Con l’ormai consolidata visita annuale
al tempio scaligero, laVerdi ha
aperto la stagione principale concertistica 21-22. Il Direttore musicale Claus Peter Flor ha diretto un programma
tutto’800, con Liszt e Brahms. Prima
dell’inizio la Presidente Ambra Redaelli
ha fatto gli auguri, per gli 88 anni compiuti proprio ieri, al suo predecessore
Gianni Cervetti, presente in sala, che ha guidato la Fondazione fin dalla
sua... fondazione!
Mariangela
Vacatello
(vicina ai 40, ma ne dimostra ancora la metà...) tornata a suonare con laVerdi dopo più di
sei anni, si è cimentata nel pretenzioso
Primo
Concerto del visionario ungherese, opera che ha fatto storia fin dalla sua comparsa nelle sale (la prima a
Weimar nel 1855 con l’Autore alla tastiera e un tale Berlioz sul podio!) per le
sue caratteristiche di innovazione quasi rivoluzionaria: le forme tradizionali
vengono sconvolte (a dispetto delle tre indicazioni di movimento presenti sulla
partitura) e soprattutto i temi vi nascono e si sviluppano, tornando
continuamente ma sempre trasfigurati e a volte irriconoscibili, quasi fossero
personaggi di teatro che via via vengono alla ribalta, ma mutando continuamente
atteggiamenti ed espressioni.
É
così che nel centrale Quasi Adagio e
poi Allegretto vivace ci vengono presentati
nuovi e bellissimi temi, ma vi viene poi ripreso il protervo motivo che aveva
introdotto il concerto in Allegro
maestoso; ed è così che nel finale Allegro
marziale animato non ascoltiamo nuovi temi, ma la summa di (quasi) tutto ciò che si è udito in precedenza. Insomma,
un approccio estetico che nel campo sinfonico verrà più tardi sviluppato in
grandi dimensioni da Richard Strauss
e che, in quello teatrale, troverà in Richard
Wagner il suo inarrivabile campione.
Più sotto chi è interessato
ad approfondire i contenuti del brano trova un mio commento con riferimenti ad un’esecuzione
del 2019 della venerabile Martha Argerich
(con l’OSN-RAI). In
rete si può invece vedere ed ascoltare la Vacatello impegnata nel Concerto, ma purtroppo
solo a partire dall’esposizione del tema K:
basta comunque ed avanza per testimoniare (si legga l’ultimo commento al
video...) delle sue straordinarie qualità tecniche e della sua personalità di
interprete!
Qualità emerse brillantemente anche
ieri: alla tecnica sopraffina, ingrediente essenziale per questo Liszt, lei sa abbinare
anche un gusto interpretativo che va al di là dei puri virtuosismi e rifugge
dal ricorso ai facili effetti. E anche il suo gesto fisico è sempre composto e
concentrato, mai enfatico o appariscente: insomma, un vero piacere ascoltarla!
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Flor
ha
chiuso la serata con uno dei suoi cavalli di battaglia: Brahms e la Quarta. Il Direttore musicale aveva ultimamente diretto
il ciclo delle quattro Sinfonie dell’Amburghese questa primavera, nell’ambito
delle riprese in streaming (tuttora
disponibili on-demand sul portale)
con l’Orchestra al completo sul palco allargatissimo dell’Auditorium deserto. E
anche ieri quello del Piermarini gli ha consentito di disporre di un organico
quasi standard (del resto è noto che la Sinfonia fu eseguita originariamente
con un complesso poco più che cameristico...)
Che dire: che l’esecuzione è stata di
alto livello e che l’Orchestra ha mostrato di essere in forma smagliante,
pronta al prossimo inizio della stagione (30 settembre nel rinnovato
Auditorium). Successo pieno in un teatro occupato in tutti i posti... che il
Covid lascia disponibili.
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Terminato il concerto in
Scala, Piazza Duomo è già gremita per quello della Filarmonica. Che mi sono
goduto - giusto il tempo di rientrare a casa - dalla benemerita RAI5.
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Il Concerto di Liszt.
Ecco un succinto elenco dei principali temi e motivi che compaiono
nella prima parte:

Dopo il tracotante inizio (1’35”)
dove gli archi espongono le due sezioni del tema A, intercalate da un inciso giambico (a, semicroma-croma) dei fiati che ritroveremo spesso e volentieri,
il solista fa il suo imperioso ingresso (1’46”) ripetendo per due volte una perorazione ascendente di ottave (B),
anche lui intercalato dall’inciso (a)
dell’orchestra. Poi (1’57, grandioso) si imbarca anzitempo (stando alle regole in uso ai
tempi) in una Cadenza (C) di accordi che compie un arco
salita-discesa, per poi sfociare (2’05”) nella riproposizione del tema
A, subito sottoposto ad ampliamenti
e virtuosismi (strepitoso) che
esplorano l’intera tastiera.
L’orchestra (2’27”) reitera (più
sommessamente) il tema A seguita dal
solista che, stringendo un poco, sale
dal MIb al MI naturale esponendo (2’37”) un sognante motivo (D) chiuso da un veloce svolazzo che
scende dalla dominante acuta SI si MI due ottave sotto. L’episodio si ripete (2’53”)
con l’orchestra che espone A e il
solista che risponde ancora con D,
ma adesso assai ampliato e arricchito di virtuosismi. Il pianoforte si limita poi
(3’23”)
ad accompagnare il clarinetto che espone il motivo E, chiudendolo poi con un altro veloce passaggio di biscrome.
É ancora il solista (4’05”)
ad esporre (accentata la melodia e rubato)
il tema F, quanto mai romantico, che
viene successivamente ripreso in sequenza (e in tonalità variate) da
clarinetto, violino e celli per poi aprire la strada ad un crescendo e stringendo che conduce (5’04”) ad un colossale
ritorno in orchestra (in FA) del tema A,
seguito da una sua enfatica coda.
Ora (5’17”, con impeto) il solista reitera il tema
in FA#, aumentandone la velocità e facendolo scendere da altezze crescenti ma
sempre più in basso, fino a sfociare nella proterva ripetizione (5’29”,
grandioso) dell’attacco della cadenza
C. Il fagotto (5’39”) esala ancora il
tema A e il pianoforte gli risponde,
come sopra, con il motivo D; la cosa
si ripete (6’02”) protagonista l’orchestra (tema A) cui il solista replica con D,
di cui varia virtuosisticamente la chiusa.
Siamo ormai arrivati (6’31”)
alle ultime 14 battute di questo primo tempo: su veloci arpeggi (quasi arpa!) del solista (che ha in
chiave SI maggiore) l’orchestra (in MIb) ripete il tema A, arricchendolo di continui ondeggiamenti. Compare nel clarinetto
(6’44”)
l’arcata melodica dell’arpeggio C,
finchè il pianoforte (6’52”) su un tappeto tenuto dei
fiati, chiude con una salita di 49 semicrome in ottava (la mano sinistra ne ha
una in più del... dovuto!) e con un’ultima croma sul RE#(=MIb).
Come si evince da questa sommaria
analisi, la struttura di questo primo tempo è ben lontana da quella classica
della forma-sonata che caratterizzava
le composizioni strumentali dell’800. Qui ci si avvicina piuttosto ad una
struttura eterodossa di Rondo, con
tre blocchi tematici messi in sequenza X-Y-Z-X-Y-X.
Una seconda caratteristica
(epidermicamente) innovativa si riscontra nella struttura del secondo tempo: al
classico movimento lento qui Liszt ne aggiunge uno veloce, a mo’ di Scherzo (anticipando ciò che attuerà
molti anni più tardi proprio Brahms
nell’Op.83) e poi chiude questo tempo centrale con il sorprendente ritorno
ciclico del tema A. Ecco lo
schematico elenco dei nuovi temi qui proposti:

Si apre in Quasi Adagio, SI maggiore con il nobile tema G introdotto dapprima (7’00”) dagli archi bassi e poi da
violini e viole e poi (7’40”) compiutamente esposto dal
pianoforte. Si noti l’inciso g (8’11”)
che ritornerà presto a farsi vivo. Ma è soprattutto la seconda sezione del tema
(riquadrata nella figura) che avrà un ruolo importante. Gli archi (9’17”)
ripropongono il tema G subito
incalzati dal solista che (9’31”) parte dall’inciso g per lanciarsi in un serrato recitativo di semicrome con veloce
discesa e risalita di biscrome. Ancora i violoncelli (9’41”) ad esporre il tema
G ((seconda sezione) ma subito il
pianoforte li zittisce riprendendo dall’inciso g il recitativo con maggior vigore, fino a sfociare trionfalmente (9’55”)
nel DO maggiore dell’eroico tema H
(una chiara derivazione dalla seconda sezione del G) chiuso da una veloce discesa di biscrome.
Sempre in DO maggiore ecco (10’11”)
l’inciso g (quieto) per tre volte affacciarsi nel pianoforte intercalato al
tema H e chiudendo con un
lunghissimo trillo sul SOL. Su quel trillo (10’36”) il flauto espone
ora un nuovo tema (I) dal sapore di
celeste beatitudine; ripreso poi dal clarinetto (10’46”) che modula a MI
maggiore (e il pianoforte sale conseguentemente con il trillo al SI) dove il
tema è ancora ripreso dall’oboe (10’57”); e infine dal violoncello,
seguito dal clarinetto che ne accompagna poi la chiusura sul lunghissimo trillo
del pianoforte.
E qui ecco che arriva la grande sorpresa:
in effetti Liszt ci gioca un bello Scherzo!
(possiamo solo immaginare come ci sarà rimasto il pubblico del 1855...) Siamo
tornati in MIb (minore) e veniamo accolti (11’31”, 3/4, Allegretto vivace) da un nuovo protagonista fra gli strumenti, fino
ad allora relegato in orchestra ad accompagnare marce turche o circasse: il triangolo! Che qui assurge quasi al
ruolo di strumento obbligato.
É l’inciso giambico a che scandisce il ritmo sul quale gli
archi in pizzicato introducono dapprima
timidamente, poi con più decisione, il tema J che il pianoforte (11’40”) si incarica di esporre
compiutamente, con il triangolo e i corni a ribadire qua e là il ritmo con
l’inciso a.
Dopo che il solista ne ha
anticipato i tratti, una subitanea modulazione a LA maggiore ci porta (11’55”)
al tema K (ogni Scherzo che si rispetti deve avere il suo Trio...) esposto - sempre con la scorta del triangolo, dal flauto e
dal pianoforte, che poi si incarica di abbellirlo con qualche virtuosismo. Si
torna (12’08”) in MIb minore all’attacco dello Scherzo, che il solista
riprende poi arricchendolo di... note. Altra modulazione (12’30”) e riecco il tema K in FA# maggiore. Altro ritorno
all’attacco dello Scherzo (12’42”) in SIb, cui segue un rapida
scalata di semicrome del solista che riprende (12’49”) il tema J con un’ennesima variazione e con un
successivo ulteriore sviluppo.
Il tema K riappare poi (13’11”) in RE maggiore, anch’esso
variato nella linea del solista, finchè (13’29”) una cadenza del pianoforte chiude lo Scherzo e apre la sezione finale di
questo tempo centrale del concerto.
Che comporta inaspettatamente (?
o no?) il ritorno ciclico (13’35”,
Un poco marcato) del tema A! In Allegro animato (un po’ come era avvenuto nel tempo iniziale a 5’17”,
con impeto) anche qui il pianoforte
reitera (ora in DO#) il tema A che
non sfocia però nella cadenza C
bensì in una ripresa (negli archi in tremolo, 14’07”) del medesimo
tema, seguita da un crescendo che conduce ad una sua ennesima esplosione (14’22”)
nei tromboni. Alla quale segue (14’31”, tornando a MIb) il rude
motivo B nel pianoforte.
Altra sorpresa (14’46”)
la riapparizione (oboi e poi violini) del tema I, subito ripetuto e sviluppato a piena orchestra e sui trilli del
solista, che conduce ad un’ulteriore esplosione (15’15”) del tema A nel pianoforte accompagnata dai
secchi accordi dell’orchestra, cui il solista risponde (15’23”) reiterando il
motivo B, chiuso (15’36”)
su un accordo di settima di dominante (FA-LAb-RE-FA) che conduce direttamente
al (formale) terzo tempo (in realtà il quarto) del Concerto.
Nel quale tempo non aspettiamoci
di ascoltare nuovo materiale musicale (salvo la pedissequa melodia che porta
alla coda conclusiva): già fin troppo ce n’è stato propinato da Liszt. Il quale
invece pensò bene di chiudere questo suo ardito lavoro con un... riassunto delle
due puntate precedenti (la seconda soprattutto). Ma ovviamente trattasi non di
una pedissequa ripetizione di ciò che già abbiamo udito, bensì di un suo
geniale ripensamento.
Proprio a cominciare da ciò che
si ode immediatamente nell’Allegro
marziale animato: dopo la veloce scala discendente del pianoforte, i
clarinetti e poi gli altri legni espongono il tema G, che però, da nobile e riservato quale era comparso dianzi, si è
qui trasformato in baldanzoso e impertinente! Ancora i clarinetti e i legni lo
ripetono (15’44”) con intervento dei piatti, subito imitati (15’51”)
per due volte dall’intera orchestra.
La seconda sezione di G, che già in precedenza si era
trasfigurata nel tema H, ora (16’04”)
si ammanta pure di tracotanza scendendo in SIb in fagotti e tromboni. Il
solista risponde su un motivo che nasce dall’inciso g. La figura (16’15”) si ripete, ma ora il
pianoforte sviluppa il suo intervento modulando a SI maggiore e ritrovando (16’24”)
il piglio eroico di H. E già che c’è
resta in SI per riproporre (16’33”) anche il romantico tema I, chiuso poi sul MIb dove viene
ripreso (16’47”) anche dall’oboe, poi ripetuto più volte e completato da
virtuosismi del solista.
Il tema G (ultimo... travestimento) fa di nuovo capolino (17’12”)
in archi, clarinetti e fagotti, con il pianoforte ad arabescarne i connotati e
poi a ripeterlo prima di ritornare (17’39”) su una vecchia conoscenza:
il tema J dello Scherzo! Ma qui
innalzato di un semitono, a MI minore, per essere poco dopo (18’02”,
Più mosso) riportato al MIb.
E qui inizia la finale cavalcata:
il tema J viene letteralmente fatto
a pezzi dal solista, cui pochi strumenti reggono il moccolo con ripetuti
strappi sull’inciso g. Alla breve, Più mosso (18’21”)
i violini attaccano una semplice melodia in semiminime, caratterizzata da
discese alternate a salti all’insu, che il pianoforte imita con 4 semicrome per
semiminima; Più presto (18’41”)
sono flauto e oboe a prendere il posto dei violini in un’orgia sonora che
sfocia, dopo forsennate discese di semicrome del pianoforte, nel conclusivo Presto (19’11”) dominato dal tema
A ora davvero scatenato, che porta
alla strepitosa conclusione.
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