
ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,
Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Seconda Parte. Capitolo 9. (MDLVIII)
musica Musik music musique música Музыка 音乐
AVEGNA ch'io habbia detto di sopra, che i Suoni siano la Materia delle Consonanze, & i Numeri & le Proportioni la loro Forma; non si dee per questo credere, che 'l Numero sia la cagione propinqua & intrinseca delle Proportioni musicali, ne meno delle Consonanze; ma si ben la remota & estrinseca; come vederemo. Onde si debbe auertire, ch'essendo il proprio fine del Musico (come uogliono i Filosofi, massimamente Eustratio) il Cantare con modulatione; oueramente il Sonare ogni Istrumento con harmonia, secondo i precetti dati nella Musica; similmente il Giouare & il Dilettare; com'è quello del Poeta; hauendo ei sopra 'l tutto riguardo à cotal cosa; piglia primieramente l'Istrumento, nel quale ritroua le Chorde, che rendono i Suoni, apparecchiate; dopoi per poter conseguire il desiderato fine, introducendo in esse la forma delle Consonanze, riducendole in una certa qualità, & in un certo temperamento, pone tra loro una distanza proportionata, & le tira di modo, che percosse da lui, rendono perfetto concento & ottima harmonia. Et quantunque in questo concorrino quattro cose, come etiandio concorrono in ciascun'altra operatione; cioè, il Fine dell'attione, al quale sempre si hà riguardo; ch'è il Sonare con harmonia; ouero il Giouare & Dilettare; che si dice Cagion finale; lo Agente; cioè, il Musico, che si nomina Cagione efficiente; la Materia, che sono i Suoni mandati fuori dalle chorde; & si chiamano Cagione materiale; & la forma, ò Proportione, che si ritroua nelle distanze da un Suono all'altro; la quale si addimanda Cagione formale; nondimeno queste due ultime sono cagioni intrinseche; & l'Agente & il Fine, estrinseche della cosa: imperoche queste non appartengono ne alla natura, ne all'esser suo; & quelle sono essentiali di essa; conciosia che ogni cosa corruttibile è composta di materia & di forma; & la Materia si dice quella, della quale si fà la cosa, & è permanente in essa; come i Suoni, de i quali si fà la Consonanza; & la Forma è quella specie, ò similitudine, ò uogliamo dire essempio, che la cosa ritiene in se; per la quale è detta tale; com'è la Proportione nella Consonanza; & questa si chiama Cagione intrinseca, à differenza della estrinseca; la quale è (per dir cosi) il Modello, ò uogliamo dire Essempio; alla cui similitudine si fà alcuna cosa; come è quella della Consonanza, ch'è la Proportione di numero à numero. Nondimeno è da auertire, che di queste cagioni, alcune sono dette Prime, & alcune Seconde; & tal ordine di primo & di secondo si può intendere in due modi; primieramente, secondo un certo ordine de numeri, nel quale una cosa è prima & remota, & l'altra seconda & propinqua; Secondariamente si può intender secondo l'ordine compreso dalla ragione in una sola cagione; il quale è posto tra l'Vniuersale & il Particolare; imperoche naturalmente l'Vniuersale è primo, & dopoi il Particolare. Nel primo modo diciamo propriamente quella cagione esser prima, la quale dà uirtù & possanza alla seconda di operare; come si dice nella cagione efficiente, che 'l Sole è prima cagione (remota però) della generatione; l'Animal poi è cagione seconda & propinqua di tal generatione; percioche egli dà all'Animale la uirtù & la possanza di generare. Ma nel secondo, il Genere è il primo, & la Specie il secondo; la onde dico, che la prima & uniuersal cagione della Sanità è l'Artefice; & la seconda & particolare è il Medico, ouer il tal medico. E' ben uero, che la prima & la seconda cagione del Primo modo sono differenti dalla prima & dalla seconda del Secondo; percioche nel secondo modo non si distinguono in effetto l'una dall'altra; ne la più uniuersale, dalla meno uniuersale; ne questa della singolare; ma sono distinte solamente nell'intelletto: Ma nel primo modo sono distinte; conciosia che l'una è contenuta dall'altra; & non per il contrario. Et questi due modi (massimamente in quanto al Secondo) si ritrouano in tutti i Generi delle cagioni; percioche nella materiale il Metallo è prima cagione del coltello, & il Ferro la seconda, come nella formale (uenendo ad uno accommodato essempio secondo 'l nostro proposito) la prima cagione della consonanza Diapason è il numero 2 & 1. & la Seconda è la proportione Dupla; & cosi dell'altre per ordine. La Proportione adunque è la cagione formale, intrinseca & propinqua delle Consonanze, & il Numero è la cagione uniuersale, estrinseca & remota; & è come il modello della Proportione, per la quale si hanno da regolare & proportionare i Corpi sonori, accioche rendino formalmente le Consonanze. Et questo accennò il Filosofo, mentre dichiarando quel che fusse la Consonanza, disse, che è Ragione de numeri nell'acuto & nel graue; intendendo della Ragione, secondo la quale si uengono à regolare i detti Corpi sonori. La onde non disse, che fusse Numero assolutamente; ma Ragion de numeri; il che si può vedere più espressamente nelle Proportioni musicali, comprese ne i nominati corpi; imperoche non si ritroua in esse alcuna specie, ò forma di numero; conciosia che se noi pigliamo i loro estremi, misurandoli per il numero dopoi ch'è fatta cotal misura, tai corpi restano nella loro prima integrità & continuati, come erano prima; ne si ritroua formalmente in essi Numero alcuno, il quale costituisca alcuna proportione, ma si ben la Ragione del Numero. Percioche se ben noi prendiamo alcuna parte d'una chorda in luogo d'Vnità, & per replicatione di quella venimo à saper la quantità di essa & la sua proportione, secondo i numeri determinati, & per conseguente la proportione de i Suoni prodotti dalle chorde; come dal Tutto & dalle Parti; non potiamo però dire, se non che tali Numeri siano quel Modello & quella Forma de i Suoni, che sono cagione essemplare & misura estrinseca di essi Corpi sonori, che contengono le Proportioni musicali; lequali senza 'l suo aiuto difficilmente si potrebbono ri trouar nelle Quantità continue. La onde il numero è sola cagione di far conoscere & ritrouare arteficiosamente le Proportioni delle consonanze & di qual si uoglia Interuallo musicale; onde è necessario molto nella Musica, in quanto che per esso più espeditamente si uà speculando le differenze de i Suoni, secondo il graue & l'acuto, & le loro passioni; & con piu certezza di quello, che si farebbe misurando co i Compassi, ouero altre misure i Corpi sonori; hauendo prima conosciuto con l'esperienza manifesta, come si misurino secondo la loro lunghezza con proportione, & percossi insieme muouino l'Vdito secondo il graue & l'acuto; ma altramente di quello, che si considerano ne i Numeri puri secondo la ragione. Il perche dirò, per concludere, che si come il Numero non può essere à modo alcuno la cagione intrinseca & propinqua de tali Proportioni; cosi non potrà esser la cagione intrinseca & propinqua delle Consonanze; come hò dichiarato.
ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,
Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Prima Parte. Capitolo 41. (MDLVIII)
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POICHE nella Prima parte à sufficienza si è ragionato de i Numeri & delle Proportioni; è cosa ragioneuole, che hora si ragioni in particolare, & secondo che tornerà à proposito, di quelle cose, che la Musica considera in uniuersale; come de i Suoni & delle Voci de gl'Interualli, de i Generi, de gli Ordini de Suoni, de i Modi, delle Mutationi, & delle Modulationi; ilche si uedrà più essattamente trattate ne i nostri Sopplimenti. Ma prima che si uenga à tal ragionamento, mostrerò in qual modo la Musica sia stata da principio semplice; & come da gli Antichi era usata; dopoi, ueduto in qual modo i Suoni & le Voci naschino; & fatta la loro diuisione, uerrò à quello, ch'è la mia principale intentione. Dico adunque che se ben la Musica ne i nostri tempi è peruenuta à tal grado & perfettione d'Harmonia, in quanto all'uso de tutte quelle Consonanze, che si possono ritrouare; delle quali alcune appresso gli Antichi non erano in consideratione; & che quasi non si uegga di poterle aggiungere cosa alcuna di nuouo; tuttauia non è dubbio, che da principio (com'è auenuto anco dell'altre Scienze) ella non sia stata non solo semplice & roza; ma etiandio molto pouera di Consonanze. Ilche esser uerissimo ne dimostra quel che narra Apuleio di essa, dicendo; che Da principio si adoperaua solamente il Piffero; non con fori, come quelli, che si fanno al nostro tempo; ma senza, alla simiglianza d'una Tromba; ne si faceuano tante sorti de concenti, con uariati Istrumenti & variati Modi; ma gli Antichi ricreauano i loro spiriti, & si dauano tra loro piacere & solazzo col sopra detto Piffero solamente senza uarietà alcuna di suono. Et tal Piffero vsauano ne i loro publici spettacoli, & ne i loro Chori, quando recitauano le Tragedie, & Comedie; come manifesta Horatio, parlando in cotal modo;
Tibia, non ut nunc, oricalcho uincta, tubaeque
Aemula; sed tenuis, simplexque foramine pauco
Adspirare, & adesse choris erat utilis:
Alquale dopoi Hiagne Frigio à quei tempi dotto nella Musica, che fù padre & Maestro di Marsia, u'aggiunse i fori, & incominciò à sonar quello con uariati suoni; & fu il primo che fece sonar due Pifferi con un sol fiato; & che sonò tale Istrumento con la destra & con la sinistra mano; cioè, mescolò il suono graue con l'acuto, con destri fori & sinistri. Vsarono etiandio gli Antichi da principio la Cetera, ò la Lira con tre chorde, ouer con quattro solamente; della quale fù inuentore Mercurio; come uuol Boetio; & erano in quella ordinate di modo, che la prima con la seconda, & la terza con la quarta conteneuano la Diatessaron; la prima con la terza, & la seconda con la quarta, la Diapente; & di nuouo la seconda con la terza il Tuono; & la prima con la quarta la Diapason, & insino al tempo di Orfeo fu seruato cotale ordine; ilquale fu dopoi accresciuto in uarii Istrumenti; & prima Chorebo di Lidia u'aggiunse la Quinta chorda; dopoi dal sopranominato Hiagne ui fù aggiunta la Sesta; ma la Settima aggiunse Terpandro Lesbio. Et questo Numero de chorde (come dice Clemente Alessandrino) era prima contenuto nell'antica Lira, ò Cetera; dopoi da Licaone da Samo fù aggiunta la Ottaua; ancorache Plinio attribuisca l'Inuentione di tal chorda à Simonide, & della Nona à Timotheo; & Boetio uoglia, che questa chorda sia stata aggiunta da Profrasto Periota, la Decima da Estiacho Colofonio, & la Vndecima da esso Timotheo. Ma sia come si uoglia; Suida attribuisce l'aggiuntione della Decima & della Vndecima chorda à Timotheo Lirico. Et certo è, che da molti altri ue ne furono aggiunte tante, che crebbero al numero de Quindeci. Aggiunsero dopoi à queste la Sestadecima chorda; ne più oltra passarono & si contentarono di tal numero, & le collocarono nell'ordine, che più oltra dimostraremo; diuidendole per Tuoni & Semituoni in cinque Tetrachordi, osseruando le Ragioni delle proportioni Pitagoriche; ritrouate ne i martelli da Pitagora; nel modo che nella Prima parte hò mostrato; le quali conteneuano quelle istesse, che si ritrouauano tra le chorde della sopradetta Cetera, ò Lira ritrouata da Mercurio:
INTRAVIENE quello nella Musica, che suole intrauenire in alcun'altra delle Scienze; conciosia che diuidendosi in due parti; l'una Theorica, ò Speculatiua ò uogliamo dirla Contemplatiua, & l'altra Prattica uien detta.Quella il cui fine consiste nella cognitione solamente della verità delle cose intese dall'Intelletto; ilche è proprio di ciascuna Scienza; è detta Contemplatiua; l'altra, che dall'essercitio solamente dipende, uien nominata Prattica. La prima (come uuol Tolomeo) fu ritrouata per accrescimento della Scienza; imperoche per il suo mezo potiamo ritrouar noue cose, & darle augumento; ma la Prattica solamente è per l'operare; come dissegnare, descriuere, & fabricar con le mani le cose occorrenti. Questa alla prima non altramente si sottomette, di quello che fà l'Appetito alla Ragione; & è il douere; conciosia che Ogni Arte & ogni Scienza naturalmente hà per più nobile la Ragione, con la quale si opera, che l'istesso Operare. Onde hauendo noi dall'Animo il sapere; & dal Corpo, come suo ministro, l'opera; è cosa manifesta, che l'Animo uincendo & superando di nobiltà il Corpo, quanto alle operationi, sia ancora più nobile; tanto più, che se le mani non operassero quello, che dalla Ragione gli è commandato, uanamente & senza frutto alcuno sia faticarebbono. Si che non è dubbio, che nella scienza della Musica è più degna la Cognitione della ragione, che l'Operare. Et quantunque la speculatione da per se non habbia dibisogno dell'opera; tuttauia non può lo Speculatiuo produr cosa alcuna in atto, c'habbia ritrouato nuouamente, senza l'aiuto dell'Artefice, ouero dell'Istrumento: percioche tale speculatione, se ben'ella non fusse vana, parrebbe nondimeno senza frutto, quando non si riducesse all'ultimo suo fine, che consiste nell'essercitio de Naturali & Arteficiali Istrumenti; col mezo de i quali ella viene à conseguirlo; come ancora l'Artefice senza l'aiuto della Ragione mai potrebbe condurre l'opera sua à perfettione alcuna. Et perciò nella Musica (considerandola nella sua perfettione) queste due parti sono tante insieme congiunte, che per l'assegnate ragioni non si possono separare l'una dall'altra. Et se pure si volessero separare; da questo si conoscerebbe lo Speculatiuo ò Contemplatiuo esser differente dal Prattico; che quello sempre piglierà il nome dalla Scienza, & uerrà detto Musico; & questo non dalla Scienza; ma dall'Operare; come dal Comporre sarà detto Compositore; dal Cantare, Cantore; & dal Sonare, Sonatore. Ma questo più espressamente si comprende da quelli, che essercitano l'opere Musicali da mano; i quali dall'Opera; cioè, dall'Istrumento, non dalla Scienza prendono il nome; come l'Organista dall'Organo, il Citerista, dalla Cetera, il Lirico dalla Lira; & similmente ogn'altro, secondo la sorte dell'Istrumento, ch'ei sona. Et però chi uorrà essaminar bene la cosa, ritrouerà tanto esser la differenza dell'uno dall'altro, quanto è il loro ufficio, & il loro fine diuerso. Onde uolendo saper quello che sia l'uno & l'altro, diremo; Musico esser colui, che nella Musica è perito & hà facultà di giudicare non per il Suono; ma per ragione quello, che in tal scienza si contiene; Il quale se alle cose appartinenti alla Prattica darà opera, farà la sua scienza più perfetta; & Musico perfetto si potrà chiamare. Ma diremo Prattico, ò Compositore, ò Cantore, ò Sonatore, ch'egli sia, colui, che i precetti del Musico con lungo essercitio apprende & li manda ad effetto con la Voce, col mezo d'alcuno arteficiale Istrumento. Di sorte ch'ogni Compositore, ilquale non per ragione, ne per scienza; ma per lungo uso sappia comporre ogni musical Cantilena; & ogni Sonatore di qual si uoglia sorte d'Istrumento musicale, che sappia sonare solamente per lungo uso & iudicio di orecchio; ancora che à tale uso l'uno & l'altro non sia peruenuto senza 'l mezo di qualche cognitione; Prattico si può dire. Et la Velocità delle mani, della lingua, con ogni mouimento & altro accidente, che si ritroua di bello nel Sonatore ò Cantore, si debbe attribuire all'Vso & non alla Scienza; conciosiache consistendo essa nella sola cognitione; se fusse altramente, seguirebbe che colui, ilquale hauesse maggior cognitione della Scienza, fusse anche più atto ad essercitarla; di che in effetto si uede il contrario. Hora hauendo ueduto la differenza, che si ritroua tra l'uno & l'altro, esser l'istessa, ch'è tra l'Artefice & l'Istrumento; il quale essendo retto & gouernato dall'Artefice, è tanto men degno di lui, quanto chi regge è più nobile della cosa retta; potremo quasi dire, il Musico esser più degno del Compositore, del Cantore, ò Sonatore; quanto costui è più nobile & degno dell'Istrumento. Ma non dico però, che 'l Compositore & alcuno, che esserciti i naturali, ò arteficiali Istrumenti, sia ò debba esser priuo di questo nome; pur ch'egli sappia & intenda quello, che operi; & del tutto renda conueneuole ragione: perche à simil persona, non solo di Compositore, di Cantore, ò di Sonatore; ma di Musico ancora il nome si conuiene. Anzi se con un sol nome lo doueremo chiamare, lo chiamaremo Musico perfetto: percioche dando opera, & essercitandosi nell'una & l'altra delle nominate, ei possederà perfettamente la Musica; della quale desidero & spero, che faranno acquisto coloro, i quali vorranno osseruare i nostri precetti.
ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA, Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Prima Parte. Capitolo 11. (MDLVIII)
Et tanto hebbero gli Antichi questa opinione per uera, che ne i sacrificij loro usauano musicali istrumenti, & cantauano alcuni Hinni composti di sonori versi; i quali conteneuano due parti, l'una dellequali nominauano Strofa & l'altra 'Antistrofa, per mostrare i diuersi giri fatti dalle sphere celesti: percioche per l'una intendeuano il moto, che f la sphera delle stelle fisse dall'Oriente in Occidente; & per l'altra i mouimenti diuersi, che fanno l'altre sphere de pianeti procedendo al contrario; secondo l'opinione di alcuni; dall'Occidenta in Oriente. Et con tali Istrumenti ancora accompagnauano i corpi de i lor Morti alla sepoltura: essendoche erano di parere, che dopo la morte l'Anime ritornassero all'origine della dolcezza della Musica; cio, al cielo. Tal costume osseruarono gli Hebrei anticamente nella morte de loro parenti; di che ne habbiamo chiarissima testimonianza nell'Euangelio, nel quale descritta la Resuscitatione della figliuola del prencipe della Sinagoga, doue erano musicali istrumenti; sonatori de i quali command il Signor nostro, che pi non sonassero. Et faceano questo (come dice Ambrosio) per osseruar l'usanza de i loro Antichi; i quali in cotal modo inuitauano i circostanti piangere con esso loro. Molti ancora haueano opinione, ch'in questa vita ogn'Anima fusse vinta per la Musica; & se bene era nel carcere corporeo rinchiusa, ricordandosi & essendo consapeuole della Musica del cielo, si domenticasse ogni dura & noiosa fatica. Ma se ci ne paresse strano, habbiamo dell'Harmonia del cielo il testimonio delle Sacre lettere, doue il Signor parla Giobbe dicendo: chi narrer le ragioni, voci de Cieli? Et chi far dormire il loro concento? Et se mi fusse dimandato; onde proceda, che tanto grande & si dolce suono non sia udito da noi; altro non saprei rispondere, che quello, che dice Cicerone nel luogo di sopra allegato; che gli orecchi nostri ripieni di tanta Harmonia sono sordi; come per essempio auiene gli habitatori de quei luoghi doue il Nilo da monti altissimi precipita, detti Catadupa; i quali per la grandezza del rimbombo mancano del senso dell'vdito: ouer che, si come l'occhio nostro non pu fissar lo sguardo nella luce del sole, restando da i suoi raggi uinta la nostra luce; cosi gli orecchi nostri non possono capire la dolcezza dell' harmonia celeste, per l'eccellenza & grandezza sua. Ma ogni ragione ne persuade credere almeno, che 'l Mondo sia composto con harmonia; si perche (come uuol Platone) l'Anima di esso Harmonia; si anche perche i Cieli sono girati intorno dalle loro Intelligenze con harmonia; come si comprende da i loro riuolgimenti, i quali sono l'uno dall'altro proportionatamente pi tardi, pi veloci. Si conosce ancora tale Harmonia dalle distanze delle sphere celesti, percioche sono distanti tra loro (come piace molti) in harmonica proportione; laquale, benche non uenga misurata dal senso, nondimeno misurata dalla ragione: imperoche i Pitagorici (come dimostra Plinio) misurando la distanza de cieli & i loro interualli, poneuano innanzi ogni altra cosa dalla Terra alla prima Sphera lunare essere lo spatio di 12600. stadij; & questo diceuano essere l'Interuallo del Tuono; auegna che questo (secondo 'l mio parere) sia detto fuori d'ogni ragione, quando alla Terra attribuissero suono: conciosia che non pu essere, che quelle cose, le quali per loro natura sono immobili, com' questo Elemento, siano atte generare l'Harmonia; hauendo i Suoni (come uuol Boetio) il loro principio dal mouimento. Dopoi andauano ponendo dalla sphera della Luna quella di Mercurio l'interuallo d'un Semituono maggiore; & da Mercurio Venere, quello del minore; e da Venere al Sole il Tuono & il minore Semituono; & questa diceuano esser distante dalla terra per tre Tuoni & uno Semituono; il qual spatio nominato Diapente. Et dalla Luna al Sole poneuano la distanza di due Tuoni & uno Semituono; iquali costituiscono lo spatio della Diatessaron. Ritornando poi al principiato ordine, dissero; il Sole esser lontano da Marte per la medesima distanza, ch' la Luna dalla terra; & da Marte Gioue esser l'interuallo del Semituono minore; & da questo Saturno lo spatio del Semituono maggiore; dal quale per fino all'ultimo cielo,oue sono i segni celesti posero lo spatio del minor Semituono. Per la qual cosa dall'ultimo Cielo alla sphera del Sole si comprende esser lo spatio, interuallo della Diatessaron; & dalla terra all ultimo cielo lo statio de cinque Tuoni & due minori Semituoni; cio, la Diapason. Ma chi uorr esserminar i Cieli nelle loro parti, secondo che con gran diligenza h fatto Tolomeo, ritrouera (comparate insieme le dodici parti del Zodiaco, nelle quali sono i dodici segni celesti) le consonanze musicali; cio, la Diatessaron, la Diapente, la Diapason & l'altre per ordine; & ne i motti fatti verso l'Oriente & l'Occidente potr conoscere esser collocati i suoni grauissimi; & in quelli, che si fanno nel mezo del cielo gli acutissimi. Nelle altezze poi ritrouer il Diatonico, il Chromatico & l'Enharmonico genere. Simigliantemente nelle larghezze i Tropi, Modi, che uogliamo nominarli; & nelle faccie della Luna, secondo i uarij aspetti col Sole, esser le congiuntioni de i Tetrachordi. Ne solamente dalle predette cose si pu conoscere cotale Harmonia; ma da i uarii aspetti de i sette Pianeti ancora, dalla natura, & dalla positione, sito loro. Da gli aspetti prima, come dal Trino, dal Quadratto, dal Sestile, dalle Congiuntioni & dalle Oppositioni; i quali fanno nelle cose inferiori, secondo i loro influssi buoni & rei, una tale & tanta diuersita d'harmonia de cose, ch' impossibile di poterla esplicare. Dalla natura poi, conciosiache essendone alcuno (come uogliono gli Astrologi) di natura trista & maligna; da quelli, che buoni & benigni sono, in tal modo uengono ad esser temperati; che ne risulta poi tale Harmonia, ch'apporta gran commodo & utile mortali. Et questa si comprende anco dal Sito, ouer dalla Positione loro; conciosiache sono tra loro in tal modo collocati, quasi nel modo che sono collocate le Virt tra i Vitii. Onde, si come questi, che sono estremi, si riducono ad un'habito uirtuoso, per uia d'uno mezo conueniente; cosi quelli Pianeti, che sono di natura maligni, si riducono alla temperanza per uia d'un'altro Pianeta posto nel mezo loro, che sia di natura benigna. Per si uede, che essendo Saturno & Marte posti nel luogo soprano di natura maligna, cotal malignit da Gioue posto tra l'uno & l'altro, & dal & Sole posto sotto di Marte con una certa harmonia temperata, si che non lasciano operare i loro influssi cattiui nelle cose inferiori quel maligno effetto, che potrebbono operare, non vi essendo tale interpositione. Hanno etiandio i loro influssi tale possanza sopra i corpi inferiori, che mentre i due primi nominati pianeti si ritrouano hauere il dominio dell'anno; allora si discioglie l'harmonia de i quattro Elementi; percioche si altera l'aria de tal maniera, che genera nel mondo pestilenza uniuersale. Vogliono ancora gli Astrologi, che i due Luminari maggiori, che sono il Sole & la Luna, faccino corrispondente harmonia di beniuolenza tra gli huomini; quando nel nascimento dell'uno, quello si ritrona essere nel Saggittario, & questa nel Montone; & nel nascimento dell'altro, il Sole sia nel Montone, & la Luna nel Sagittario. Simile harmonia dicono ancora farsi, quando nel loro nascimento hanno hauuto un medesimo segno, ouero di simile natura, ouero un medesimo pianeta, di natura simile in ascendente; ouero che due benigni pianeti col medesimo aspetto habbiano riguardato l'angolo dell'oriente. Questo istesso dicono auenire, quando Venere si ritroua nella medesima casa della loro natiuit, nel medesimo grado. Hauendo adunque hauuto riguardo tutte le sopradette opinioni, & essendo (come afferma Mercurio Trismegisto) il mondo istrumento, ouero Organo d'Iddio, nella dichiaratione della Musica mondana h detto, ch' Harmonia, laquale si scorge tra quelle cose, che si veggono & conoscono nel cielo. Et soggiunsi, che anco nel legamento de gli Elementi si comprende; conciosiache essendo stati creati dal grande Architettore Iddio (si come cre ancora tutte l'altre cose) in Numero, in Peso & in Misura; da ciascuna di queste tre cose si pu comprendere tale harmonia; & prima dal Numero, medianti le qualit passibili, che sono quattro & non piu; cio, Siccitt, Frigidit, Humidit, & Calidit, che si ritrouano in essi; imperoche ciascuno di loro principalmente vna di esse qualit appropriata; come la siccit alla terra, la frigidit all'acqua, l'humidit all'aria; & la calidit al fuoco; ancora che la siccit secondariamente si attribuisca al fuoco, la calidit all'aria, l'humidit all'acqua, & la frigidit alla terra; per le quali non ostante, che tra loro essi Elementi siano contrarii; restano nondimeno in un mezano elemento secondo una qualit concordi & uniti; essendo che ad ogn'un di loro (com'habbiamo ueduto) due ne sono appropriate, per mezo delle quali mirabilmente insieme si congiungono, & in tal modo; che si come due numeri Quadrati conuengono in un mezano numero proportionato: cos due di essi Elementi in un mezano si congiungono: conciosia che al modo, che 'l Quaternario & Nouenario numeri Quadrati si conuengono nel Senario, ilqual supera il Quaternario di quella quantit, ch'esso superato dal Nouenario; in tal modo il Fuoco & l'Acqua, che sono in due qualit contrarii, in vn mezano elemento si congiungono. Imperoche essendo il Fuoco per sua natura caldo & secco; & l'Acqua fredda & humida; nell'Aria calda & humida mirabilmente con grande proportione s'accompagnano; il quale se bene dall'Acqua per il calido si scompagna, seco poi per l'humido si unisce. Et se l'humido dell'Acqua ripugna al secco della Terra, il frigido non resta per d'unirli insieme. Di modo che sono con tanto marauiglioso ordine insieme uniti, che tra essi non si ritroua pi disparit, che si ritroui tra due mezani Numeri proportionali, collocati nel mezo di due numeri Cubi; come nell'essempio si pu uedere.