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quattro chiacchiere al petrus-bar
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29 giugno, 2016

laVERDI 2016 – Concerto n°24


Torna dopo un paio di turni l‘italiana di adozione Angela Hewitt per proporci un monumento del pianismo ottocentesco, il Primo Concerto di Brahms. Sul podio un Direttore – il nordico Hannu Lintu - che fa spesso coppia con lei (e domani tutti, Orchestra compresa, si trasferiranno in Umbria dove saranno protagonisti del Festival del Trasimeno, presentando questo stesso programma). 

Programma che presenta due opere di altrettanti (c’è mancato poco!) mariti di tale Clara Wieck. Entrambe in RE minore ed entrambe caratterizzate da una gestazione assai più laboriosa di quella dell’elefante, che ha il record (con quasi 2 anni) fra i mammiferi.

Brahms cominciò la sua nel 1852 con un una Sonata per due (!) pianoforti, che poi si accorse essere troppo poco... rumorosa, così pensò di trasformarla in Sinfonia, che però gli parve ancor più velleitaria, e così più di 7 anni dopo potè a fatica presentare il suo Concerto ad Hannover, poi a Lipsia dove ricevette una sonora disapprovazione. Erano tempi in cui spopolava un tale Liszt, il cui primo concerto, del 1855, sta proprio agli antipodi di quello di Brahms. A cominciare dalla concisione, 25 minuti al massimo, mentre Brahms supera abbondantemente il doppio, neanche fosse una sinfonia di Mahler (e infatti il concerto doveva essere appunto una sinfonia...) Poi l’ungherese dà spazio al virtuosismo più strepitoso (sic) laddove il burbero amburghese ci rifila una mappazza tutta cerebrale, ecco.

Non so se sia un fatto di bioritmi (che salgono e scendono) ma la prestazione della Hewitt non mi ha per nulla entusiasmato: per lei i mostruosi passaggi in doppia ottava del primo movimento devono essere stati un calvario, tanto che il miglior solista lì è risultato essere... il corno di Ceccarelli! Appena meglio l’Adagio, ma poi anche il Rondo non mi è parso proprio impeccabile.

Alla fine lei si è pure presa parecchi brava! e non sarò certo io a toglierglieli. Domanda: come mai non ha concessso un bis?
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Accanto a Brahms nessuno poteva star meglio di... Schumann, del quale si è eseguita la Quarta Sinfonia. L'allampanato Lintu – gesto ampio e sobrio - ci dà dentro con le dinamiche (decibel a volontà) e non ci risparmia nemmeno un da-capo, così ottenendo dai ragazzi un’esecuzione di quelle che impediscono agli spettatori di appisolarsi, ed è già un bel merito. Alla fine tutti si godono ovazioni e applausi ritmati, da parte di una sala per la verità piuttosto spopolata.

10 giugno, 2016

LaVERDI 2016 – Concerto n°21


Nell’intervallo prima delle ultime 4 rappresentazioni della Traviata-Valentino romana Jader Bignamini ha trovato il tempo per un paio di capatine sul podio dell’Auditorium. La prima lo vede dirigervi un concerto tutto russo, aperto da Romeo&Giulietta, ultima versione del 1880, che torna spesso qui in Auditorium (l’abbiamo ascoltata da Grazioli, Ceccato e due volte da Xian negli ultimi 5 anni). Bignamini ne dà una lettura vibrante, dal misterioso corale di Lorenzo, alla scatenata gazzarra fra le fazioni, al sognante e strappalacrime tema dell’amore fra i due giovinetti, scaldando da subito l’entusiasmo del (pur non oceanico) pubblico.  
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Ecco poi Shostakovich con il suo strambo Concerto per pianoforte e orchestra d’archi e interventi della tromba. Lo interpreta Angela Hewitt (che va verso i 60, ma non li dimostra proprio!) supportata al meglio dall’impertinente trombetta di Alex Caruana, il quale è alla terza esecuzione di quest’opera con laVERDI, dopo quelle del 2011 e di meno di un anno fa.  

La Hewitt ci dà per ora un antipasto di quella che sarà la portata principale del suo soggiorno milanese: il monumentale Primo di Brahms che lei affronterà in Auditorium il 28 p.v. Nell’attesa, dopo aver ricevuto con Caruana i meritati applausi, ci propina anche il suo Ravel. Arrivederci quindi a fra qualche settimana, dopodichè lei se ne andrà, trascinandosi via l’intera orchestra, in Umbria per accudire una sua creatura che compie 10 anni
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Chiusura con un pezzo davvero forte, la Patetica per eccellenza. Bignamini ce ne ha mostrato tutte le meraviglie e i ragazzi lo hanno assecondato alla grande. Personalmente ho avvertito solo un eccesso di foga nella rincorsa finale dell’Allegro molto vivace, dove il fracasso ha finito per coprire i dettagli (ma ha provocato uno spontaneo applauso anticipato, dopo il perentorio ta-ta-ta/tà della chiusa). Da incorniciare le ultime 8 battute del finale di celli e bassi, che esalano in pppp, fino proprio a morire, la triade di SI minore.

Dopo questo trionfo e come prologo al suo prossimo esordio al ROF, Bignamini si cimenterà fra pochi giorni in una specie di kermesse rossiniana.