XIV

da prevosto a leone
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24 giugno, 2017

2017 con laVerdi – 25


L’ultimo concerto pre-estivo della stagione principale 2017 (che proseguirà da settembre a dicembre con i restanti 9 concerti, identificandosi con la prima parte della 17-18) è affidato alla bacchetta del redivivo Gaetano D’Espinosa, oltre che alla... tastiera di un altro tornante, il bravo Giuseppe Albanese.

Programma ultra-tradizionale, sia per la struttura (Ouverture-Concerto-Sinfonia) che per gli autori, che più classici di così si muore: Beethoven e Mozart.

Apre il concerto la Leonore III, un’autentica sintesi musicale del Fidelio, del quale condensa i principali motivi (dettagliati qui a confronto con la sorellina minore Leonore II). Un bel modo per scaldare i motori...
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Ecco poi il Secondo concerto beethoveniano (nell’aprile 2014 la coppia D’Espinosa-Albanese interpretò qui in Auditorium il primo). Il sempre più convincente 38enne reggino (che mai abbandona le sue ormai proverbiali scarpe bicolori) ne dà un’interpretazione di gran classe, impreziosita dall’impeccabile cadenza dell’Allegro, dalle sognanti atmosfere dell’Adagio e dal sempre sorprendente quanto azzeccato rallentando sull’inopinato passaggio in SOL maggiore verso la fine del Rondo.

Gran successo per lui, che così si accommiata con questo funambolico Weber, dove nella foga ha modo di mettere quasi fuori uso un pedale dello strumento!
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Si chiude con la somma Jupiter del Teofilo. D’Espinosa ce la vuol forse raccontare quasi come dovettero sentirla gli ascoltatori di fine ‘700: organico contenuto, archi esitanti e leziosi (vedi le battute 2-4 e 6-8 dell’Allegro vivace); quasi tutti i ritornelli (unico escluso il secondo del finale). Una lettura accattivante, accolta con entusiasmo dal (non proprio oceanico) pubblico dell’Auditorium.
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Adesso, sospesa la stagione principale, arriva subito quella estiva, dove la classica sarà seguita dal jazz. E così, per presentarsi al pubblico de laVerdi nella sua fresca veste di Direttore Musicale, Claus Peter Flor ha scelto un programmino proprio da nulla, roba leggera adatta alle calde serate di luglio: l’intero ciclo delle 9 sinfonie di Beethoven

18 dicembre, 2016

laVERDI 2016 – Concerto n°38


L’ultimo concerto della stagione 2016 vede sul podio un altro uscente (dopo la Xian) dai ranghi de laVERDI: John Axelrod è qui per l’ultima volta in veste di Direttore Principale Ospite. Ciò non significa però che abbandoni di brutto l’Orchestra, che già nella prossima stagione dirigerà in due concerti (dei quali uno in particolare si annuncia assai interessante, con lo Schicchi in forma semiscenica).

Per questo addio-arrivederci il Maestro texano ha scelto musiche del suo Paese, anzi del massimo compositore americano: George Gershwin.

Di cui ascoltiamo subito la Rhapsody in Blue, interpretata al pianoforte da Giuseppe Albanese, ritornato qui in Auditorium dopo due anni e mezzo dalla sua prima apparizione (e ancora con le scarpe bicolori!) È dichiaratamente un pot-pourri di motivi sapientemente accostati e variati, dove il jazz la fa da padrone, ma dove (Andantino moderato) emerge anche un cantabile che sarebbe stato bene in bocca a Sinatra.

Il bravissimo Giuseppe sciorina tutta la sua maestria tecnica, ben coadiuvato dall’Orchestra in cui spicca - ça va sans dire – il clarinetto magico di Fausto Ghiazza. Accoglienza trionfale da parte di un foltissimo pubblico, gratificato addirittura di due encore, sempre di musica yankee: The man I love nella elaborazione di Earl Wild e il bellissimo Hesitation Tango di Samuel Barber.  
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Dopo la pausa ecco Porgy and Bess, di cui ascoltiamo la versione da concerto predisposta da Robert Russell Bennett. Si tratta di 14 numeri dell’opera, l’introduzione e 13 song interpretate da soprano (Adina Aaron) e baritono (Michael Redding). Ma dato che ci sono un paio di numeri per il tenore (Sportin’Life) ecco che nel primo di questi (It Ain’t necessarily so) si esibisce dal podio lo stesso Axelrod, che dimostra così di avere una carriera... di riserva, sai mai che torni utile! È questa l’occasione per impegnare a dovere anche il Coro di Erina Gambarini.

Sono 40 minuti di splendida musica, e la concentrazione di queste particolari arie rischia di provocare quasi un’indigestione (invece, diluite sapientemente nelle 3 ore dell’opera si possono meglio... metabolizzare!)

In ogni caso, ben vengano indigestioni di tal fatta! Bravi tutti e successo enorme, con replica del finale strappalacrime (oltre che applausi) Oh Lawd, I’m on my way.
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Adesso solo una settimana di pausa e poi, il 29/12 con l’immancabile Nona, inizia la nuova avventura 2017, 34 concerti che ci accompagneranno fino a metà dicembre.  

26 aprile, 2014

Orchestraverdi – Concerto n°31

 

Gaetano D’Espinosa, uno dei tre Direttori Principali Ospiti, propone per il suo ritorno sul podio de laVerdi un abbinamento assai interessante: Beethoven e Bartók.

Del genio di Bonn va in scena il Primo dei cinque Concerti per pianoforte (di cui sentiremo l’integrale in questo fine-stagione) interpretato dal 35enne reggino Giuseppe Albanese.

Come anche il secondo (in realtà sappiamo che i primi due concerti furono numerati… a ritroso) questo fu poco considerato dall’Autore medesimo, che invece era convinto di far breccia con il suo Terzo: effettivamente fra quest’ultimo e i primi due, pur essendo tutti abbastanza vicini come data di composizione, c’è quasi un abisso, proprio il passaggio dal ‘700 all’800.

Però che ‘700! Quello dei migliori Haydn e Mozart, di cui Beethoven aveva letteralmente divorato la tecnica formale, sulla quale innestava la sua già spiccata ispirazione. In particolare da Mozart troviamo nell’iniziale Allegro con brio un uso ardito della forma-sonata, con l’esposizione orchestrale che presenta il maschio tema principale in DO maggiore che ingloba il secondo in MIb maggiore, poi modulante a FA e SOL minore, quindi a FA maggiore e MIb, prima di tornare al DO; mentre quella successiva del solista vede il primo tema assai addolcito e divenuto quasi spiritoso ed il secondo, canonicamente, esposto in SOL maggiore. Come non sentire poi nel Largo riflessi e atmosfere del K467… 

Albanese ci regala un’interpretazione paradigmatica della natura di questo concerto: leziosità proprio settecentesche alternate a squarci eroico-romantici, tipo il FA in ottava che precede la scala discendente in chiusura dello sviluppo, dove la meccanica del pianoforte deve aver corso qualche serio rischio (smile!)

Beethoven scrisse, una buona decina d’anni dopo il concerto, ben tre (mah dai, facciamo due e mezza…) cadenze per il primo movimento: di queste la terza è senza ombra di dubbio la più impegnativa, anche per la sua lunghezza invero spropositata. Ecco, Albanese non ha voluto essere da meno dei grandi interpreti di ieri e oggi e ha scelto di proporci proprio questa, con un piglio a dir poco travolgente! 

Accoglienza calorosissima (il pubblico non era proprio da pienone, ma secondo me era comunque oceanico, stante il… ponte) e non poteva quindi mancare un bis che, tanto per ribadire il concetto, ci ha mostrato un Albanese scatenato nel Moto perpetuo dalla Prima sonata di C.M. von Weber!

Ma Albanese ha sfoggiato anche qualcosa di davvero glamour:


Ohibò! (anche i pedali hanno diritto ad un trattamento particolare…)

A completamento del programma ecco il Concerto per Orchestra del compositore ungherese. Il quale ebbe vita assai grama negli USA e scomparve proprio alla fine della guerra (di cui resta un tragicomico ricordo nell’Intermezzo-interrotto, col richiamo alla Leningrado di Shostakovich). Un suo compatriota, che invece dopo i guai della guerra se l’è spassata mica male, diventando addirittura sir, qui rende omaggio al grande Béla proprio interpretandone questa che fu una delle sue ultime composizioni, di cui contribuì anche a mettere a punto l’edizione critica.

Come dice il titolo, qui l’orchestra è trattata non come un reggimento di soldatini, bensì come un cenacolo di solisti, e tutti hanno la loro brava parte di evidenza, dalle arpe ai timpani (per citare solo due strumenti spesso impiegati a far da riempitivo). laVerdi ha ormai questo pezzo nel suo repertorio, proprio a dimostrazione di come l’orchestra sia formata da notevoli individualità, che poi suonano meravigliosamente insieme. E così – merito anche del Direttore, ovviamente - è stato anche ieri sera.