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25 luglio, 2024

Bayreuth: un discreto Tristan ha aperto il Festival 2024.

Per quanto posso giudicare dall’ascolto radiofonico, mi sembra che il Festival (ancora?) più famoso nel mondo dell’opera sia partito con il piede giusto. 

Merito principale (secondo me) di Semyon Bychkov, che ha guidato con grande autorità i formidabili complessi orchestrali (e corali, non impegnati allo spasimo in questo dramma) tenendo tempi assai sostenuti, fin dal Preludio, invero grandioso, e poi specialmente nel secondo atto, dove ha chiesto il massimo ai due protagonisti.

La Camilla Nylund è stata un’Isolde dignitosa, anche se non proprio trascendentale, e Andreas Schager – un po’ penalizzato dai tempi del Direttore – ha pagato lo sforzo dell’atto centrale con un paio di LA e SI abbassati di un’ottava nella massacrante scena del delirio all'arrivo di Isolde, nell’atto conclusivo.

Bene la Brangäne di Christa Mayer e più che bene il Marke di Günther Groissböck, come pure Olafur Sigurdarson come Kurwenal.

Oneste le prestazioni di Birger Radde (Melot) e di Matthew Newlin, il giovane marinaio che ha l’impervio compito di rompere oil ghiaccio, cantando oltretutto a cappella

Daniel Jenz (pastorello) e Lawson Anderson (marinaio) hanno completato il cast facendo il loro minimo sindacale.

Applausi (direi condivisibili) per tutti i Musikanten. Invece parecchi buh (che segnalo solo per dovere di cronaca, in assenza di… immagini) per il battesimo registico di Thorleifur Örn Arnarsson.

Con tutti i limiti che comporta il particolare tipo di fruizione, devo dire che le sei ore passate in compagnia di questo capolavoro ti risollevano il morale, ecco.

21 luglio, 2024

Bayreuth di routine.

Ancora per questa e per la prossima stagione Bayreuth si mantiene su un profilo prudente, in attesa della storica edizione 2026 che celebrerà i 150 anni dalla fondazione del Festival, che aprì i battenti nell’agosto 1876 con tre rappresentazioni del ciclo del Ring. E c’è da immaginare cha sarà ancora il Ring il protagonista della ricorrenza.

Quest’anno il programma è lo stesso (come titoli e allestimenti) di quello del 2023, salvo il titolo di apertura, la nuova produzione di Tristan (a soli due anni di distanza dalla precedente) affidata a Bychkov/Arnarsson e con protagonisti Schager/Nylund. Cambia anche la distribuzione delle recite: Holländer (da 5 a 3); Tannhäuser (da 5 a 6); Ring (da 3 a 2); Tristan (da 2 a 7) e Parsifal (da 7 a 6).

Per gli amanti delle statistiche, qui un paio di tabelle riassuntive di tutte le 112 edizioni del Festival e dei Direttori succedutisi sul podio. A proposito del quale, due interessanti novità del 2024 riguardano le quote rosa destinate a calcarlo: oltre all’ormai collaudata Oksana Lyniv (Holländer) vi saliranno per la prima volta Nathalie Stutzmann (Tannhäuser) e Simone Young (Ring). Heras-Casado resta al proprio posto per Parsifal.

Ancora lontano dalla verde collina – come già nel 2023 - Christian Thielemann, decano delle direzioni (185). Di cui peraltro si dà per scontato il rientro in quella che per un quarto di secolo è stata praticamente casa sua. Infatti nel 2025, dopo il trasferimento da Dresda (dove gli subentrerà Gatti) a Berlino (dove tornerà come erede di Barenboim…) il 65enne direttore sarà protagonista del suo amato Lohengrin.

A proposito del quale anni fa nacque una certa polemica fra il Maestro e la tenutaria del Festival Katharina Wagner. La quale, per rinforzare la sua presa di distanza dagli anni bui della Nazi-Bayreuth, chiese all’allora factotum musicale del Festival di impiegare, nel finale dell’opera, il nobile epiteto di Schützer al posto di quello, divenuto infamante, di Führer, con il quale lo stesso argenteo cavaliere apostrofa il riesumato Gottfried. E Thielemann – che sarà pure di idee conservatrici ma non certo reazionarie e menchemeno… nostalgiche – oppose il rigore filologico e il rispetto del testo originale. Sta di fatto che, dopo avere avuto il prestigioso incarico di Musik Direktor, Thielemann ne è stato successivamente privato… Vedremo fra un anno se si tratti solo di acqua passata.

Quanto alle possibilità di ascolto, la Radio Bavarese è ovviamente presente (quasi sempre) in diretta per le prime. Che saranno anche in parte trasmesse dagli spagnoli di Radio ClasicaMeno chiara la copertura di Radio3, pare limitata per ora alla prima del 25.    

29 luglio, 2023

Appendice al recente Parsifal bayreuth-iano

Dato che lo streaming video della prima non era (come previsto) captabile fuori dall’area geografica crucca, il mio precedente, succinto commento a caldo era limitato forzatamente ai soli suoni, diffusi da varie emittenti radio, inclusa la nostra.

Poi è comparso su youtube anche un video integrale, la cui vita è stata brevissima, come potevasi immaginare, subito spezzata da ricorsi della filiera che cercherà di arricchirsi con i DVD di prossima produzione. Io avevo giusto fatto in tempo a scaricare il prezioso reperto, per potermelo poi gustare e giudicare con calma, quando, come l’araba fenice, ne sono subito spuntati addirittura altri due: uno e due

Così adesso sono in condizione di dire due cosette anche sulla messinscena (o meglio, su ciò che la regìa televisiva ha mostrato della messinscena di Jay Sheib).

Una volta tanto devo confessare di non condividere la chiara contestazione al team registico, già emersa al termine del primo atto e poi esplosa abbastanza rumorosamente all’uscita finale.

Poiché, al di là di alcune trovate discutibili (o di difficile decifrazione) come la presenza della donna che si accompagna (ehm… lascivamente) a Gurnemanz durante la seconda parte del Preludio (che sia una visione onirica del vegliardo?) e poi torna accanto a lui alla fine, oppure quella del personaggio cui Parsifal, dopo la sua fulminante reazione al tentativo materno-meretricio di adescamento da parte di Kundry, cava letteralmente il cuore (più …una pietra?) dal petto… mi pare che la concezione di fondo del regista rispecchi abbastanza fedelmente quella che secondo molti (incluso il sottoscritto) è l’interpretazione più seria dell’ultimo dramma wagneriano: la redenzione della Religione secolarizzata e dell’Arte degenerata da parte del folle Artista-Redentore Parsifal (al secolo il medesimo Richard Wagner).

Il momento topico di tale concezione viene risolto dal regista mostrandoci Parsifal che, dopo avere scoperto il Gral, mette in pratica la sua decisione di lasciarlo scoperto per sempre… scaraventandolo a terra e mandandolo in mille frammenti!

Per il resto, un approccio che definirei piuttosto minimalista, un po’ à-la-Wieland, ecco.
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PS: nel caso che anche i due nuovi video vengano inceneriti come il primo, affinchè i rari-nantes che ancora si ostinano a leggere questo blog possano condividere (o contestare) quanto ho esposto, faccio anch’io un’operazione piratesca, mettendo loro a disposizione il video proibito (così faccio indirettamente anche un test sulla severità e capillarità dei controlli nella rete…)

25 luglio, 2023

A Bayreuth ha debuttato un Parsifal (lato suoni) più che positivo

Si è quindi aperto oggi pomeriggio il 111° Festival di Bayreuth, con una nuova produzione di Parsifal curata da Jay Scheib per la messinscena e da Pablo Heras-Casado per la direzione e concertazione.

Il Direttore spagnolo lo scorso dicembre aveva interpretato il second’atto all’Auditorium di Milano con laVerdi, mostrando di sapersi ben destreggiare nei meandri di quest’opera complessa e per molti tuttora inafferrabile. (Io personalmente aderisco con convinzione a quella corrente di pensiero che spiega Parsifal come atto finale della missione wagneriana di redimere Arte e Religione, come ho cercato di sintetizzare in questo scritto

Beh, mi sento di dire che il Kapellmeister iberico abbia superato a pieni voti l’esame con una direzione equilibrata (poco meno di 4 ore nette): né insopportabilmente sostenuta, ma neanche esasperatamente espressionista.

Da elogiare la meticolosità che ha messo nello scavo dei particolari (cose che magari si notano solo con la partitura sotto gli occhi): ad esempio alcune microscopiche prese di respiro, quando fra le battute non esiste segno di legatura, o anche qualche appropriata variazione agogica. I buh che hanno accolto (insieme a irrituali applausi) la calata del primo sipario giurerei non fossero indirizzati a lui!

Ma presumibilmente alla regìa (e/o alla drammaturgia…) che alla fine è stata accolta con freddezza (benevolo eufemismo) ma che lasciamo giudicare a chi ha visto.

A parte Heras-Casado (e all’Orchestra, sempre impeccabile) e al Coro di Eberhard Friedrich (ancora una volta a livelli sontuosi) bene mi pare di dover dire per il gran vecchio Gurnemanz, cui Georg Zeppenfeld ha prestato la sua autorevole padronanza del ruolo-chiave del dramma; poi Derek Welton, un Amfortas convincente per il pathos che ha saputo creare attorno alla sua figura tormentata; felice la prestazione della Elina Garanča, che ha messo in dovuto risalto le due facce di Kundry (pietosa Maddalena e blasfema adescatrice). Andreas Schager mi è parso un Parsifal stranamente a corrente alternata, un po’ in difficoltà nel second’atto. Jordan Shanahan ha dignitosamente impersonato il cattivone nonchè casto (così lo apostrofa perfidamente Kundry) Klingsor. Tobia Kehrer è stato un onesto Titurel. Cavalieri del Gral e Fanciulle fiore in ottima forma, ecco tutto.

23 luglio, 2023

Bayreuth, sempre più… periferica

Fra un paio di giorni apre quella che ancora pochi anni orsono era la Kermesse estiva più rinomata e… chiacchierata del pianeta. Oggi non fa quasi più notizia (ne fa di più la banda Wagner di mercenari del cuoco Prigozhin) e anche la copertura delle emittenti radio-TV si è andata progressivamente assottigliando: RAI-Radio3 per ora annuncia la diretta del Parsifal inaugurale, ore 16 di martedi; Radio Clasica trasmette anche il primo ciclo del Ring. I Bavaresi trasmettono Parsifal anche in streaming (non è dato sapere se solo per il territorio domestico…) e la Radio Bavarese è comunque sempre presente.

In compenso gli ospiti del Festspielhaus potranno godersi Parsifal con speciali occhialini che mostrano la realtà aumentata (qualunque cosa significhi…)

L’edizione 2023 (n°111, a partire dal mitico 1876) vedrà quindi nascere una nuova produzione (l’undicesima) di Parsifal (che consoliderà così il record di rappresentazioni, 550 in 95 stagioni!) affidata all’esordiente ispanico Pablo Heras-Casado in coppia con l’americano Jay Scheib. Per il resto vengono riproposte quattro recenti produzioni: tre cicli del Ring, dove torna Pietari Inkinen, poi Tannhäuser (con l’altra esordiente Nathalie Stutzmann), Hollander (Oksana Lyniv) e Tristan (Markus Poschner).

18 luglio, 2022

Bayreuth di… piccolo cabotaggio?

A quanto pare il Covid, che aveva determinato l’annullamento della stagione 2020 e la ripartenza piuttosto asfittica del 2021, fa ancora sentire i suoi effetti, e anche l’edizione 2022 (n°110, a partire dal mitico 1876, che apre il prossimo lunedi 25) ne è vittima, con trafelati cambi all’ultimo momento. In ogni caso non è tale – almeno sulla carta – da destare grandissime aspettative.

Ci sarà il nuovo Ring, messo in scena da Valentin Schwarz, che fu appunto soppresso dal virus nel 2020 e poi ridotto nel ’21 alla sola Walküre (tre recite con allestimento semiscenico di Hermann Nitsch) e che doveva rivedere sul podio Pietari Inkinen, ora però covidizzato e sostituito da Cornelius Meister. Che sia un’edizione di passaggio era del resto chiaro in partenza a chiunque tenga presente che il (primo dei due) Ring del secolo XXI sarà ovviamente quello del 2026!

E non per nulla l’inaugurazione dell’edizione 2022 sarà affidata ad un nuovo Tristan, con regìa di Roland Schwab e diretto (in origine) da Cornelius Meister, il quale essendo però stato trasferito negli scantinati del Walhall lascia il posto allo svizzero (come attuale impiego) Markus Poschner. Produzione peraltro limitata a sole due recite, chissà se per la poca benzina rimasta a disposizione degli interpreti principali, tutti francamente in età pensionabile (della serie: tutto fa brodo…)

I collaudati Holländer (Oksana Lyniv), Tannhäuser (Axel Kober) e Lohengrin (Christian Thielemann) completano il cartellone, che comprende anche due concerti diretti da Andris Nelsons (antologie da Holländer, Tannhäuser e Tristan).

Le 5 recite di Lohengrin consentiranno a Thielemann (non più Direttore Musicale del Festival) di incrementare il suo primato di presenze sul podio, arrivate (a partire dall’esordio del 2000) a quota 184.

Il disinteresse per il Festival ha contagiato persino i patitissimi di Radio Clasica, che diserteranno anche la prima. Assente anche Radio3, mentre restano ovviamente sul pezzo i bavaresi 

26 luglio, 2021

L’Olandese di Cherniakov a Bayreuth

Premesso che un giudizio complessivo su una regìa è possibile esprimere solo dopo aver assistito (magari in TV, ma meglio se dal vivo...) allo spettacolo, ciò che già si può commentare del Konzept del regista russo è la sua scopiazzatura di idee applicate da altri registi in simili circostanze: Freud!

Si immagina quindi che l’Olandese non stia scontando un peccato di superbia e un patto col diavolo, ma abbia subito da adolescente un trauma famigliare (la madre trascinata in una tresca e indotta al suicidio) e che passi il resto dei suoi giorni a cercare - per vendicarsi - l’autore del misfatto. Che si scopre essere, toh, Daland in persona! Così Senta (una ragazzina ribelle) invece di dover redimere il peccatore ne diventa lo strumento di vendetta verso lo sbifido padre. Dopodichè l’Olandese, ottenuta la vendetta, spara sulla folla riunita per il suo matrimonio, incendia il paese e si giustizia da solo!

Come è evidente, se ci si inventa di sana pianta il movente di tutta la vicenda, allora tutta la vicenda assume aspetti totalmente divergenti da quelli del testo originale (per il quale era stata composta la musica): nella fattispecie un’opera romantica (!) si trasforma magicamente in un crudo reportage su un caso clinico e le relative conseguenze.

Mi viene in mente il Faust (Damnation) di Michieletto, la cui esistenza è condizionata da traumi giovanili (famiglia squinternata e bullismo subito a scuola): insomma, nulla di nuovo sotto il sole, menchemeno a Bayreuth, ormai avvezza al fenomeno.

25 luglio, 2021

L’Olandese con il Covid a Bayreuth

Come paventato, (quasi) all’ultimo momento l’emittente bavarese ha informato che - per ragioni legate a diritti (dei soliti noti) - lo streaming dell’Holländer si riceve solo in Germania... e morta lì. Ci si è quindi dovuti accontentare dell’audio di Radio3 (che riprende comunque l’emittente bavarese). Intanto ecco come una spia di Amfortas presenta il backstage del teatro in tempi di Covid!

Oksana Lyniv sarà di sicuro ricordata negli annali come la prima persona di genere non maschile (!) a calcare il podio del tempio wagneriano. Ma anche per non aver fatto rimpiangere (almeno dall’ascolto via etere) i maschietti che l’hanno preceduta negli anni: se posso citare un suo merito ricorderò la moderazione con cui ha trattato la prima scena del terzo quadro, che altri direttori (Thielemann incluso) trasformano di solito in una parata di panzer...

Di buon livello le voci, con in testa la Senta di Asmik Grigorian, che mi pare adatta proprio a ruoli wagneriani come questo o simili (Elsa, Elisabeth, Eva...) John Lundgren se l’è cavata bene con le ostiche e contorte arie dell’Olandese, mentre il navigato Georg Zeppenfeld ha onorevolmente impersonato il prosaico Daland. Eric Cutler è stato un discreto Erik, forse un po’ emozionato nella sua aria di esordio, mentre alla Marina Prudenskaya (la tata Mary) darò giusto una sufficienza. Meglio di lei il Timoniere di Attilio Glaser.

Sempre impeccabili l’Orchestra e il Coro che sono il fiore all’occhiello del Festival.

Sulla regìa di Cherniakov... leggeremo i commenti nelle prossime ore.
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Radio3 trasmette anche Meistersinger (26/7) e Tannhäuser (27/7): il sito annuncia come orario di inizio le 18, quindi sono delle differite di due ore (dalla radio bavarese).

20 luglio, 2021

Bayreuth riparte... piano

Dopo il forzato annullamento del 2020, virus imperante, il Festival wagneriano riapre i battenti per la 109esima volta (dal 1876) con un programma ridotto rispetto agli standard: saranno 25 gli eventi in calendario, mai così pochi dal lontano 1955 (primi anni dopo la riapertura del ’51) contro i 32 raggiunti proprio negli ultimi due anni recenti (‘18 e ‘19). Ridotta anche la capienza della sala, a soli 900 dei quasi 2000 posti nominali. 

Ci sarà comunque - come d’obbligo - una nuova produzione, orientata ...all’est: infatti l’Holländer sarà diretta dalla 43enne ukraina Oksana Lyniv (prima quota-rosa a scendere sul podio giù nell’Orchestergraben) e inscenata dal controverso quanto famoso Dmitri Cherniakov. Per il resto abbiamo due riprese (Meistersinger e Tannhäuser) più un assaggio di quello che doveva (o dovrà? ma c’è da dubitarne... il 2026 è alle porte) essere un nuovo Ring: tre recite della Walküre diretta dall’esordiente Pietari Inkinen e proposta scenicamente dal venerabile Hermann Nitsch, visionario action-artist.

Completano il calendario tre concerti: un Parsifal diretto da Thielemann (a proposito, ancora oggi non è chiaro se lo scorbutico Christian verrà riesumato come Direttore Musicale del Festival...) e due antologie, con il primo atto di Walküre e brani da altri drammi, affidate al redivivo Andris Nelsons.

Si parte quindi domenica 25 luglio alle ore 18 con... Daland (!) L’Olandese, rappresentato a Dresda nel 1843 e successivamente ritoccato (ma Bayreuth resta fedele all’originale, quindi senza intervalli... altrimenti l’ora di inizio sarebbe alle 16) è la quarta opera di Wagner e la più giovane ad essersi visto riconosciuto (non certo dall’Autore, ma dalla terribile Cosima) lo status di dramma rappresentabile nel tempio (per la prima volta nel 1901). Sull’ostracismo nei confronti delle giovanili Feen e Liebesverbot si può magari concordare: meno su quello riservato a Rienzi. Il quale sconta evidentemente il peccato di essere stato concepito come Grand Opera, un genere successivamente sconfessato dalle teorie rivoluzionarie di Wagner (che però nel frattempo aveva prodotto Tannhäuser e Lohengrin, due GrandOpera sotto mentite spoglie... ma ammessi di diritto ai palinsesti del Festspielhaus.) La tenutaria Kathy aveva in passato manifestato la volontà di accogliere anche Rienzi nel Pantheon di casa, ma non se n’è fatto più nulla.

Tornando a bomba, l’Olandese è alla 41esima presenza stagionale e al suo 11° allestimento. Domenica Radio3 ci sarà. L’emittente bavarese, oltre che i suoni, trasmette anche in streaming video (ammesso che non sia ristretto al solo suolo crucco...)

23 luglio, 2020

Da Bayreuth un festival virtuale


Già dallo scorso marzo, a fronte del dilagare del Covid-19, la Direzione del Festival aveva dovuto annunciare al mondo la ferale notizia della cancellazione dell’edizione 2020, rimandata per il momento al 2021 (ma quasi sicuramente senza la nuova produzione del Ring di Inkinen-Schwarz). Il glorioso Festspielhaus resterà quindi mestamente chiuso fino a... nuovo ordine.    

É la prima volta dal dopoguerra - esattamente dal 1951, anno di riapertura del Festival affidato alla guida dei fratelli Wieland (1917) e Wolfgang (1919) nipoti del compositore - che la kermesse wagneriana non si tiene. Come curiosità statistica, dall’inaugurazione del 1876 le annate buche di Bayreuth sono state (compresa quest’ultima) 37 e precisamente:

1877-1881
1885
1887
1890
1893
1895
1898
1900
1903
1905
1907
1910
1913
1915-1923
1926
1929
1932
1935
1945-1950
2020

Naturalmente a Bayreuth si son dati da fare per non apparire... morti ed hanno predisposto una nutritissima serie di appuntamenti culturali, compresa una simbolica inaugurazione del Festival nella data e ora tradizionale (25/7 ore 16) che il padrone di casa musicale Thielemann terrà in villa Wahnfried ed alla quale potranno assistere dal vivo (in giardino) 400 persone, ma che sarà irradiata in diretta dalla Radio bavarese. I proventi saranno destinati ad un fondo di solidarietà con gli artisti del Festival, che quest’anno rimangono senza lavoro.

In collaborazione con la Deutsche Grammophon - e per coprire almeno le spese -  verrà inoltre proposto a pagamento (€ 4,90 a rappresentazione) al vasto pubblico del web un festival virtuale, 16 appuntamenti, 14 dei quali sovrapposti come date ad altrettanti dei 32 mancati causa chiusura. Qui una tabella che mostra la corrispondenza - giorno per giorno - fra il programma originario 2020 (poi saltato) e il festival virtuale:


Interessanti le due produzioni del Ring: la più recente e quella rimasta famosa (anche per le contestazioni) del centenario.  

La Radio Bavarese e 3sat offrono da parte loro un nutrito programma di riproposte di spettacoli e registrazioni storiche del Festival.

Insomma, quest’anno è andata così e non ci restano che questi amarcord...    

02 agosto, 2019

Festival d’estate: ROF compie i 40


Sono tuttora in corso alcuni importanti Festival estivi d’opera: Bayreuth ha aperto con un Tannhäuser (per me più che accettabile) che ha suscitato reazioni contrastanti (ma già la seconda pare essere andata ancor meglio); poi con un Lohengrin e un Tristan dove il padrone di casa Thielemann, a dispetto (o forse proprio a causa) della sua straordinaria padronanza della materia,  ha palesato (alle mie orecchie perlomeno) una fastidiosa recrudescenza della sindrome-da-collina-verde, permettendosi libertà (soprattutto nell’agogica) invero eccessive; e un Meistersinger che giudico (musicalmente) la cosa migliore udita (grazie a Jordan e Volle, soprattutto). Nulla posso dire di Parsifal, negato all’etere da qualche strano diritto... Già si guarda al 2020, che proporrà un nuovo Ring, affidato alle cure di Pietari Inkinen (podio) e Valentin Schwarz (regìa). Si era parlato di un ritorno di Daniele Gatti, già lì nel 2008-11 per un Parsifal per la verità ricordato lassù più per l’innovativa regìa di Herheim che non per il podio del direttore milanese... ma evidentemente qualcosa non ha permesso che ciò si materializzasse. C’è comunque da osservare che il ciclo 20-24 sarà di carattere - per così dire -  interlocutorio, poichè il big-deal si avrà nel 2026 con l’edizione del 150° anniversario, che dovrà necessariamente fare storia (nel bene o nel male, come accadde a quella del 1976). E si accettano scommesse su chi sarà protagonista dell’evento epocale. Personalmente vedo due alternative: una tutta autarchico-autoaffermativa, di cui si approprierebbe la coppia padrona Kathi-Christian. L’altra (more-Wolfgang-1976: Boulez-Chéreau) di gran rottura (non di coglioni, si spera) affidata ad una strana coppia, come potrebbe essere oggi (fra anni si vedrà...) Currentzis-Sellars, freschi trionfatori (non senza contestazioni) con Idomeneo a Salzburg, altro Festival in pieno svolgimento.

Venendo ora a... Pesaro, avendo aperto i battenti nel lontano 1980 (e avendoli riaperti, da allora, ogni santo anno) il Rossini Opera Festival diventa quarantenne. Come tutti i compleanni importanti, anche questo verrà celebrato (il 21 agosto) con un gran Gala onorato dalla presenza di illustri personaggi che hanno fatto grande il ROF, o che (magari più spesso) il ROF ha fatto grandi.

Ecco la tabella sinottica aggiornata che riporta, in ordine decrescente di presenze al Festival, le 39 opere del catalogo rossiniano:

   
Questa edizione del 40° ripropone - come titolo di spicco - la tremenda Semiramide (assente dal 2003 e alla sua quarta presenza al ROF) con la premiata coppia Mariotti-Vick sul podio e sulla seggiola del regista; e la rivelazione pesarese Salome Jicia nei panni della fedifraga sovrana babilonese. Gli altri due titoli sono L’equivovo stravagante (nuova produzione e terza apparizione al ROF) e la ripresa del Demetrio e Polibio (quello di Livermore) che approdò per la prima volta al Festival nel 2010. Semiramide ed Equivoco vedranno impegnati la OSN-RAI e il Coro Ventidio Basso; il Demetrio la Filarmonica Rossini e il Coro M.Agostini.

A parte il piccolo e glorioso Teatro Rossini (che ospiterà il Demetrio) le altre 8 recite e il Gala si terranno (in attesa del ritorno, rimandato di anno in anno, al rinnovando Palafestival) alla ex-Adriatic Arena, ora ribattezzata Vitrifrigo Arena (...ci dobbiamo aspettare di esservi surgelati alla stregua di filetti di merluzzo?)

Radio3 resta fedele ai suoi impegni e diffonderà le tre prime: 11 agosto Semiramide (ore 19); 12 agosto Dem&Pol (ore 20); e 13 agosto Equivoco (ore 20). Come sempre, la triade verrà ripetuta nei giorni successivi per altre tre volte. Il Gala sarà invece irradiato sul maxischermo in Piazza del Popolo (21/8 ore 20:30). Da parte mia, qualche sommaria nota dopo ascolto radio e più avanti testimonianze/cronache da visioni live (...o quasi).

26 luglio, 2019

Tannhäuser a Bayreuth: buona la prima


Ieri si è aperto il 108° Festival di Bayreuth, con una nuova produzione di Tannhäuser, di cui sono responsabili due neo-assunti sulla collina, il diversamente giovane Valery Gergiev e l’autenticamente giovane Tobias Kratzer. Il quale ultimo ha tenuto a precisare che il suo Konzept non si focalizza tanto sul dualismo amore sessuale o platonico, ma piuttosto sulla questione del ruolo dell’artista nella società (“Nella mia produzione vedrete il minimo assoluto di pelle nuda nella storia dell’opera”). Beh, le intenzioni sembravano condivisibili e devo dire che, avendo potuto vedere il risultato, non sul posto, ma tramite lo streaming bavarese (in teoria limitato al territorio crucco ma misteriosamente pervenuto fin qui nel lombardo-veneto) mi sento di giudicare questa regìa (solo apparentemente strampalata) con una certa benevolenza.  

Ma intanto ci si chiedeva: ma quale delle tre (minimo) versioni dell’opera si rappresenta? Quella originale di Dresda 1845; quella (a parte la lingua) di Parigi 1861; o quella di Vienna 1875 (che è poi quella di Dresda con l’Ouverture mozzata e con incorporazione del baccanale da quella di Parigi)? Beh, abbiamo ascoltato Dresda, quindi con un Venusberg un filino... svaccato (inclusa la presenza di Gateau Chocolat e del nano Oskar):


Durante l’Ouverture un filmato (dei tanti che vengono proiettati nella parte superiore della scena, per integrare ciò che si vede sul palco, che altrimenti risulterebbe incomprensibile) ci aveva già mostrato l’uccisione di un poliziotto e poi Tannhäuser e Venus, con Gateau e Oskar in viaggio con una carretta Citroen (da Parigi a Dresda?):



Il protagonista abbigliato da clown potrebbe rappresentare il Wagner (nello zaino ha proprio un suo spartito) che, sfuggito al grande-circo-barnum che non lo ha capito (e anzi non lo capirà proprio con il tristanizzato Tannhäuser, anche nel 1861) spera di trovar pace nell’anarchismo del Venusberg, ma poi sente il potente richiamo delle radici della cultura tedesca, rappresentate dalla gloriosa Wartburg, e colà decide di trasferirsi. Ma ecco che, allontanatisi dal Venusberg, sempre a bordo del furgone Citroen, dove si arriva?


Ad un altro tempio, meta di moderni pellegrinaggi, tempio che - ironia della sorte - proprio Wagner innalzerà alla fine della sua carriera: il Festspielhaus! 


  
L’idea di inserire aspetti della biografia wagneriana nell’allestimento di una sua opera non è nuova, basti ricordare (ma è uno dei tanti esempi) il Parsifal di Herheim del 2008. Ma è un’idea coerente con il Konzept del regista, tutto imperniato come detto sulle problematiche della posizione dell’Artista nel suo tempo. Dunque, il Wagner ancora giovane ritrova un ambiente solo apparentemente accogliente (il nome di Elisabeth lo riempie di emozione) ma che si rivelerà (è forse una sottile critica alla Bayreuth-dei bidelli?) altrettanto gretto e imbalsamato di quello dal quale era fuggito (atto secondo):


Mentre scorrono i preparativi per la tenzone canora, dopo l’incontro di Tannhäuser con Elisabeth (che mostra i postumi di una lunga ferita al braccio destro... mah) vediamo fuori scena i suoi tre compari di avventura che si preparano ad un’azione di commando per liberare l’amico:


E la stessa Venus, dopo aver sequestrato e immobilizzato una delle quattro veline della cerimonia ed indossatone il costume, entra in incognito nella teure Halle:


Nel backstage si preparano gli altri due compari a fare irruzione in sala quando Tannhäuser scandalizzerà l’universo con le sue blasfeme teorie sul Venusberg:


Ed ecco il quartetto degli svitati appropriatisi del centro dell’attenzione:


A questo punto un addetto di scena solleva la cornetta del suo telefono e pigia un tasto: risponde la tenutaria Kathi Wagner in persona, che a sua volta compone un numero ben preciso, il 110 (sarebbe il 113 crucco) e nel filmato si vede un intero parco-auto della Polizei circondare il castello teatro, dove i sovversivi hanno esposto il loro striscione (Frei im Wollen - Frei im Thun - Frei im Geniessen) copyright Richard Wagner:


Ci sarà qui un riferimento al Wagner eroicamente presente sulle barricate di Dresda del ’48, inseguito poi da un mandato di cattura internazionale...?

Condannato - nonostante Elisabeth - all’esilio romano il reprobo Tannhäuser, portato via in manette, Gateau Chocolat esibisce ostentatamente il moderno simbolo della contestazione:


L’atto conclusivo è ambientato ancora in un posto desolato, col Citroen disfatto e Oskar che si ciba di pappa per gatti (che offre anche alla povera Elisabeth! colà in cerca del suo Tannhäuser). Vi arriva anche Wolfram, per consolare la povera ragazza:


E qui, prima della celeberrima Abendstern, ecco il fattaccio: Wolfram chiede ad Elisabeth di accompagnarla a casa; ma lo fa dopo aver subdolamente indossato pastrano colorato e parrucca arancione di Tannhäuser, ritrovati nel lurido furgone. E così lei - sorpresa, caro Wagner, dì la verità che non te l’aspettavi - invece di declinare gentilmente l’invito, ci sta! E si sdraia nel cassone trascinando sopra di sè il poeta, per farci una sveltina! Mah, qui francamente il regista mi pare abbia... deragliato, ecco (chissà se è questo che ha fatto scattare un unico ma forte buh al calar del sipario... o era per Gergiev?)

Tannhäuser finalmente ritorna, un filino malconcio, come da copione, ma sempre con lo spartito (cresciuto molto di spessore!) nello zaino; va in cerca del Venusberg e infatti ecco ricomparire anche Venus, ormai trasformata in terrorista della Baader-Meinhof. Wolfram cerca di convincere Tannhäuser a rinunciare a lei, che si prepara a scalare un traliccio evidentemente per fare un attentato:


Come nel primo atto, è il nome di Elisabeth che risveglia Tannhäuser di soprassalto, e il corpo della ragazza (rimasto nel furgone) viene trascinato fuori per farle il... funerale!


Tannhäuser viene redento e il filmato ce lo mostra mentre se ne va, sul Citroen rimesso a nuovo, con la sua Elisabeth! Sembrano proprio due squattrinati giramondo, tipo figli-dei-fiori di sessantottina memoria, appena un po‘ imborghesiti.


Che dire? Come minimo che questa concezione dell’opera ha una sua qual plausibilità, insomma un passo avanti rispetto alla ridicolaggine del precedente allestimento di Baumgarten (quello dell’impianto che trasformava il burro in merda...) Anche il pubblico (solitamente schizzinoso con le regìe genialoidi) pare aver tutto sommato gradito: a parte lo stentoreo ma isolato buh finale (da condividere con Gergiev?) il team di regìa ha solo (si fa per dire) collezionato qualche fischio in mezzo a molti applausi.
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Come giudicare il burbero orso russo? Per me, una prestazione, quella di Valery Gergiev, di grande spessore, almeno per gli aspetti che si possono valutare all’ascolto tecnologico: uno su tutti, quello dell’agogica, che in Wagner è fondamentale. Poi l’Orchestra e il superlativo Coro hanno fatto il resto. Per lui comunque un esordio non trionfale, forse condizionato dalla fama di amico-di-Putin del direttore.

La voce che più mi ha impressionato è stata quella di Elisabeth, dell’esordiente a Bayreuth Lise Davidsen, corposa, intonata, senza sbavature, ricca di accenti appropriati al personaggio. Un filino sotto la Venus di Elena Zhidkova, non sempre precisa nell’intonazione, ma che ha l’attenuante dell’arrivo all’ultimo momento dopo l’incidente capitato alla Gubanova (che dovrebbe rientrare già dalla prossima recita).

Bene, non benissimo, Stephen Gould, che comunque ha retto stoicamente fino in fondo, senza morire nell’ultimo, massacrante Inbrunst im Herzen, confermandosi Heldentenor di prima grandezza. Altrettanto dicasi del Wolfram di Markus Eiche, che per la verità mi è parso più sicuro nei passaggi del primo e secondo atto, che non nella Abendstern (forse era... provato dalla, ehm, scopatina con Elisabeth inventata di sana pianta dal regista!)

Rimarchevole anche la prestazione di Stephen Milling, autorevole Langravio, oltretutto dalla possente presenza scenica. Onorevoli gli altri quattro cantori e il pastorello en-travesti della Konradi. A tutti il pubblico ha riservato applausi e ovazioni.