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30 dicembre, 2016

2017 con laVerdi – 1


Siamo ancora, per poco, nel 2016 ma laVerdi guarda al futuro e dà inizio alla stagione 2017 rifacendosi anche il trucco con un nuovo portale (vagamente rassomigliante a quello della Scala, e che tanto per gradire... rende inservibili quasi tutti i link al vecchio!) e con l’ormai tradizionale Nona beethoveniana di fine-inizio anno. Lo stile del nuovo Direttore Esecutivo, Ruben Jais, si distingue subito: prima del concerto viene proiettato sul maxi-schermo un video promotional, che mostra i successi passati dell’Orchestra e invita il pubblico a decretarne i futuri. Completa la festa l’ingresso sul palco, per ultime, delle quote-rosa dell’Orchestra, per l’occasione up-gradate a quote-vermiglio!

É il redivivo Claus Peter Flor, che dopo la parentesi malese (piuttosto... ehm, tribolata) sta tornando sempre più spesso qui sui Navigli dove era stato di casa fino al 2008 e che già nel 2000 aveva diretto questa sinfonia, a proporcela come prima stazione di una serie di quattro che nella stagione lo vedranno cimentarsi con altre famose none: Bruckner, Shostakovich, Mahler!

La sua è una lettura veemente, le dinamiche sono al massimo (neanche ci fosse in sala il sordo Beethoven cui far arrivare i suoni!) ma insomma così nessuno si può certo permettere distrazioni. Unico taglio – di prammatica – il secondo da-capo dello Scherzo.

L’Orchestra – disposta alla tedesca, con i secondi violini al proscenio - suona senza sbavature e per la verità si distingue anche nell’Adagio, unica oasi raccolta e religiosa in questo turbinare sonoro.

Nel Finale a quella dell’Orchestra si aggiunge l’ottima prestazione del Coro di Erina Gambarini, che va elogiato anche per la cura della pronuncia crucca (!) Note decisamente meno liete, ahinoi, per i quattro solisti (che Flor ha piazzato davanti al coro e dietro gli strumenti). Il basso polacco Daniel Borowski ha mostrato un vocione cavernoso ed ingolato da far paura, oltretutto peccando assai nell’intonazione e persino nel solfeggio: insomma, un mezzo disastro. Un filino meglio (ma è fin troppo facile...) Carlo Allemano, che ha una discreta voce di tenore lirico, forse non perfettamente tagliata per questa parte. Senza infamia e senza lode le due voci femminili: meglio la Christina Daletska, voce abbastanza corposa e svettante anche negli insiemi; così-così la Marie-Pierre Roy, che ha l’attenuante di aver dovuto sostituire (probabilmente in fretta e furia) la prevista Karen Vourc'h.

Ci sono altre tre repliche e le cose non potranno che andar meglio...

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