trump-zelensky

quattro chiacchiere al petrus-bar
Visualizzazione post con etichetta blacher. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta blacher. Mostra tutti i post

10 febbraio, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano – Stagione 23-24.11

Il Direttore-violinista Kolja Blacher torna in Auditorium (poco affollato ier sera, forse a causa della fastidiosa pioggia che - finalmente, peraltro! - ha cominciato a cadere su Milano) a poca distanza dalla sua precedente comparsa, ma questa volta senza… violino: il solista della serata è infatti Edgar Moreau, trentenne (fra poche settimane) parigino, cresciuto in una famiglia di musicisti, fra pianoforte e violoncello, strumento quest’ultimo che poi ha deciso di privilegiare per la sua attività artistica.

Ci ha presentato il Secondo Concerto di Haydn. La cui paternità fu messa in dubbio per molto tempo nell’800, finchè non si ritrovò il manoscritto originale che ridiede ad Haydn ciò che gli spettava.

Concerto, questo in RE maggiore, del 1783 (posteriore di 18 anni rispetto al Primo, in DO maggiore e ancora legato alla struttura barocca) ricco di interessanti innovazioni che possiamo seguire (vedi Appendice) in una registrazione del grande Giovanni Sollima al Concertgebouw con Antonini.

Con Blacher che schiera un’orchestra opportunamente ridotta all’osso, Moreau ce lo porge con mirabile tecnica e sfoggio di virtuosismi, compresa la lunga e difficile cadenza del primo movimento (…poi però ci nega quella del terzo, evabbè).

Infine, per ringraziarci della calda accoglienza, ci regala un prezioso bis bachiano, la Sarabande dalla Terza Suite, ma anch’essa in forma… liofilizzata, per omissione dei due da-capo.
___
Chiusura di serata con un titolo di quelli che anche il pubblico, oltre ai Musikanten, è in grado di fischiettare sotto la doccia: la Quinta di Ciajkovski, dei cui suoni sono ormai impregnate anche le poltrone dell’Auditorium!

È quella di mezzo, delle tre sinfonie del destino, come si potrebbero chiamare la 4, 5 e 6. Ciajkovski stesso pare che non ne fosse contento e l’avesse definita addirittura insincera… E forse aveva ragione, ma allora che dire della Quarta? (Il cui programma, comunicato per lettera alla sua mecenate vonMeck, sa molto di affettazione e, appunto, se ne può mettere in discussione la sincerità.) Insomma, la vera sinfonia del destino è forse solo l’ultima, perché composta proprio in vista della fine che Ciajkovski sentiva approssimarsi giorno dopo giorno. E contro la quale a nulla sarebbero valse le disperate perorazioni che chiudono, in uno sforzatissimo, martellante (e insincero?) maggiore, le due sinfonie precedenti.

Ascoltate e guardate come il venerabile Vladimir Delman (un assoluto specialista di Ciajkovski) descrive l’ultimo movimento della Quinta e in particolare poi la tremenda coda finale (!?) Viene alla mente un giudizio attribuito (in privato…) a Shostakovich a proposito dell’esageratamente trionfalistica conclusione della sua Quinta (la giusta risposta… etc): Il giubilo è forzato, è frutto di costrizione: è come se qualcuno ti picchiasse con un bastone e intanto ti ripetesse: "II tuo dovere è di giubilare, il tuo dovere è di giubilare" e tu ti rialzi con le ossa rotte, tremando, e riprendi a marciare, bofonchiando: "II nostro dovere è di giubilare".  

Tuttavia i nostri gusti un filino imbarbariti (di contro, pensiamo che a Boston, dopo la prima esecuzione USA della Quinta, un critico la stroncò parlando di orde di Cosacchi!) ci fanno esaltare questa sinfonia, come la Quarta, anche per i due retorici finali; e ascoltando la Patetica spesso c’è qualche sprovveduto che applaude alla fine dell’Allegro molto vivace, immaginando che sia finita lì, in gloria… 

Blacher l’ha diretta con il low-profile che lo contraddistingue, il che non è detto sia un limite, e insomma ne è sortita un’esecuzione più che dignitosa (sorvoliamo su alcune piccole défaillances qua e là…)

Così per Direttore ed esecutori non sono mancati applausi anche ritmati.  
___
Appendice. Note sul Concerto di Haydn

È aperto (50”) da un Allegro moderato, in forma sonata.

L’iniziale esposizione, di 28 battute, è condotta dai soli archi, che presentano i due temi principali, assai poco contrastanti per la verità: dapprima il Tema-A in RE, poi ripetuto (1’15”) con l’intervento – per terze - dei fiati, che in questo concerto sono limitati ai soli oboi e corni (Antonini ha aggiunto di suo un fagotto con compiti di puro riempitivo). Dopo un breve ponte (1’28”) ecco arrivare (1’38”) il Tema-B nella dominante LA maggiore, che torna rapidamente al RE di impianto, dove riascoltiamo (2’00”) il breve ponte e poi (2’27”) un’ulteriore reiterazione dell’incipit del Tema-A.

Ecco quindi arrivato il momento del solista (2’38”) per la ri-esposizione del Tema-A con qualche abbellimento, tema ripreso (3’02”) dall’orchestra e poi sviluppato a lungo dal violoncello con brillanti virtuosismi. L’orchestra (3’47”) si assesta sul LA maggiore per l’intervento del solista (3’58”) che ri-espone il Tema-B.

Inizia ora (4’37”) uno sviluppo di notevoli proporzioni e di articolazione assai complessa e innovativa. È il solista che lo introduce, sempre in LA maggiore, con una specie di cadenza che sfocia (5’23”) nell’esposizione di un nuovo Motivo-C. Altra sorpresa (5’47”) con il Tema-A portato arditamente in LA maggiore dall’orchestra, che poi ripete (6’17”) il Motivo-C. Il Tema-A viene ancora reiterato (6’44”) dal solista, sempre in LA maggiore.

Ora ecco un improvviso abbrunamento dell’atmosfera, che vira (7’07”) al MI minore. Il solista (7’34”) inizia un lungo passaggio, sommessamente supportato dall’orchestra, dapprima transitando fugacemente dal DO maggiore per poi scendere al SI minore, relativa del RE maggiore con il quale intercala i suoi virtuosismi.

Finalmente (9’07”) il SI minore lascia il posto al RE maggiore sul quale l’orchestra introduce (9’37”) la ripresa, aperta con il solista che espone il Tema-A, subito reiterato (10’01”) dall’orchestra.

Torna poi (10’42”) il solista con il Tema-B, ora trasferitosi - come da sacri canoni - al RE maggiore di impianto. Solista e orchestra dialogano a lungo, poi insieme preparano (11’52”) il terreno per l’immancabile cadenza solistica (12’50”) assai ricca di virtuosismi. Chiude il movimento (14’14”) una coda basata sul Tema-A.

Il movimento centrale è un breve Adagio, in LA maggiore, monotematico.

L’attacco del tema (15’16”, classiche 8 battute in 2/4) è direttamente mutuato dalle tre note che chiudono la frase iniziale del Tema-A del primo movimento. Dopo la prima esposizione del solista, il tema viene chiuso e subito ribadito (15’52”) dalla sola orchestra. Il violoncello propone poi (16’26”) un primo intermezzo di 15 battute, dove la melodia vira verso la dominante MI maggiore.

Ora (17’34”) è ancora il solista a riproporre il tema principale in LA maggiore, impreziosito da delicati abbellimenti e chiuso inopinatamente dall’orchestra con un brusco passaggio a LA minore e successiva fermata sulla dominante MI. Che diviene mediante di DO maggiore, la tonalità sulla quale il violoncello propone ora (18’25”) il secondo intermezzo, una delicata melodia di 10 battute, chiusa ancora sul MI.

Che torna dominante del LA maggiore per l’arrivo (19’16”) della terza ed ultima esposizione del tema principale, chiuso dall’orchestra con la classica preparazione della finale cadenza solistica (20’05”). Tre battute degli archi (20’53) chiudono sommessamente il movimento.

Si torna al RE maggiore (Allegro in 6/8) per il conclusivo Rondo.

Il ritornello del Rondo è un tema di gioiosa danza campestre, intonato subito (21’14”) dal solista accompagnato dagli archi e poi ripreso (21’26) con l’intervento dei fiati. Ecco ora (21’35”) il primo episodio, assai breve, che dal RE modula alla dominante LA maggiore e vede il solista impegnato in veloci sestine di semicrome, per poi preparare il RE del ritornello (21’58”) che viene riproposto praticamente come alla prima comparsa.

Il secondo episodio (22’19”) è ancora in LA maggiore, assai più corposo, con il solista impegnato ancora in veloci sestine, poi (22’29”) su un motivo in corda doppia, ancora (22’34”) su un lungo passaggio in terzine che culmina (23’32”) con il ritorno a RE maggiore e al ritornello.

Il quale, dopo l’esposizione del solista, viene ripreso (23’41”) dall’orchestra sorprendentemente in RE minore, e poi (24’04”) ulteriormente sviluppato in una melodia in corda doppia del solista nella relativa FA maggiore. Altro passaggio virtuosistico (24’17”) del violoncello con ripresa (24’30”) della precedente melodia, che porta (25’00”) alla cadenza.

Cadenza che si incarica di riportare la tonalità (25’45”) al RE maggiore per l’ultima esposizione completa del ritornello. La coda del Concerto (26’06”) vede ancora il tema principale apparire due volte nei fiati, prima del brillante epilogo.

14 gennaio, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano – Blacher ristretto

Il secondo dei cosiddetti Concerti ristretti dell’Orchestra Sinfonica di Milano (60’ e non di più di durata) affidati alla bacchetta (e al violino) di Kolja Blacher ha presentato oggi pomeriggio due brani del classicismo viennese.

Dapprima Mozart e il suo Quinto Concerto per violino, dove Blacher si è ovviamente sdoppiato nei ruoli di interprete e direttore.

Concerto dalla struttura singolare, per non dire bizzarra, già a partire dall'Allegro iniziale. La cui introduzione è sorprendentemente interrotta da un Adagio, che ha solo vaghissimi legami tematici con il resto, prima che venga esposto il tema principale, in LA maggiore, di una cui sezione forse si ricorderà Beethoven nella sua Leonore. Il tema dell'introduzione (che include una vaga anticipazione dell'Allegro della celeberrima Sinfonia in SOL minore) ricompare poi come secondo tema (nella dominante MI) di questa strana forma-sonata, che presenta uno sviluppo comprendente un altro tema in minore e poi la ripresa, dove il secondo tema si riaccoda – nel rispetto dei sacri canoni - al LA di impianto, riprendendo quindi la forma con cui era comparso nell'introduzione. Dopo il languido e sognante Adagio, dalla purissima melodia, ecco l'anomalia più evidente del terzo movimento, che invece di un canonico Allegro conclusivo, presenta un Menuetto, certo più adatto ad un tempo di sinfonia che non ad un concerto (qualcuno lo indica come Rondò, ma con argomenti discutibili). Poiché però non siamo in una sinfonia, non ci può essere alcun Trio, al cui posto troviamo invece un Allegro in cui par di sentire anche un po' del futuro Paganini. Ma anche questo Allegro non diventa – come in un normale concerto o sinfonia – il finale, poiché è il Menuetto a ritornare per chiudere tutto, con un'esalazione piano, nel violino doppiato dai corni, della cadenza del solista, che riprende ciclicamente l'incipit del concerto. 

Sarà mica per tutte queste (mirabili!) stranezze che gli fu affibbiato l'epiteto di Turco?

Blacher lo ha porto con grazia, discrezione e rigore, raccogliendo meritati consensi da un pubblico non esorbitante me calorosissimo (fuori quasi si gela…) 
___
L’altro brano era la Prima Sinfonia di Beethoven. Il finale della quale lo spocchioso Berlioz ebbe ad apostrofare come una fanciullaggine… Certo, il terremoto dell’Eroica doveva ancora arrivare, ma la pasta del genio di Bonn già stava proficuamente lievitando!

Blacher l’ha diretta con il consueto gesto asciutto ed essenziale, senza fronzoli né arbitrarie iniziative, meritandosi così altri generosi ed anche ritmati applausi. Che lo hanno indotto a condederci un bis, ripetendo, in  barba a Berlioz (ma senza ritornello..) la fanciullaggine!

Alla  Scala ci aspetta fra poco la Médée (sedicente) originale di Gamba-Michieletto. 

12 febbraio, 2023

laVerdi 22-23. Ristretti.2

Oggi pomeriggio è andato in scena in Auditorium il secondo dei tre concerti cosiddetti ristretti (per la durata contenuta, l’organico cameristico e… l’Auditorium con la sola platea accessibile) che fiancheggiano la stagione principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano. Il Direttore di questi concerti è Kolja Blacher, che ci ha proposto un programma tutto viennese, con due opere che stanno ai due estremi della grande stagione musicale della capitale mitteleuropea: poiché ne rappresentano la prima e la seconda scuola.

Anche oggi l’ordine dell’esecuzione dei due brani in programma è stato invertito rispetto alla locandina originaria, quindi si apre con lo Schönberg di Verklärte Nacht. Composta originariamente nel 1899 per sestetto d’archi da un 25enne ancora tardo-romantico e ben lontano dagli approdi seriali (che matureranno nei 20 anni successivi, passando prima per il periodo atonale) fu poi riveduta ed arrangiata per orchestra d’archi nel 1917 e successivamente rivisitata nel 1943, quando l’Autore viveva in USA da 10 anni.

È in buona sostanza un poema sinfonico, essendo ispirata ad un’opera letteraria (di pari titolo) di Richard Dehmel, poeta simbolista-espressionista abbastanza in auge ai tempi.

In Appendice riporto il testo della poesia (tradotto da Ferdinando Albeggiani) e la traduzione (passatempo mio personale) di una nota programmatica redatta dall’Autore nel 1950, in occasione di un’esecuzione americana del brano, corredata da miei riferimenti (di minutaggio) ad un’esecuzione diretta da Neville Marriner con i suoi Accademici.

A completamento della nota dell’Autore si può aggiungere che la macro-struttura del brano presenta cinque sezioni, corrispondenti alle altrettante strofe del poema: quelle dispari evocano lo scenario naturale che fa da sfondo alle esternazioni dei due amanti, le quali occupano le strofe pari (prima la donna, poi l’uomo). 

Come accade per tutta la musica a programma, anche qui l’ascoltatore può seguire due strade per la migliore fruizione del brano: approfondire la conoscenza del soggetto extra-musicale dell’opera, per poi giudicare se l’opera stessa lo interpreti e lo evochi efficacemente o meno; oppure ignorare del tutto il soggetto esterno e giudicare se quella musica sia degna di apprezzamento di per sé

Nel caso specifico, il riferimento extra-musicale è francamente deboluccio e strappalacrime a buonmercato. Tanto che lo stesso Autore, nella premessa del suo scritto del 1950, prima di chiarirci abbastanza minuziosamente i riferimenti precisi al soggetto extra-musicale, finisce per ammetterne (a posteriori) le deficienze, mostrando di comprendere, se non proprio di condividere, i severi giudizi riservati a quel testo da molta critica. E invitandoci quindi a godere della sua opera solo come pura musica!

E direi che l’interpretazione intensa che ne ha dato Blacher e l’esecuzione impeccabile dell’ensemble de laVerdi hanno raggiunto pienamente questo obiettivo!  
___
Ecco poi Mozart e la sua ultima sinfonia, la Jupiter. Il cui organico (soltanto 9 fiati: 1-2-0-2-2-2) si attaglia alla perfezione allo spirito del concerto, restituendoci precisamente quell’atmosfera tersa e raffinata, tipica del Settecento mitteleuropeo.   

Una delle curiosità che sempre sorgono in occasione di esecuzioni di queste sinfonie riguarda il rispetto dei cosiddetti da-capo, o ritornelli che dir si voglia. La decisione di rispettarli o di rinunciare ad eseguirli si basa (o dovrebbe…) su motivazioni estetiche. La tradizione del da-capo aveva in origine ragioni d’essere assai concrete: far risentire due volte all’ascoltatore che ignorava quella musica - per ficcarglieli bene in testa - i temi principali, era una pratica necessità, che viene meno quando l’ascoltatore (mediamente informato) già li conosce a menadito e potrebbe trovare pleonastica la loro stucchevole ripetizione. 

Oggi capita quindi di incontrare esecuzioni dello stesso brano con differenze anche enormi di durata. Un esempio per tutti: in questa registrazione di Böhm del 1973 sono tagliati i ritornelli dei due movimenti esterni (il taglio del da-capo dell’esposizione iniziale è a 3’51” del video) e ciò porta a mantenere il tempo totale sotto i 30’. Per confronto, questa recente registrazione con Maazel, che rispetta quasi tutti i ritornelli - il primo è a 4’02” del video - tranne il secondo del Finale, tocca i 40’, ben 12 più di quella di Böhm… Se poi si eseguono tutti i da-capo, come fanno qui i simpatici terroni norvegesi, si arriva anche a passare i 42 minuti!

[In tempi più recenti (parlo della metà del secolo scorso, diciamo dall’arrivo dei vinili e fino a quello dei Compact-Disk) si aggiunse anche un praticissimo vincolo tecnologico-commerciale, dovuto alla capienza (in minuti) di una facciata del disco: i vinili arrivavano a 25, massimo 30 minuti, e una Sinfonia come la Jupiter, che con i ritornelli - come abbiamo constatato - dura ben più di 40 minuti, non ci stava in una facciata ed era assai sconsigliabile costringere l’ascoltatore ad interrompere l’ascolto magari nel bel mezzo di un movimento per girare il vinile sul piatto del giradischi! E allora la soluzione più semplice, in questi casi, consisteva proprio nel sopprimere - magari con interventi di editing in studio - i da-capo.]

Blacher? Su questo particolare aspetto ha seguito l’esempio di Maazel privandoci (eh sì) della ripetizione della seconda sezione del Finale. Ma va ampiamente perdonato, per… tutto il resto che ci ha regalato, guidando Santaniello e la smagrita Orchestra in un autentico viaggio nell’apollineo mondo del Teofilo!

Successo pieno, applausi ritmati e conclusione in gloria!
___
Appendice: Verklärte Nacht (Richard Dehmel)

Notte trasfigurata.

Due figure avanzano nel bosco freddo e spoglio,
osservano la luna che sembra accompagnarle nel cammino,
procede la luna sopra le alte querce,
non una nuvola turba la luminosità del cielo
dove scure si stagliano le cime dei monti.
Una voce di donna pronuncia queste parole:

"Io porto un bimbo in grembo, che non è figlio tuo,
io ti cammino al fianco nel peccato.
Ho recato una grave offesa a me stessa.
Non speravo più in una qualche felicità
e tuttavia desideravo ardentemente
una pienezza di vita, la felicità di attendere
ai doveri di una madre; e perciò ho avuto l'audacia
di offrire, con un brivido, il mio sesso
all'amplesso di uno sconosciuto,
e per questo mi sono sentita benedetta.
Ora la vita ha preso la sua vendetta:
e io ho incontrato te, proprio te."

Lei incede con passo incerto.
Alza lo sguardo, verso la luna che l'accompagna.
L'ombra, negli occhi di lei, ne beve la luce.
Una voce di uomo pronuncia queste parole:

"Che il bimbo che hai concepito
non ti sia di fardello per l'anima.
Guarda, come tutto l'universo è luminoso!
Lo splendore discende su ogni cosa qui attorno.
Stai viaggiando con me sopra un mare freddo,
eppure, un intimo calore passa vibrando
da te a me, da me a te.
Trasfigurerà il bimbo di un altro,
e tu lo partorirai per me, come mio figlio.
In me tu hai fatto penetrare lo splendore del mondo,
per merito tuo ritorno bambino."

Poi lui cinge con un abbraccio i fianchi appesantiti di lei.
I loro respiri si fondono in un bacio, nell'aria.
Due figure procedono nella notte vasta e chiara.

(traduzione di Ferdinando Albeggiani)

___ 

Note programmatiche su Verklärte Nacht (di Arnold Schönberg, 1950)

 

Alla fine del secolo XIX, i principali rappresentanti dello Spirito del tempo in poesia erano Detlev von Liliencron, Hugo von Hofmannsthal e Richard Dehmel. Mentre, nel campo musicale, dopo la scomparsa di Brahms, molti giovani compositori seguirono il modello di Richard Strauss, componendo musica a programma. Ciò spiega l’origine di Verklärte Nacht: è musica a programma, che illustra ed esprime i contenuti del poema di Richard Dehmel.

 

Questa mia composizione era probabilmente abbastanza diversa da altre composizioni illustrative, innanzitutto perché non è destinata all’orchestra, ma ad un ensemble cameristico; secondariamente poiché non illustrava un’azione o un dramma, ma era intesa a dipingere la Natura e ad evocare sentimenti dell’animo umano. E mi pare che proprio a causa di questo approccio la mia composizione abbia acquisito qualità apprezzabili anche da chi non conosca l’oggetto che viene illustrato o, in altri termini: essa offre la possibilità di essere apprezzata come musica pura. Il che può consentire all’ascoltatore di dimenticare quel poema che molti, oggigiorno, potrebbero ritenere piuttosto disgustoso.

 

Ciononostante, buona parte del poema merita apprezzamento a causa della rappresentazione poetica di emozioni suscitate dalla bellezza della Natura, e per la sua peculiare attitudine a trattare problemi esistenziali di enorme portata. Seguiamo ora la musica.

  

(3”) Passeggiando in un parco,


(1’33”) in una notte di luna, chiara e fredda,

(2’36”)

 

(3’38”) la donna confessa all’uomo una tragedia, in un drammatico sfogo:


(4’37”) Lei aveva sposato un uomo che non amava. Un matrimonio che la lasciava infelice e sola…


(6’13”) …ma che la costringeva alla fedeltà,


(7’34”) ed ora, obbedendo al richiamo della maternità, lei si trova ad avere un figlio da un uomo che non ama. Eppure si considerava persino meritevole di aver compiuto il suo dovere verso gli obblighi impostile dalla Natura:

 

(9’23”) Un’ascensione cromatica, che elabora il motivo…

…esprime la sua auto-accusa per quel grave peccato.

 

(13’09”) Disperata, ora cammina dietro all’uomo…

…del quale è ora innamorata, temendo che la sua reazione sarà distruttiva.

 

(14’45”) Ma le risponde la voce di un essere umano, un uomo la cui generosità è sublime quanto il suo amore. Questa prima metà della composizione termina in MIb minore (a), del quale rimane, come in una transizione, solo il SIb (b) per collegarla con grande contrasto a RE maggiore (c):

 

(16’43”) Armonici (a) impreziositi da volate con la sordina (b) evocano la bellezza della notte di luna…

 

(17’01”) …e vi aggiungono uno scintillante accompagnamento:

 

(17’18”) Un tema secondario si fa largo,

 

(17’37”) subito trasformandosi in un duetto fra Violino e Cello:

 

La sezione riflette l’umore di un uomo il cui amore, in armonia con lo splendore e la luminosità della Natura, è capace di fargli ignorare la tragica situazione: "Il bimbo che tu porti non deve essere un peso per la tua anima."

 

(19’16”) Dopo aver raggiunto il punto culminante, il duetto si collega, tramite una transizione, ad un nuovo tema:

 

la cui melodia, esprimendo il "calore che scorre da uno di noi nell’altro", il calore dell’amore, è seguita da ripetizioni ed elaborazioni dei temi precedenti, e porta ad un nuovo tema:

(21’34”)

…che evoca la dignitosa decisione dell’uomo: questo calore "trasfigurerà il tuo bimbo, tanto da farlo diventare il mio bimbo".

 

(22’27”) Una salita riporta all’apice e alla ripetizione del tema dell’uomo.

 

(24'48”) Una lunga sezione di coda conclude il lavoro. Il suo materiale musicale consiste in temi delle parti precedenti, tutti rimessi a nuovo, così da render gloria ai miracoli della Natura, che hanno mutato una notte di tragedia in questa notte trasfigurata.

 

Non va dimenticato che il lavoro, alla sua prima esecuzione a Vienna, fu fischiato e scatenò perfino delle scazzottate. Ma ben presto diventò un brano di grande successo.

 

[Copyright by Arnold Schoenberg, August 26, 1950
from: Arnold Schönberg : Self-Portrait. A collection of articles, programme notes and letters by the composer about his own works. Edited by Nuria Schoenberg Nono. Pacific Palisades 1988, p. 119-123] 

14 gennaio, 2023

laVerdi 22-23. 11

La stagione principale è ripresa ieri con il Concerto n°11, diretto da Kolja Blacher. Il quale questa volta si è limitato a calcare il podio, lasciando l’onore del solista di violino a Javier Comesaña, 23enne andaluso in rapida ascesa, dotato di un Guadagnini del 1765.

La prima parte del concerto è riempita da Lenny Bernstein e dalla sua Serenata dal Simposio di Platone, opera del 1954, composta su commissione della Fondazione Koussevitzky e presentata in origine alla Fenice, con l’Autore sul podio e il grande Isaac Stern al violino, accompagnato dalla Israel Philharmonic. Rimando all’Appendice per un’esplorazione più dettagliata dell’opera.

Opera che viene opportunamente introdotta da una simpatica quanto interessante esegesi-parafrasi del Simposio presentata dal grande Massimiliano Finazzer Flory.

Poi arriva Comesaña e sciorina tutta la sua sopraffina tecnica nel porgerci questa musica che mescola tradizione classica con jazz, bachiane cadenze ed atmosfere da musical

E l’ensemble che lo accompagna, sapientemente guidato da Blacher e dal Konzertmeister Dellingshausen, svolge alla perfezione il suo compito, meritandosi convinti applausi dal pubblico non propriamente oceanico (insomma: pochi ma buoni!): sugli scudi in particolare il violoncello di Mario Shirai Grigolato, degno partner di Comesaña nella difficile cadenza di… Diotima. 
___
Dopo l’intervallo, ecco la Scozzese di MendelssohnBlacher ne dà un’interpretazione asciutta ma vibrante, che evoca perfettamente le atmosfere ossianiche delle Ebridi, le folate di vento e le mareggiate che costellano l’iniziale Allegro un poco agitato. Fausto Ghiazza arabesca da par suo le acrobazie del clarinetto nel Vivace non troppo. Mirabile la resa della struggente melodia dell’Adagio, e poi trascinante l’Allegro vivacissimo, chiuso infine dalla vittoriana apoteosi.

Grande successo per tutti, e Insomma ancora una gratificante serata di musica.
___

Appendice: la Serenade dal Simposio.

Queste le note introduttive al lavoro redatte dallo stesso Bernstein:

Nel Simposio di Platone si celebrano le magnifiche e progressive sorti dell’Amore. La Serenade è strutturata in cinque parti che ripercorrono, senza rispettarne rigorosamente la sequenza, i lavori del Simposio (che fu in realtà una prosaica mangiata e soprattutto… bevuta) evocando i principali interventi di sette dei convenuti, i cui nomi compaiono in testa a ciascun movimento del concerto.  

Bisognerebbe entrare nella mente di Bernstein per cogliere le oscure sensazioni da lui provate alla lettura del Simposio e poi dalla sua penna tradotte in musica. Le note lasciate dal compositore e riportate più sopra furono in realtà redatte a-posteriori, e chiariscono più che altro le relazioni di carattere musicale fra i diversi movimenti del concerto. Questa è comunque musica che si può apprezzare anche senza necessariamente rifarsi al platonico testo

Orchestra poco più che cameristica, con totale assenza di fiati: al corpo degli archi si aggiungono l’arpa e una nutrita schiera di percussioni.

Proviamo ad esplorarla inquesta esecuzione (1986) della LSO con Gidon Kremer, guidati dall’Autore.

I Lento – Allegro [Phaedrus-Pausanias] 

Abbiamo qui l’inizio delle… ostilità de simposio, artefici Fedro cui risponde Pausania. Il violino solista introduce, in tempo Lento, il delicato tema di Fedro, l'amore descritto come il dio più antico. L’inciso a (soprattutto nella forma a’) ricorda da vicino un motivo che compare (e poi ne costituisce parte rilevante) nell’Andante della Sesta di Mahler. Un altro (b) anticipa scopertamente (salita da tonica a quarta aumentata e poi alla quinta) l’appassionato Maria! di West Side Story:

Il tema (fugato) viene ripreso a canone (1’02”) dai primi violini, quindi (1’55”) irrobustito dall’ingresso delle viole e infine espanso al massimo grado (2’48”) da quello dei bassi, che reiterano enfaticamente l’inciso b, ulteriormente marcato dagli schianti del piatto sospeso e con il tempo che accelera vistosamente per preparare la… replica di Pausania.

 

Dopo questa Introduzione, passiamo al corpo si questo movimento, che possiamo definire di spuria forma-sonata: il solista vi presenta per due volte i due temi (T1 e T2) di Pausania, sempre variati e intervallati da opportune transizioni. Una coda (con lacerti dei due temi) chiude poi il movimento.

 

Il tempo passa in Allegro marcato (2’58”) dove viole e celli sembrano proprio riprendere il discorso di Fedro, cui il violino solista Pausania (3’03”) comincia ad… obiettare, limitandosi per ora ad esporre (quasi timidamente e un tono più sotto di quando arriverà il momento) la cellula iniziale (c) del suo secondo tema. Ma per ora il suo primo intervento (e relativo tema T1) non fa che riprendere il motivo a di Fedro per discettarci sopra ampiamente:



Gli archi per un po’ lo seguono pazientemente, fino però a sbottare (3’22”, supportati anche da arpa, glockenspiel e tamburi) in una vivace contestazione, con successivo e ripetuto botta-e-risposta con l’intervenuto:



Questa transizione porta (3’44”) all’esposizione nel violino solista della sua compiuta visione dell’amore (tema T2) a partire dalla cellula c, alzata di un tono intero (il nostro ha preso coraggio!) rispetto al suo iniziale apparire:













Questo secondo tema contrasta nettamente con il primo, presentandosi irregolare e guizzante, come testimoniano le ricorrenti acciaccature (d): se Fedro ha santificato l’amore, Pausania si occupa dell’amato, perché no, anche sul piano… omosessuale (sappiamo come questo aspetto fosse caro a Bernstein…)


Una nuova – diversa, trionfale, che riprende una parte del tema T2 - irruzione degli archi (4’30”, con arpa e percussioni) sembra voler irridere Pausania, che è costretto a difendersi citando ancora Fedro (motivo a). Dopo un momentaneo rallentamento, riprende il tempo Allegro (4’49”) con l’orchestra che induce Pausania a tornare al tema T1.

 

Si ripete la prima irruzione degli archi (5’12”) cui Pausania risponde (5’27”) con la riproposta del suo tema T2, che stavolta però scende (forma-sonata?) di una quinta giusta, partendo dal SI sotto il rigo!


Torna (6’12”) la seconda, trionfale irruzione degli archi (con rintocco di campana!); archi che poi (6’30”) innescano la coda, evocando una caotica diatriba fra le posizioni di Fedro e Pausania, con i due temi che sembrano schizzare qua e là. Finchè (6’51”) è una versione distorta del tema T2 (con fuoco) a tagliar corto alla discussione!


II Allegretto [Aristophanes]

Si noti che Bernstein qui non rispetta la sequenza degli interventi come esposta da Platone (nel Simposio è Erissimaco a parlare prima di Aristofane il quale, con una scusa, salta il suo turno e parla dopo, criticando sia Pausania che Erissimaco). Il movimento – senza interventi delle percussioni - alterna un tema languido, femminino, e uno secco, mascolino: un modo intelligente per presentarci poeticamente il mito dell'andrògino, caro ad Aristofane. Sono i violoncelli (7’10”) ad introdurre il primo tema (T3) esposto dal solista:

Si notino le acciaccature (d, caratteristiche del tema T2 di Pausania) che si ripeteranno anche nel seguito del brano. Gi archi riprendono il tema modulando sottilmente (per 29 battute compaiono ben 7 diesis in chiave!) mentre il violino solista si abbandona ad una melopea che richiama -largamente – anche l’inciso a di Fedro.

Un nobile motivo (e, cantando) viene esposto (8’30”) a canone da celli e viole:

Esso fa da ponte verso l’esposizione (9’01”, scherzando) del secondo tema (T4) di Aristofane, nettamente contrastante con il primo, preceduto da un motivo (f) che il solista riprende dagli archi:

L’esposizione di T4 è chiusa dal solista (9’27”, poco largamente) con la ripresa del motivo e, poi tornato anche negli archi. I quali (9’54”) ripropongono anche il motivo f, subito imitati dal solista.

Ci si avvia ora alla conclusione: si odono (10’10”) lacerti del tema T3 nel solista e – assai enfatizzati (10’39”) - negli archi e arpa, poi la melopea del solista (10’54”), accompagnata da timidi interventi di archi e arpa, che sembra svanire nel nulla.

III Presto [Eryximachus]

Erissimaco è un medico, ma possiede anche grandi conoscenze musicali e il suo è un appassionato intervento in favore dell'armonia, nel corpo come nello spirito. In questo brevissimo movimento (poco più di 100 secondi) il solista propone delle idee e l'orchestra, con sonori interventi delle percussioni, risponde sempre e perfettamente a tono.

La prima battuta (11’42”) è suonata da archi, xilofono, timpani e tamburino: presenta con gran vigore l’inciso g che diventerà protagonista di uno degli interventi del medico, per poi chiudere (nelle sole percussioni) il movimento.  Si noti l’ascendenza all’inciso c di Pausanias:

Il solista espone subito il suo tema (T5) di svolazzanti semicrome:

Tema che evidentemente attira subito l’attenzione - e il massimo interesse - dei presenti: e così l’orchestra (11’50”) commenta vivacissimamente questo primo intervento del medico-musicista:

Si noti come l’organico suonante si irrobustisca via via (divisione dei violini I e II, verso la fine anche delle viole) il che sembra evocare il progressivo associarsi di voci di commensali ai commenti e alla discussione! Cosa confermata da come violini I e !! si dividano le parti (metà battuta a testa).

Il giochetto si ripete subito: il solista (11’57”) propone il tema T6 (variante del T5):

e l’orchestra (12’01”) risponde sempre allo stesso modo, ma stavolta chiudendo con lo sberleffo g. 

Ora il solista (12’06”) riprende il tema T5 (sottilmente variato) a cui appende (12’11”) una cantilena ostinata sull’inciso g!

Il quale passa ora (12’16”) a violini e viole, che lo reiterano mentre il solista guida una transizione, sempre in semicrome, poi progressivamente allargando i tempi, con l’orchestra che lo contrappunta con il tema T5.

Ancora un passaggio (12’32”) veloce del solista, sottolineato dal motivo g nei violini e lacerti del tema T5 negli archi bassi. Quindi (12’37”) tutti gli archi, in fortissimo, ripetono la loro risposta al tema T5, chiusa dall’inciso g.

Ci si avvia ora alla conclusione (12’46”) con il tema T6 nel solista, subito rimbeccato (12’50”) dall’orchestra; segue nel solista (12’54”) il tema T5. Xilofono, triangolo e piatto sospeso mettono il sigillo con l’inciso g.

Non c’è che dire… Un’efficacissima narrativa di dialogo fra un singolo e una muta di interlocutori!

IV Adagio [Agathon] 

Agatone descrive l'Amore come il più buono e bello e giovane di tutti gli dèi. E Bernstein ci costruisce un mirabile adagio (anzi, se si esclude un centrale climax, con prolungato rullo di timpano, quasi un… adagietto mahleriano!) dove agli archi si aggiungono spesso l’arpa e i sommessi tocchi di timpano.

 

La struttura del movimento si può così schematizzare:

 

- Presentazione del tema T7, suddiviso in tre parti: T7aT7b - T7c;

- intermezzo orchestrale e climax;

- cadenza solistica;

- ripresa parziale del tema T7: T7aT7c;

- coda.


Caratteristica peculiare del brano è il richiamo scoperto all’inciso a di Fedro, che compare fin da subito (13’24”)font-size: 12pt; proprio nella prima battuta, in violini I e celli, ad introdurre e poi accompagnare il canto del solista:


Solista che espone ora la sua nobile e lunga melopea (tema T7):



Al T7a succede (14’23”) il T7b, poi (14’57”) il T7c.


Dopo due battute di ponte, ecco la sezione centrale (15’47”) riservata ad archi e timpani, dove fa ancora capolino l’inciso a di Fedro e che si chiude (16’55”, Largamente) con un climax dal quale prende avvio la Cadenza solistica:


Al termine della quale (18’28”) il solista ripropone, salvo la battuta iniziale, il tema T7a (con l’inciso a a far capolino negli archi) e poco dopo (19’01”) il tema T7c.

Sei battute (19’34”) in ulteriore rallentando, con il solista a tenere un lungo LA e archi e arpa ad emettere spizzichi dell’inciso a chiudono l’accorato intervento di Agatone.

V Molto tenuto - Allegro molto vivace [Socrates - Alcibiades]

Socrate è introdotto, in tempo sostenuto, dall'intera orchestra, che lascia poi spazio al solista, concertante con il violoncello: è la nobile perorazione del filosofeggiare di Diotima di Mantinea. Poi arriva Alcibiade, ubriaco, e l'orchestra infatti dà in escandescenze, con le percussioni a contrappuntare rumorosamente il solista.

Molto tenuto. I soli archi (con iniziale rintocco di campana) espongono (20’23”) il nobile tema (T8) di Socrate (in figura solo la parte dei primi violini):

Ora (21’59”) il violino solista e il primo violoncello, a canone, espongono, a mo’ di cadenza, la filosofia di Diotima (l’Amore è un dèmone, né divino né umano):

Il solista riprende poi (23’14”) il tema di Socrate, variandolo (T8a) sia nella tonalità che nella struttura, accorciata e modificata nella parte finale per prefigurare il… putiferio che si annuncia:



2. Allegro molto vivace. È l’irruzione nel simposio di Alcibiade ed altri ubriaconi. Bernstein lo cataloga come un (in realtà eterodosso) Rondò. Si può schematicamente suddividere così:

- Introduzione: è puramente orchestrale, aperta da due schianti (24’37”), e anticipa alcune caratteristiche ritmiche (tipicamente jazzistiche) del brano e uno dei temi (T9) che tornerà nel seguito.

- sezione A: è proprio il tema T9, assai melodico, che viene ripreso (25’18”) e poi ampliato dal solista (vi fa capolino anche l’inciso a di Fedro):

Il quale poi lo completa (25’31”) con un passaggio improvvisamente più nervoso, per poi zittirsi mentre l’orchestra (25’42”) gli risponde con un tema (TA) che ha il sapore proprio di una danza da un musical di Broadway:

Tema ripreso subito (25’48”) dal solista, che poi prosegue la sua melodia, finchè (26’16”) accompagnato dall’orchestra, non ne presenta una variante ancor più smaccata (TAb), cui segue una nuova scorribanda (proprio da musical) che poi sfuma, portando a chiudere questa sezione.

- sezione B: (26’51”) dopo un iniziale esplosione, sembra occupata (26’58”) da una pausa del frenetico vociare precedente, con solista e orchestra che paiono smozzicare frasi sconnesse e poi sonnolente; ma (27’35”, Agitato) ecco ripartire l’allegra goliardata di Alcibiade&C, con grandiosi e frenetici passaggi sincopati.

- sezione C: ripropone (28’09”) pari-pari la sezione A.

- Coda: è il solista (29’45”) a dare il via alla parte conclusiva del simposio, con il tempo che gradatamente accelera e il suono dell’orchestra (30’01”, Presto vivace) che si ispessisce sempre più. Ricompare anche (30’17”) il pacchiano tema TAb, poi (30’40”) il solista si imbarca in un travolgente passaggio in semicrome che culmina nella precipitosa chiusura.