ricongiungimenti

Maurizio & Claudio

11 maggio, 2009

Quali cose nella Musica habbiano possanza da indur l'Huomo in diuerse passioni. (cont.)














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Ritrouo adunque che Quattro sono le cose, le quali sempre hanno concorso insieme in simili effetti; delle quali mancandone alcun, nulla, ò poco si potea uedere. Era la prima l'Harmonia, che nasceua da i suoni, ò dalle Voci; la seconda il Numero determinato contenuto nel Verso; il qual nominiamo Metro; la terza la Narratione d'alcuna cosa, la quale conteneua alcuno costume; & questa era la Oratione, ouero il Parlare; la quarta & ultima poi; senza la quale nulla, ò poco si potea uedere; era un Soggetto ben disposto, atto à riceuere alcuna passione. Et questo può esser manifesto; percioche se noi al presente poniamo in atto la semplice Harmonia, senz'aggiungerle alcuna altra cosa; ella non hauerà possanza di fare alcuno effetto estrinseco de i sopranarrati; ancora c'haurà possanza ad un certo modo, di dispor l'Animo intrinsecamente ad esprimere più facilmente alcune passioni, ouero effetti; come è ridere, ò piangere; com'è manifesto; che s'alcuno ode una cantilena, che non esprima altro che l'Harmonia; piglia solamente piacere di essa, per la proportione, che si ritroua nelle distanze de i suoni, ò uoci, & si prepara & dispone ad un certo modo intrinsecamente alla allegrezza, ouero alla tristezza; ma non è però indotto da lei ad esprimere alcuno effetto estrinseco de i sudetti, ouer fare alcuna altra cosa manifesta. Ma se à tale Harmonia si aggiunge il Numero determinato & proportionato; subito ella piglia gran forza, & muoue l'Animo; come si scorge nell'Harmonia, che si ode ne i Balli, la quale spesso ne inuita ad accompagnar seco alcuni mouimenti estrinsechi col corpo, & à mostrare il piacere, che pigliamo di tale aggiunto proportionato. Aggiungendo poi à queste due cose la Oratione; ò il Parlare, il quale esprima Costumi col mezo della narratione d'alcuna Historia, ò Fauola; è impossibile di poter dire quanta sia la forza di queste tre cose aggiunte insieme. E' ben uero, che se non ui si trouasse il Soggetto disposto; cioè, l'Vditore, ilquale udissi uolentieri queste cose, & in esse si dilettasse; non si potrebbe uedere alcun'effetto; & nulla, ò poco farebbe il Musico. Percioche si come auiene al soldato, che per esser naturalmente inchinato alle cose della guerra è poco mosso da quelle, che trattano la pace & la quiete; & alcune uolte è alterato da i ragionamenti d'Arme & de cose campestri, che molto li dilettano; cosi il ragionar dell'Arme nulla, ò poco diletto porge all'Huomo, che sia per natura pacifico, quieto & religioso; Ma si bene il ragionar delle cose di pace & della gloria celeste molte uolte li muouono l'animo & lo costringono per dolcezza à piangere. Et si come poco possono mouer i casti ragionamenti il Lussurioso; cosi gli altri, che sono lasciui & sporchi annogliano il Temperato & casto; imperoche ogn'uno uolontieri ode ragionare di quella cosa, della quale maggiormente si diletta; & da simili ragionamenti è sommamente mosso; & per il contrario, hà in odio quelli, che non sono conformi alla sua natura; onde da simili ragionamenti non può esser commosso. Per la qual cosa, se Alessandro figliuolo di Filippo Re di Macedonia fu indotto da Timotheo musico, ò da Senofanto (com'alcuni uogliono) à prender l'arme con gran furore; non dobbiamo marauigliarsi; percioche era in tal maniera disposto, che uolontieri, & con sommo piacere vdiua ragionamenti, che trattauano delle cose della guerra; & da tali ragionamenti era indotto à far cose marauigliose. Onde ben lo dimostrò un certo huomo ad alcuni, che si marauigliauano, che la Musica hauesse in lui tanta forza, dicendo; Se questo Senofante è huomo tanto ualoroso, come di lui si dice; perche non ritroua egli alcuni modi, i quali lo riuochino dalla battaglia? Volendo inferire, che non è gran cosa & di molta arte, spinger l'Huomo da quella parte, nella quale per sua natura è inchinato; ma si bene è cosa marauigliosa à ritirarlo da quella; & è cosi in uero. Però se Alessandro ad altro non attendeua, che à quelle cose, le quali poteuano condurlo ad una gloria immortale, che erano l'Arme; non era cosa difficile di poterlo indurre à far li narrati effetti; della qual gloria quanto fusse ambitioso & sitibondo, da questo si può comprendere; che cercò d'auanzare ogn'altro; ne hebbe inuidia à chiunque si fusse nelle arme; percioche ad alcuno mai non si riputò in cotal cosa inferiore; se non ad Achille, per hauere hauuto Homero, che con si sublime stile cantò di lui; onde lo dimostrò; percioche si legge, che

Giunto Alessandro alla famosa tomba
Del fero Achile, sospirando disse:
O fortunato, che si chiara tromba
Hauesti, che di te si alto scrisse.

Si ricerca adunque un Soggetto tale, che sia ben disposto; conciosia che senza esso (come ancora hò detto) nulla ò poco si uederebbe. Et benche in simili mouimenti fatti per la Musica, ui concorrino le nominate cose; nondimeno il preggio & l'honore si dà al Composto delle tre prime, che si chiama Melodia; percioche se ben l'Harmonia sola hà una certa possanza di dispor l'animo & di farlo allegro, ò mesto; & che dal Numero posto in atto le siano raddoppiate le forze; non sono però potenti queste due cose poste insieme di generare alcuna passione estrinseca in alcun soggetto, al modo detto; essendoche tal possanza acquistano dalla Oratione, che esprime alcun costume. Et che questo sia uero, lo potiamo uedere; percioche Alessandro non fù mosso dall'Harmonia solamente; ne meno dall'Harmonia accompagnata col Numero; ma si bene (come uuole Suida, Euthimio & altri ancora) dalla legge Orthia, di sopra commemorata, & dal Modo Frigio; dal qual, & forse anco da tal Legge, il sudetto giouane Taurominitano ebbrio (come narra Boetio) fù sospinto, quando uolse abbrusciar la casa d'un suo riuale, nella quale era nascosta una meretrice; la onde Pitagora ò Damone Musico, che ei fusse; come scriue Galeno; conoscendo tal cosa, commandò al Musico, che mutasse il Modo & cantasse lo Spondeo, col quale placò l'ira del Giouane & lo ridusse al primo stato. Arione etiandio Musico & inuentore del Dityrambo (secondo l'opinione di Herodoto, & di Dion Chrisostomo ) prese ardire di precipitarsi nel mare, hauendo (per mio parere) cercato di comporsi prima col mezo di cotal Legge (come recita Gellio) un'animo intrepido & uirile; per poter fare cotal cosa senz'alcun timore. Hora potiamo uedere, che tali & cosi fatti mouimenti sono stati fatti, non per uirtù delle prime parti della Melodia; ma si bene dal tutto; cioè, dalla Melodia istessa, la quale ha gran forza in noi, per uirtù della terza parte; cioè, delle Parole, che concorrono alla sua compositione, senza le quali sempre si haurebbe fatto, ò farà nulla ò poco; percioche il Parlare da sè senza l'Harmonia & senza il Numero hà gran forza di commouer l'Animo; conciosia che se noi haueremo riguardo à cotal cosa, uederemo ch'alcune fiate, quando udimo leggere, ò raccontare alcuna Fauola, ouero Historia, siamo costretti ridere, ò piangere; & alcune uolte c'induce all'ira & alla colera; & alle fiate di mesti ne fà diuentare allegri; & cosi per il contrario; secondo il soggetto che in essa si contiene. Ne dobbiamo di ciò marauigliarsi: percioche il Parlare ne induce alla furia & ne placa; ne fà esser crudeli & anco ne addolcisce. Quante uolte è accaduto, che leggendosi semplicemente una pietosa Historia, ò Nouella, gli ascoltanti non siano stati presi da compassione in tal modo, che al loro dispetto dopo alcuni sospiri, li sia stato dibisogno accompagnarli le lagrime? Dall'altra parte, quante fiate è auenuto, che leggendosi, ò narrandosi alcuna Facetia, ò Burla, alcuni non siano quasi scoppiati dalle risa? Et non è marauiglia; percioche il più delle uolte se 'l si rappresenta à noi alcuna cosa degna di commiseratione, l'animo è commosso da lei & è indutto à piangere; & se udimo cosa, la quale habbia del feroce & del crudele, l'animo declina & si piega in quella parte. Et di ciò (oltra ch'è manifesto) n'è testimonio Platone, quando dice; che Qualunque uolta udimo Homero, ouer alcun altro Poeta tragico, che imiti alcuno de gli Heroi afflitto per il dolore gridar fortemente & pianger la sua fortuna con modi flebili, percuotendosi il petto con pugni; ad un certo modo si dilettiamo; & hauendo una certa inclinatione à coteste cose, seguitiamo quelle & insieme siamo presi da tal passioni, & lodiamo quello, come buon Poeta, il qual grandemente commuoua l'animo nostro. Questo ancora più espressamente conferma Aristotile, dicendo; Ancora si uede, che gli Huomini udendo l'Imitationi, hanno compassione à quei casi, quantunque siano senza Numero & senz'Harmonia. Ma se 'l Parlare hà possanza di muouer gli animi & di piegargli in diuerse parti, & ciò senza l'Harmonia, & senza il Numero; maggiorimente haurà forza quando sarà congiunto co i Numeri, & co i Suoni musicali, & con le Voci. Et tal possanza si fà chiaramente manifesta per il suo contrario; percioche si uede, che quelle Parole muouono men l'animo, le quali sono proferite senza Melodia & senza Proportione, che quelle, che sono proferite con i debiti modi. Però gran forza hà da se stesso il Parlare; ma molto più hà forza quando è congiunto all'Harmonia; per la simiglianza che hà questa con noi & alla potenza dell'Vdito; conciosiache niuna cosa è tanto congiunta con le nostre menti; come dice Tullio; che i Numeri & le Voci, per le quali si commouiamo, infiammiamo, plachiamo & rendiamo languidi. Non è questo gran marauiglia; dice egli ancora; che i sassi, le solitudini, le spelunche, & gli antri rispondono alle uoci? & le bestie crudeli & feroci spesse uolte sono dal canto fatte mansuete, & da esse sono fermate? Nè ci dobbiamo di ciò marauigliare; conciosia che se 'l uedere una Historia, ò Fauola dipinta solamente, ne muoue à compassione tallora, tallora ne induce à ridere; & tallora ne sospinge alla colera; maggiormente questo può fare il Parlare, il qual meglio esprime le cose, che non fà alcun Pittore, quantunque eccellente sia, col suo pennello. Onde si legge di uno, ilquale riguardò una imagine dipinta, & fù sospinto à piangere; & di Enea, che entrato nel tempio fabricato da Didone nella nuoua Carthagine;

Videt Iliacas ex ordine pugnas,
Bellaque iam fama totum vulgata per orbem,
Atridas, Priamumque & saeuum ambobus Achillem.
Constitit; & lachrymans: Quis iam locus (inquit) Achate,
Quae regio in terris nostri non plena laboris?
En Priamus: sunt hîc etiam sua premia laudi:
Sunt lachrymae rerum, & mentem mortalia tangunt.
Solue metus; feret haec aliquam tibi fama salutem.
Sic ait: atque animum pictura pascit inani.
Multa gemens, largoque humectat flumine uultum.

Et di Porcia figliuola di Catone Vticense si legge ancora, che hauendo ueduto una certa Tauola di pittura, pianse amaramente. Et benche la Pittura habbia forza di commouer l'animo; nondimeno maggior forza hebbe la uiua uoce di Demodoco Musico & sonatore di Cetera, il quale riducendo in memoria Vlisse, dipingendoli le cose passate, come se li fussero state presenti, lo costrinse à piangere; dal qual effetto; come dice Homero & Aristotele; fu subito conosciuto dal Re Alcinoo. Ma non pure allora accascarono coteste cose; ma etiandio à i nostri tempi si uede accascare il medesimo tra molte genti Barbare; imperoche raccontandosi da i lor Musici con certi uersi al suono d'uno Istrumento i fatti di alcuno loro capitano; secondo le materie, che recitano, quelli ch'ascoltano cambiano il uolto, facendolo per il riso sereno, & tallora per le lagrime oscuro; & per tal modo sono presi da diuerse passioni. Si può adunque concludere, che dalla Melodia; & principalmente dalla Oratione, nella quale si contenga alcuna Historia, ò Fauola, ouero altra cosa simile, che esprima imitationi & costumi, siano stati & ancora si possino porre in atto cotali effetti; & l'Harmonia & il Numero esser cose, le quali dispongono l'animo; purche 'l Soggetto sia sempre preparato & disposto; senza il quale in uano ogni Musico sempre si affaticarebbe.
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ISTITVTIONI HARMONICHE DEL REV. M. GIOSEFFO ZARLINO DA CHIOGGIA,
Maestro di Capella della Serenissima Signoria DI VENETIA. Seconda Parte. Capitolo 7. (MDLVIII)
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