La
serie dei Concerti
Sinfonici
della 75ma Sagra Musicale Malatestiana è stata aperta ieri sera, nella monumentale
cornice del Teatro Galli, dalla prestigiosa Concertgebouworkest diretta da Myung-whun
Chung.
Ad
aprire il programma è stata eseguita l’Ouverture del Freischütz
di Carl Maria vonWeber, un’opera che deve essere assai cara al Maestro
coreano, che ne diresse l’ultima apparizione alla Scala, nell’ottobre del 2017.
Si
tratta di una mirabile sintesi del cuore filosofico dell’opera,
incentrato sulla lotta fra il bene e il male, che abitano l’animo
umano nell’arcano scenario della natura, a sua volta splendente, maestosa oppure
oscura e minacciosa.
Inizia
con un cupo motivo in DO (prima dalla tonica, poi dalla dominante)
caratterizzato da ottave ascendenti e successiva discesa, che apre la strada
alla seducente melodia in DO maggiore dei quattro corni, a introdurre lo
scenario profondamente romantico di boschi e montagne. Essa si chiude però in modo
minore, su un sinistro tremolo degli archi, con rintocchi di timpano e di
contrabbassi in pizzicato, che annunciano la presenza rabbrividente
di Samiel, il demonio rappresentante (non cantante!) del male.
Compare
quindi un riferimento all’aria di Max, dalla quarta scena del
primo atto (Doch mich umgarnen finstre Mächte), un motivo agitato,
poiché Max sta subendo l’influsso sinistro di Samiel. È
immediatamente seguita dal terrificante motivo del malefico Caspar,
che si udrà nella gola del lupo, alla fine del second’atto.
Dopo
che i corni hanno fatto risentire i loro squilli, modulando dal DO minore, che
aveva occupato la scena, alla relativa MIb maggiore, ecco che, su un tremolo
degli archi, è il clarinetto che presenta un dolce motivo, che deriva
dall’esclamazione di Max di fronte alla gola del lupo, alla fine del
second’atto (Ha! Furchtbar gähnt der düstre Abgrund!) ma qui
introduce il tema che rappresenta il bene, impersonato dalla
pia Agathe, e la sua nobile aria dalla seconda scena del
second’atto (Süß entzükt gegen ihm) che lei canta all’arrivo dell’amato
Max.
Ma
ecco tornare il DO minore, con il truce motivo di Caspar,
poi ricomparire Agathe, ora in SOL maggiore, ma in un’atmosfera sospesa e
poco rassicurante, che infatti lascia spazio ancora al DO minore dei motivi di
Max e Caspar, e poi ancora alla sinistra presenza di Samiel.
Dopo
un drammatico, interminabile silenzio, una colossale esplosione di DO maggiore
dà inizio alla coda, che è ovviamente occupata dal motivo di
Agathe, adesso in forma enfatica e trionfale, poi ancora ripreso a chiudere in
gloria.
Strepitosa
invero, e accolta da un uragano di applausi, l’esecuzione dei tulipani,
che Chung ha guidato con il suo proverbiale (apparentemente distaccato)
atteggiamento ascetico.
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Avrebbe
dovuto toccare ad András Schiff di sedersi alla tastiera per
interpretare quello che è comunemente ritenuto il più difficile dei cinque
concerti beethoveniani: l’Op.58, in SOL maggiore. Purtroppo, il
pianista ungherese ha dovuto dare forfait per improvvisa indisposizione, e così
il suo posto è stato preso da un conterraneo del Direttore, il trentenne Seong-Jin
Cho, vincitore nel 2015 del più prestigioso concorso pianistico del pianeta,
quello intitolato a Chopin.
E
lui non ha mancato di dare la sua impronta fin dalle cinque battute con le
quali si apre – nel silenzio generale – questo autentico capolavoro.

Per
poi farsi un pisolino mentre l’orchestra suona da sola (per 68 battute!) i temi
principali dell’esposizione.
Da
qui però il simpatico quanto riservato Seong ha avuto modo di inebriarci con il
suo tocco delizioso, facendo sgorgare dallo strumento mirabili cascatelle di
note, culminate nella massacrante cadenza dell’iniziale Allegro
moderato. Quasi espressionista la resa del centrale Andante con moto, e
nuovamente liquido il conclusivo Rondò, che Chung ha accompagnato evitando eccessiva
enfasi.
Gran
trionfo per lui, che ringrazia suonando, anzi sognando, un (Kinder) Schumann!
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Chiusura
davvero in bellezza con Brahms e la sua ultima Sinfonia, l’Op. 90.
Che Chung cesella da par suo, coniugando la severità del burbero amburghese con
il suo confuciano distacco.
Ovazioni
per il Maestro e per tutta la splendida Orchestra, che ci mandano a nanna (…)
con un altro Brahms: la prima Danza magiara!