santo Stefano e - una novità, per quei tempi - in forma scenica. Poi, il 20 dicembre 2012, Robin Ticciati propose la sola Fuga in Egitto, dopo la Fantastique.
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Il baronetto Gardiner, rinomato specialista di musica antica e barocca, ma anche di Berlioz (e già interprete di quest’opera) garantisce un Buon Natale di gran qualità. Radio3 trasmette il primo dei due appuntamenti, domani 20 ore 20.