15 dicembre, 2012
Ultimi strascichi del Freudhengrin della Scala
23 febbraio, 2011
Tosca (di Bondy, purtroppo) alla Scala
25 luglio, 2010
Piccola cronaca remota dell’apertura dei Festspiele 2010 a Bayreuth
Dopo la defezione del Telramund pugliese Lucio Gallo (di cui pare nessuno si sia accorto, neanche quelli di Radio3, tranne i tipografi costretti a correggere le locandine già stampate) questo Lohengrin ha rischiato di perdere (anzitempo, smile!) anche la sua Elsa Annette Dasch. Mentre si preparava ad una delle ultime prove per il suo debutto sulla verde collina, è stata proditoriamente colpita al capo da un oggetto scagliato dal paparino di Lohengrin, tale Parsifal, evidentemente invidioso delle imprese amorose del figlio (…questa è ovviamente una ricostruzione romanzata del piccolo incidente occorso alla bella soprano).
Poi tutto si è sistemato e la kermesse ha potuto prendere il via, col solito preludio costituito dall'arrivo e dalla passerella del solito caravanserraglio dei soliti vip che, in cambio dell'enorme – per loro – sacrificio di dover sopportare ore e ore di musica – per loro - pallosa, possono sfoggiare le loro strampalate acconciature ed essere visti in tutto il mondo, senza tirar fuori un solo centesimo. Qualcuno, negli intervalli, viene anche intervistato e – toh, che strano! – racconta mirabilie anche delle più grandi idiozie viste e/o udite. Però la cosa non si ripeterà più fino al prossimo… fine luglio 2011.
In attesa che la (ormai non più) piccola Kathi decida di far irradiare anche le immagini delle rappresentazioni in mondovisione (è solo questione di tempo, di montagne di quattrini in ballo e del modo più furbo e sicuro per estorcerli a milioni di interessati, proprio nella più genuina tradizione inaugurata dal capostipite della famiglia) ci accontentiamo ancora della radio, quella cara e vecchia a MF (o addirittura in OM!) o quella nuova digitale, che ci arriva sul laptop o magari sul telefonino. Una goduria, questa! e sarà da vertigine quando il tutto funzionerà in chat, con Kaufmann che implora: Elsa, che vuoi tu osare? e una eccitata cinesina che interloquisce: La tua cosa più glande!
Non per essere maliziosi, ma l'ascolto radiofonico ha molto spesso il grande privilegio di non farci distrarre (termine politically correct per: vomitare) da immagini e scene propinate dal famoso regista-tabagista di passaggio (che si sussurra sarà richiamato nel 2013 per allestire il Ring del bicentenario. Auguri).
Esauriti gli argomenti seri, veniamo alla cronaca.
Le operazioni si aprono alle ore 15, quando le radio cominciano ad occuparsi dell'avvenimento. Alle 15:57 arrivano in diretta i primi suoni: è la fanfara che chiama il pubblico a raccolta, dal balconcino sovrastante l'ingresso. Per il primo atto ci propina il richiamo dell'Araldo del Re Heinrich:
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Poi il classico brusìo della sala, l'ingresso in incognito del Kapellmeister (il giovane di belle speranze Andris Nelsons, anche lui al debutto giù nel torrido Orchestergraben) e infine le quattro sezioni dei violini attaccano la perfetta triade di LA maggiore, seguite da flauti e oboi e poi dai quattro violini solisti, in armonici. È lo straordinario incipit, che sempre toglie il respiro.
Il Preludio scorre assai bene e Nelsons dimostra per ora di essere all'altezza del non facile compito.
Nel primo atto compare subito Samuel Youn, che impersona l'Araldo del Re: una parte per nulla secondaria, che viene sostenuta con grande dignità ed efficacia. Non altrettanto direi di Re Heinrich (l'uccellatore… di brabantini) che è Georg Zeppenfeld, poco appariscente. Come e peggio di lui Telramund che, in luogo del nostro Gallo, era Hans-Joachim Ketelsen: di casa a Bayreuth nella penultima decade e recuperato in fretta e furia, è parso incerto persino nell'intonazione.
Brava Annette Dasch, che deve aver perdonato l'invidioso – e molto provvisorio – suocero per il citato scherzetto della vigilia: voce forse non potentissima, ma assai espressiva.
Jonas Kaufmann ha mostrato i suoi ormai noti pregi e difetti: quando canta a piena voce, nulla da eccepire. Quando deve fare una mezza-voce, come all'entrata, sul saluto al cigno, emette suoni sgradevoli, a metà fra il falsetto e l'ingolato.
Ingiudicabile – per ora - Evelyn Herlitzius in Ortrud, visto che ha cantato solo nel concertato finale, che mi è parso peraltro costellato da diverse imprecisioni nelle varie entrate.
Un primo atto senza infamia né lode, accolto alla fine da applausi non proprio entusiastici e da diversi buh (immagino alla intellettualoide regìa di Neuenfels).
Nell'intervallo, a Radio3 parla, da Firenze, Daniele Spini, il quale confessa di non avere presente la faccia di Kaufmann ed è anche lui convinto che Telramund sia cantato da Lucio Gallo. Poi fa considerazioni magari anche interessanti, dialogando con Guido Bossa e Marco Mauceri che è sul posto.
Poco dopo le 18 riecco la fanfara che preannuncia il secondo atto; suonando il tema del dubbio che si è insinuato nel cuore di Elsa:
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Dopo il rumoroso preludio, ecco la famosa marcia nuziale, attaccata da Nelsons con un piglio invero eccessivo: dal moderatamente mosso ha cancellato di sana pianta il moderatamente! Forse nell'allestimento di Neuenfels pioveva e il corteo doveva fare in fretta…
Il duetto Lohengrin-Elsa ripropone pregi e difetti dei cantanti, soprattutto di Kaufmann, che poi mostra il suo lato-B (quello meno presentabile) nella prima parte di In fernem Land e in seguito nel Mein lieber Schwan. Tagliate – more solito - le 97 battute che precedono l'arrivo del cigno. La Herlitzius fa ancora a tempo a urlare smodatamente le sue maledizioni, e finalmente il Gral chiude con gran fracasso.
Applausi – più o meno calorosi - per tutti i Musikanten.
Una bufera di buh per Neuenfels: meno male che a noi poveri pirla è stata risparmiata la fatica di spremerci le meningi per capire il suo Konzept!
20 luglio, 2010
Domenica 25 Bayreuth apre con Lohengrin
Fra pochi giorni Lohengrin aprirà una nuova tornata della kermesse di Bayreuth. Molto atteso il debutto di Jonas Kaufmann, che potrebbe installarsi sulla verde collina per qualche decennio, eventualmente passando – verso il 2050, duecentesimo della prima del Lohengrin - dal ruolo del protagonista a quello di Telramund, analogamente a quanto sta facendo di questi tempi il buon Topone (smile!)
L'altra ansiosa (?!) attesa riguarda, come sempre, la regìa, affidata all'ex-bambino terribile Hans Neuenfels. Che vede Lohengrin come un particolare tipo di salvatore, un consulente impegnato in un pazzo compito: risolvere un’intricata situazione in un’azienda bloccata da lotte, invidie e odio. E che opera, in un laboratorio, facendo test su animali che si vogliono umanizzare. Qualche allibratore forse offrirà di scommettere su quanti buh saluteranno l'allestimento. Ma ormai questo è ciò che rende vivace il Festival.
Per chi seguirà alla radio invece sarà interessante ascoltare la direzione musicale di Andris Nelsons, un lettone che sembra seguire le orme del suo famosissimo compatriota Mariss Jansons.
Piccola delusione per noi italiani, il mancato debutto, causa malattia (?!) di Lucio Gallo come Telramund: per sentire una voce italiana a Bayreuth bisognerà aspettare ancora…
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Soggetto e poema
Wagner scrisse in tutto 13 opere; Lohengrin rappresenta lo spartiacque fra il periodo per così dire tradizionalista della sua produzione, e quello più decisamente innovativo:
fino al 1845: Die Feen / Das Liebesverbot / Rienzi / Der fliegende Holländer / Tannhäuser
1845-1848 Lohengrin
dopo il 1849: Der Ring / Tristan und Isolde / Die Meistersinger von Nürnberg / Parsifal
Si tratta perciò di un lavoro che, pur conservando alcuni legami con la tradizione (dell'opera italiana e del grand-opéra francese) contiene i germi della concezione del dramma musicale che Wagner sta maturando e che si materializzerà, di lì a poco, con il Ring.
Il protagonista maschio (come nelle precedenti due opere) sembra essere sempre al di sopra di ogni giudizio e discussione, sia quando è un corsaro maledetto (Holländer) o quando è uno sfrenato edonista (Tannhäuser); qui invece, è addirittura una specie di angelo venuto dal cielo, a incarnare la provvidenza; ma una provvidenza misteriosa, inspiegabile, onirica e per certi versi paradossalmente persecutoria.
La protagonista femmina è vista come un oggetto passivo: nell'Holländer e nel Tannhäuser svolge il ruolo di donna pia, consolatrice e redentrice, al servizio dell'uomo sfigato e peccatore; qui è invece una donna innocente, indifesa e bisognosa di protezione, ma alla quale è negato persino il diritto di sapere chi è l'uomo mandato da Dio in suo soccorso; e il suo stesso atto di disobbedienza a tale divieto non nasce da una sua positiva volontà di emancipazione, ma rappresenta una chiara manifestazione della debolezza del suo carattere, che soggiace alla straripante personalità di Ortrud.
I cosiddetti comprimari (qui, Friedrich e Ortrud) sono invece gli autentici protagonisti drammatici, a cui Wagner affida i momenti più forti e innovativi dell'intera opera (soprattutto nel secondo atto, la cui prima scena non sfigura certo davanti a quella con cui Klingsor e Kundry apriranno il secondo atto del Parsifal); gli interpreti devono perciò essere un baritono e un soprano pesanti di assoluto valore.
Le principali novità che il Lohengrin introduce a livello musicale sono diverse.
Quasi totale abolizione dei numeri chiusi (arie, cavatine, duetti); ci sono in realtà parecchi dialoghi in musica, precursori di ciò che Wagner farà nel futuro, anche se non siamo ancora ai celebri declamati del Ring.
Della tradizione del grand-opéra, da cui Wagner sta progressivamente allontanandosi, restano qui solo i cori - peraltro già trattati in modo innovativo, nella polifonia delle voci, e che molto raramente cantano all'unisono - e l'inizio della scena finale, con bande e cavalli in palcoscenico!
Comincia a prendere corpo la tecnica dei leitmotive, temi che si legano a personaggi o situazioni e che ritornano più volte nel corso dell'opera (es.: il tema del Gral, quello di Lohengrin, il tema del divieto a chiedere l'identità di Lohengrin, il tema del cigno…); comunque, siamo proprio agli inizi, nulla di confrontabile con la mirabile tecnica di elaborazione dei temi che Wagner perfezionerà a partire dal Rheingold, ma la strada è ormai chiaramente tracciata.
L'orchestra è quella tradizionale (Wagner non ha ancora inventato le sue tubette): tuttavia l'orchestrazione e la coloritura del suono (il preludio ne è un fulgido esempio) sono già molto più avanti rispetto al Tannhäuser, che non per nulla verrà radicalmente rimaneggiato dopo quasi vent'anni dalla sua composizione.
Preludio
75 battute, in tonalità di LA maggiore, con due modulazioni (all'inizio, sulla dominante MI maggiore e - al culmine del preludio - sulla sottodominante RE maggiore).
È solo ed esclusivamente incentrato sul tema del Gral, presentato in una continua progressione del volume del suono, ma non del tempo, che deve restare sempre lento (primo test per il direttore, spesso portato invece ad accelerare) dall'inizio nei violini divisi, flauti e oboi, fino all'apogeo (a piena orchestra, piatti inclusi, a circa due terzi della durata) per poi degradare ancora fino alla fine.
(Wagner anticipa qui, in qualche modo, l'impianto del preludio del Tristan).
Atto I
L'ambientazione resta immutata per tutto l'atto (le rive della Schelde); da un lato re Heinrich con i suoi germanici (e quattro trombe sulla scena) e dall'altro i brabantini, con Friedrich e Ortrud: le due etnìe devono essere sempre ben distinguibili, perciò spesso cantano in cori separati o su linee melodiche diverse e hanno anche due diversi temi, o segnali di riconoscimento.
Tutta la prima scena è occupata da una serie di racconti: l'araldo che spiega cosa fa re Heinrich da quelle parti, il re che fa il suo discorso politico, Friedrich che presenta la falsa accusa di fratricidio nei confronti di Elsa, ancora il re che apre il giudizio, infine l'araldo che chiama Elsa a difendersi. Tutto ciò serve a farci conoscere gli antefatti ed i presupposti dell'azione: quindi si tratta di monologhi o dialoghi, in forma quasi di recitativo, dove Wagner sembra sperimentare la tecnica del declamato, qui ancora con dei risultati piuttosto modesti.
Nella seconda scena, entra Elsa e subito si cambia musica, poichè cominciano ad affacciarsi i leit-motive dell'opera: ancora prima che lei canti, già compaiono due temi, o frammenti di tema, a rappresentarne la fragile personalità e lo stato d'animo dimesso, mentre ascolta le domande del re. Poi, il racconto del suo sogno è preceduto dal tema del Gral e accompagnato da quello di Lohengrin. Ancora, dopo la reiterazione dell'accusa da parte di Friedrich, la domanda del re all'accusatore e poi ad Elsa circa la soluzione della contesa attraverso una tenzone è preceduta, in entrambi i casi, da un possente motivo, esposto da tromboni e tube, che anticipa quel tema del patto che per tutto il Ring tornerà infinite volte a rappresentare la forza e l'inesorabilità della legge e dell'autorità costituita (come si vede, il Lohengrin contiene tanti indizi di ciò che presto si manifesterà apertamente nella produzione di Wagner).
Ancora il tema del sogno ricompare ad anticipare la risposta di Elsa su chi sarà il suo cavaliere. Poi Wagner mostra di sapere come far stare col fiato sospeso gli spettatori, riempiendo di suspence (Elsa che deve invocare più volte il suo salvatore) gli attimi che precedono l'arrivo di Lohengrin sulla barchetta trainata dal cigno. Lohengrin è accolto da un coro generale, che è però suddiviso così: primo coro maschile, secondo coro maschile, entrambi con quattro linee melodiche, e coro femminile, con due linee melodiche; si arriva fino a otto diverse voci sovrapposte!
La terza scena si apre con il tema del Gral nei violini, che introduce i saluti di Lohengrin: al cigno, che lo ha trainato fin lì - ed il relativo tema mostra chiaramente la sua derivazione da quello del Gral (i legami cigno-Gral torneranno molti anni più tardi, nel Parsifal) - e al re, col coro misto che lo accompagna, su sei diverse linee di voci. Poi l'offerta di protezione e di amore di Lohengrin, ancora sul tema del Gral, che Elsa accetta (accompagnata dal tema del suo sogno) ma con la condizione che lei mai gli chieda chi egli sia. E il severo tema del divieto, che si compone di due sezioni, e del cui incipit si ricorderà Ciajkovski nel suo Lago dei Cigni (toh!) appare qui per la prima volta, reiterato da Lohengrin con crescente fermezza:
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Un coro misto a sei voci suggella la dichiarazione d'amore di Lohengrin per Elsa, riprendendo ed estendendo il tema già esposto al momento del saluto di Lohengrin al re.
Lohengrin proclama di scendere in campo per Elsa contro Friedrich, che il coro dei suoi brabantini cerca di dissuadere, cantando diviso in ben sei parti! Friedrich insiste e quindi si prepara la tenzone: l'araldo del re ha ancora occasione di occupare il proscenio, quasi scortato dalla prima sezione del tema della legge, che ne sottolinea le raccomandazioni ai duellanti (come si vede, la sua è una particina non proprio trascurabile, come si constaterà anche nel secondo atto).
Il re fa una lunga invocazione al cielo (e il Gral fa subito capolino) perchè la vittoria premi il buon diritto, poi inizia un grande concertato a cinque: Elsa, Lohengrin, Ortrud (che qui canta per la prima volta) Friedrich e il re, cui presto si aggiungono il coro maschile e poi quello femminile, per un totale di nove linee melodiche! Finalmente si arriva al duello Lohengrin-Friedrich, che è davvero rapidissimo (solo 21 battute di musica) proprio come lo sarà quello Siegfried-Fafner nella seconda giornata del Ring.
Dopo il grido di vittoria di Lohengrin e della folla, Elsa alza il suo canto di ringraziamento e di giubilo (qualcosa di simile a ciò che farà Eva, nei confronti di Sachs, nei Meistersinger). Poi inizia il colossale concertato finale, con i cinque protagonisti - ciascuno dei quali esprime il proprio stato d'animo - e i cori, dove si raggiungono anche le dieci linee melodiche sovrapposte! (soltanto nella scena della baruffa nei Meistersinger, Wagner farà ancor di peggio).
Il tema di Lohengrin, in tutti i fiati, sostiene l'ultima parte del concertato e introduce la cadenza finale (con gli ottoni a produrre un grandissimo fracasso).
Atto II
Non c'è dubbio che questo sia l'atto drammaticamente e musicalmente più intenso (quindi, per gli interpreti, il più arduo da eseguire e, per lo spettatore, il più impegnativo da seguire, anche per la sua lunghezza) dell'intera opera. Forse non è un caso che Wagner lo abbia lasciato per ultimo, in fase di composizione, per meglio farlo maturare nella sua mente (effettivamente qui si sente che il Ring, cioè il futuro, è ormai vicino).
Il preludio orchestrale (degno dei secondi atti del Siegfried o del Götterdämmerung) è caratterizzato dall'esposizione di una lunga melodia negli strumenti gravi, che ben rappresenta musicalmente la personalità oscura e demoniaca di Ortrud; tale melodia è all'inizio interrotta da due spettrali incisi del tema del divieto, suonati dal corno inglese (anche la scelta di questo strumento è illuminante, poichè conosciamo il ruolo che esso avrà poi nel Tristan). È notte, siamo nel centro di Antwerp, fra palazzi e cattedrali (alcuni strumenti sono posti sulla scena, perchè il loro suono deve provenire dall'interno dei palazzi).
La prima scena è davvero il segnale della svolta che Wagner comincia ad imprimere alla sua arte: il dialogo tra Friedrich e Ortrud, pur con qualche cedimento a vecchi stilemi (un paio di versi di Friedrich ripetuti e il canto finale di vendetta dei due all'unisono) è di una potenza drammatica straordinaria ed inoltre mostra con quale sapienza Wagner sia ormai in grado di padroneggiare tutti i risvolti psicologici dei personaggi e dell'azione: lo sfogo di Friedrich contro Ortrud, responsabile delle sue sfortune, poi lei (che anticipa addirittura certi tratti della Kundry del Parsifal) che comincia a tessere la tela della sua vendetta, dapprima riportando al suo fianco il marito ormai sconfortato e poi convincendolo che è Elsa l'anello debole della catena dei loro nemici, sulla quale esercitare quindi la massima pressione psicologica, affinchè infranga il divieto impostole (oboi e clarinetti, poi il corno inglese, ce ne ripropongono il lugubre tema).
Nella seconda scena, che si apre con l'apparizione di Elsa al balcone del palazzo (accompagnata da un frammento della melodia che sosterrà il corteo nuziale, alla fine dell'atto) Ortrud passa all'azione, facendosi riconoscere da Elsa e cominciando ad insinuare in lei dei vaghi dubbi circa la sua futura felicità: nelle sue parole si odono invocazioni a divinità (Wodan, Freia) che ci diverranno familiari nel Ring, mentre qui rappresentano le religioni antiche e le credenze pagane, cui Ortrud è legata, contrapposte al moderno cristianesimo impersonato da Lohengrin. Senza rendersene conto, Elsa sta cadendo nella rete di Ortrud, che procede nella sua azione demolitrice con insinuazioni sempre più pesanti sull'identità di Lohengrin, e lo fa cantando sul tema del divieto, sempre sottolineato dal perfido suono del corno inglese!
Elsa invita Ortrud a seguirla nel palazzo, cantando sul frammento di una melodia che tornerà nel terzo atto, all'inizio del suo dialogo notturno con Lohengrin. La scena si chiude con un duetto delle due, sostenuto e poi concluso da una lunga e bellissima linea melodica, e con Friedrich che si compiace del fatto che l'infelicità stia entrando in quella casa.
Da qui in avanti e per le restanti tre scene, l'atto è tutto un susseguirsi di momenti drammatici, che ne interrompono altri più sereni o maestosi (caratterizzati dalla presenza costante dei cori): sono Ortrud e Friedrich a rompere più volte la solennità dei festeggiamenti, tessendo la loro trama volta a soggiogare la fragile personalità di Elsa, continuando a insinuarle atroci dubbi sull'identità di Lohengrin (a proposito, Lohengrin si identificherà come tale solo alla fine dell'opera; prima, nessuno conosce il suo nome; il parallelo con il primo atto della Walküre - Siegmund - è evidente).
Vediamo: la terza scena rappresenta l'alba del nuovo giorno e la città che si rianima (con i due cori maschili, divisi in otto voci) poi l'araldo che ha ancora modo di mettersi in bella mostra, annunciando i proclami del suo re. Ancora i due cori che acclamano Lohengrin, prima dell'intervento drammatico di Friedrich, che per ora si fa riconoscere solo dai suoi fidi, promettendo vendetta contro lo straniero innominato.
La quarta scena si apre con Elsa che esce dal palazzo, scortata dai cori maschili, su una dolcissima melodia, ondeggiante dal MIb al MI naturale al MIb, che era fugacemente apparsa all'inizio della seconda scena. Si aggiunge poi anche il coro femminile e dei fanciulli, fino alla nuova rottura, clamorosa questa, da parte di Ortrud, che affronta Elsa pubblicamente. Elsa cerca di reagire, spalleggiata dai cori, ma Ortrud ha ormai scardinato le sue certezze…
Scena quinta: arriva il re, poi Lohengrin, in cui Elsa cerca conforto e protezione. Si avviano maestosamente verso la cattedrale, ma ecco la nuova irruzione di Friedrich, che questa volta affronta tutti a viso aperto, reclamando giustizia contro le arti magiche di Lohengrin (ed è nientemeno che il motivo della legge, comparso nel primo atto, a sottolinearne, per ben due volte, le pretese). Lohengrin si difende a sua volta, dichiarando che solo ad Elsa è tenuto a rivelare la sua identità; e la prima sezione del motivo del divieto, sempre nel timbro cupo e rabbrividente del corno inglese, sostenuto dal clarinetto basso e dai fagotti, si insinua ancora malignamente, quasi a rappresentare musicalmente lo strumento di questa specie di lavaggio del cervello, cui Elsa è sottoposta e a cui per il momento resiste (ma ormai sarà ancora per poco…)
Inizia ora un concertato generale, che sarà chiuso dal tema del divieto: i cinque personaggi principali vi esprimono i rispettivi stati d'animo, con i cori maschile, femminile e dei fanciulli (significative le parole di Ortrud, poi riprese da Elsa: "il dubbio sta nel profondo del cuore").
Poi il re acclama ancora Lohengrin, ma in quel mentre ecco una nuova drammatica intrusione, ancora di Friedrich, che stavolta avvicina Elsa, rimasta sola in disparte, e le propina le ultime insinuazioni su Lohengrin (promettendole inoltre di intervenire quando lei e lo sposo saranno soli, la notte successiva) prima che questi lo allontani e conduca Elsa con sè, avviando la fine dell'atto, che è maestosa e toccante, con il corteo nuziale che entra nella cattedrale accompagnato da una musica celestiale, organo compreso, ma tuttavia velata dall'immanente presenza di Ortrud, col tema del divieto che si ripresenta per l'ennesima volta, ed in modo a dir poco tracotante, fortissimo in trombe e tromboni, poco prima della chiusa.
Atto III
Subito dopo il vigoroso preludio (molto trascinante, ma per la verità piuttosto fuori dal contesto, quasi un ultimo cedimento agli stereotipi del grand-opéra) ecco la prima scena, con la famosa marcia nuziale, che si dovrebbe sempre eseguire con la massima delicatezza e leggerezza (ma ahinoi, quante volte sarà stata strapazzata da beceri organisti di parrocchia, che la suonano invece come se dovesse accompagnare una sfilata di panzer!)
Poi la seconda scena, il dialogo Lohengrin-Elsa, in un crescendo drammatico fino al suo apice (la domanda proibita sulle labbra della donna, che infrange il divieto…) e all'irrompere di Friedrich, trafitto da Lohengrin; il lungo dialogo fra Elsa e lo sposo innominato traccia già la strada su cui, in futuro, si muoveranno altri duetti wagneriani: Siegmund-Sieglinde e Tristan-Isolde.
Dapprima i due si inseguono sullo stesso tema musicale, chiudendo la frase su una cadenza classica e tradizionale, verdiana si direbbe. Poi Lohengrin ne introduce un altro, cui Elsa risponde col ricordo del suo sogno (e il tema di Lohengrin si affaccia negli strumentini…) Ma ecco che in lei comincia ad affiorare l'ansia: come risuona dolce il mio nome sulle tue labbra, dice allo sposo, ma quando potrai tu sentire il tuo dalle mie?
Lohengrin cerca di sviarla intonando una nuova, dolcissima melodia, ma Elsa è ormai incamminata sulla china che la perderà… ed infatti il tema del divieto si insinua ancora, durante la sua replica, sempre nel corno inglese, spalleggiato dal clarinetto e dall'oboe.
Lohengrin cerca di fare ancor meglio… anche musicalmente, intonando un nuovo bellissimo tema (di cui Richard Strauss si ricorderà in Salome) ma ottiene l'effetto opposto, poichè è costretto a motivare - e quindi ribadire - il suo divieto (il cui tema gli strumentini sottolineano impietosamente).
Lohengrin afferma, stentoreo, che lui viene da un mondo di luce e amore (e lo fa quasi sulle stesse note con cui, più tardi, rivelerà il suo nome!) Ma Elsa sta ormai cedendo, e canta la sua angoscia, sempre più fuori di sé: adesso - sul relativo tema - vaneggia del cigno che torna a riprendersi Lohengrin e a portarlo lontano da lei… infine sbotta: voglio sapere chi sei! e il tema del divieto letteralmente esplode, fortissimo nei corni, a spalleggiare gli strumentini: la frittata è fatta, Elsa sciorina tutte le domande proibite, mentre a Lohengrin non resta che pronunciare frasi smozzicate di delusione e di dolore.
A questo punto Wagner ci propone uno dei suoi magistrali colpi di teatro: Friedrich, come aveva promesso ad Elsa alla fine del secondo atto, entra con i suoi compari, Elsa lancia a Lohengrin la spada, con cui Friedrich viene steso all'istante (qui val la pena di notare un particolare: è il timpano a sottolineare, con i suoi rintocchi lugubri, la morte di Friedrich; Wagner utilizzerà questo strumento altre volte, in simili circostanze: nel Rheingold, ad accompagnare gli ultimi rantoli di Fasolt, ammazzato dal fratello Fafner, nella Walküre, allorquando Hunding verrà annichilito da un solo gesto di Wotan, nel Götterdämmerung, per raccogliere l'ultimo pensiero per Brünnhilde di un Siegfried morente).
A questo punto ritorna, ma sfiorito e dolente, uno dei temi che avevano poco prima sottolineato la felicità di Elsa e Lohengrin. Elsa implora pietà, ma le risponde, nientemeno!, che il tema della legge. Poi è sul tema di Ortrud che inizia la transizione verso la scena successiva: Lohengrin annuncia che spiegherà tutto davanti al re e al popolo, e lo fa sul tema del divieto, che poi accompagna Elsa e infine, prima fortissimo, poi più smorzato, seguito dal Gral, nei tromboni, chiude la scena.
Nella terza scena si torna quindi sulle rive della Schelde, dove arrivano le masse (prima i brabantini, a cavallo!, divisi in quattro gruppi che sopraggiungono da direzioni diverse, poi i germanici col re) che intonano un colossale inno, puramente strumentale, con fanfare, squilli di tromba e secchi colpi di timpano in gran quantità (e con strumenti che suonano anche sulla scena, compreso un tamburo a tracolla). Per distinguere le varie bande, Wagner le fa suonare in tonalità diverse: la prima esecuzione dell'inno è in MIb maggiore, poi c'è una transizione a RE maggiore e da qui a FA maggiore, tonalità in cui l'inno viene presentato per la seconda volta; adesso si passa a MI maggiore e da qui al solenne DO maggiore, esposto dalle truppe del re, e che sorregge la terza ed ultima replica dell'inno, chiusa dall'intervento del coro maschile al completo. (Non c'è dubbio che questa scena sia un estremo tributo di Wagner alle regole del grand-opéra e certo, se qui il direttore si lascia andare, il rischio di cadere nel grossolano e nel banale è altissimo).
Ora siamo alla stretta finale: il saluto del re, il trasporto della salma di Friedrich, l'arrivo di Elsa, accompagnata dall'ultima apparizione del tema del divieto (che il ritmo qui ci rappresenta come un vero e proprio fardello, pesante e difficile da sopportare), l'arrivo di Lohengrin, come sempre accompagnato dal suo tema e dai cori al completo.
Poi, dopo aver annunciato che non potrà restare in quella terra, e appoggiandosi su un poderoso intervento del tema della legge, Lohengrin chiede e ottiene assoluzione per l'uccisione di Friedrich, quindi dichiara rotta la sua unione con Elsa, per colpa di lei, che ha tradito il giuramento fatto, e si appresta a fare le sue rivelazioni…
È il tema del Gral, sempre in LA maggiore, a introdurre l'auto-identificazione di Lohengrin, dove viene sottoposto ad una serie continua di modulazioni, lungo il racconto della storia e del significato di Monsalvat e dei cavalieri che vi operano con Parzival, padre di Lohengrin, il cui tema esplode nel momento in cui il suo nome viene finalmente rivelato a tutti. Quindi, il commiato di Lohengrin da Elsa e dal re (purtroppo questa parte, caratterizzata anche da un concertato a tre voci, più i due cori, viene spesso e volentieri – e financo a Bayreuth - tagliata da direttori che vanno ben al di là della volontà del compositore).
L'arrivo del cigno, accolto da Lohengrin, con il suo tema fattosi quasi lamentoso, l'ultima invocazione (quasi un'imprecazione, per la verità) e l'addio di Lohengrin ad Elsa, poi ancora un sussulto drammatico: è l'estremo colpo di coda di Ortrud, il cui sfogo, la sfrontata confessione e il grido di vendetta degli déi pagani contro i moderni miscredenti, portano alle battute finali: la trasformazione del cigno nel piccolo Gottfried, il fratello del cui omicidio Elsa era stata fraudolentemente accusata, la partenza di Lohengrin, sempre accompagnato dal suo tema, Elsa che spira e il Gral che chiude con un fortissimo LA maggiore.