La stagione
principale è ripresa ieri con il Concerto n°11, diretto da Kolja Blacher. Il quale questa
volta si è limitato a calcare il podio, lasciando l’onore del solista di
violino a Javier Comesaña,
23enne andaluso in rapida ascesa, dotato di un Guadagnini del 1765.
La prima parte
del concerto è riempita da Lenny Bernstein e dalla sua Serenata dal Simposio di Platone, opera del
1954, composta su commissione della Fondazione Koussevitzky e presentata in origine alla Fenice, con l’Autore sul podio e il
grande Isaac Stern al violino, accompagnato dalla Israel Philharmonic.
Rimando all’Appendice per un’esplorazione più dettagliata dell’opera.
Opera che viene opportunamente introdotta da una simpatica quanto interessante esegesi-parafrasi del Simposio
presentata dal grande Massimiliano Finazzer Flory.
Poi
arriva
Comesaña
e sciorina tutta la sua sopraffina tecnica nel porgerci questa musica che
mescola tradizione classica con jazz, bachiane cadenze ed atmosfere da musical…
E l’ensemble che lo accompagna,
sapientemente guidato da Blacher e dal Konzertmeister Dellingshausen, svolge
alla perfezione il suo compito, meritandosi convinti applausi dal pubblico non propriamente
oceanico (insomma: pochi ma buoni!): sugli scudi in particolare il violoncello
di Mario Shirai Grigolato, degno partner di Comesaña nella difficile
cadenza di… Diotima.
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Dopo
l’intervallo, ecco la Scozzese di Mendelssohn. Blacher ne dà
un’interpretazione asciutta ma vibrante, che evoca perfettamente le atmosfere ossianiche
delle Ebridi, le folate di vento e le mareggiate che costellano l’iniziale Allegro
un poco agitato. Fausto Ghiazza arabesca da par suo le acrobazie del
clarinetto nel Vivace non troppo. Mirabile la resa della struggente
melodia dell’Adagio, e poi trascinante l’Allegro vivacissimo,
chiuso infine dalla vittoriana apoteosi.
Grande
successo per tutti, e Insomma ancora una gratificante serata di musica.
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Appendice:
la Serenade dal Simposio.
Queste le note
introduttive al lavoro redatte dallo stesso Bernstein:

Nel Simposio di
Platone si celebrano le magnifiche e progressive sorti dell’Amore. La
Serenade è strutturata in cinque parti che ripercorrono, senza rispettarne
rigorosamente la sequenza, i lavori del Simposio (che fu in
realtà una prosaica mangiata e soprattutto… bevuta) evocando i principali
interventi di sette dei convenuti, i cui nomi compaiono in testa a ciascun
movimento del concerto.
Bisognerebbe entrare nella
mente di Bernstein per cogliere le oscure sensazioni da lui
provate alla lettura del Simposio e poi dalla sua penna tradotte in
musica. Le note lasciate dal compositore e riportate più sopra furono in realtà
redatte a-posteriori, e chiariscono più che altro le relazioni di
carattere musicale fra i diversi movimenti del concerto. Questa è comunque
musica che si può apprezzare anche senza necessariamente rifarsi al platonico
testo.
Orchestra poco più che
cameristica, con totale assenza di fiati: al corpo degli archi si aggiungono
l’arpa e una nutrita schiera di percussioni.
Proviamo ad esplorarla inquesta esecuzione (1986) della LSO con Gidon Kremer, guidati
dall’Autore.
I Lento – Allegro [Phaedrus-Pausanias]
Abbiamo
qui l’inizio delle… ostilità de simposio, artefici Fedro cui risponde Pausania.
Il violino solista introduce, in tempo Lento, il delicato tema di Fedro, l'amore
descritto come il dio più antico. L’inciso a (soprattutto nella forma a’)
ricorda da vicino un motivo che compare (e poi ne costituisce parte rilevante)
nell’Andante della Sesta di Mahler. Un altro (b)
anticipa scopertamente (salita da tonica a quarta aumentata e poi alla quinta)
l’appassionato Maria! di West Side Story:

Il tema (fugato) viene ripreso a canone (1’02”) dai
primi violini, quindi (1’55”) irrobustito dall’ingresso delle
viole e infine espanso al massimo grado (2’48”) da quello dei
bassi, che reiterano enfaticamente l’inciso b, ulteriormente marcato
dagli schianti del piatto sospeso e con il tempo che accelera vistosamente per
preparare la… replica di Pausania.
Dopo questa Introduzione, passiamo al corpo si questo movimento,
che possiamo definire di spuria forma-sonata: il solista vi presenta per
due volte i due temi (T1 e T2) di Pausania, sempre variati e
intervallati da opportune transizioni. Una coda (con lacerti dei due
temi) chiude poi il movimento.
Il tempo passa in Allegro marcato (2’58”)
dove viole e celli sembrano proprio riprendere il discorso di Fedro, cui il
violino solista Pausania (3’03”) comincia ad… obiettare, limitandosi
per ora ad esporre (quasi timidamente e un tono più sotto di quando arriverà il
momento) la cellula iniziale (c) del suo secondo tema. Ma per ora il suo
primo intervento (e relativo tema T1) non fa che riprendere il motivo a
di Fedro per discettarci sopra ampiamente:

Gli archi per un po’ lo seguono pazientemente, fino però a sbottare (3’22”,
supportati anche da arpa, glockenspiel e tamburi) in una
vivace contestazione, con successivo e ripetuto botta-e-risposta con
l’intervenuto:

Questa transizione porta (3’44”) all’esposizione nel
violino solista della sua compiuta visione dell’amore (tema T2) a
partire dalla cellula c, alzata di un tono intero (il nostro ha preso
coraggio!) rispetto al suo iniziale apparire:
Questo secondo tema contrasta nettamente con il primo, presentandosi
irregolare e guizzante, come testimoniano le ricorrenti acciaccature (d):
se Fedro ha santificato l’amore, Pausania si occupa dell’amato,
perché no, anche sul piano… omosessuale (sappiamo come questo aspetto fosse
caro a Bernstein…)
Una nuova – diversa, trionfale, che riprende una parte del tema T2
- irruzione degli archi (4’30”, con arpa e percussioni) sembra
voler irridere Pausania, che è costretto a difendersi citando ancora Fedro (motivo
a). Dopo un momentaneo rallentamento, riprende il tempo Allegro (4’49”)
con l’orchestra che induce Pausania a tornare al tema T1.
Si ripete la prima irruzione degli archi (5’12”) cui
Pausania risponde (5’27”) con la riproposta del suo tema T2,
che stavolta però scende (forma-sonata?) di una quinta giusta, partendo dal SI
sotto il rigo!
Torna
(6’12”) la seconda, trionfale irruzione degli archi (con rintocco
di campana!); archi che poi (6’30”) innescano la coda,
evocando una caotica diatriba fra le posizioni di Fedro e Pausania, con i due
temi che sembrano schizzare qua e là. Finchè (6’51”) è una
versione distorta del tema T2 (con fuoco) a tagliar corto alla
discussione!
II Allegretto [Aristophanes]
Si
noti che Bernstein qui non rispetta la sequenza degli interventi come esposta
da Platone (nel Simposio è Erissimaco a
parlare prima di Aristofane il
quale, con una scusa, salta il suo turno e parla dopo, criticando sia Pausania
che Erissimaco). Il movimento – senza interventi delle percussioni - alterna un
tema languido, femminino, e uno secco, mascolino: un modo intelligente per
presentarci poeticamente il
mito dell'andrògino, caro ad Aristofane. Sono
i violoncelli (7’10”) ad introdurre il primo tema (T3)
esposto dal solista:

Si notino le acciaccature
(d, caratteristiche del tema T2 di Pausania) che si
ripeteranno anche nel seguito del brano. Gi archi riprendono il tema modulando
sottilmente (per 29 battute compaiono ben 7 diesis in chiave!) mentre il
violino solista si abbandona ad una melopea che richiama -largamente – anche
l’inciso a di Fedro.
Un nobile motivo (e,
cantando) viene esposto (8’30”) a canone da celli e viole:

Esso fa da ponte verso l’esposizione (9’01”, scherzando)
del secondo tema (T4) di Aristofane, nettamente contrastante con il
primo, preceduto da un motivo (f) che il solista riprende dagli archi:

L’esposizione di T4
è chiusa dal solista (9’27”, poco largamente) con la
ripresa del motivo e, poi tornato anche negli archi. I quali (9’54”)
ripropongono anche il motivo f, subito imitati dal solista.
Ci si avvia ora alla
conclusione: si odono (10’10”) lacerti del tema T3 nel solista
e – assai enfatizzati (10’39”) - negli archi e arpa,
poi la melopea del solista (10’54”), accompagnata da timidi
interventi di archi e arpa, che sembra svanire nel nulla.
III Presto [Eryximachus]
Erissimaco è
un medico, ma possiede anche grandi conoscenze musicali e il suo è un
appassionato intervento in favore dell'armonia, nel corpo come nello spirito.
In questo brevissimo movimento (poco più di 100 secondi) il solista propone
delle idee e l'orchestra, con sonori interventi delle percussioni, risponde
sempre e perfettamente a tono.
La
prima battuta (11’42”) è suonata da archi, xilofono, timpani e
tamburino: presenta con gran vigore l’inciso g che diventerà
protagonista di uno degli interventi del medico, per poi chiudere (nelle sole
percussioni) il movimento. Si noti
l’ascendenza all’inciso c di Pausanias:

Il solista espone subito
il suo tema (T5) di svolazzanti semicrome:

Tema che evidentemente attira subito l’attenzione - e il massimo
interesse - dei presenti: e così l’orchestra (11’50”) commenta
vivacissimamente questo primo intervento del medico-musicista:

Si noti come l’organico suonante
si irrobustisca via via (divisione dei violini I e II, verso la fine anche delle
viole) il che sembra evocare il progressivo associarsi di voci di commensali ai
commenti e alla discussione! Cosa confermata da come violini I e !! si dividano
le parti (metà battuta a testa).
Il
giochetto si ripete subito: il solista (11’57”) propone il tema T6
(variante del T5):

e l’orchestra (12’01”)
risponde sempre allo stesso modo, ma stavolta chiudendo con lo sberleffo g.
Ora il
solista (12’06”) riprende il tema T5 (sottilmente variato)
a cui appende (12’11”) una cantilena ostinata sull’inciso g!

Il quale passa ora (12’16”)
a violini e viole, che lo reiterano mentre il solista guida una transizione,
sempre in semicrome, poi progressivamente allargando i tempi, con l’orchestra
che lo contrappunta con il tema T5.
Ancora un passaggio (12’32”)
veloce del solista, sottolineato dal motivo g nei violini e lacerti del
tema T5 negli archi bassi. Quindi (12’37”) tutti gli
archi, in fortissimo, ripetono la loro risposta al tema T5, chiusa
dall’inciso g.
Ci si avvia ora alla
conclusione (12’46”) con il tema T6 nel solista, subito
rimbeccato (12’50”) dall’orchestra; segue nel solista (12’54”)
il tema T5. Xilofono, triangolo e piatto sospeso mettono il sigillo con
l’inciso g.
Non c’è che dire…
Un’efficacissima narrativa di dialogo fra un singolo e una muta di
interlocutori!
IV Adagio [Agathon]
Agatone descrive l'Amore come il più buono e bello e giovane di tutti gli
dèi. E Bernstein ci costruisce un mirabile adagio (anzi, se si esclude un
centrale climax,
con prolungato rullo di timpano, quasi un… adagietto mahleriano!) dove agli
archi si aggiungono spesso l’arpa e i sommessi tocchi di timpano.
La struttura del movimento si può così schematizzare:
- Presentazione del tema T7, suddiviso in tre parti: T7a
– T7b - T7c;
- intermezzo orchestrale e climax;
- cadenza solistica;
- ripresa parziale del tema T7: T7a – T7c;
- coda.
Caratteristica peculiare del brano è il richiamo scoperto
all’inciso a di Fedro, che compare fin da subito (13’24”)font-size: 12pt;
proprio nella prima battuta, in violini I e celli, ad introdurre e poi accompagnare il canto
del solista:

Solista che espone ora la sua nobile e lunga melopea (tema T7):

Al T7a succede (14’23”) il T7b, poi (14’57”)
il T7c.
Dopo due battute di ponte, ecco la sezione centrale (15’47”)
riservata ad archi e timpani, dove fa ancora capolino l’inciso a di
Fedro e che si chiude (16’55”, Largamente) con un climax
dal quale prende avvio la Cadenza solistica:

Al termine della quale (18’28”)
il solista ripropone, salvo la battuta iniziale, il tema T7a (con l’inciso a
a far capolino negli archi) e poco dopo (19’01”) il tema T7c.
Sei battute (19’34”)
in ulteriore rallentando, con il solista a tenere un lungo
LA e archi e arpa ad emettere spizzichi dell’inciso a chiudono l’accorato intervento
di Agatone.
V Molto tenuto - Allegro molto vivace
[Socrates - Alcibiades]
Socrate è introdotto,
in tempo sostenuto, dall'intera orchestra, che lascia poi spazio al solista, concertante
con il violoncello: è la nobile perorazione del filosofeggiare di Diotima di Mantinea.
Poi arriva Alcibiade,
ubriaco, e l'orchestra infatti dà in escandescenze, con le percussioni a
contrappuntare rumorosamente il solista.
Molto tenuto. I soli archi (con
iniziale rintocco di campana) espongono (20’23”) il nobile tema (T8)
di Socrate (in figura solo la parte dei primi violini):

Ora (21’59”) il violino solista e il primo violoncello, a
canone, espongono, a mo’ di cadenza, la filosofia di Diotima (l’Amore è un
dèmone, né divino né umano):

Il solista riprende poi (23’14”)
il tema di Socrate,
variandolo (T8a) sia nella tonalità che nella struttura, accorciata e
modificata nella parte finale per prefigurare il… putiferio che si annuncia:

2. Allegro molto vivace. È
l’irruzione nel simposio di Alcibiade ed altri ubriaconi. Bernstein lo
cataloga come un (in realtà eterodosso) Rondò. Si può schematicamente
suddividere così:
- Introduzione: è puramente
orchestrale, aperta da due schianti (24’37”), e anticipa alcune
caratteristiche ritmiche (tipicamente jazzistiche) del brano e uno dei
temi (T9) che tornerà nel seguito.
- sezione A: è proprio il
tema T9, assai melodico, che viene ripreso (25’18”)
e poi ampliato dal solista (vi fa capolino anche l’inciso a di Fedro):

Il quale poi lo completa (25’31”) con un passaggio
improvvisamente più nervoso, per poi zittirsi mentre l’orchestra (25’42”)
gli risponde con un tema (TA) che ha il sapore proprio di una danza da
un musical di Broadway:

Tema ripreso subito (25’48”) dal solista, che poi prosegue
la sua melodia, finchè (26’16”) accompagnato dall’orchestra, non
ne presenta una variante ancor più smaccata (TAb), cui segue una nuova
scorribanda (proprio da musical) che poi sfuma, portando a chiudere
questa sezione.

- sezione B: (26’51”)
dopo un iniziale esplosione, sembra occupata (26’58”) da una
pausa del frenetico vociare precedente, con solista e orchestra che paiono
smozzicare frasi sconnesse e poi sonnolente; ma (27’35”, Agitato)
ecco ripartire l’allegra goliardata di Alcibiade&C, con grandiosi e
frenetici passaggi sincopati.
- sezione C: ripropone (28’09”)
pari-pari la sezione A.
- Coda: è il solista (29’45”)
a dare il via alla parte conclusiva del simposio, con il tempo che gradatamente
accelera e il suono dell’orchestra (30’01”, Presto vivace)
che si ispessisce sempre più. Ricompare anche (30’17”) il
pacchiano tema TAb, poi (30’40”) il solista si imbarca in
un travolgente passaggio in semicrome che culmina nella precipitosa
chiusura.