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31 agosto, 2020

La Nona castellata chiude la BeethovenSummer de laVerdi

Il maltempo che ha flagellato Milano per due giorni si è ritirato ieri pomeriggio (ma solo per qualche ora, tornando a farsi vivo in tarda serata) per doveroso rispetto verso la chiusura della BeethovenSummer, con la Nona suonata e cantata all’aperto nel primo piazzale del Castello Sforzesco, dove si è tenuta e si conclude oggi l’estate sforzesca 2020.

Certo, quello era l’unico modo per eseguirla di questi tempi, dato che l’impiego del palco dell’Auditorium avrebbe comportato una smaccata quanto negazionista deroga alle più elementari regole di comportamento dettate dalla lotta allo sbifido Covid-19... e così Giove pluvio si è per una volta ammorbidito, evitando di trasformare qualche centinaio di irriducibili seguaci de laVerdi in altrettanti... Fantozzi.

Ciò premesso, non sarà certo il caso di fare analisi profonde su un’esecuzione condizionata da pesanti fattori ambientali (ce la immaginiamo una Nona eseguita, ai tempi di Beethoven, sull’erba del Prater di Vienna?) ma invece si devono fare i complimenti a tutta la squadra per averci regalato un’ora di sano piacere in piena sicurezza, proprio mentre contiamo a migliaia i casi di contagi fra chi ha creduto di... fare-il-furbo.

Il prossimo 20 settembre si torna in un tempio, con il concerto alla Scala.

06 agosto, 2020

BeethovenSummer: pastorale e ur-Fidelio

Nell’intervallo fra un mare e un lago ho trovato modo di tornare nello smagrito Auditorium di Largo Mahler per ascoltare il sesto dei nove concerti della kermesse che laVerdi ha messo in programma per l’estate post-lockdown.

Sempre Flor sul podio per proporci la più celebre delle pastorali, preceduta però dall’Ouverture che accompagnò la prima esecuzione (1805) dell’opera che diventerà poi famosa (dal 1814) col titolo di Fidelio: la Leonore II. Che in qualche modo fa da battistrada per la più celebre Leonore III (1806); la quale poi - a sua volta rimpiazzata nell'opera dalla definitiva Fidelio - resterà però nel repertorio di tutte le Orchestre come pezzo da concerto (oltre ad essere spesso eseguita durante il cambio-scena del second’atto).

Questa Leonore II, per noi che conosciamo a memoria la successiva, appare come un frutto ancora un po’ acerbo, che però ci permette di apprezzare - con l’immaginazione - ciò che sappiamo arriverà di lì a poco. Un esempio fra tanti: i due interventi della trombetta del tirapiedi di Pizarro annuncianti l’arrivo del Ministro (pur perfettamente eseguiti da dietro le quinte da Antonio Signorile) hanno ben poca drammaticità rispetto a quelli che Beethoven comporrà in seguito per l’opera e incorporerà nella Leonore III.    

 Ma è comunque un bene eseguire questa Ouverture in un Festival...

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Dopo questo insolito antipasto, accolto con calore dallo sparso pubblico dell’Auditorium, ecco la Sesta.

Confesso che fatico ancora ad abituarmi a queste esecuzioni smagrite, causa Covid. Adesso faccio un battuta davvero di basso livello: è un po’ come se, dopo anni e anni di immagini di una Valeria Marini nella sua sfrontata opulenza, la vedessi oggi in versione... anoressica: certo è sempre lei, ma non è facile far finta di nulla, ecco.

Oltre a smagrirla di volume, Flor, contrariamente alle sue abitudini (e forse per rientrare nel limite dei 60 minuti complessivi di durata del concerto, imposti dalle regole di ingaggio col Covid) ignora anche tutti i da-capo della Sinfonia... (Ma forse lo fa anche per risparmiarci troppe visioni della Valeria anoressica, hahaha!)

No, scherzi a parte, esecuzioni come questa ci permettono invece di afferrare tanti particolari che spesso si perdono nel magma sonoro prodotto dai grandi complessi. E per questo è stata salutata da convinti applausi, in particolare per i fiati - strumentini in testa - che vi hanno un ruolo assai impegnativo.  

22 luglio, 2020

BeethovenSummer tutta eroica


Il programma di questa settimana lascia un turno di riposo alla tastiera per dedicarsi al Beethoven eroico. Programma davvero impegnativo, se si pensa alla ristrettezza di organico strumentale imposta dalle regole di distanziamento sociale. Il che mette un po’ in crisi la nostra attitudine all’ascolto di queste opere, i cui suoni ormai da più di un secolo vengono portati alle nostre orecchie da orchestre di dimensioni normalmente doppie di ciò che oggi passa il convento.

Flor schiera la sua pattuglia ancora con i violini secondi al proscenio e i corni (come prescritto, 4 per l’ouverture ma solo 3 per la sinfonia) in alto a destra, proprio sopra i timpani.  

L’antipasto è costituito appunto dall’Ouverture dell’Egmont, che Flor aveva diretto qui poco più di due anni orsono: allora gli avevo giusto rimproverato un eccesso di volume e di magmatismo di suono e devo dire che - grazie al Covid - l’esecuzione di stasera mi è parsa più pulita e trasparente.  
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Ed eccoci al piatto forte della serata, l’OP.55, autentica pietra miliare non solo del sinfonismo, ma della musica tutta. Mi permetto di segnalare, nell’iniziale Allegro con brio, il mirabile passaggio in pianissimo che porta dallo sviluppo alla ripresa, quando entra a sorpresa il secondo corno; nella Marcia funebre il passaggio in Maggiore di flauto e oboe; nello Scherzo la performance del Trio degli ottoni e nel Finale l’esitante ripresa del tema (Poco Andante) nell’oboe.

Alla fine pubblico entusiasta e Flor che risponde con applausi a quelli provenienti dalla sala, dove si è notata la significativa presenza di Filippo Del Corno, assessore alla cultura del Comune di Milano, un’attestazione di vicinanza delle pubbliche Istituzioni cittadine a chi opera, nonostante tutte le avversità, per tenere aperte le porte della cultura.

16 luglio, 2020

Lupo con Flor alla BeethovenSummer


Dopo due concerti animati da direttori-solisti, si torna alla normalità: Claus Peter Flor sul podio de laVerdi e Benedetto Lupo alla tastiera. Compagine come sempre fra i 30 e i 40 strumentisti. Flor mette tutti i violini al proscenio (cosa frequente) ma (cosa singolare) inverte le sedie di prime parti (Dellingshausen e Viganò) e concertino (Giust e Rosato).

É la Prima Sinfonia ad aprire il programma: Berlioz non ne aveva grande stima, ma bisogna ricordare che Mozart e Haydn avevano alzato assai l’asticella per chiunque provasse ad avventurarsi in quel genere di composizione. Ma partendo da qui, Beethoven porterà quell’asticella ad altezze vertiginose, ponendo un termine di paragone con il quale si dovranno confrontare tutti per almeno un secolo!

Così, grazie all’orchestrina, noi possiamo apprezzare questo lavoro con il quale timidamente e rispettosamente il genio di Bonn si affaccia all’orizzonte del nuovo secolo.
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Ecco infine il Lupo redivivo cimentarsi con quello che si può definire il primo vero concerto ottocentesco di Beethoven: il Terzo. Temi eroici e languidi si alternano nel due movimenti esterni, mentre il centrale e cantabile Largo si stacca per la tonalità remota (MI naturale) rispetto al DO di impianto del concerto, per poi degradare di un semitono per l’attacco del Rondò; uno schema che tornerà quasi identico nell’Imperatore: SI-SIb).

Lupo si conferma interprete di grande sensibilità: a Valentina Trovato, che lo ha intervistato per il programma di sala, si dice ammirato dalla rivoluzionaria cadenza del primo movimento, che lui davvero ci porge in tutta la sua potenza espressiva.

Applausi animati da calore inversamente proporzionale al... numero delle mani, e così Lupo ringrazia ricordando il ventennale del suo esordio in Auditorium (col Quarto beethoveniano diretto da Peter Maag) e dicendosi felice di dare il suo primo concerto post-lockdown con laVerdi. Infine si congeda con il primo degli otto Fantasiestücke op.12 (Des Abends, in REb maggiore) di Robert Schumann (che pare a prima vista... Chopin).

09 luglio, 2020

Lonquich alla BeethovenSummer


Dopo Romanovsky ecco un altro Alexander, Lonquich, proseguire la rassegna beethoveniana de laVerdi presentando due opere e cimentandosi (come già l’ukraino una settimana fa) come direttore e solista. Proprio come aveva fatto 18 mesi orsono in occasione della sua precedente apparizione in Auditorium (Schumann e Schubert allora).

Sul palco, ben distanziati, 38 elementi dell’organico, solo 5 dei quali avevano suonato mercoledi scorso: in pratica, laVerdi può vantare due orchestre di calibro settecentesco...

Confesso di faticare assai ad abituarmi a questo forzato regime di semi-lockdown: gli ampi spazi vuoti determinati dalle inflessibili regole di distanziamento finiscono quasi per snaturare l’essenza stessa della fruizione di queste opere d’arte. Le quali si rivolgono sì all’individuo (che oggi, grazie alla tecnologia, ne può fruire privatamente a suo totale piacimento) ma come parte di una comunità, il che suppone vicinanza, contatto, comunione di sensazioni... Evabbè, speriamo che il vaccino-toccasana arrivi presto!

Lonquich ci presenta la Seconda del genio di Bonn quasi in punta di piedi: una visione piuttosto settecentesca, che non fa emergere del tutto i prodromi dell’Eroica, che si nascondono qua e là in questa partitura per nulla facile (il pubblico che la udì per la prima volta rimase colpito dalle sue arditezze). In effetti può darsi che il nostro giudizio su questa sinfonia possa essere influenzato dal fatto che la udiamo sempre suonata da compagini di 70-80 elementi come minimo e che quindi, ascoltandola oggi da un ensemble ridotto ci appaia come una sinfonietta dello Haydn di Esterhaza...

In ogni caso i fedelissimi dell’Auditorium non hanno fatto mancare convinti applausi.

Non è previsto in questi concerti un intervallo in piena regola (bar chiuso e toilette solo su... prenotazione) per cui si ha giusto il tempo di portare il pianoforte al proscenio: a differenza di Romanovsky e similmente a quanto fatto l’anno scorso, Lonquich fa sistemare lo strumento nella posizione canonica, tenendosi vicino la spalla Dellingshausen. Il quale (a testimonianza della certosina osservanza delle regole anti-virus) avvicinandosi alla tastiera per suonarvi il LA, prima di ordinare al primo oboe (Emiliano Greci) di fare lo stesso, si munisce di mascherina d’ordinanza e pure calza la mano destra con un guanto di cotone!

Il Quarto concerto è da molti considerato il più difficile dei cinque. Lonquich approfitta del suo doppio ruolo di solista e Direttore per superare senza patemi quel minuto o giù di lì che trascorre fra le prime 5 battute, a carico del solo solista che poi si tace, e la battuta 74, dove il solista torna in campo: lui può impiegare il tempo (anzichè a domandarsi se abbia attaccato bene o no) alzandosi dallo sgabello e dirigendo l’orchestra!

Ne esce un’interpretazione di alto livello: anche qui, pur essendo nel 1806, si sente ancora l’eredità mozartiana, sulla quale si innestano innovazioni straordinarie (vedi la conclusione del centrale Andante con moto, roba espressionista nientemeno). Lonquich resta sempre in punta di piedi, tiene l’orchestra a briglie strette e impiega sapientemente il rubato: ne esce un risultato allineato, direi, alle circostanze.

Primo bis con Brahms (Intermezzo Op.118 n°2 in LA) e, dopo applausi ritmati, un secondo con Mozart (Minuetto K355 in RE).

02 luglio, 2020

Romanovsky apre la BeethovenSummer


Alexander Romanovsky ha dato il via ieri sera a questa stagione estiva del tutto particolare per laVerdi. Auditorium di Largo Mahler sottoposto a smagrimento per ottemperare alle normative anti-Covid19: file di platea addirittura rimosse e rispettoso distanziamento fra gli spettatori; un ambiente davvero insolito, che di primo acchito ti dà l’impressione piuttosto sgradevole di un luogo semideserto...

Ma ecco che, banditi i discorsi di circostanza (che la Presidente Redaelli e il DG Jais hanno affidato alle pagine del programma di sala) la serata ha vissuto subito il suo momento più emozionante, all’ingresso sul palco dei 36 ragazzi dell’Orchestra: quando, dai rari-nantes sparsi qua e là è partito un applauso interminabile, direi proprio accorato, come a testimoniare un senso di liberazione, dopo l’altrettanto interminabile (4 mesi!) attesa di potersi nuovamente incontrare, attesa che ormai sembrava doversi prolungare all’infinito.

La prima giornata della serie - si replica questa sera a Milano e poi domani a Lecco - poggia interamente sul monumentale Quinto Concerto. Che oggi ascoltiamo come probabilmente lo ascoltavano i viennesi più di due secoli fa, quanto meno dal punto di vista dell’organico strumentale, ridotto a dimensioni... settecentesche.

Suonando con le spalle rivolte al pubblico (pianoforte disposto ortogonalmente rispetto al proscenio) l’ormai italiano Romanovski (36 anni fra poche settimane, ben più della metà trascorsi qui da noi...) ha sciorinato la sua grande tecnica, ma ha anche dato a questo Beethoven eroico una vena quasi... russa. E non per nulla, dopo aver ringraziato laVerdi ricordando che la cultura, e la musica, non sono un privilegio, ma un bisogno per ciascuno di noi, ha onorato l’Orchestra dirigendola nel Vocalise di Rachmaninov. Infine si è congedato con il suo amato Scriabin.


23 giugno, 2020

laVerdi riparte a luglio e agosto con Beethoven


Questa sera la Presidente(ssa) Ambra Redaelli e il DG Ruben Jais hanno annunciato la ripresa ufficiale delle attività dell’Orchestra.

Dal 1° luglio al 30 agosto (intervallo di vacanza 8-16/8) l’Auditorium di Largo Mahler riaprirà i battenti (con capienza ridotta) per ospitare una stagione estiva dedicata a Beethoven (250 anni dalla nascita): verranno eseguite (il mercoledi, replica giovedi) le 9 sinfonie e i 5 concerti pianistici. Ogni venerdi (in sei occasioni) il programma verrà replicato anche a Lecco, in piazza. Gran finale poi il 30 agosto al Castello Sforzesco con la Nona.  

Per garantire l’opportuno distanziamento la platea dell’Auditorium è stata alleggerita di tutte le file dispari (e i posti restanti divisi quasi per tre) mentre la balconata sarà occupabile solo in piccola parte. Si andrà da una disponibilità minima di 211 a una massima di 371 posti (a seconda della presenza di spettatori singoli o di congiunti...)

L’Orchestra avrà una formazione di 30, max 35 elementi, con presenze a rotazione fra tutti i professori dell’organico. Solisti al pianoforte: Romanovsky, Lonquich, Lupo, Colli e Buratto. Flor sul podio per le sinfonie.

Beh, è già quasi un miracolo: un cantiere che servirà a definire la stagione 20-21, che aprirà - sperabilmente e Covid permettendo - non prima di inizio dicembre.