XIV

da prevosto a leone
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08 dicembre, 2010

Barenboim, Bondi e Stinchelli



 
Ieri sera il Maestro Scaligero (che si è anche auto-incensato per quel bizzarro titolo, ma lo perdoneremo volentieri per meriti artistici) ha ricordato - anzi ha proprio letto, da un foglio che aveva in tasca, per non rischiare figuracce - l'Art. 9 della nostra (ma lui ha preso anche il passaporto italico? smile!) Costituzione, che promuove lo sviluppo della cultura. Applausi scroscianti, assai lontani dalle vibrate proteste che avevano accolto i proclami sindacali anti-Bondi in più di una rappresentazione della scorsa stagione (il pubblico era diverso: per la cronaca, c'era un tale Napolitano…)

 
Oggi il simpatico Enrico Stinchelli, prima di ripeterle alla radio dalla prua (o poppa) della sua barcaccia, ha scritto parole assai dure sul suo blog. Sintetizzando al massimo, ha riconosciuto la legittimità (direi l'ovvietà) del richiamo di Barenboim, ma al contempo ha stigmatizzato l'uso improprio (tradotto: ladri!) che delle pubbliche risorse hanno fatto e fanno tuttora i responsabili dell'italico teatro d'opera. Fra i quali cita, ma senza nominarlo e senza calcar la mano, anche l'ineffabile Lissner. Fra i teatri in via di bancarotta cita anche il Massimo di Palermo. Che però, a credere al suo sovrintendente, sarebbe invece un modello da imitare! (salvo leggerne attentamente i bilanci).

 
Se la prende poi, il nostro Enrico, con la visione statalistica del sostegno alla cultura, che preclude in maniera antiquata e rigida l'ingresso ai privati. I quali, secondo lui, investono e rischiano di tasca loro. Però non spiega come accada che il 16% - mica quisquilie e pinzallacchere – del budget della Scala venga da investimenti privati (quelli pubblici sono circa il 45%). L'Orchestra Verdi di Milano (nel suo piccolo) ha più del 30% del suo budget coperto da contributi privati, contro il solo 10% di quelli pubblici. Ma com'è che Garrone è entrato nel CdA del CarloFelice? Ci rischia soldi suoi, come sostiene Stinchelli, o forse qualcuno gli ha promesso di lasciargli portare la benzina a 2 euri? Altra domanda: ma chi e cosa preclude in maniera rigida l'ingresso ai privati? Certo, una maggiore detraibilità fiscale degli impegni finanziari potrebbe migliorare la situazione, ma queste barricate io non le vedo proprio; la domanda, caso mai, è: non c'è per caso - nei privati, aziende e cittadini – un interesse solo marginale per la cultura? E qui si dovrebbe tirare in ballo non Bondi, ma tale Gelmini, almeno credo io.

 
Altra cosa che il buon Enrico si guarda bene dallo scrivere è che dello sperpero di risorse pubbliche sono responsabili, oltre alle poche decine di sovrintendenti e loro manutengoli, anche i sindacati che – coscientemente o ingenuamente – si rendono complici spesso e volentieri della mala gestione.

 
Purtroppo il dramma italico è che, a reclamare rigore, sacrifici e moderazione sono gente come – appunto – Brunetta, Bondi, Gelmini e, più di tutti, l'esperto in evasione fiscale Giulio Tremonti. Mentre per il loro padrone – mai visto in un teatro d'opera - tout va bien, madame la marquise


24 giugno, 2010

Ma cosa ha fatto di male l’Orchestra Verdi?

Nel 2009:

- ha prodotto 265 concerti: uno per ogni giorno feriale dell'anno, comprese le… ferie!

- ha avuto più di 5.000 abbonati.

- ha gratificato con la sua musica più di 190.000 persone.

- ha incassato al botteghino (biglietti + abbonamenti) più di 1.200.000€.

- ha incassato per concerti fuori programma (soprattutto fuori sede) quasi 1.800.000€.

- ha occupato (mediamente, e solo per le attività artistiche) più di 200 persone.

Queste cifre - da sole – dovrebbero già dire qualcosa: giusto come riferimento, il più grande teatro italiano (la Scala) ha avuto, nel 2009, 500.000 spettatori e circa 10.000 abbonati. Del resto, basta che ognuno faccia riferimento a istituzioni che gli sono vicine (che so, il Teatro lirico della propria città) per rendersi conto che i numeri de laVerdi sono di assoluto rilievo.

E ancor più lo sono se si guarda nel campo delle istituzioni concertistiche. Se si escludono Santa Cecilia (che è inserita fra le Fondazioni lirico-sinfoniche, insieme ai teatri) e l'orchestra RAI (che gode per sua natura di un trattamento sui-generis) laVerdi è – e di gran lunga – al primo posto in Italia, considerando tutti gli indicatori sopra citati: eventi, spettatori, abbonati, ricavi diretti e personale artistico occupato.

E invece – e da qui la domanda del titolo – è all'ultimo posto della classifica quanto a consistenza di contributi pubblici, che sappiamo essere indispensabili per la sopravvivenza di qualunque istituzione artistica (le Fondazioni liriche hanno ricavi diretti che coprono dal 5% al 20% dei costi, al massimo – Scala - al 40%; il resto deve essere coperto da finanziamenti, pubblici o privati).

Proprio in questi giorni si discute tanto – e a ragione - dei tagli di Bondi. Ecco, laVerdi questi tagli li ha subiti quasi ininterrottamente, dalla sua fondazione (1994) ad oggi! Nel senso che: da Stato, Regione, Provincia e Comune ha ricevuto – e neanche sempre – solo qualche briciola. E solo dopo grandi sforzi e fatiche, un paio di anni fa, ottenne dal Ministero una somma una-tantum a parzialissima riparazione, per così dire, dei torti subìti.

Ma la latitanza delle pubbliche Istituzioni è poi ripresa, con pochi squarci di luce. Prima il Comune di Milano e poi la Regione Lombardia si sono convinti che laVerdi meriti almeno il trattamento di altre associazioni concertistiche, ed hanno cominciato ad erogare qualche contributo. Ma è lo Stato che ancora non fa – per così dire – il suo dovere. Dopo aver riconosciuto che laVerdi ha il buon diritto ad accedere alle risorse centrali (del FUS) per una certa cifra annua, pur al di sotto della media, ha di fatto stretto i cordoni della borsa. Il risultato è che laVerdi ha chiuso il 2009 con un passivo che è precisamente pari al mancato contributo dello Stato.

Intendiamoci: nessuno qui si lamenta per il sostegno dato all'Orchestra Sinfonica Siciliana, o a quella dei Pomeriggi Musicali, o a qualunque altra Istituzione musicale italiana, ci mancherebbe! Quei fondi ancora non bastano a coprire i loro costi di gestione, e tutte le Istituzioni, lo sappiamo, sono sempre e costantemente in rosso.

No, la cosa inspiegabile – e francamente scandalosa – è che a laVerdi venga riservato un trattamento iniquo, rispetto a quello – comunque inadeguato – riservato ad altri.

E paradossalmente, invece, è proprio laVerdi a costituire l'esempio di gestione più virtuosa, secondo i parametri posti dal tagliatore Bondi: nessuno spazio a indennità strampalate (tipo straordinari erogati per 5 minuti in più di prove); rigoroso calmiere sui cachet degli artisti ospiti (certo, a costo di rinunciare a nomi altisonanti, che però di altisonante hanno spesso solo il… cachet); flessibilità totale nell'organizzazione del lavoro (se serve, il riposo si fa al mercoledì, invece che al lunedì); iniziative di education (dei giovanissimi, ad esempio) a carico della Fondazione; trasferte in Regione, in Italia e anche all'estero, per portare musica e cultura anche dove mancano istituzioni locali.

Ne fa fede anche l'eccellente indicatore degli incassi al botteghino (biglietti + abbonamenti) che rappresentano, in un certo senso, il risultato diretto e più genuino della produzione di un'orchestra (o di un teatro) sia in termini contabili, che in termini di missione (poiché costituiscono precisamente la remunerazione che lo spettatore è disposto a riconoscere a chi gli fornisce lo spettacolo).

Se a laVerdi arrivassero contributi – proporzionalmente – come quelli che ricevono in media le altre Orchestre, laVerdi non avrebbe alcun problema finanziario e potrebbe anzi potenziare il suo intervento e i suoi servizi culturali alla collettività!

Insomma, un esempio da imitare, che in cambio viene… punito!

E però senza che la protesta contro queste evidenti ingiustizie sia mai andata a scapito del pubblico: che non è stato privato di un solo appuntamento, neanche in questo periodo di manifestazioni e scioperi più o meno selvaggi messi in atto – giustamente, per carità – in opposizione ai provvedimenti di Bondi (in realtà: di 3monti).

Conforta il fatto che i milanesi (pubblico, ma anche prestigiose istituzioni, finanziarie e non) mostrino di credere in questa realtà. Grazie all'intervento di importanti Banche, la Fondazione ha potuto acquistare l'Auditorium di Milano Fondazione Cariplo, la cui proprietà verrà nel prossimo futuro in parte ceduta al pubblico, tramite vendita di azioni della società Immobiliare Rione San Gottardo, cui è intestata la casa dell'Orchestra. Importante anche la crescita del numero dei soci: solo negli ultimi 10 mesi (da inizio settembre 2009 a giugno 2010) i soci effettivi (che sono un po' la base popolare della Fondazione, 550€ all'anno di quota) sono passati da 97 a 128, un segnale sicuramente incoraggiante.

Insomma, sarebbe tempo che le pubbliche Istituzioni (Ministero in testa) prendessero finalmente atto – dopo 16 anni! – di questa realtà importante per la collettività (non soltanto milanese) e le consentissero di operare con un minimo di serenità e di sicurezza del domani.

E il domani prossimo è ancora da record: 38 concerti (su 3 turni) nella stagione principale (con tutto Mahler e Schumann) più le diverse iniziative (Verdi Barocca, Crescendo in Musica, Stagione da Camera, ciclo Nino Rota e trasferte varie). Un'offerta difficilmente eguagliabile, e non solo in Italia!

19 maggio, 2010