XIV

da prevosto a leone
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17 maggio, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano – Stagione 23-24.23

Il concerto di questa settimana dell’Orchestra Sinfonica di Milano, diretto da Michele Gamba, si inquadra nella prestigiosa rassegna Milano Musica, giunta alla 33ma edizione, e presenta quindi una prima assoluta di un’opera contemporanea, dal titolo evocativo (perchè legato alla seconda parte del programma) Kinderszenen, Concerto per pianoforte, elettronica e orchestra di Marco Momi, che collabora con l’IRCAM di Parigi di cui impiega anche in questo lavoro i servizi elettronici e informatici, governati da Serge Lemouton e Jérémie Henrot.

Alla tastiera la rediviva Mariangela Vacatello, apparsa in Auditorium per la prima volta precisamente 9 anni orsono (poi aveva suonato con laVerdi alla Scala all’inaugurazione della stagione 21-22). [Attualmente la coppia Vacatello-Gamba occupa le posizioni di Direttore Artistico e Direttore Musicale del Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano.]

Della narrativa del brano, che dire? Ciò che si sente effettivamente ha qualche riferimento a scene bambinesche, nel senso che pare di ascoltare un bimbetto che, in ginocchio sulla poltroncina dell’esecutore, si diverte un mondo a pestare sui tasti del pianoforte… e poi non si accontenta della tastiera, ma vuol anche provare a ravanare dentro la cassa. 

Il pianoforte poi è amplificato, quindi il suono che ne esce riempie la sala sovrastando l’orchestra e pure… l’informatica/elettronica, che qui assume quasi il ruolo di basso continuo. 

Poi scopriamo (almeno io) che il violino è anche uno strumento a fiato (!?) Poiché può emettere uno specialissimo suono quando l’esecutore lo avvicina alla bocca e soffia sulle corde. Insomma, grandi novità, da lasciare a... bocca aperta.

Ora però, la critica che personalmente mi sento di fare a quest’opera (a parte che... ops, la tonalità d’impianto è indecifrabile) è che dura quasi il doppio del pezzo pianistico di pari titolo di Schumann!

Va da sé che compositore, solista, direttore, strumentisti e addetti tecnologici meritano comunque un applauso di cortesia per l’abnegazione dimostrata. E va detto che parte dello scarso pubblico è andata anche più in là, in fatto di accoglienza.
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Poi, guarda caso, a completare il programma è quel grande dell’800, Robert Schumann, di cui si è eseguita la Prima Sinfonia (nickname: Primavera).

Che, chissà come, dopo 180 anni ancora si ostina ad accendere il calore e l’entusiasmo di tutto il pubblico. 

13 settembre, 2021

laVerdi ha aperto alla Scala la stagione 21-22

Con l’ormai consolidata visita annuale al tempio scaligero, laVerdi ha aperto la stagione principale concertistica 21-22. Il Direttore musicale Claus Peter Flor ha diretto un programma tutto’800, con Liszt e BrahmsPrima dell’inizio la Presidente Ambra Redaelli ha fatto gli auguri, per gli 88 anni compiuti proprio ieri, al suo predecessore Gianni Cervetti, presente in sala, che ha guidato la Fondazione fin dalla sua... fondazione! 

Mariangela Vacatello (vicina ai 40, ma ne dimostra ancora la metà...) tornata a suonare con laVerdi dopo più di sei anni, si è cimentata nel pretenzioso Primo Concerto del visionario ungherese, opera che ha fatto storia fin dalla sua comparsa nelle sale (la prima a Weimar nel 1855 con l’Autore alla tastiera e un tale Berlioz sul podio!) per le sue caratteristiche di innovazione quasi rivoluzionaria: le forme tradizionali vengono sconvolte (a dispetto delle tre indicazioni di movimento presenti sulla partitura) e soprattutto i temi vi nascono e si sviluppano, tornando continuamente ma sempre trasfigurati e a volte irriconoscibili, quasi fossero personaggi di teatro che via via vengono alla ribalta, ma mutando continuamente atteggiamenti ed espressioni.

É così che nel centrale Quasi Adagio e poi Allegretto vivace ci vengono presentati nuovi e bellissimi temi, ma vi viene poi ripreso il protervo motivo che aveva introdotto il concerto in Allegro maestoso; ed è così che nel finale Allegro marziale animato non ascoltiamo nuovi temi, ma la summa di (quasi) tutto ciò che si è udito in precedenza. Insomma, un approccio estetico che nel campo sinfonico verrà più tardi sviluppato in grandi dimensioni da Richard Strauss e che, in quello teatrale, troverà in Richard Wagner il suo inarrivabile campione.

Più sotto chi è interessato ad approfondire i contenuti del brano trova un mio commento con riferimenti ad un’esecuzione del 2019 della venerabile Martha Argerich (con l’OSN-RAI). In rete si può invece vedere ed ascoltare la Vacatello impegnata nel Concerto, ma purtroppo solo a partire dall’esposizione del tema K: basta comunque ed avanza per testimoniare (si legga l’ultimo commento al video...) delle sue straordinarie qualità tecniche e della sua personalità di interprete!

Qualità emerse brillantemente anche ieri: alla tecnica sopraffina, ingrediente essenziale per questo Liszt, lei sa abbinare anche un gusto interpretativo che va al di là dei puri virtuosismi e rifugge dal ricorso ai facili effetti. E anche il suo gesto fisico è sempre composto e concentrato, mai enfatico o appariscente: insomma, un vero piacere ascoltarla! 
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Flor ha chiuso la serata con uno dei suoi cavalli di battaglia: Brahms e la QuartaIl Direttore musicale aveva ultimamente diretto il ciclo delle quattro Sinfonie dell’Amburghese questa primavera, nell’ambito delle riprese in streaming (tuttora disponibili on-demand sul portale) con l’Orchestra al completo sul palco allargatissimo dell’Auditorium deserto. E anche ieri quello del Piermarini gli ha consentito di disporre di un organico quasi standard (del resto è noto che la Sinfonia fu eseguita originariamente con un complesso poco più che cameristico...)

Che dire: che l’esecuzione è stata di alto livello e che l’Orchestra ha mostrato di essere in forma smagliante, pronta al prossimo inizio della stagione (30 settembre nel rinnovato Auditorium). Successo pieno in un teatro occupato in tutti i posti... che il Covid lascia disponibili.
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Terminato il concerto in Scala, Piazza Duomo è già gremita per quello della Filarmonica. Che mi sono goduto - giusto il tempo di rientrare a casa - dalla benemerita RAI5.
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Il Concerto di Liszt

Ecco un succinto elenco dei principali temi e motivi che compaiono nella prima parte:

Dopo il tracotante inizio (1’35”) dove gli archi espongono le due sezioni del tema A, intercalate da un inciso giambico (a, semicroma-croma) dei fiati che ritroveremo spesso e volentieri, il solista fa il suo imperioso ingresso (1’46”) ripetendo per due volte una perorazione ascendente di ottave (B), anche lui intercalato dall’inciso (a) dell’orchestra. Poi (1’57, grandioso) si imbarca anzitempo (stando alle regole in uso ai tempi) in una Cadenza (C) di accordi che compie un arco salita-discesa, per poi sfociare (2’05”) nella riproposizione del tema A, subito sottoposto ad ampliamenti e virtuosismi (strepitoso) che esplorano l’intera tastiera.

L’orchestra (2’27”) reitera (più sommessamente) il tema A seguita dal solista che, stringendo un poco, sale dal MIb al MI naturale esponendo (2’37”) un sognante motivo (D) chiuso da un veloce svolazzo che scende dalla dominante acuta SI si MI due ottave sotto. L’episodio si ripete (2’53”) con l’orchestra che espone A e il solista che risponde ancora con D, ma adesso assai ampliato e arricchito di virtuosismi. Il pianoforte si limita poi (3’23”) ad accompagnare il clarinetto che espone il motivo E, chiudendolo poi con un altro veloce passaggio di biscrome. 

É ancora il solista (4’05”) ad esporre (accentata la melodia e rubato) il tema F, quanto mai romantico, che viene successivamente ripreso in sequenza (e in tonalità variate) da clarinetto, violino e celli per poi aprire la strada ad un crescendo e stringendo che conduce (5’04”) ad un colossale ritorno in orchestra (in FA) del tema A, seguito da una sua enfatica coda.

Ora (5’17”, con impeto) il solista reitera il tema in FA#, aumentandone la velocità e facendolo scendere da altezze crescenti ma sempre più in basso, fino a sfociare nella proterva ripetizione (5’29”, grandioso) dell’attacco della cadenza C. Il fagotto (5’39”) esala ancora il tema A e il pianoforte gli risponde, come sopra, con il motivo D; la cosa si ripete (6’02”) protagonista l’orchestra (tema A) cui il solista replica con D, di cui varia virtuosisticamente la chiusa.

Siamo ormai arrivati (6’31”) alle ultime 14 battute di questo primo tempo: su veloci arpeggi (quasi arpa!) del solista (che ha in chiave SI maggiore) l’orchestra (in MIb) ripete il tema A, arricchendolo di continui ondeggiamenti. Compare nel clarinetto (6’44”) l’arcata melodica dell’arpeggio C, finchè il pianoforte (6’52”) su un tappeto tenuto dei fiati, chiude con una salita di 49 semicrome in ottava (la mano sinistra ne ha una in più del... dovuto!) e con un’ultima croma sul RE#(=MIb).

Come si evince da questa sommaria analisi, la struttura di questo primo tempo è ben lontana da quella classica della forma-sonata che caratterizzava le composizioni strumentali dell’800. Qui ci si avvicina piuttosto ad una struttura eterodossa di Rondo, con tre blocchi tematici messi in sequenza X-Y-Z-X-Y-X.

Una seconda caratteristica (epidermicamente) innovativa si riscontra nella struttura del secondo tempo: al classico movimento lento qui Liszt ne aggiunge uno veloce, a mo’ di Scherzo (anticipando ciò che attuerà molti anni più tardi proprio Brahms nell’Op.83) e poi chiude questo tempo centrale con il sorprendente ritorno ciclico del tema A. Ecco lo schematico elenco dei nuovi temi qui proposti:

Si apre in Quasi Adagio, SI maggiore con il nobile tema G introdotto dapprima (7’00”) dagli archi bassi e poi da violini e viole e poi (7’40”) compiutamente esposto dal pianoforte. Si noti l’inciso g (8’11”) che ritornerà presto a farsi vivo. Ma è soprattutto la seconda sezione del tema (riquadrata nella figura) che avrà un ruolo importante. Gli archi (9’17”) ripropongono il tema G subito incalzati dal solista che (9’31”) parte dall’inciso g per lanciarsi in un serrato recitativo di semicrome con veloce discesa e risalita di biscrome. Ancora i violoncelli (9’41”) ad esporre il tema G ((seconda sezione) ma subito il pianoforte li zittisce riprendendo dall’inciso g il recitativo con maggior vigore, fino a sfociare trionfalmente (9’55”) nel DO maggiore dell’eroico tema H (una chiara derivazione dalla seconda sezione del G) chiuso da una veloce discesa di biscrome.

Sempre in DO maggiore ecco (10’11”) l’inciso g (quieto) per tre volte affacciarsi nel pianoforte intercalato al tema H e chiudendo con un lunghissimo trillo sul SOL. Su quel trillo (10’36”) il flauto espone ora un nuovo tema (I) dal sapore di celeste beatitudine; ripreso poi dal clarinetto (10’46”) che modula a MI maggiore (e il pianoforte sale conseguentemente con il trillo al SI) dove il tema è ancora ripreso dall’oboe (10’57”); e infine dal violoncello, seguito dal clarinetto che ne accompagna poi la chiusura sul lunghissimo trillo del pianoforte.

E qui ecco che arriva la grande sorpresa: in effetti Liszt ci gioca un bello Scherzo! (possiamo solo immaginare come ci sarà rimasto il pubblico del 1855...) Siamo tornati in MIb (minore) e veniamo accolti (11’31”, 3/4, Allegretto vivace) da un nuovo protagonista fra gli strumenti, fino ad allora relegato in orchestra ad accompagnare marce turche o circasse: il triangolo! Che qui assurge quasi al ruolo di strumento obbligato.

É l’inciso giambico a che scandisce il ritmo sul quale gli archi in pizzicato introducono dapprima timidamente, poi con più decisione, il tema J che il pianoforte (11’40”) si incarica di esporre compiutamente, con il triangolo e i corni a ribadire qua e là il ritmo con l’inciso a.

Dopo che il solista ne ha anticipato i tratti, una subitanea modulazione a LA maggiore ci porta (11’55”) al tema K (ogni Scherzo che si rispetti deve avere il suo Trio...) esposto - sempre con la scorta del triangolo, dal flauto e dal pianoforte, che poi si incarica di abbellirlo con qualche virtuosismo. Si torna (12’08”) in MIb minore all’attacco dello Scherzo, che il solista riprende poi arricchendolo di... note. Altra modulazione (12’30”) e riecco il tema K in FA# maggiore. Altro ritorno all’attacco dello Scherzo (12’42”) in SIb, cui segue un rapida scalata di semicrome del solista che riprende (12’49”) il tema J con un’ennesima variazione e con un successivo ulteriore sviluppo.

Il tema K riappare poi (13’11”) in RE maggiore, anch’esso variato nella linea del solista, finchè (13’29”) una cadenza del pianoforte chiude lo Scherzo e apre la sezione finale di questo tempo centrale del concerto.

Che comporta inaspettatamente (? o no?) il ritorno ciclico (13’35”, Un poco marcato) del tema A! In Allegro animato (un po’ come era avvenuto nel tempo iniziale a 5’17”, con impeto) anche qui il pianoforte reitera (ora in DO#) il tema A che non sfocia però nella cadenza C bensì in una ripresa (negli archi in tremolo, 14’07”) del medesimo tema, seguita da un crescendo che conduce ad una sua ennesima esplosione (14’22”) nei tromboni. Alla quale segue (14’31”, tornando a MIb) il rude motivo B nel pianoforte.

Altra sorpresa (14’46”) la riapparizione (oboi e poi violini) del tema I, subito ripetuto e sviluppato a piena orchestra e sui trilli del solista, che conduce ad un’ulteriore esplosione (15’15”) del tema A nel pianoforte accompagnata dai secchi accordi dell’orchestra, cui il solista risponde (15’23”) reiterando il motivo B, chiuso (15’36”) su un accordo di settima di dominante (FA-LAb-RE-FA) che conduce direttamente al (formale) terzo tempo (in realtà il quarto) del Concerto.

Nel quale tempo non aspettiamoci di ascoltare nuovo materiale musicale (salvo la pedissequa melodia che porta alla coda conclusiva): già fin troppo ce n’è stato propinato da Liszt. Il quale invece pensò bene di chiudere questo suo ardito lavoro con un... riassunto delle due puntate precedenti (la seconda soprattutto). Ma ovviamente trattasi non di una pedissequa ripetizione di ciò che già abbiamo udito, bensì di un suo geniale ripensamento.

Proprio a cominciare da ciò che si ode immediatamente nell’Allegro marziale animato: dopo la veloce scala discendente del pianoforte, i clarinetti e poi gli altri legni espongono il tema G, che però, da nobile e riservato quale era comparso dianzi, si è qui trasformato in baldanzoso e impertinente! Ancora i clarinetti e i legni lo ripetono (15’44”) con intervento dei piatti, subito imitati (15’51”) per due volte dall’intera orchestra.

La seconda sezione di G, che già in precedenza si era trasfigurata nel tema H, ora (16’04”) si ammanta pure di tracotanza scendendo in SIb in fagotti e tromboni. Il solista risponde su un motivo che nasce dall’inciso g. La figura (16’15”) si ripete, ma ora il pianoforte sviluppa il suo intervento modulando a SI maggiore e ritrovando (16’24”) il piglio eroico di H. E già che c’è resta in SI per riproporre (16’33”) anche il romantico tema I, chiuso poi sul MIb dove viene ripreso (16’47”) anche dall’oboe, poi ripetuto più volte e completato da virtuosismi del solista.

Il tema G (ultimo... travestimento) fa di nuovo capolino (17’12”) in archi, clarinetti e fagotti, con il pianoforte ad arabescarne i connotati e poi a ripeterlo prima di ritornare (17’39”) su una vecchia conoscenza: il tema J dello Scherzo! Ma qui innalzato di un semitono, a MI minore, per essere poco dopo (18’02”, Più mosso) riportato al MIb.

E qui inizia la finale cavalcata: il tema J viene letteralmente fatto a pezzi dal solista, cui pochi strumenti reggono il moccolo con ripetuti strappi sull’inciso g. Alla breve, Più mosso (18’21”) i violini attaccano una semplice melodia in semiminime, caratterizzata da discese alternate a salti all’insu, che il pianoforte imita con 4 semicrome per semiminima; Più presto (18’41”) sono flauto e oboe a prendere il posto dei violini in un’orgia sonora che sfocia, dopo forsennate discese di semicrome del pianoforte, nel conclusivo Presto (19’11”) dominato dal tema A ora davvero scatenato, che porta alla strepitosa conclusione.
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30 maggio, 2015

Orchestraverdi 14-15 – Concerto n° 36


Ancora Zhang Xian sul podio dell’Auditorium per un concerto questa volta monopolizzato da Shostakovich.

Curiosamente la proposta è costituita da due componenti estratte da altrettanti programmi di stagioni passate: si tratta dell’Op.35 (Concerto per pianoforte e tromba) che fu presentata nell’ottobre 2011, con lo stesso solista alla tromba, il mitico Alessandro Caruana; e della Decima sinfonia, eseguita da D’Espinosa nel settembre 2012, guarda caso insieme ad un altro concerto per tromba, ancora con Caruana.

Dapprima è la bravissima – e pure bella, il che non guasta mai… - Mariangela Vacatello a proporci (con l’impertinente supporto di Caruana) il Primo concerto, che lei interpreta in modo convincente, sia nelle pagine più esilaranti e parodistiche, che in quelle (vedasi il Lento) più introverse ed elegiache. 

Calorosissima l’accoglienza di un Auditorium ancora assai affollato, e così lei non ci concede un bis ma un… tris! Dapprima con la campanella, poi con Chopin; infine ci saluta con un brano che, di questi tempi, sa di nobile messaggio ecumenico: il celeberrimo Von fremden Ländern und Menschen, che apre le schumanniane Kinderszenen.
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Zhang Xian può finalmente porre riparo alla sua (giustificabilissima, causa fiocco-azzurro) defezione del 2012 dirigendo la Decima, passata alla storia come la sinfonia di Stalin (smile!)

L’Orchestra è una delle più titolate al mondo in questo repertorio e non si smentisce, con una spettacolare dimostrazione di potenza e precisione al contempo, in tutte le sezioni, dagli ottoni alle percussioni, dagli strumentini ai fagotti e ovviamente al pacchetto degli archi: Xian credo non faccia altro che assecondarla al meglio, e il risultato è davvero eccellente, salutato da lunghi e ritmati applausi.