XIV

da prevosto a leone
Visualizzazione post con etichetta giuliano rizzotto. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta giuliano rizzotto. Mostra tutti i post

08 novembre, 2019

laVerdi-19-20 - Concerto n°6


Tocca ad un giovane direttore spagnolo, Josep Vicent, alla sua prima apparizione sul podio dell’Auditorium, dirigere questo concerto che incastona un brano moderno britannico fra due brani otto-novecenteschi russi.

Si comincia con Musorgski e la sua Notte sul Monte Calvo. È sempre la notissima versione orchestrata da Rimski-Korsakov sulla base dell’Intermezzo dell’opera La Fiera di Sorochyntsi, e non sull’originale La notte di SanGiovanni sul Monte Calvo. Anche se derivate dalle stesse fonti, le due composizioni hanno solo qualcosa in comune, cosa di cui ci si può render conto... ascoltandole (oltre che confrontando le due partiture): qui Rimski con Bernstein e la NYPO; e qui Musorsgki con Abbado e i Berliner.

Purtroppo (per me, almeno) anche stavolta non sono stato accontentato: sì, perchè mi piacerebbe tanto ascoltare le due versioni una appresso all’altra! E vi assicuro che non ci si annoierebbe: pazienza, continuo a sperare... 

Vicent dà veramente la carica del sabba all’orchestra, staccando tempi frenetici che mettono a dura prova la compattezza delle sezioni: ma il risultato è di tutto rispetto e il pubblico (anche qui: pochi-ma-buoni) risponde con convinti applausi.  
___
Ecco poi l’intermezzo contemporaneo, con il Concerto per trombone di Michael Nyman, opera del 1995 commissionata dalla BBC in omaggio al grande Henry Purcell (qui e in video successivi la registrazione della prima). Musica tonale (base RE) ispirata ad un’antica usanza medievale (la chiarivari) consistente nel mettere ferocemente alla berlina persone accusate di comportamenti eterodossi: circondandole per la strada e facendole oggetto di un gran frastuono (musica volgare) ottenuto con improvvisate percussioni. Ecco, il concerto evoca questa situazione di totale conflitto fra il solista (= il peccatore) e la massa orchestrale (= la folla sfottente).

Ma in omaggio a Purcell Nyman cita espressamente - in un’oasi di quiete della sua composizione - un motivo della Marcia del Funerale della Regina Mary, prima di proporre anche una manifestazione di musica volgare presa dal calcio: il ritmo di Come on you Rangers, scandito su scatoloni di latta dai tifosi dei Queens Park Rangers alle partite della Premier League!

È la prima parte dell’Orchestra, Giuliano Rizzotto, ad interpretare questo brillante e spiritato pezzo di bravura. Lui fa il suo ingresso quando il Direttore è già sul podio e suona peripateticamente le 18 battute del suo sognante recitativo, interrotto dalle intemperanze della... folla. Poi supera tutte le impervie difficoltà del brano, guadagnandosi scroscianti applausi dal suo pubblico. 

Così, insieme ai colleghi dell’Orchestra ci offre un bis che ci riporta agli anni ’60, Elizabeth Taylor e Richard Burton...
___
laVerdi si è cimentata più volte con lo Stravinski dell’Uccello di fuoco, ma credo sia la prima volta che ne presenta la terza Suite del 1945. Dal balletto del 1910 il compositore russo estrasse appunto tre diverse Suites (1911, 1919 e 1945) e poi rimaneggiò la terza ulteriormente nel 1947. A puro titolo di curiosità rimando ad un mio vecchio post che contiene una tabella di riferimenti sui contenuti di balletto e Suites (peccato che parecchi link ivi riportati siano obsoleti: colpa di Internet, ovviamente). Si deduce come la Suite del 1945 sia la più corposa delle tre, più di 30’ contro i 15’ della prima e i 22’ della seconda (il balletto complessivamente dura più di 45’). 

Non è detto però che questa maggior corposità si traduca in efficacia: poichè diverse parti si apprezzano assai in un’esecuzione coreografica, assai meno come musica pura, di cui si fatica a cogliere un fondo di narrativa.

In ogni caso i ragazzi sono stati eccellenti, in ogni reparto, e alla fine a tutti sono andati meritatissimi consensi, consensi estesi al Direttore, che ha diretto il brano à-la-Gergiev, cioè senza bacchetta e mediante sfarfallio della mano destra... Chissà se sia un buon segno!

09 giugno, 2017

2017 con laVerdi – 23


Programma USA con intermezzo svedese(-western) per il ritorno di Jader Bignamini sul podio dell’Auditorium. Il Direttore residente è reduce guarda caso da un lungo giro negli States e quindi questo programma gli cade proprio a... fagiolo.

Si apre con Lenny Bernstein e l’Ouverture del suo Candide, meno di 5 minuti di musica inebriante, che sapientemente assembla alcuni dei motivi caratteristici dell’operetta del 1957. È il classico brano fatto per mettere il pubblico a suo agio e predisporlo a gustarsi il resto del programma: missione pienamente compiuta da Bignamini e dai ragazzi.
___
Ora arriva Giuliano Rizzotto, storico primo trombone de laVerdi, per misurarsi con The return of Kit Bones, concerto sceneggiato per trombone e orchestra dello svedese Fredrik Högberg. Esilaranti i risultati della ricerca fatta con le chiavi “kit bones rizzotto” e il motore google: diverse risposte propongono ossibuchi con risotto (!!!)

Composto e presentato per la prima volta nel 2001, è il settimo di una ventina di pezzi di vario genere, ambientati in un immaginario far-west dove fucili, pistole e carabine sono rimpiazzati da trombe, tromboni, tube e bombardini, ed hanno come protagonista il pistolero trombonero Kit Bones. Ecco qui il sesto episodio, il cortometraggio Brass-bones, chiaramente ispirato a Sergio Leone e interpretato nella parte del protagonista da Christian Lindberg, trombonista e compositore svedese.

Il concerto (qui un succinto trailer, sempre con Lindberg che interpreta entrambi i ruoli previsti dal testo) si articola nei classici tre movimenti, corrispondenti a tre diverse scene di film western. 
___
Nella prima parte abbiamo una specie di ouverture bipartita, con una prima sezione rapida e (1’32”) una seconda più lenta e contemplativa. A 2’19” un narratore entra e recita una prima strofa della ballata di Kit, poi (2’34”) canta le due strofe (libera traduzione mia, un po’ diversa da quella ascoltata nell’occasione) che si erano udite anche a 12’25” nel citato filmetto, dove viene presentato il protagonista del concerto:

Librarian
This is the story of Kit Bones.
He ruled the west with a slide trombone.
All alone without a home,
He played his plated bone.

He never missed a brassbone fight.
Fastest slide in the west alright.
Blowed them down, standing alone,
with his slide trombone...

Kit Bones with his slide trombone...
Bibliotecario
Questa è la storia di Kit Bones.
Che dominava il west con un trombone.
Tutto solo senza magione,
lui suonava il suo laccato trombone.

Mai mancò di trombonate una lite.
Il più veloce tiro nel west, che dite!
Li soffiava giù, come un pallone,
col tiro del suo trombone...

Kit Bones col tiro del suo trombone...

Ecco che (3’11”) Kit Bones arriva in scena e subito spara ad un trombettista: ne nasce un duello di... ottoni, con interventi di Kit e versacci assortiti:

Kit
Is that a dagger or what?
(...)
(...)
(...)
You’ve got to ask yourself:
Do I feel lucky today?
Kit
É un coltello quello, o cos’altro?
(...)
(...)
(...)
Forse sarà meglio che ti domandi:
sento che mi andrà bene oggi?

A 4’41” il duello prosegue fino alla vittoria del nostro eroe. Del quale ora il narratore (6’15”) ci descrive le qualità amatorie (beh... per la verità le sue sembrerebbero essere, più che delle trombate, delle trombonate!):

Librarian
Quite attractive to the girls,
Always got them a lot of pearls.
Played them tunes they’ve heard before,
They always wanted more.

But when it came to intimacy,
Kit was not what they believed.
Got undressed, then he caressed
With his slide trombone.

Kit Bones with his slide trombone...
Bibliotecario
Molto attraente per le damigelle,
le copriva sempre di mucchi di perle.
Suonava melodie sentite alla tivù,
e loro ne chiedevano ancor di più.  

Ma quando si finiva a letto,
Kit non era come avevan detto.
Spogliatosi, accarezzava le bellone
con il tiro del suo trombone.

Kit Bones col tiro del suo trombone...

A questo punto (6’49”) il primo trombone dell’orchestra si alza e prende di mira il solista. Ne nasce un nuovo duello nel quale il povero Kit (7’29”) rimane seriamente ferito.  

Seconda parte (movimento lento, secondo tradizione classica): Kit Bones è stramazzato al suolo; cerca lentamente di risollevarsi, ma il dolore è troppo forte. Annaspa sul pavimento, in cerca del bocchino del suo trombone. Tutto sembra perduto, pare quasi di assistere al suo funerale, ma alla fine (1’57”) Kit ritrova il bocchino e ricomincia a suonare, rizzandosi in ginocchio, una lunga e triste melopea, che si chiude perdendosi in lontananza.

Terza parte: lentamente la ferita si rimargina e Kit Bones (48”) ritrova l’abituale baldanza, esercitandosi nientemeno che in vista di un’autentica carneficina: così (3’30”) comincia a sparare in tutte le direzioni, prendendo di mira un orchestrale dopo l’altro. Alla fine (4’01”) colpisce anche il Direttore, che si accascia al suolo:

Kit
Oh no, I shot the maestro...
Talk to me, maestro.
Are you OK, maestro?

Maestro
Aahh...

Kit
Quickly! Hand me the stick
And I’ll finish the piece for you!
Kit
Oh no, ho sparato al maestro...
Parlami, maestro.
È tutto OK, maestro?

Maestro
Aahh...

Kit
Presto! Dammi la bacchetta
e finirò il pezzo al tuo posto!

E così è lui (4’26”) a chiudere il concerto installandosi sul podio!
___
Trattandosi della prima italiana di quest’opera bizzarra, per l’occasione l’Autore è presente in sala (e nel foyer a firmare i suoi CD) e al termine sale sul palco a condividere con tutti il grande successo della sua invenzione.

Rizzotto interpreta da par suo i ruoli del narratore e di Kit, abbigliato come un moderno cow-boy (il suo fisico imponente è l’ideale per questo tipo di personaggio). Alex Ghidotti e Giacomo Ceresani (rispettivamente prima tromba e trombone dell’orchestra) ricoprono i ruoli dei due comprimari che duellano a trombettate-trombonate con Kit, sistemati al proscenio sulla destra e muniti di cappellacci western, mentre Rizzotto entra da sinistra e suona davanti al podio (nel movimento centrale si sposta dietro i violini). Bignamini nel movimento finale si cala in testa un gran cappellaccio bianco e cade eroicamente sotto i colpi del trombone di Rizzotto, che lo trascina fuori, aiutato da uno degli addetti al palco.

Esecuzione davvero strepitosa di tutti, e così Rizzotto ricambia le ovazioni del pubblico con una languida My funny Valentine, accompagnato da pianoforte, contrabbasso e batteria.

Insomma, un successone che dà lustro a laVerdi, confermandone la vitalità e la propensione al moderno e all’innovazione, innestata sulla ormai solidissima base del repertorio di tradizione.
___
La seconda parte del concerto è monopolizzata da George Gershwin, con due composizioni scritte a cavallo del 1930 e ispirate in entrambi i casi ad esperienze di viaggio: si tratta della Cuban Overture (1932) composta dopo una gita ai caraibi e del celeberrimo An American in Paris, che 4 anni prima aveva tradotto in note le sensazioni provate dall’Autore a contatto con la Ville lumièrè.

L’Overture è un brano tripartito, con le due sezioni esterne in tempo vivace che presentano i due temi brillanti, di origine cubana; e quella interna in tempo sostenuto, che ospita un motivo più riflessivo e malinconico. Le percussioni vi hanno un ruolo assai prominente e a loro è riservata (contrariamentee allo standard) anche una posizione molto avanzata nell’orchestra. Seguiamola come interpretata da Lorin Maazel.
___
Dopo 5 battute di introduzione di fiati e percussioni ecco violini, oboi e corno inglese esporre (14”) il motivo della famosa canzone cubana Echale Salsita. Contrappuntato da corni e viole con un altro motivo, che si scoprirà essere l’incipit del secondo tema.

Dopo che il motivo è stato reiterato, ecco (39”) farsi largo un accompagnamento leggermente sincopato che prelude all’ingresso (44”) nei corni, corno inglese e violini, del secondo tema, che nel suo sviluppo (dopo l’incipit già udito prima) richiama - sia pur vagamente (51”) - la famosissima Paloma (dello spagnolo Iradier, ma chiaramente ispirata a Cuba). 

Dopo che il tema è stato reiterato dall’orchestra, ecco comparire (1’58”) un suo controsoggetto più languido, più avanti (2’34”) contrappuntato dal ritorno del primo tema, che poi si ripresenta (3’09”) a piena orchestra, seguito (3’20”) dal secondo.

A 3’43” è il primo tema a cadenzare, sfumando lentamente e, dopo una scarica di bongos, è il clarinetto (3’52”) che introduce con un breve recitativo la seconda sezione (sostenuto).

Oboe, corno inglese e flauto riprendono il precedente recitativo del clarinetto introducendo un tema (4’44”) esposto dai violini, che ricorda, pur da molto lontano, il famoso motivo del blues dall’Americano a Parigi. La cosa si ripete a 5’28”. Poi, a 6’05” i violini entrano con un motivo che ricorda – anche qui assai di lontano – la jota finale dal Sombrero di DeFalla.

Quest’atmosfera piuttosto dimessa si trascina fino a 7’45”, dove abbiamo una stentorea perorazione dell’orchestra, che conduce (8’01”) all’ultima parte dell’Overture (Allegretto ritmato) dove ritroviamo (8’17”) il primo tema nella tromba e subito dopo (8’23”) il secondo negli strumentini. I due temi principali sono ora protagonisti del convulso finale, che si chiude (9’53”) con 18 battute di Coda, dove l’orchestra sembra caricarsi e prendere la rincorsa per il balzo trionfale.
___
Bignamini (che ha disposto le percussioni caraibiche in alto a destra) affronta il brano col giusto cipiglio, mettendone in risalto tutta la freschezza e la latinità. Cura che poi mette anche nell’Americano, trascinando il pubblico all’entusiasmo. Ricambiato, per omaggiare gli archi dopo una serata quasi monopolizzata da fiati e percussioni, con un Gershwin poco più che studente!