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27 marzo, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano – Stagione 23-24.17

Settimana Santa, quindi l’Auditorium di Largo Mahler ospita - come da tradizione inaugurata nel lontano 17/3/1999 da Riccardo Chailly, allora di stanza al Concertgebouw ma in procinto di prendere le redini dell’ancor giovane Orchestra milanese - una delle due Passioni di Bach. Quest’anno tocca alla JohannesPassion, interpretata da laBarocca, l’ensemble strumentale e vocale creato a suo tempo dal Direttore Generale e Artistico uscente dell’Orchestra Sinfonica di Milano, Ruben Jais.

Dopo l’esperimento di due anni fa (eseguire la versione del 1725, che presenta alcune importanti novità rispetto all’originale del 1724 – il coro di apertura, tre arie e il corale di chiusura) Jais è tornato alle origini. Prima del concerto è intervenuto alla consueta presentazione organizzata da Pasquale Guadagnolo per spiegare con grande passione (!) e chiarezza i tratti peculiari di quest’opera, che sovverte i canoni delle sacre rappresentazioni introducendo arditamente stilemi di natura teatrale; e poi il ruolo che vi ha il Coro e le caratteristiche dei diversi numeri musicali: Cori, Corali, Arie e Recitativi dell’Evangelista.

Cast vocale assai bene assortito, con solisti già collaudati – anche extra-Bach - in anni precedenti (l’Evangelista Bernhard Berchtold, il Gesù di Johannes Held, il baritono Christian Senn). Coro di 17 elementi guidato da Jacopo Facchini e viola da gamba solista Juan Manuel Quintana, già protagonista nella Matthäus dello scorso anno.

Pubblico foltissimo, a dispetto dalla fastidiosa pioggia, e prodigo di applausi e ovazioni per tutti indistintamente. Si replica venerdi 29.

12 novembre, 2023

Orchestra Sinfonica di Milano – Mahler-Festival#13

Il penultimo concerto del Festival ha avuto come protagonisti l’Orchestra Sinfonica Giovanile di Milano (una delle tante facce artistiche de laVerdi, formata solo da under-25) e Ruben Jais (che riunisce in sé le cariche di Direttore Generale e Artistico della Fondazione).

Mahler qui era presente come ri-orchestratore di Bach, e incapsulato fra due opere di Beethoven: insomma, una gran bella compagnia!

Si è aperto con l’Ouverture Coriolano, che Beethoven compose per la tragedia di vonCollins. A proposito di tragedie, in questa vecchia pubblicità - che si conclude proprio con le note di apertura del Coriolano - compare a più riprese il teatro di una recente tragedia che ancora grida vendetta…

L’Ouverture poggia classicamente su due temi contrastanti, che evocano la vicenda di Coriolano:

Il primo, DO minore, introdotto da poderosi schianti dell’intera orchestra, è davvero drammatico, come l’intera esistenza del condottiero romano, conclusa - almeno stando a Cicerone - con tanto di suicidio.

Il secondo, nella relativa MIb maggiore, di carattere elegiaco, femminile, contemplativo, vuol evocare la figura della madre che scongiura Coriolano di non attaccare la sua città.

I ragazzi della Giovanile, guidati dal Konzertmeister (fuori-quota…) Dellingshausen hanno fatto così il loro esordio ufficiale in Auditorium, accolti da applausi di simpatia e incoraggiamento. 
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Ecco poi la Suite bachiana, che Mahler approntò a NewYork nel 1909 per una serie di concerti storici della NYPO, di cui era Direttore Musicale; la prima fu eseguita mercoledi 10 novembre, cui seguirono numerose esecuzioni in USA in quella stagione e nella successiva, fino a quel fatale febbraio 1911 quando a Mahler fu diagnosticata la nuova e letale malattia cardiaca che lo portò alla tomba nel giro di tre mesi.

La tabella seguente rappresenta la struttura delle due Suite bachiane originali e le corrispondenti sezioni di quella mahleriana, che principalmente consta nell’aggiunta della parte al clavicembalo, dove sedeva lo stesso Mahler:

Bach
Mahler
Suite 2 (BVW 1067)
Suite aus den Orchesterwerken von J.S. Bach
            1. Ouverture  
      1. Ouverture  
            2. Rondeau
      2. Rondeau
 
 
 
 
 
 
           Badinerie
   
            3. Sarabande
            4. Bourrée I
            5. Bourrée II
            6. Polonaise
            7. Double
            8. Menuet
            9. Badinerie
Suite 3 (BVW 1068)
            1. Ouverture  
            2. Air
      3. Air     
            3. Gavotte I
      4. Gavotte I
          Gavotte II
   
   
            4. Gavotte II
            5. Bourrée  
            6. Gigue

Qui una pregevole esecuzione di Riccardo Chailly ai tempi della sua lunga permanenza al Concertgebouw.

A proposito di questa Suite, va ricordato che essa – insieme alla Quarta di Schumann-Mahler, diretta con la NYPO - fu l’unica opera (e pure non originale…) dell’antico rivale diretta da Arturo Toscanini, precisamente alla Scala mercoledi 12 ottobre del 1927!  

Jais, in considerazione del ruolo di spicco che ha nella Suite (soprattutto nei primi due numeri), ha portato Alessia Scilipoti e il suo flauto al proscenio, alla sua sinistra. Per lei e per tutto il complesso ancora convinti applausi.
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Ha chiuso il programma l’inflazionata Quinta, che ha messo a dura prova la compagine dei giovani, che hanno risposto con entusiasmo e dedizione, nuovamente ricambiati da lunghi applausi. Per loro un felice battesimo: così nel prossimo futuro avranno l’opportunità e l’onore di suonare con Direttori del calibro di Robert Treviño (2/12), Emmanuel Tjeknavorian (17/2) e Claus Peter Flor (11/5).

08 aprile, 2023

laVerdi 22-23. 23

Come da tradizione ormai super-consolidata il Concerto pasquale dell’Orchestra Sinfonica di Milano è occupato (ad anni alterni) dalle due Passioni bachiane. In questo 2023 è toccato quindi alla più famosa e monumentale delle due: la Matthäus-Passion. Che per la verità è stata eseguita dall’Ensemble strumentale e vocale laBarocca, guidato dal fondatore Ruben Jais (General Manager e Direttore Artistico della Fondazione) e dal Maestro del coro Luca Scaccabarozzi, cui si è aggiunto il Coro di Voci Bianche di Maria Teresa Tramontin.

Sul palco c'erano in tutto: le due orchestre (previste da Bach) di 20 e 19 strumentisti; le 24 voci dell’Ensemble vocale e (per la prima parte) le 30 ragazzine delle Voci Bianche.

Rispetto alla precedente edizione (2019, poi ci furono i 2 anni di black-out Covid) sono tornati due dei sei solisti principali: il tenore Bernhard Berchtold (Evangelista) e il contralto Nicholas Tamagna. Cui si sono aggiunte quest’anno le voci soliste principali di Johannes Held (basso, Gesù), Katja Stuber (soprano), Martin Platz (tenore) e Renato Dolcini (basso). Il solista alla viola da gamba era Juan Manuel Quintana.

Le restanti sei voci soliste secondarie sono state affidate a elementi dell’Ensemble Vocale: Caterina Iora (soprano, Ancilla II), Joanna Klisowska (soprano, Ancilla e Uxor Pilati), Maria Chiara Gallo (contralto, Testis I), Baltazar Zuniga (tenore, Testis II), Dario Previato (basso, Petrus, Pontifex II e Judas) e Piermarco Vinas (basso, Pontifex I e Pilatus).

Definire strepitoso il successo della serata è ancora poco: Auditorium più popolato rispetto agli ultimi appuntamenti e letteralmente entusiasta della prestazione di tutti. Ciò che personalmente apprezzo della direzione di Jais è il grande equilibrio dei tempi: lui riesce sempre a stare entro o poco più delle tre ore nette di musica, il che testimonia dell’approccio asciutto ed essenziale a questo capolavoro bachiano. Mille miglia distante da certe esagerazioni retoriche che trasformano Bach in Wagner, come questa di Klemperer che la tira per 3 ore e 3/4 (!?) col passo di… Parsifal.

Insomma, una bella occasione per elevarsi al di sopra delle miserie quotidiane.  

13 aprile, 2022

laVerdi 21-22. Concerto 25

Siamo sotto Pasqua ed immancabile ecco arrivare una delle Passioni bachiane. Anno pari, quindi tocca, alternandosi con la Matthäus- alla Johannes-Passion. L’Orchestra è laBarocca, guidata dal suo fondatore Ruben Jais.

Quest’anno il Direttore Artistico (e General Manager) della Fondazione ha introdotto, credo proprio per la prima volta, una novità nel contenuto dell’opera: eseguendo la (seconda) versione del 1725 anzichè quella del 1724, sempre adottata in precedenza e quasi sempre impiegata in pubbliche esecuzioni o registrazioni, essendo ritenuta la più authoritative, visto che Bach negli anni successivi (fra il 1730 e il ’40) sostanzialmente vi ritornò.

Le principali differenze sono 5:

1. Il Coro (1) di apertura (O Mensch, bewein dein Sünde groß) rimpiazza Herr, unser Herrscher;

2. l’Aria (11+) del Basso (Himmer reiße, Welt erbebe) rimpiazza (forse doveva seguire) il Corale (11) Wer hat dich so geschlagen;

3. l’Aria (13) del tenore (Zerschmettert mich) rimpiazza Ach, mein Sinn;  

4. L’aria (19) del tenore (Ach windet euch nicht so) rimpiazza l’Arioso Betrachte, meine Seel’;

5. il Corale (40) di chiusura (Christe, du Lamm Gottes) rimpiazza Ach, Herr, laß dein’ lieb’ Engelein.

Differenze che non intaccano la mirabile struttura generale dell’opera, anche ieri splendidamente eseguita dai complessi strumentali e vocali di Jais e dai 10 solisti (di cui 4 componenti del Coro) che sono stati lungamente applauditi e acclamati da un pubblico come sempre assai folto in queste, purtroppo rare, occasioni.

Prima della replica in Auditorium del Venerdi Santo, la Passione sarà eseguita come ormai da tradizione (proprio questa sera) nella religiosa cornice del Duomo di Milano.

09 aprile, 2020

Pasqua con Bach


Prima ancora che un’occasione di (relativo) godimento estetico-spirituale, l’Oratorio di Pasqua di Johann Sebastian Bach può diventare anche un esercizio utile a combattere gli effetti nefasti della quarantena che ci viene imposta dal subdolo coronavirus. In che modo? Semplicemente andando alla scoperta delle circostanze che ne caratterizzarono la gestazione, la nascita e la successiva esistenza: ed è un viaggio che impegna la curiosità e quindi la materia grigia, il cui corretto funzionamento rischia di essere messo in pericolo in questi giorni di clausura forzata. E purtroppo sembra che la quarantena abbia già avuto effetti preoccupanti su qualche mente - forse già malata di suo - che predica riaperture e ripartenze folli fin dalla prossima settimana.

(Nb: il problema della totale ripresa produttiva non sta nelle misure di sicurezza - problematiche ma non impossibili da mettere in atto - dentro fabbriche, cantieri e uffici, dalle 8:30 alle 18:30; ma in quelle, oggi ancora praticamente irrealizzabili, fuori da quegli ambienti, prima e dopo l’orario di lavoro. O pensiamo di contingentare, come si fa per i supermercati, l’accesso a metropolitane, treni pendolari, autobus, pulmini e mezzi di trasporto in generale? Così - ma se proprio tutto va bene, e correndo comunque rischi non da poco - la gente arriverebbe in ufficio o in cantiere o in fabbrica a mezzogiorno e rientrerebbe a casa a mezzanotte... Bella ripresa! Insomma, finchè i contagi non spariscono quasi del tutto e non mettiamo in atto qualche diavoleria coreana, sarà meglio andarci piano con le fughe in avanti della premiata coppia Bonomi&Bonometti.)
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Back-to-business-Bach. In ogni testo riguardante quest’opera (libri sulle cantate, saggi, wikipedia, booklet di CD, etc.) si legge che l’Oratorio di Pasqua, BWV 249, fu in realtà un adattamento (in gergo appropriato: una parodia) di una precedente opera di Bach: la cantata profana (o secolare) Entfliehet, verschwindet, entweichet, ihr Sorgen, BWV 249a. Profana perchè composta nel 1725 per celebrare un evento mondano e non religioso: il 43° compleanno del Duca Christian von Sachsen-Weißenfels.

Il quale aveva evidentemente l’abitudine di auto-celebrarsi a quel modo, se è vero che 12 anni prima aveva ingaggiato lo stesso Bach (allora di stanza a Weimar) per festeggiare il compleanno n°31 con un’altra cantata, inneggiante alla caccia (e al... ducale cacciatore) Was mir behagt, ist nur die muntre Jagd, BWV 208, eseguita di sera, al ritorno del Duca a Weißenfels (una quarantina di Km a sud-ovest di Lipsia) dopo una battuta di caccia.  

Detto di passaggio: bei tempi, quelli dove le persone importanti e ricche si facevano perdonare i propri (magari immeritati) privilegi alimentando da mecenati la più nobile ed alta produzione artistica. Per dire, ce lo vedete oggi un Briatore a farsi comporre da Morricone una cantata per l’apertura di un Billionaire a Wuhan?

Orbene, era il venerdi 23 febbraio 1725 quando la cantata vide la luce proprio a Weißenfels, casa del Duca, nel castello Neu-Augustusburg, che domina imponente quella cittadina. Autore del testo fu Christian Friedrich Henrici, noto con il nick-name di Picander, letterato di Lipsia che fu uno dei più stretti e prolifici librettisti di Bach. Il soggetto tratta di una riunione di quattro pastori (due maschi e due femmine) che lasciano incustodite le loro greggi pur di potersi associare - con canti di gioia e di augurio - ai festeggiamenti in onore del caro Christian.  

Bach era a Lipsia dal 1723 con l’incarico di Thomaskantor (responsabile musicale della Thomaskirche) ed aveva quindi (anche) il compito di impreziosire le festività religiose con opportuna musica di circostanza. Orbene, accontentato il Duca, a Bach restavano sì e no 40 giorni per preparare qualcosa per la Pasqua, che quell’anno cadeva il 1° Aprile. Scartata l’ipotesi di fare il classico pesce (si sarebbe come minimo giocato il posto e la carriera...) il Kantor non trovò di meglio che auto-imprestarsi la musica del compleanno ducale per farci la Cantata di Pasqua (solo anni più tardi rivista, anche nel testo, e rinominata Oratorio). Contando furbescamente sul fatto che la Cantata per il nobile Christian era stata eseguita a Weißenfels e non a Lipsia, dove era quindi sconosciuta al grande pubblico. Così, a parte i 4 recitativi (semplici per non dir banali da musicare) Bach tenne buono tutto il resto, cioè i 5 numeri cantati della 249a e forse la Sinfonia (che però potrebbe aver composto specificamente per la Pasqua, riadattando sue preesistenti composizioni dei tempi di Köthen) e chiedendo poi al suo librettista Picander (ma anche questa paternità è dubbia...) di scrivere testi adeguati alla bisogna religiosa. E il letterato (Picander o chi per lui) fece quindi ciò che appare come un controsenso: scrivere il testo sacro su una musica già composta per finalità profane.   

E tutto sommato la cosa gli riuscì discretamente (ma siamo ben distanti dalle Passioni o dall’Oratorio di Natale!) anche grazie alla relativa vicinanza fra i due scenari: entrambi aventi come sfondo dei festeggiamenti e lodi al festeggiato. Così i due pastori si travestirono da Pietro e Giovanni e le due pastorelle da Madonna e Maddalena! Ecco qui i due testi dei numeri cantati a confronto:

BWV249a
BWV249 
3. Aria a Duetto
(Damoetas, Menalcas)
Fuggite, scomparite, cedete, voi ansie,
non turbate i gioiosi sentimenti!
Risa e scherzi
riempiono i cuori,
la gioia si dipinge sui volti.
(Sylvia, Doris)
Fuggite, scomparite, cedete, voi ansie,
non turbate i gioiosi sentimenti!

5. Aria 
(Doris)
Centomila lusinghe
mi si agitano in petto.
E il piacere,
come mostrano le affettuosità,
non può zittire la lingua.

7. Aria
(Menalcas)
Cullate, o sazie pecorelle,
nel sonno
voi stesse!
Làggiù in quei vasti pascoli,
dove cresce tenera erba,
torneremo a ritrovarvi.

9. Aria
(Sylvia)
Ora vieni Flora, vieni rapida,
respira la brezza occidentale,
come i nostri ameni campi,
così che un fedele suddito
al suo soave Christian
doveri e debiti possa pagare.

11. Aria

Fortuna e salute
ti siano costantemente compagni!
Grande Duca, il tuo diletto
possa ergersi come una palma;
che mai si curva,
ma che invece punta alle nuvole!
Così in futuro, della tua continua prosperità,
possano i tuoi sudditi allietarsi con risa e scherzi.
N. 3 - DUETTO E CORO
PIETRO E GIOVANNI
Venite, affrettatevi e correte, o piedi lesti,
Verso la grotta che ha nascosto Gesù!
Risa e scherzi
Accompagnino il vostro cuore,
Poiché il nostro Salvatore è risorto.
CORO
Venite, affrettatevi e correte, o piedi lesti,
Verso la grotta che ha nascosto Gesù!

N. 5 - ARIA
MARIA, LA MADRE DI GESÙ
Oh anime, le vostre spezie
Non saranno più mirra
Perché solo
Con risplendenti corone d'alloro
Potrà placarsi il vostro struggente desiderio.

N. 7 - ARIA
PIETRO
A poco a poco il mio tormento
Non sarà altro che un sonno leggero
Gesù, attraverso il tuo sudario.
Sì, lì avrò sollievo
E le lacrime del mio dolore
Sì asciugheranno dolcemente sulle mie gote.

N. 9 - ARIA
MARIA MADDALENA
Ditemi, su ditemi,
Ditemi, dove posso trovare Gesù,
Colui che la mia anima adora!
Vieni, su vieni, abbracciami!
Che il mio cuore senza di te
È desolato e afflitto.

N. 11 - CORO

Lode e grazie
Sia per sempre, Signore, il tuo canto di lode!
L'inferno e il diavolo si sono dileguati,
Le loro porte sono state distrutte
Esultate, o lingue liberate,
affinché lo si senta fino in cielo!
Aprite, o Cieli, l'arco splendente,
Il leone di Giuda sì avvicina vittorioso!

Bach rimise poi mano alla Cantata, rinominata Oratorio di Pasqua, in anni successivi. È del 1738 la versione definitiva del verso iniziale: Kommt, eilet und laufet, che ha rimpiazzato due precedenti formulazioni: Kommt, gehet und eilet e Kommt, fliehet und eilet. Ma altri interventi sono databili nei 10 anni successivi. Va anche detto che i quattro nomi dei personaggi biblici (Maria, Maddalena, Pietro e Giovanni) figuravano solo nelle parti manoscritte della Cantata di Pasqua del 1725, mentre sono stati poi sostituiti dalle semplici indicazioni S (soprano) A (contralto) T (tenore) e B (basso). 

La principale fonte di informazioni originali sull’opera è costituita da due faldoni predisposti da Carl Philipp Emanuel Bach e giacenti a Berlino. Vi sono raccolti rispettivamente il manoscritto della partitura (del 1738, 42 facciate) e una serie di parti (vocali e strumentali, 110 facciate) databili a partire dal febbraio 1725 (quindi fin dai giorni della Cantata ducale) per arrivare almeno fino al 1746. Sulla base di questo materiale Breitkopf&Hartel (Wilhelm Rust, 1874) ha predisposto la prima edizione della partitura dell’Oster-Oratorium. Questa è quindi la forma finale del testo dell’Oratorio.

Viceversa mai si è rinvenuto un manoscritto della 249a. Ma allora come si è stabilita la filiazione fra questa e la 249 (Cantata e poi Oratorio?) Ci ha pensato un teologo evangelico, bibliotecario e musicologo, Friedrich Smend, con una ricerca che a metà del secolo scorso ha portato, con la collaborazione dell’organista-musicologo Hermann Keller, alla ricostruzione della Cantata ducale, pubblicata nel 1943 da Bärenreiter e che possiamo ascoltare in rete dai complessi del venerabile Helmuth Rilling. Smend ha operato prevalentemente sui testi: quello della 249a, certamente di Picander (che lo incluse in edizioni a stampa delle sue opere) e quello della Cantata di Pasqua, verosimilmente (ma non del tutto certamente) dello stesso librettista, trovando analogie sufficienti a portarlo a concludere che dietro ci fosse la stessa musica, quella sopravvissuta della Cantata (poi Oratorio) di Pasqua. 

Ma Smend non si fermò qui! Torniamo a Bach: passa poco più di un anno dalla prima pasquale ed ecco che gli arriva una nuova commissione secolare: il Conte Joachim Friedrich von Flemming, signore di Hartau, Golobach, Nödelschitz e Klein-Wölkau, Generale della Cavalleria sassone, Cavaliere di SanGiovanni di Gerusalemme e comandante della Fortezza di Schievelberg (tutto qui?...) è dal 7 maggio 1724 Governatore di Lipsia e per il suo 61° compleanno commissiona a Bach... toh, una Cantata! Ma ormai il furbo Joh.Seb. in fatto di compleanni è un maestro (!) e così - possiamo proprio credere a Smend - riprende la 249a (quella di Sachsen-Weißenfels) e ne impiega i 5 numeri cantati per ricavarci la 249b per Flemming: Verjaget, zerstreuet, zerrüttet, ihr Sterne, che verrà eseguita a Lipsia Domenica 25 Agosto 1726, antivigilia del compleanno del Conte. Anche qui aiutato da quel volpone di Picander, che inventa (o anche scopiazza dalla precedente) il testo della cantata. Che peraltro nessuno si è (ancora) preso la briga di ricostruire in toto (come fatto per la 249a).
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Beh, adesso basta con (f)utili passatempi e ascoltiamo finalmente l’Oratorio di Pasqua. Io dò fiducia a Philippe Herreweghe, uno che viene dalla gloriosa tradizione fiamminga, ergo non può certo deludere!

29 marzo, 2020

Bach vs Covid


Seguendo, non proprio alla lettera, il suggerimento che Paolo Isotta ha lanciato il 26 u.s. dalle colonne del Fatto Quotidiano di combattere il Covid19 ascoltando Bach (lui proponeva in verità Das wohltemperierte Clavier) ho messo mano a vecchie mie carte riguardanti Die Kunst der Fuge, il che ha orientato la mia scelta (come si vedrà) riguardo quale delle millanta esecuzioni privilegiare.

Ora, a monte dell’esecuzione sta però la versione che viene eseguita, poichè di questa, che è for di dubbio la più strabiliante delle opere di Bach, esiste (un po’ anche per colpa sua...) una serie nutrita di edizioni e ancor più di presentazioni.

Una tabella sinottica riportata da Wikipedia in italiano ci informa di almeno 14 diverse edizioni, a partire da quella originale del 1751-52 predisposta da Johann Heinrich Schübler (verosimilmente con la... consulenza di Carl Philipp Emanuel Bach) per arrivare a quella di Walter Kolneder del 1977. Ma molte altre sono state prodotte nel corso degli anni (Rogg, Moroney, Wolff, Göncz, Dentler, Tovey, Hofmann, Berio, ...)  

La tabella ha appunto come base di riferimento la prima edizione del 1751, costituita da 24 brani, compreso lo spurio corale conclusivo: le altre 13 edizioni si differenziano come minimo per la disposizione in sequenza dei brani, che poco o tanto si discosta sempre da quella originale. Lo stesso articolo citato fornisce anche qualche plausibile spiegazione di tali divergenze, motivate dalla visione che ciascun redattore ha dell’opera (aspetti musicali, ma anche... metafisici e pure esoterici). Dato poi che Bach non lasciò la minima indicazione sulla strumentazione dei brani, ognuno si è sbizzarrito ad eseguirli sui più svariati strumenti, e ciò ha ulteriormente moltiplicato la disponibilità di offerta di quest’opera (il che è un gran bene, sia chiaro!)

Chi si districa con il crucco può trovare esaurienti notizie e chiarimenti sulla Kunst a questo indirizzo web.
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Per esorcizzare il coronato quanto indesiderato ospite, prima di infilarmi le cuffie per ascoltare questo Bach ho cercato di riordinarmi le idee proprio sui contenuti dell’opera, e così ho messo, per così dire, in bella copia alcuni vecchi appunti relativi alla struttura della Kunst.

A partire proprio dalla sua materia prima principale: il cosiddetto manoscritto autografo P200 conservato tuttora a Berlino, che fu ovviamente la fonte (peraltro non unica) della prima edizione del 1751.


Il manoscritto, cui una mano aliena - si sostiene essere stata quella di un genero di Bach, Johann Christoph Altnickol - appose il titolo Die Kunst der Fuga, è costituito da 40 pagine numerate, 38 delle quali fittamente popolate dalle note scritte dal sommo Johann Sebastian. Vi si trovano, quasi sempre senza titoli, ma con semplice numerazione romana (non di mano di Bach, peraltro) 15 brani (I-XV). Un’appendice (3 Beilage) al fascicolo principale, associata però al P200, contiene altri tre brani (che portano il totale a 18): il primo (A1) è una quasi-ripetizione del brano XV del manoscritto principale; il secondo (A2) è la Fuga a 2 clavicembali, in versione rectus e inversus, di fatto l’adattamento per due tastiere del brano XIV; il terzo è la famosa Fuga a 3 (o 4, come sostiene qualche indovino...) soggetti, rimasta sospesa a metà, quando la penna d’oca cadde dalla mano del Bach spirante (quale retorica in tutto ciò... Bach era cieco da tempo) che ha appena vergato, sul rigo della terza voce, la sesta apparizione del suo proprio nome: SIb-LA-DO-SI.

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La prima evidenza che balza all’occhio confrontando il manoscritto con l’edizione del 1751 è la totale mancanza di rispetto, in ciò che venne stampato, della sequenza con la quale Bach aveva compilato il suo manoscritto. Quindi già il buon Schübler (magari imbeccato da C.P.E. Bach) aveva stravolto l’ordine originale dei brani. E subito non mancarono i critici di questa operazione, salvo poi permettersi - come si è visto - di proporre altre soluzioni tutte regolarmente diverse non solo da Schübler, ma anche da... Bach!

La tabella che segue evidenzia in modo spettacolare le discrepanze fra l’ordine con il quale Bach mise sul pentagramma la sua Kunst e quello con il quale essa fu pubblicata: il groviglio di incroci fra le frecce rosse ne dà un’idea sinteticamente lampante:


Si noti anche come Bach abbia titolato di sua mano solo tre dei 18 brani (IX, XIIb e XV) mentre tutti gli altri titoli nell’edizione 1751 sono evidentemente dell’editore. Come detto, la prima appendice (A1) è una riedizione del brano XV (che è in 4/4, chiave di soprano) semplicemente a lunghezze raddoppiate, ma con dimezzamento del tempo (4/4 alla breve, chiave di violino): ciò è evidenziato in figura con la freccia curva che collega XV ad A1. Tutte le edizioni hanno privilegiato la forma A1 a quella XV, evidentemente considerata obsoleta. La seconda (A2) ripropone su 4 righi (2 tastiere) e in pagine separate (inversus-rectus) ciò che il brano XIV espone su coppie sovrapposte (a specchio) di 3 righi. Diverso è il caso del brano XIII, che reca, come il XIV, il rectus e inversus su coppie sopvrapposte (a specchio), ma di 4 righi ciascuna: in pratica quindi direttamente eseguibili su due tastiere.

La figura ci dice anche come il numero XII di Bach (il canone alla quarta inferiore presentato in due forme: ampia, a due righi, XIIa; e concisa, a un rigo, XIIb) non sia stato incluso nell’edizione a stampa (ha lo stesso incipit del XV). In compenso 5 brani (evidenziati in giallo) dell’edizione a stampa non si ritrovano nel manoscritto originale di Bach: a parte lo spurio Choral, c’è solo una parentela fra il Contrapunctus 10 a 4 alla decima e il brano VI (divenuto poi Contrapunctus a 4) di cui incorpora alcune parti; vaghe le notizie sull’origine degli altri tre.

Un altro esempio che testimonia della proliferazione di versioni (o meglio, di ristrutturazioni della sequenza esecutiva) è dato dalla casa editrice Breitkopf&Härtel, che nel tempo si è cimentata (almeno) quattro volte (1841, 1878, 1926, 1950) nell’impresa di mettere in stampa la Kunst. Mi sono divertito (!?) a mettere due di queste versioni (1878 e 1926) a confronto con il manoscritto, ed anche qui il risultato è eloquente, dimostrando non solo la divergenza delle due versioni dall’originale, ma anche la profonda differenza fra le stesse:



In particolare l’edizione di Graeser pare proprio cervellotica (e non sono certo io a dirlo...) Se poi si volesse fare un elenco delle esecuzioni e incisioni della Kunst, credo ne uscirebbe un’enciclopedia... ce n’è davvero per tutti i gusti!

Ma ciò che in generale disorienta chi si avvicina all’ascolto di quest’opera è la colossale babele delle titolazioni dei brani, poichè ciascun editore li titola a suo piacimento, cosicchè accade che - e mi limito ad un esempio fra mille - il Contrapunctus XII di Graeser (dal brano IX, Canon in Hypodiapason nel manoscritto) nulla ha a che vedere con il Contrapunctus 12 di Rust, che è il brano XIII del manoscritto originale: e ciò è tanto più irresponsabile se si pensa che si tratta di due versioni della stessa Casa Editrice!
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Vabbè, basta ora con questo arido tormentone, e veniamo al sodo e alla mia personale scelta scaccia-Covid (certo non definitiva, ci mancherebbe...) Che è stata dettata dalla curiosità di ascoltare una buona volta la Kunst proprio come Bach ce l’ha lasciata sui suoi manoscritti.

E per condividerla ho cercato - e trovato - in rete l’oggetto del desiderio (con un difettuccio, ma è meglio di niente): (quasi) tutto il manoscritto di Bach suonato - nella sequenza originale - al clavicembalo da Fabio Bonizzoni e Mariko Uchimura. Il difettuccio? Aver ignorato il mirabile XIIa (suonando il XV in quella posizione). Ecco qui il contenuto della proposta di Bonizzoni: 

brano
tempo
I
-
II
3’10”
III
6’06”
IV
8’47”
V
11’52”
VI
14’37”
VII
18’02”
VIII
22’34”
IX
26’42”
X
29’08”
XI
36’16”
XV
43’21”
XIII-r
48’31”
XIII-i
50’30”
XIV-r
52’29”
XIV-i
54’47”
A3
57’10”

Quanto al piccolo difettuccio (il canone Hypodiatesseron) si può rimediare così... 

E comunque - date retta a me - a questo Bach non c’è coronavirus che possa resistere!