Siamo ancora, per poco, nel 2016 ma laVerdi guarda al futuro e dà inizio alla
stagione 2017 rifacendosi anche il trucco con un nuovo portale
(vagamente rassomigliante a quello della Scala, e che tanto per gradire... rende
inservibili quasi tutti i link al vecchio!)
e con l’ormai tradizionale Nona
beethoveniana di fine-inizio anno. Lo stile del nuovo Direttore
Esecutivo, Ruben Jais, si distingue
subito: prima del concerto viene proiettato sul maxi-schermo un video promotional, che mostra i successi
passati dell’Orchestra e invita il pubblico a decretarne i futuri. Completa la
festa l’ingresso sul palco, per ultime, delle quote-rosa dell’Orchestra, per l’occasione up-gradate a quote-vermiglio!
É il redivivo Claus Peter Flor, che dopo la parentesi malese (piuttosto... ehm,
tribolata) sta tornando sempre più spesso qui sui Navigli dove era stato di
casa fino al 2008 e che già nel 2000 aveva diretto questa sinfonia, a proporcela
come prima stazione di una serie di quattro che nella stagione lo vedranno
cimentarsi con altre famose none:
Bruckner, Shostakovich, Mahler!
La sua è una lettura veemente, le
dinamiche sono al massimo (neanche ci fosse in sala il sordo Beethoven cui far
arrivare i suoni!) ma insomma così nessuno si può certo permettere distrazioni.
Unico taglio – di prammatica – il secondo da-capo
dello Scherzo.
L’Orchestra
– disposta alla tedesca, con i secondi violini al proscenio - suona senza sbavature
e per la verità si distingue anche nell’Adagio,
unica oasi raccolta e religiosa in questo turbinare sonoro.
Nel Finale
a quella dell’Orchestra si aggiunge l’ottima prestazione del Coro di Erina Gambarini, che va elogiato anche per la cura della pronuncia
crucca (!) Note decisamente meno liete, ahinoi, per i quattro solisti (che Flor
ha piazzato davanti al coro e dietro gli strumenti). Il basso polacco Daniel
Borowski
ha mostrato un vocione cavernoso ed ingolato da far paura, oltretutto peccando
assai nell’intonazione e persino nel solfeggio: insomma, un mezzo disastro. Un
filino meglio (ma è fin troppo facile...) Carlo
Allemano, che ha una discreta voce di tenore lirico, forse non
perfettamente tagliata per questa parte. Senza infamia e senza lode le due voci
femminili: meglio la Christina Daletska, voce abbastanza corposa e svettante anche negli
insiemi; così-così la Marie-Pierre Roy,
che ha l’attenuante di aver dovuto sostituire (probabilmente in fretta e furia)
la prevista Karen Vourc'h.
Ci sono altre tre repliche e le cose non potranno che andar meglio...
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