Un ardito
accostamento viene proposto dal 7°concerto dell’Orchestra Sinfonica di Milano:
Shostakovich e Beethoven!
Ne è
protagonista Luigi Piovano, da una vita primo violoncello a SantaCecilia,
che affianca esibizioni solistiche alla direzione d’orchestra. E in questo doppio
ruolo si presenta qui in Auditorium.
Dapprima per
interpretare il primo Concerto per
violoncello di Dmitri Shostakovich. Concerto di alta
difficoltà, come logico, essendo stato composto espressamente per - e dedicato
a - quel mostro che rispondeva al nome di Mstislav Rostropovich. Due
giorni dopo la prima leningradese (domenica 4 ottobre, 1959) con Mravinski
sul podio, autore e interprete si spostarono a Mosca per realizzare (con la
locale Filarmonica diretta da Gauk) la prima
registrazione dell’opera, cui si fa riferimento
nelle note successive.
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Come sempre, Shostakovich
resta formalmente fedele ai modelli classici e al diatonismo, ma li riempie di
contenuti innovativi e spesso dissacranti. Basti considerare proprio l’attacco
dell’iniziale Allegretto, in forma-sonata, dove troviamo tre
bemolli indicati in chiave:

Sarà MIb maggiore o DO
minore? Ah, saperlo, anche perché la prima battuta, occupata dal solo
violoncello, contiene le prime tre note (SOL-FAb-DOb) del motto che
informerà tutto il movimento e tornerà anche nel terzo e infine a chiudere il
concerto: tre note che enarmonicamente lette altro non sono se non la triade
perfetta di MI minore (SOL-MI-SI) assai lontana dalle tonalità prospettate in
chiave. Ma poi, alla seconda battuta, il motto chiude scendendo di una seconda
minore, al Sib, cui si aggiungono il MIb e il SOL dei legni, il che finalmente
ci porta alla triade maggiore di MIb, tonalità classicamente evocante natura,
religione o eroismo. Ma c’è chi
invece ci vede l’individuo intellettualmente libero che cerca (triade di MI
minore) di elevarsi al di sopra delle convenzioni, o delle ideologie, o dei
regimi, rappresentati dal MIb maggiore! Insomma: Shostakovich vs Stalin?
E del resto qui c’è un MIb maggiore quasi irriconoscibile (vi manca per caso l’armonia?)
che non è certo quello dell’Eroica…
Dopo una breve transizione (1’27”)
Il secondo tema (1’33”) è canonicamente in DO minore, con melodia
più spiegata e distesa:

Melodia reiterata dal
solista (2’15”) e poi (2’24”) dal clarinetto, che
ci porta allo sviluppo (2’37”) che è prevalentemente
occupato dal primo tema in cui spicca in particolare il corno. Poi la ripresa
(4’35”) è assai variata (e accorciata) rispetto all’esposizione
(il secondo tema, nel corno - 4’56” - resta però in DO minore).
Segue (5’39”) la coda, monopolizzata dal primo tema, ma
chiusa repentinamente (6’17”) dall’incipit del secondo nel
violoncello, in MIb maggiore!
Il centrale Andante
(LA minore, e relativa FA# minore) è in una forma - volutamente? –
ambigua: c’è infatti chi lo riconduce ad uno spurio (in quanto tronco) rondò
(A-B-A-C-A-B) e chi lo classifica come un macroscopico ternario X-Y-X
(AB-AC-AB). In altri termini: uno sbeffeggio tutto shostakovich-iano alle
classiche forme.
Il ritornello A viene
esposto (6’25”) dagli archi e completato (6’49”)
dall’intervento del corno:

Ecco ora il primo episodio
B:

esposto (7’03”)
dal solista, che poi (7’36”) lo reitera, imitato (8’19”)
dal clarinetto, che ne lascia al violoncello il completamento.
Ricompare negli archi (9’33”)
il ritornello A in FA# minore, ma qui senza l’appendice del corno.
Ora (10’22”)
siamo al secondo episodio C, davvero esteso e complesso, di cui notiamo almeno
due motivi:

Il motivo a è ripreso
a 11’26”, il b a 11’58”. Poi si procede ad
un progressivo intensificarsi dell’atmosfera sonora, fino a raggiungere un climax
che sfocia nella reiterazione (13’48”) del ritornello A, sempre
in FA# minore nella sua prima parte, poi tornando a LA minore (13’58”)
con il corno che lo completa. L’ultima apparizione dell’episodio B (14’18”)
è avvolta in un’atmosfera irreale, creata dagli armonici del violoncello e
dall’ingresso della celesta.
Spentosi così l’Andante,
attacca subito (16’35”) la Cadenza, invero ipertrofica e
massacrante, basata prevalentemente su motivi del precedente Andante, ma
con reminiscenze del motto. E appunto, senza soluzione di continuità si
attacca al finale Allegro con motto moto.
La forma è uno spurio rondo
(A-B-A-C) oppure un mozzicone di forma-sonata, dove in realtà C la fa da
padrone, sfociando in un enfatico ritorno del motto. L’inizio (21’50”)
non è che la conclusione della precedente Cadenza, poi ecco (21’56”)
il brillante tema A, esposto da oboi e clarinetti:

In seguito (22’19”)
lo riprende il violoncello, che prepara l’arrivo (22’34”)
dell’episodio B, dentro il quale Shostakovich nasconde abilmente (22’52”)
una citazione impertinente della canzone popolare (si dice piacesse a Stalin!) Suliko:

Torna quindi (23’07”)
il tema A, un’ottava sopra, sempre in oboi e clarinetti cui si aggiunge il
flauto.
Ecco ora (23’23”)
la parte più corposa del movimento, con l’episodio C, che inizia con un brusco
cambiamento di ritmo, da binario a ternario:

Il tema è ripreso poco dopo
(23’33”) dal solista che attacca un crescendo che porta (24’01”)
alla progressiva, vaga ricomparsa del motto, che poi appare davvero
protervo (24’47”); motto che poi (24’58”) si
allarga ulteriormente (corno) e poi (25’09”) è ripreso dal
solista che innesca una progressione che si fa forsennata, finchè si arriva (25’04”)
alla coda, dove ancora il motto si scatena e vi ri-occhieggia Suliko. All’ultimo, su un SOL tenuto
saldamente dal solista (in tripla corda, su tre ottave!) ottavino e flauto ripetono
il motto per l’ultima volta; poi restano solo due secche crome (di tutti,
ottavino escluso) fatte di MIb-SOL, su sette martellate del timpano.
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Tale è il rilievo riservato
(data la grandezza del dedicatario e primo interprete) al solista che
l’orchestra quasi non esiste, riducendosi ad interventi (a loro volta
solistici) di pochi strumenti (corno, strumentini, timpano, celesta). E ciò
rende certo più agevole il compito a chi, come Piovano, opera con due cappelli
in testa (anzi con un archetto e una virtuale bacchetta).
Successo strepitoso per lui,
accolto da applausi ritmati dal pubblico… selezionato dell’Auditorium. E allora
lui, facendosi accompagnare dall’orchestra, ci regala un vorticoso bis
(qui con il suo Direttore
ceciliano).
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Ecco infine la Settima
beethoveniana. Piovano l’ha mandata a memoria e la dirige con piglio
enfatico: gesto ampio, ammiccamenti alle diverse sezioni, insomma una direzione
plateale che – oltre l’udito - accontenta anche… la vista. L’Orchestra si
lascia coinvolgere e suona come un sol uomo, suscitando, dopo il travolgente e
ubriacante Allegro con brio, l’entusiasmo generale.