XIV

da prevosto a leone
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30 dicembre, 2018

Capodanno in musica


Il Capodanno viene festeggiato in tutto il mondo anche da Istituzioni musicali grandi e piccole, e l’Italia non fa eccezione: cito solo la Fenice di Venezia e la Scuola di Fiesole.

Ieri sera laVerdi ha iniziato la sua quattro-giorni con la prima esecuzione della Nona di Beethoven, appuntamento ormai divenuto immancabile. Sul podio quel Claus Peter Flor che 19 anni fa (proprio in questa circostanza) esordì quasi per caso con l’Orchestra di cui oggi è Direttore Musicale.

Auditorium al gran completo e orchestra colorata di rosso dagli abiti delle rappresentanti del gentil sesso (Viviana esclusa, in canonico nero). La co-spalla Dellingshausen affianca come concertino la spalla Santaniello; i quattro solisti (entrati in posizione dopo lo Scherzo) sono collocati dietro l’orchestra (disposizione con violini secondi al proscenio) e davanti al coro.

Inutile dire della trionfale accoglienza per un’esecuzione che definire impeccabile è ancora poco. Le quattro voci (Gal James, Sonia Prina, Cameron Becker e Jochen Kupfer) hanno retto abbastanza bene l’impegno, anche se, non essendo fulmini di guerra, forse la dislocazione sul palco non le ha premiate come meriterebbero. 

Grandissima, al solito, la prestazione del Coro di Erina Gambarini, accomunato insieme a orchestra, solisti e direttore in un entusiastico applauso, anche ritmato, che ha chiuso questa prima tappa del passaggio di consegne da questo poco commendevole 2018 a... auguri! 
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A proposito di esordi, ecco che il tradizionalissimo appuntamento di Vienna ospita quest’anno il battesimo di Christian Thielemann. Abbastanza curiosamente, il suo curriculum pubblicato sul sito dei Wiener non cita la posizione di Musikdirektor del Festival di Bayreuth (?!) 

Martedi prossimo, ore 11:15, appuntamento su Radio3 per la diretta audio. 

Qui la classifica aggiornata dei Direttori delle 80 edizioni (2019 compreso) che si sono succedute senza alcuna interruzione dal 1940 (in realtà il primo concerto si tenne a SanSilvestro del 1939):

Willi Boskowsky 
25
1955-1979
Clemens Krauss 
13
1940 (31/12/1939)
1941-1945
1948-1954
Lorin Maazel 
11
1980-1986
1994
1996
1999
2005
Zubin Mehta
5
1990
1995
1998
2007
2015
Riccardo Muti
5
1993
1997
2000
2004
2018
Mariss Jansons
3
2006
2012
2016
Josef Krips 
2
1946-1947
Claudio Abbado 
2
1988
1991
Carlos Kleiber 
2
1989
1992
Nikolaus Harnoncourt
2
2001
2003
Georges Pretre †
2
2008
2010
Daniel Barenboim
2
2009
2014
Franz Welser-Möst
2
2011
2013
Herbert von Karajan 
1
1987
Seiji Ozawa
1
2002
Gustavo Dudamel
1
2017
Christian Thielemann
1
2019

 

02 novembre, 2018

laVerdi 18-19 - Concerto n°6


L’ormai immancabile appuntamento con il Requiem di Verdi è affidato quest’anno alle sapienti mani e alle amorevoli cure di Oleg Caetani.    

Insieme all’affiatatissimo coro di Erina Gambarini, compongono quest’anno il quartetto SATB Erica Wen Meng Gu (una pettoruta cinesona); Yulia Mennibaeva, che viene dalla Russia; Edoardo Milletti (compaesano di SanFrancesco) e il georgiano (lo dicono contestualmente nome e cognome) George Andguladze. Caetani li colloca al proscenio ai due lati del podio (da sinistra a destra per chi guarda) in ordine ASTB (ossia le voci gravi all’esterno) mentre l’orchestra (ieri guidata da Dellingshausen) si dispone teutonicamente con i violini secondi davanti a destra e i bassi dietro a sinistra; timpani e grancassa (protagonisti nel terrificante Dies Irae) stazionano in basso a destra, dietro i secondi violini; le trombe remote (per l’effetto stereo nel Tuba mirum) come sempre sono appollaiate alle due estremità avanzate della galleria.

Dico subito che la lettura di Caetani (che ha diretto con la partitura in... testa) mi ha pienamente convinto: prendo come esempio lo stacco del tempo dell’Offertorium, spedito proprio come da metronomo di Verdi, e non languido e strascicato come spesso capita di sentire. Impeccabile - come sempre, del resto - il coro, che 20 anni orsono nacque sotto la mano esperta (per anni e anni di Scala) di Romano Gandolfi.

A differenza di precedenti edizioni, mi pare che il quartetto dei solisti quest’anno sia di livello più che discreto. Su tutti l’imponente (anche nel fisico) Erica (faccio prima a dire solo il nome...) che ha mostrato un gran bel timbro di voce, con acuti senza una sbavatura e discreto volume anche nei centri e nei gravi; e poi Edoardo Milletti, che dopo un esordio periclitante (forse l’emozione) ha sfoggiato la sua voce squillante di tenorino lirico (canta spesso Almaviva). Gli ex-sovietici Mennibaeva e Andguladze hanno mostrato buona tecnica ed espressione, a dispetto di voci di potenza non eccezionale.

Auditorium tornato piacevolmente ad affollarsi e prodigo di applausi e acclamazioni per tutti. Fuori, persino il tempo si è rimesso al bello...

29 dicembre, 2017

laVerdi 17-18 – Concerto n°10


Da oggi e fino al prossimo lunedi sera laVerdi offre ben quattro esecuzioni della Nona beethoveniana, tradizionale appuntamento di Capodanno in Auditorium. Quest’anno, dopo averci regalato la sua appassionata lettura dell’altro chiodo fisso delle stagioni dell’Orchestra (il Requiem verdiano) è ancora Elio Boncompagni a salire sul podio per quello che sarà il suo ultimo appuntamento della stagione che si concluderà a giugno ’18.

Questa sera la sala di Largo Mahler è stata letteralmente presa d’assalto (e tutto lascia prevedere che lo sarà nelle tre successive repliche) da un pubblico che ha seguito l’esecuzione di orchestra, coro e solisti in quasi (tossi e raffreddori permettendo) religiosissimo silenzio, per esplodere poi, sulla conclusiva scalata di RE maggiore, in un autentico boato di liberazione, come nessun altro evento musicale sa forse suscitare in corpi e anime. Orchestra stranamente orfana di entrambe le sue spalle, peraltro ben guidata da Danilo Giust: signore in rosso e papillon pure rosso per i maschietti.    
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L’approccio di Boncompagni è stato assolutamente conservativo, sia nella scelta dei tempi (abbastanza... toscaniniani, ecco) che in quella dei contenuti (niente da-capo nella ripresa dello Scherzo). Si è trattato, almeno per me, di un’esperienza più che positiva.

Mediamente all’altezza dei rispettivi compiti almeno tre dei quattro solisti: Cinzia Forte, Stefanie Irányi e Carlo Allemano. Il basso Simon Schnorr, purtroppo per lui, un po’ sotto la sufficienza, per l’eccessivo vociferare. Certo lui ha l’attenuante di essere arrivato all’ultimo momento a sostituire l’indisposto titolare Sebastian Holecek, oltre che quella naturale di dover aprire il canto con quel micidiale recitativo O Freunde! Sempre sui suoi standard il Coro di Erina Gambarini, che Beethoven chiama, insieme ai solisti, ad un impegno proibitivo, superato in assoluta brillantezza!

Alla fine il solito bis con la ripetizione della sezione finale dell’Inno schilleriano.
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Personalmente il momento che sempre mi emoziona di più all’ascolto della nona è quello che arriva quando violini secondi e viole fanno emergere suoni paradisiaci da questi apparenti scarabocchi:


E c’è n’è proprio bisogno, in tempi che ci riservano ogni giorno miserabili spettacoli di inciviltà e di incultura... che c’è poca speranza che anche il 2018 potrà ahinoi evitarci. E allora: un buon anno nuovo in musica, a chi la fa e a chi l'apprezza.

03 novembre, 2017

laVerdi 17-18 – Concerto n°5


Il Requiem di Verdi è (con la Nona beethoveniana) uno dei due tradizionali appuntamenti fissi della stagione principale de laVerdi, che ha l’occasione di impegnarci l’intero suo organico strumentale e vocale. Quest’anno la bacchetta che guida orchestra e coro in entrambi gli appuntamenti fissi è quella di Elio Boncompagni, che ritroveremo sul podio dell’Auditorium anche nelle prossime settimane, chiudendo l’anno appunto con la Nona.

Il Requiem (si sa) era stato originariamente pensato da Verdi come una Messa funebre per Gioachino Rossini, che aveva impegnato alcuni musicisti a comporne le diverse sezioni. Per combinazione proprio fra qualche giorno quella Messa, mai eseguita a suo tempo e riportata alla luce solo a fine ‘900, sarà presentata alla Scala da colui che è tuttora Direttore Onorario de laVerdi, con la quale interpretò il Requiem in quattro stagioni consecutive, a partire dal 2001.
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Il quartetto dei solisti si è assestato soltanto all’ultimo momento, con la sostituzione di Tiziana Carraro con Cristina Melis; ma già da tempo era cambiato anche il tenore: Matteo Lippi, al posto dell’originariamente annunciato Antonio Gandia; con loro il soprano argentino Virginia Tola e il basso Dario Russo. Un quartetto comunque ben assortito, che ha dignitosamente figurato: tutte voci bene impostate e dotate di discreta potenza (forse alla Melis manca qualche decibel...) ma soprattutto di sensibilità di accenti e sfumature.

Il Coro di Erina Gambarini ancora una volta sugli scudi, specie nei momenti di massimo raccoglimento religioso, con passaggi in pianissimo davvero emozionanti. Orchestra – disposta con le viole a sinistra, cosa non nuova per Boncompagni, e imitata di recente da Caetani - sui suoi standard di qualità (perdoniamo una sgradevole stecca di una tromba all’attacco del Tuba mirum) che ha ben assecondato la lettura del Direttore.

Al quale la veneranda età (84 anni, ma portati alla grande) permette di identificarsi con quella pietas che dovette ispirare il 63enne Verdi di fronte alla scomparsa di un grande italiano: il suo Requiem ne è pervaso da cima a fondo, e quindi ancor più drammatici si stagliano su essa i tellurici scoppi del Dies Irae, ma anche le terrificanti implorazoni del Domine, Domine, Libera me.

Auditorium pieno come un uovo, che ha tributato lunghe ovazioni a tutti.

21 ottobre, 2017

1517-2017 in musica con laVerdi


Ieri sera in Auditorium laVerdi, guidata dal suo Direttore Artistico ed Esecutivo ha commemorato il 500° anniversario della Riforma protestante con un concerto che ha havuto come filo conduttore il testo luterano Ein feste Burg ist unser Gott.

Il pezzo centrale – ma anche il pezzo forte – della serata era la Cantata BWV80 di Bach, incastonata fra l’originale luterano e la Sinfonia della riforma di Mendelssohn.

Come ha puntualmente ricostruito Raffaele Mellace nel suo monumentale tomo sulle Cantate di Bach, la BWV80 risale, forse, addirittura ai tempi di Weimar (1715); fu poi ripresa a Lipsia già (sempre... forse) nel 1724, poi arricchita ulteriormente nel periodo 1727-1731 e infine completata in tempo (1739) per il secondo centenario dell’introduzione della Riforma nella città sassone.  

Nel corso dei decenni (e dei secoli, ormai) oltre ad essere divenuta di gran lunga la più famosa delle Cantate bachiane, la BWV80 ha anche subito diversi rimaneggiamenti e/o (presunti) arricchimenti. Uno di questi riguarda la strumentazione, che nell’800 venne apocrifamente rinforzata con l’impiego di trombe e timpani, come si può notare qui:


E ciò andò di pari passo, specie nel ‘900, con il discutibile gigantismo di orchestre e cori impiegati per l’esecuzione, di cui Karl Richter fu assoluto (ma anche contestato) campione. Ecco qui invece un’esecuzione (senza coro) che ci riporta proprio ai tempi di Bach, rivelando tutta la purezza delle linee melodiche e il sublime contrappunto del grande Sebastiano. Messi in evidenza in questa interessante analisi del brano iniziale.

Seguiamo proprio la citata esecuzione olandese per scoprire il contenuto di questo autentico scrigno.

41” Il n°1 (Corale-fantasia, RE maggiore, 4/4) impegna le quattro voci S-A-T-B (solisti e coro, quando presente) più gli strumenti al completo nell’esposizione in mirabile contrappunto della prima delle quattro strofe di Luther, su una melodia che riprende, variandolo, l’originario tema luterano.

Ein feste Burg ist unser Gott,
Ein gute Wehr und Waffen;
Er hilft uns frei aus aller Not,
Die uns itzt hat betroffen.
Der alte b
öse Feind,
Mit Ernst er's jetzt meint,
Groß Macht und viel List
Sein grausam Rüstung ist,
Auf Erd ist nicht seinsgleichen.
Il nostro Dio è una fortezza sicura,
una buona difesa e buona arma;
egli ci aiuta liberandoci da ogni male
che si è abbattuto fin'ora su di noi.
L'antico e malvagio nemico
è seriamente risoluto,
grande forza e molta falsità
sono le sue orribili armi,
nessuno è come lui sulla terra.
  
6’08” Il n°2 (Aria, RE maggiore, 4/4) è un duetto (S-B) su parole (evidenziate) di Salomo Franck (autore dei testi delle cantate composte da Bach a Weimar) esposte dal Basso e contrappuntate dal Soprano con la seconda strofa del Lied luterano. L’accompagnamento è limitato ad archi e oboe. Qui si parla del Cristo come condottiero di schiere in battaglia, per la vittoria della fede. Si noti come il soprano accompagni la melodia del basso con il tema luterano. Qui si parla del Cristo come condottiero di schiere in battaglia, per la vittoria della fede. Si noti come il soprano accompagni la melodia del basso con il tema luterano.

Alles, was von Gott geboren,
Ist zum Siegen auserkoren.

Mit unsrer Macht ist nichts getan,
Wir sind gar bald verloren.
Es streit' vor uns der rechte Mann,
Den Gott selbst hat erkoren.
Wer bei Christi Blutpanier
In der Taufe Treu geschworen,
Siegt im Geiste für und für.

Fragst du, wer er ist?
Er heit Jesus Christ,
Der Herre Zebaoth,
Und ist kein andrer Gott,
Das Feld mu er behalten.
Alles, was von Gott geboren,
Ist zum Siegen auserkoren.
Tutto ciò che è nato da Dio
è destinato alla vittoria.
Niente può essere fatto con le nostre forze,
subito saremmo perduti.
Combatte per noi il Giusto,
che Dio stesso ha scelto.
Chiunque con il vessillo del sangue di Cristo
abbia giurato fedeltà al battesimo,
vince nello spirito per sempre.
Tu sai chi è lui?
Il suo nome è Gesù Cristo,
il Signore degli eserciti,
e non c'è altro Dio,
lui domina il campo di battaglia.
Tutto ciò che è nato da Dio
è destinato alla vittoria.

9’48” Il n°3 (Recitativo, SI minore, poi FA#, 4/4) è affidato al Basso (testo di Franck) che esalta il pentimento del fedele e la sua vittoria su Satana.

Erwäge doch, Kind Gottes, die so große Liebe,
Da Jesus sich
Mit seinem Blute dir verschriebe,
Wormit er dich
Zum Kriege wider Satans Heer
und wider Welt, und Sünde
Geworben hat!
Gib nicht in deiner Seele
Dem Satan und den Lastern statt!
Laß nicht dein Herz,
Den Himmel Gottes auf der Erden,
Zur Wüste werden!
Bereue deine Schuld mit Schmerz,
Dass Christi Geist mit dir sich fest verbinde!
Considera, figlio di Dio, un amore così grande, 
che Gesù stesso
ha sottoscritto con il proprio sangue
il tuo arruolamento
nella guerra contro le schiere di Satana, contro il mondo 

e contro il peccato!
Non date spazio nella vostra anima
a Satana e alla depravazione!
Non lasciate che i vostri cuori,
il Cielo di Dio sulla terra,
diventino un deserto!
Pentitevi con dolore della vostra colpa,
così che lo Spirito di Cristo aderisca con forza ad  essi!

111’37” Il n°4 (Aria, SI minore, 12/8) sempre su testo di Franck, è cantata dal Soprano (con il solo accompagnamento del continuo) che invoca il Signore Gesù perchè scenda nell’anima, scacciandovi Satana.

Komm in mein Herzenshaus,
Herr Jesu, mein Verlangen!
Treib Welt und Satan aus
Und lass dein Bild in mir erneuert prangen!
Weg, schnöder Sündengraus!
Vieni ad abitare nel mio cuore,
mio Gesù, mio desiderio!
Scaccia il mondo e Satana
e fà che la tua immagine risplenda in me rinnovata! 
Via, orribile arroganza del peccato!

14’28” Il n°5 (Corale, RE maggiore, 6/8) è cantato dalle quattro voci all'unisono (!) sul testo della terza strofa di Luther e su una variante del tema originale. Nobile l’accompagnamento dei due oboi d’amore e del taille (oboe tenore, dal suono più grave degli altri due). Ripropone il tema della lotta fra bene e male e della vittoria finale del soprannaturale sul materiale.

Und wenn die Welt voll Teufel wär
Und wollten uns verschlingen,
So fürchten wir uns nicht so sehr,
Es soll uns doch gelingen.
Der Fürst dieser Welt,
Wie saur er sich stellt,
Tut er uns doch nicht,
Das macht, er ist gericht',
Ein Wörtlein kann ihn fällen.
E se anche il mondo fosse pieno di demoni
e volesse inghiottirci,
noi non avremmo paura,
comunque otterremmo la vittoria.
Il Principe di questo mondo,
per quanto feroce possa essere,
nulla può farci,
poiché è già stato giudicato,
una sola parola lo può abbattere.

18’24” Il n°6 (Recitativo, SI minore - RE maggiore, 4/4) è affidato al Tenore (testo di Franck): ribadisce l’appello all’anima perchè resti con Cristo fino alla vittoria finale sul nemico:

So stehe dann bei Christi blutgefärbten Fahne,
O Seele, fest
Und glaube, dass dein Haupt dich nicht verlässt,
Ja, dass sein Sieg
Auch dir den Weg zu deiner Krone bahne!
Tritt freudig an den Krieg!
Wirst du nur Gottes Wort
So hören als bewahren,
So wird der Feind gezwungen auszufahren,
Dein Heiland bleibt dein Hort!
Resta accanto al vessillo del sangue di Cristo,
oh anima, con fermezza
e con la certezza che non perderai il tuo capitano, 
sì, e che la sua vittoria
aprirà la strada anche alla tua corona!
Marcia con gioia alla guerra!
Se metti in pratica la Parola di Dio
così come la ascolti,
il nemico sarà costretto a retrocedere,
il tuo Salvatore resta il tuo tesoro!

19’47” Il n°7 (Aria, SOL maggiore, 3/4) è un duetto (A-T) con l’accompagnamento del violino e dell’oboe da caccia (in FA). Il testo, di Franck, prefigura la felicità celeste per coloro che si renderanno a Dio con fede incrollabile:

Wie selig sind doch die,
die Gott im Munde tragen,
Doch selger ist das Herz,
das ihn im Glauben trägt!
Es bleibet unbesiegt
und kann die Feinde schlagen
Und wird zuletzt gekrönt,
wenn es den Tod erlegt.
Felici coloro che hanno Dio
sulla loro bocca,
ma più felice il cuore
che conserva in lui la fede!
Resta invincibile
e può sconfiggere i suoi nemici
e nell'ora della vittoria sulla morte sarà infine incoronato.

23’55” Il n°8 (Corale, RE maggiore, 4/4) chiude in gloria la cantata con la quarta strofa di Luther e il suo tema originale:

Das Wort sie sollen lassen stahn
Und kein' Dank dazu haben.
Er ist bei uns wohl auf dem Plan
Mit seinem Geist und Gaben.
Nehmen sie uns den Leib,
Gut, Ehr, Kind und Weib,
Laß fahren dahin,
Sie habens kein' Gewinn;
Das Reich muss uns doch bleiben.
Non bisogna toccare la Parola di Dio
e non interpretarla a proprio vantaggio.
Egli è con noi secondo i suoi piani
con il suo Spirito e i suoi doni.
Se porteranno via i nostri corpi,
beni, onore, figli, moglie,
lasciamoli pure andare,
ma non avranno alcun bottino;
il Regno resterà sempre con noi.
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Jais, che ha speso 5 minuti per introdurre le tre opere in programma, ha adottato una soluzione di onesto e onorevole compromesso: intanto dimenticando trombe e timpani; e poi impiegando un organico ridotto (poco più di 20 strumenti e 30 coristi). Non avendo a disposizione la sua BAROCCA, ha invece suonato a 440 Hz (Bach avrebbe sentito il suo RE come un MIb!) e la taille, l’oboe da caccia e quelli d’amore sono stati surrogati dal moderno corno inglese e da oboi disamorati (!) Discutibile  - ma siamo ai dettagli minimi – la scelta di far suonare non solo al continuo, ma anche agli strumenti il corale conclusivo (peraltro Jais li ha tenuti a volume bassissimo, quasi a creare non più che un lontano sfondo al canto di coro e solisti).

Insomma, un mix più che accettabile, date le circostanze, e impreziosito dalla bontà delle quattro voci soliste, in primo luogo Christian Senn e Ana Maria Labin che hanno le parti oggettivamente più corpose (ma bravi anche Julia Böhme e Thomas Hobbs). Come sempre encomiabile la prestazione del Coro di Erina Gambarini, qui giustamente a ranghi assai ridotti.
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Prima della cantata il solo coro aveva introdotto il tema del concerto, cantando le quattro strofe di Luther, accompagnato ed introdotto splendidamente dall’organo di Davide Pozzi.

Simpaticamente bizzarra la scelta di Jais di far suonare in posizione eretta violini, viole e contrabbassi nella Riforma mendelssohniana (i violoncelli se la sono sfangata, date le caratteristiche ibride dello strumento... però per par-condicio avrebbero meritato di dover suonare in ginocchio!) Il Direttore potrebbe spiegare la ragione della trovata: forse una specie di attenti! per omaggiare Lutero !?)
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Se posso permettermi una chiosa personale: i suoni eterei di Bach hanno contribuito a ripristinare nelle mie orecchie un po’ di quell’equilibrio musicale che era stato rotto dalle sesquipedali esternazioni mahlerian-gattiane della sera precedente!

30 dicembre, 2016

2017 con laVerdi – 1


Siamo ancora, per poco, nel 2016 ma laVerdi guarda al futuro e dà inizio alla stagione 2017 rifacendosi anche il trucco con un nuovo portale (vagamente rassomigliante a quello della Scala, e che tanto per gradire... rende inservibili quasi tutti i link al vecchio!) e con l’ormai tradizionale Nona beethoveniana di fine-inizio anno. Lo stile del nuovo Direttore Esecutivo, Ruben Jais, si distingue subito: prima del concerto viene proiettato sul maxi-schermo un video promotional, che mostra i successi passati dell’Orchestra e invita il pubblico a decretarne i futuri. Completa la festa l’ingresso sul palco, per ultime, delle quote-rosa dell’Orchestra, per l’occasione up-gradate a quote-vermiglio!

É il redivivo Claus Peter Flor, che dopo la parentesi malese (piuttosto... ehm, tribolata) sta tornando sempre più spesso qui sui Navigli dove era stato di casa fino al 2008 e che già nel 2000 aveva diretto questa sinfonia, a proporcela come prima stazione di una serie di quattro che nella stagione lo vedranno cimentarsi con altre famose none: Bruckner, Shostakovich, Mahler!

La sua è una lettura veemente, le dinamiche sono al massimo (neanche ci fosse in sala il sordo Beethoven cui far arrivare i suoni!) ma insomma così nessuno si può certo permettere distrazioni. Unico taglio – di prammatica – il secondo da-capo dello Scherzo.

L’Orchestra – disposta alla tedesca, con i secondi violini al proscenio - suona senza sbavature e per la verità si distingue anche nell’Adagio, unica oasi raccolta e religiosa in questo turbinare sonoro.

Nel Finale a quella dell’Orchestra si aggiunge l’ottima prestazione del Coro di Erina Gambarini, che va elogiato anche per la cura della pronuncia crucca (!) Note decisamente meno liete, ahinoi, per i quattro solisti (che Flor ha piazzato davanti al coro e dietro gli strumenti). Il basso polacco Daniel Borowski ha mostrato un vocione cavernoso ed ingolato da far paura, oltretutto peccando assai nell’intonazione e persino nel solfeggio: insomma, un mezzo disastro. Un filino meglio (ma è fin troppo facile...) Carlo Allemano, che ha una discreta voce di tenore lirico, forse non perfettamente tagliata per questa parte. Senza infamia e senza lode le due voci femminili: meglio la Christina Daletska, voce abbastanza corposa e svettante anche negli insiemi; così-così la Marie-Pierre Roy, che ha l’attenuante di aver dovuto sostituire (probabilmente in fretta e furia) la prevista Karen Vourc'h.

Ci sono altre tre repliche e le cose non potranno che andar meglio...