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18 marzo, 2017

2017 con laVerdi – 12


Leonard Slatkin torna dopo lungo tempo a guidare laVerdi in un concerto dedicato a Berlioz, con antipasto... moderno. 

Ascoltiamo infatti in apertura Circuits dell’americana Cindy McTee (che casualmente risulta essere... la moglie del Direttore!) una breve composizione del 1990 per strumenti a fiato e percussioni, poi ristrumentata anche con gli archi. Stando all’Autrice, il titolo si giustifica con la presenza di ostinate ripetizioni motiviche su un tappeto di insistenti semicrome. Ciascuno può farsene un’idea (anche di come la dirige il maritino!) qui.

I 5 minuti passano tutto sommato abbastanza piacevolmente, con un progressivo arricchimento di spunti melodici che rompono la monotonia dell’ostinato sottostante. Applausi che non si negano mai in simili circostanze; tanto più quando a riceverli sono due simpatici turisti yankee di mezza età, lui tarchiato, canuto e cicciottello (gli hanno messo un gradino per salire sul podio); lei magra, asciutta, con corta capigliatura argentea...
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È un ritorno anche quello di Lisa Larsson, nuovamente qui dopo più di due anni per interpretare la Cléopâtre, una scena lirica per voce ed orchestra, nella quale Berlioz musicò (1829) versi di Pierre-Ange Vieillard de Boismartin, ispirati alla morte della Regina egiziaÈ suddiviso in 7 sezioni (qui il riferimento ad un’interpretazione della grande Jessie Norman): 

1. Introduzione strumentale (Allegro vivace con impeto

2. Recitativo (1’39”) C'en est donc fait! 

3. Aria (3’11”, Lento cantabile) Ah! qu'ils sont loin ces jours... 

4. Recitativo (9’26”) Au comble des revers... 

5. Méditation (10’35”, Largo, misterioso) Grands Pharaons, nobles Lagides... 

6. Aria (15’40”, Allegro assai agitato) Non!.. non,  de vos demeures funèbres... 

7. Recitativo misurato (18’40”) Dieux du Nil... vous m'avez... trahie! 

Alla maniera di Rossini, anche Berlioz reimpiegò passaggi di quest’opera piuttosto sfortunata (non gli procurò l’ambito Prix de Rome e passò presto nel dimenticatoio) in lavori successivi: le cinque battute (dal n°3)  sul verso Où sur le sein des mers, comparable à Vénus furono impiegate nel Cellini (e da qui nel Carnaval); l’intero passo della Méditation (n°5) fu riutilizzato per musicare il Choeur d'ombres (n°2 del Lélio); un passaggio dell’aria n°6 (da Du destin qui m'accable est-ce à moi de me plaindre?) fu impiegato – con modifiche - nell’Ouverture con coro La Tempête (poi divenuta il n°6 del Lélio).

La bella e bionda Lisa sfoggia la sua voce non potentissima ma assai apropriata ad esprimere i sentimenti di questa donna un po’ complessata e certamente ferita, che per Berlioz sarà una specie di apripista della futura Didon dei Troyens. Per lei applausi calorosi, mentre a laVerdi va il merito di aver proposto quest’opera che non merita proprio di rimanere nel dimenticatoio.
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Chiusura con la Fantastica, uno dei cavalli di battaglia dell’orchestra. C’è anche qui un labile e indiretto legame con la Cléopâtre: il celebre tema dell’Idée fixe viene da una delle altre tre cantate (Herminie) scritte da Berlioz per i concorsi al Prix de Rome

Slatkin dirige a memoria, ci mette qualcosa di suo a livello dettagli, esegue anche il ritornello dell’esposizione, ma a memoria suona evidentemente anche l’Orchestra, che sciorina una delle sue prestazioni solide e trascinanti. Alla fine ovazioni e applausi ritmati, innescati dai... piedi degli orchestrali per omaggiare il simpatico Leonard.

02 ottobre, 2015

Orchestraverdi 14-15 – Concerto n° 53


Il terzo concerto della stagione autunnale de laVERDI, diretto da Gustavo Gimeno (che torna in Auditorium dopo due anni) ha un’impaginazione insolita ed interessante. Peccato che ieri sera a goderne fossero proprio pochi intimi…

Dopo l’ennesima invenzione expositiva di Nicola Campogrande (con la Cina… vittima di turno!) ecco la schumanniana Ouverture dalle musiche di scena per il Manfred. Che è in realtà un compendio dell'intero dramma, quasi un poema sinfonico. Dopo l'introduzione lenta si presenta, in MIb minore, un tema agitato, che ben rappresenta l’instabilità psichica del personaggio di Byron. Esso si sviluppa poi nella relativa FA# maggiore, per introdurre il tema elegiaco, femminile, legato ad Astarte, l'amore proibito, origine di tutti i complessi esistenziali del protagonista (e, potremmo dire, pure dei suoi due autori!) Da qui in poi, secondo i canoni della forma-sonata, i temi si sviluppano, si intrecciano, si confrontano e scontrano, fino a quando il tema di Astarte, canonicamente scivolato nella tonalità di impianto – momentaneamente virata a maggiore - conduce ai lenti accordi di MIb minore della mesta conclusione.

L’attacco dell’Ouverture presenta una sola battuta (4/4) con agogica Rasch (Impetuoso) e metronomo 132 semiminime. Ciò significa che le tre strappate dell’orchestra (altrettante semiminime, in realtà coppie di crome legate) dovrebbero occupare meno di un secondo e mezzo. Dopo la corona puntata che chiude la prima battuta, si passa a Langsam (Adagio) con metronomo più che dimezzato (63). Bene, ora ascoltate come fa suonare quella prima battuta il sommo Furtwängler ai Berliner nel dicembre del 1949: il contasecondi di youtube ci dice: in 3 secondi! Cioè a 60 di metronomo. Insomma, il sommo ha bellamente ignorato il Rasch e ha fatto anche l’attacco in Langsam! Ohibò. (Però con i Wiener ha cercato di rimediare…)

Ora, dato che Gimeno ha più o meno (per far rima) rispettato il Rasch, dobbiamo concludere che è meglio di Furtwängler? Beh, di polenta ne deve mangiar molta ancora, però almeno non si diletta a correggere le partiture altrui! E così l’Orchestra gli ha fatto fare una bella figura.
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Rolf Martinsson, classe 1956, è già stato ospite qui in Auditorium all’inizio del 2014, quando Xian presentò la prima italiana di A.S. in memoriam. Da quel successo nacque l’idea de laVERDI di commissionargli (insieme alla Tonhalle-Orchester di Zurigo e ad altre orchestre) questo ciclo di Lieder (Ich denke dein…) su testi di Rilke, Eichendorff e Goethe. Il ciclo è dedicato al soprano Lisa Larsson, divenuta la musa del compositore, che lo ha presentato in prima a Zurigo lo scorso gennaio. Ecco qui la stessa Larsson in occasione della terza presentazione del lavoro, lo scorso marzo al Concertgebouw, con Albrecht sul podio: 1-LiebesLied, 2-BlaueHortensie, 3-DieLibendeSchreibt, 4-Mondnacht, 5-NäheDesGeliebten. Questa di Milano sotto la bacchetta di Gimeno (guarda caso c’entra un po’ anche lui con il Concertgebouw, avendovi suonato come percussionista) è la quinta uscita del ciclo, diretto già da Storgårds e Manacorda, oltre al citato Albrecht.

Non è dato sapere se è una novità assoluta, riservata agli amici milanesi, ma Martinsson ha deciso di cambiare la sequenza dei brani, portando in testa il rumoroso Nähe Des Geliebten e chiuso quindi con lo straussiano Mondnacht (con tanto di violino e violoncello solisti).

Che dire? Un salto all’indietro di almeno un secolo? A partire dai testi: Rilke (1907 e 1906); Eichendorff (1835) e Goethe (1807 e 1795). Alcuni dei quali (Eichendorff e Goethe) già più volte musicati da famosi romantici dell’800, a cominciare da Schubert e Mendelssohn. E nella musica in effetti c’è un po’ di Mahler, di Strauss, parecchio Schönberg, di cui Martinsson è cultore (qui però è uno Schönberg ancora non seriale!) e magari qualcosa di Scriabin, con ampi squarci di atmosfere nordiche, ma anche incursioni a… Broadway e Hollywood! Insomma, una specie di gradevole amarcord, che i maligni potrebbero derubricare a facile scopiazzatura, o considerare tuttalpiù adatto ad accompagnare qualche pretenzioso reality

In ogni caso si tratta di musica gradevole, che non ti esaspera e che puoi ascoltare quasi (ehm, sì, molto quasi) come fosse… i Ruckert o i Vier Letzte, ecco. Brava la Larsson, che esibisce una bella voce corposa e buon portamento (non per nulla è interprete apprezzata di Mahler e Strauss!) e così ringrazia il compositore (presente in sala e salito sul palco) per la dedica dei 5 canti.  
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Chiude la serata l’enigmatica Quinta di Prokofiev. Queste musiche composte in piena guerra sotto Stalin ti lasciano sempre il dubbio (vale pure per Shostakovich) sulla sincerità dell’ispirazione: la libertà cui il compositore allude sarà quella da Hitler o anche e soprattutto quella da Zdanov? E nella retorica del grandioso corale verso la fine dell’Andante introduttivo, quanto c’è di affettato e di ammiccante al potere? Meno ambiguo lo Scherzo, con quel caratteristico ritmo da treni sferraglianti o magli di industria bellica interrotto dal Trio per una meritata pausa di riposo. Ispirato ma anche piuttosto cupo l’Adagio, che ha tratti espressionisti e ricorda l’ultimo Mahler, chiudendo con una evanescente cadenza del clarinetto. Il finale Rondo riprende ciclicamente il tema dell’Andante iniziale ma poi si rimette a correre come un treno, impegnando tutti (ottoni in primis) allo spasimo, fino all’esilarante conclusione sul terzo tempo della battuta.        

Eccellente la prestazione dei ragazzi, che questa musica hanno quasi nel sangue, eredità del venerabile Delman e di altri maestri russi (Barshai, Fedoseyev, Caetani) che si sono succeduti negli anni alla guida dell’Orchestra. Successo quindi caloroso e meritati applausi per tutte le singole sezioni dell’Orchestra (che di Gimeno potrebbe anche farne… a meno? strasmile!)